Intrighi al Crystal Palace

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Jennifer Ashley LAURI ROBINSON INTRIGHI Il banchiere americano AL CRYSTAL PALACE


Immagine di sfondo: sl-f/iStock/GettyImagesPlus/GettyImages Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Death at the Crystal Palace Berkley An imprint of Penguin Random House LLC © 2021 Jennifer Ashley Traduzione di Rossana Lanfredi Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved. © 2022 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione I Grandi Romanzi Storici aprile 2022 Questo volume è stato stampato nel marzo 2022 da CPI Black Print, Spagna, utilizzando elettricità rinnovabile al 100% I GRANDI ROMANZI STORICI ISSN 1122 - 5410 Periodico settimanale n. 1300 dello 02/04/2022 Direttore responsabile: Sabrina Annoni Registrazione Tribunale di Milano n. 75 dello 01/02/1992 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distribuzione canale Edicole Italia: m-dis Distribuzione Media S.p.A. Via Carlo Cazzaniga, 19 - 20132 Milano HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano


Dedica

Per i lettori della serie Below Stairs Mysteries, che mi hanno supplicato di avere ancora Kat.


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Maggio 1882 «Vi prego, aiutatemi.» Le parole tremanti arrivarono alle mie orecchie da dietro una colonna, imitazione di quelle di Karnak, in Egitto, illuminata da un raggio di sole che filtrava dall'alto soffitto di vetro. Avevo conosciuto la donna che le aveva pronunciate, Lady Covington, soltanto un'ora prima. Mi era stata presentata dal mio amico Elgin Thanos come sorella del suo benefattore. Sulle prime, lei mi aveva prestato poca attenzione, essendo io soltanto una domestica che accompagnava chi le era superiore per rango in un'uscita, evidentemente un generoso premio, al Crystal Palace, a Sydenham. Lady Covington aveva salutato Lady Cynthia Shires, Mr. Thanos e la loro amica Miss Townsend con interesse, badando appena a me e alla mia bambina di undici anni, che stavamo alle loro spalle. Dopo i dovuti convenevoli, la signora e la sua famiglia si erano allontanate e Mr. Thanos aveva accompagnato Lady Cynthia e Miss Townsend nelle gallerie più in alto, a godersi il panorama. Avevano invitato anche me, ma Grace aveva espresso il desiderio di vedere la sa7


la egiziana, perciò lei e io ci eravamo dirette verso quella mostra, con l'accordo di riunirci agli altri più tardi per il tè. Ora Lady Covington veniva furtivamente verso di me, uscendo dal suo nascondiglio dietro la grossa colonna coperta di geroglifici dipinti. Della sua famiglia – due figlie e due figli in età adulta e suo fratello – sembrava non esservi più traccia. «Vostra Signoria?» Le riservai una rispettosa riverenza, e lo stesso fece Grace. Ci si inchina sempre agli aristocratici, anche quando supplicano di avere aiuto, nel caso si offendano se non lo si fa. «Vi sentite male?» «Molto male.» Un'altra rapida occhiata alle sue spalle, poi la dama si sporse verso di me. «Mia cara, sono stata avvelenata.» Sentii la mano di Grace stringere più forte la mia e l'allarme crebbe in me. Offrii il braccio a Lady Covington, lasciando che decidesse se prenderlo o no. «Dovreste sedere, Vostra Signoria. Perché credete di essere stata avvelenata? State male?» La signora pareva essere in salute, se pur con il volto un po' arrossato, ma quel giorno di maggio faceva caldo sotto la cupola di vetro, con le piante tropicali e i laghetti che intrappolavano il calore del sole. La stretta di Lady Covington fu forte quando posò la mano sul mio braccio, ma le sue dita guantate tremavano. Grace non disse una parola, i suoi occhi, però, erano colmi di preoccupazione mentre guidavo Sua Signoria verso la panchina più vicina. Era di pietra, voleva dare l'impressione di essere appena stata trasportata in Inghilterra dall'Egitto, ma io sapevo bene che tutti gli oggetti della mostra erano stati realizzati appositamente per il Crystal Palace, a imitazione di quelli originali esibiti al British Museum o nelle collezioni private. Sedemmo insieme sulla panchina, poiché Lady Covington continuava a stringermi il braccio. Grace prese posto all'altro mio lato. Le sue scarpe ormai arrivavano a toccare saldamente il pavimento, il che mi fece rendere 8


conto di quanto le sue gambe erano diventate lunghe. Presto sarebbe stata alta come me. «Volete un bicchiere d'acqua, milady?» domandai. «O una tazza di tè? Posso andare a prendervela mentre voi restate qui, tranquilla.» «No.» Le sue dita affondarono nel mio braccio. «No, per favore, non lasciatemi. Non mi occorre niente.» «Se credete di essere stata avvelenata, dovreste vedere un dottore. Posso chiamare vostro figlio, Lord Covington...» «No!» ripeté lei in tono ancora più deciso. «No, non posso fidarmi di nessuno. Starò subito bene, se sedete qui con me.» La mia preoccupazione si trasformò in perplessità. Quella donna si stava inventando tutto? O era davvero in pericolo? E che ne era stato della sua famiglia? Lady Covington aveva un volto affilato che, immaginai, un tempo doveva essere stato grazioso, anche se ora gli anni, il lutto e le delusioni erano impressi nei suoi lineamenti. Non era vecchia, di certo non arrivava ai cinquant'anni, ed era snella, con la postura eretta. I suoi occhi erano di un azzurro chiaro, e i folti capelli, di un caldo color cioccolata e con soltanto pochi fili grigi, erano raccolti con semplicità sotto il cappello a corona alta di foggia maschile. Sapevo che era molto ricca, in quanto vedova di un magnate delle ferrovie che era anche stato un barone, con un titolo antico di generazioni. Il fratello, Sir Arthur Maddox, aveva di recente collaborato all'apertura del Politecnico di Londra, una scuola che intendeva istruire i giovani uomini nelle scienze. A Mr. Thanos, mio amico nonché brillante matematico, era stato dato un posto nell'istituto. Lui mi aveva confidato che Lady Covington era una generosa benefattrice della nuova scuola. Sir Arthur non avrebbe mai potuto esservi coinvolto senza l'aiuto della sorella. L'abito che la gentildonna indossava era ovviamente costoso, ma non vistoso. Si trattava di un modello da 9


passeggio a righe crema e marrone, realizzato in un materiale leggero drappeggiato sulle gambe e raccolto in un sellino alla fine della schiena. Aveva poche guarnizioni, ma era il taglio a rivelare quanto doveva essere costato. Un lembo di quel tessuto sfiorò il mio vestito di lana che, sebbene ordinato e rammendato, era di anni fuori moda. Il contrasto fra noi due non avrebbe potuto essere più marcato. «Vostra Signoria, se non state bene, vi raccomando fortemente di vedere un dottore. Lui potrà almeno darvi una pozione per depurarvi.» Lady Covington, però, scosse la testa. «Penserete che sia completamente pazza, Mrs...» Cercò di ricordare il mio nome. «Holloway. Sono la cuoca di Lady Cynthia.» «Sì, è per questo che vi ho cercato» replicò la dama e mi guardò come se fosse sicura che avrei compreso ciò che intendeva dire. «Siete preoccupata per qualcosa che avete mangiato?» azzardai. «Forse, ma vi assicuro che non sono pazza, anche se capisco perché potreste crederlo. Loro mi vorrebbero morta, Mrs. Holloway.» «Loro chi?» chiesi, stupefatta. «Tutti. Eccetto il caro Jonathan, naturalmente. Lui è sempre stato un aiuto e una guida per me.» Io cercai di rammentare la sfilza di nomi uscita dalla bocca di Sir Arthur mentre presentava la sua famiglia. Jonathan era il figlio minore di Lady Covington. Il maggiore era l'attuale Lord Covington. «Forse potrei mandare a chiamarlo.» «No, non ancora.» Lady Covington allungò il collo per vedere oltre la folla che visitava la popolare sala egizia. Noi sedevamo di faccia al corridoio delle colonne, che riproducevano quelle di Karnak, sia pure in dimensioni ridotte. Alle nostre spalle c'era una replica del tempio di Abu Simbel, in Nubia, e alla nostra destra era stata rico10


struita una tomba risalente a un altro periodo della storia egizia, decorata con dipinti colorati che trovavo davvero affascinanti. Lady Covington si voltò verso di me. «Non sono pazza e so che mi è stato dato del veleno. Non molto, ed è per questo che ora posso parlare con voi senza sembrare malata. L'avvelenamento lento è malvagio e io sono circondata da persone malvagie.» Non potevo certo obiettare, ma non capivo cosa quella donna si aspettava che facessi. «Perché me lo dite, Vostra Signoria? Vostro fratello potrebbe aiutarvi...» «Non Arthur.» La voce di Lady Covington si fece d'acciaio. «Lui non mi crederebbe mai.» «Allora Miss Townsend o Lady Cynthia. Sono entrambe signore molto capaci.» «Io volevo voi.» L'angoscia della nobildonna si era un po' placata e, ancora una volta, tornò a essere la vedova di un aristocratico, conscia del posto che occupava in società. «Ho saputo degli eventi che hanno avuto luogo nella casa di Lord Rankin e di come avete fatto sì che la polizia arrestasse i criminali colpevoli di quelle efferatezze. Voglio che veniate a trovarmi. La mia casa si trova in Park Lane, non lontano da dove lavorate.» In Park Lane sorgevano le magioni di alcune delle più ricche famiglie d'Inghilterra. Io lavoravo in una casa di Mount Street, girato l'angolo e ad appena un isolato di distanza. Una cuoca non andava a far visita alla vedova di un ricco barone per sorseggiare tè nel suo salotto, tuttavia capii che Lady Covington era davvero sconvolta. Forse, a dispetto delle sue affermazioni, aveva un'immaginazione fertile, ma forse no, e io avevo visto uomini e donne di ogni ceto sociale abbastanza crudeli da uccidersi l'un l'altro per le ragioni più futili. «Potrei far visita alla vostra cuoca, se lo desiderate» suggerii. «O al vostro giardiniere. Avete un orto?» Lei strabuzzò gli occhi cerulei. «Sì, è una scusa eccellente! Venite nel mio giardino, domani mattina alle dieci. Parleremo allora. Ma devo...» 11


«Vostra Signoria.» Una severa voce femminile interruppe le sussurrate parole di Lady Covington. Una donna robusta si fece strada tra le colonne e il pubblico per avvicinarsi alla panchina. Aveva un volto duro e freddi occhi scuri, e i suoi capelli erano raccolti in uno stretto chignon. «Vi ho cercato ovunque.» Mi inchiodò con uno sguardo truce, quasi fosse stata certa che avessi accostato Lady Covington per chissà quali infami scopi. «Non preoccupatevi, Jepson.» Lady Covington si alzò, la sua voce era diventata brusca, e Grace e io balzammo in piedi accanto a lei. «Stavo chiedendo a Mrs. Holloway una delle sue ricette. Le ho detto di portarla alla cuoca domani.» Una ragione plausibile per darmi accesso alla sua casa. A quanto pareva, aveva scartato la mia idea di incontrare il giardiniere. Jepson incrociò le braccia sul petto in una discreta imitazione di una delle statue egizie alle sue spalle. «Vi stanno aspettando, Vostra Signoria.» Ipotizzai che dovesse essere la cameriera personale della gentildonna. Di solito ci si rivolgeva a loro usando solo il cognome, e la cameriera personale soleva accompagnare la sua padrona nelle uscite, si occupava di lei e si assicurava che fosse dove doveva essere. «Lasciateli aspettare» sbottò Lady Covington. «Non obbedirò agli ordini di quel branco di cani. Sono loro a dipendere da me, non il contrario.» «Sì, Vostra Signoria.» La smorfia di Jepson mi fece capire che aveva sentito molte altre volte quelle parole dalla sua padrona. Lady Covington mi rivolse un rigido cenno con il capo. «Grazie per avere parlato con me, Mrs. Holloway. Vi prego, salutatemi Mrs. Bywater. E aspetto con impazienza la vostra ricetta.» Jepson socchiuse gli occhi e spostò lo sguardo su di me. «Ricetta per cosa?» Se avevano con le loro padrone un certo rapporto, le cameriere per signora spesso venivano rimproverate me12


no degli altri domestici per le loro impertinenze, ma quelle parole furono in ogni caso rudi. Lady Covington arrossì. «Torta al limone» rispose in fretta. «Avrei voglia di mangiarla. Andiamo, Jepson. Come avete detto, non dovrei far aspettare il mio figliastro. George è insopportabile quando è irritato.» Quindi, senza rivolgermi ulteriori saluti, passò davanti alla cameriera e si diresse verso la navata. La luce del sole che entrava dal vetro illuminò il nastro di raso marrone intorno al suo cappello. Jepson, dopo avermi rivolto un'altra occhiata sospettosa, seguì la sua padrona. «Povera signora» commentò con comprensione Grace, vedendo la coppia allontanarsi. «È davvero spaventata.» «Sì, credo che lo sia.» Io presi la mano di mia figlia. «Sei stata molto brava a non dire nulla. Sei davvero una signorina bene educata.» Grace non sorrise e non si pavoneggiò, ma mi guardò con aria solenne. «Mrs. Millburn dice che è ridicolo credere che i bambini debbano essere visti e non sentiti, però, in ogni caso, ritiene sia cortese che restino in silenzio quando incontrano dame e gentiluomini, a meno che questi non si rivolgano a loro per primi.» «Mrs. Millburn ha assolutamente ragione.» Joanna Millburn, la mia più cara amica, aveva generosamente preso con sé Grace e si occupava di lei in modo che io potessi guadagnarmi da vivere. «Tu le rendi merito.» Grace arrossì, ma accettò la lode con modestia. «Aiuterai Lady Covington?» La sua non era una supplica, tuttavia vidi che era preoccupata per la signora. Come me. «Naturalmente» risposi. «Le farò visita domani, come ha chiesto. Ma prima devo inventare la ricetta per la torta al limone che le porterò.» «Oh, eccovi, Mrs. H.» La voce di Lady Cynthia Shires giunse alle mie orecchie mentre io e Grace ci dirigevamo verso il transetto, come era chiamata la navata laterale 13


che intersecava quella principale. Quel giorno indossava un abito che non differiva molto nel taglio da quello di Lady Covington. Era, questo, un particolare degno di nota, poiché Lady Cynthia di solito preferiva vestiti da uomo ai classici abiti da signora. Si era arresa alla gonna perché Mr. Thanos, il gentiluomo dai capelli scuri che le stava accanto, aveva invitato lei e Miss Townsend a quell'escursione, nel corso della quale avrebbero incontrato il suo benefattore, e Cynthia non aveva voluto metterlo in imbarazzo con le sue eccentricità. «È tempo di prendere quel tè» continuò quando la raggiunsi. «Non sarà certo all'altezza dei vostri, Mrs. H., ma ci divertiremo.» Io fui felice di partecipare. Era giovedì, il giorno che avevo libero per intero ogni settimana, e volevo farlo durare il più possibile. Grace viveva con i Millburn e io risiedevo nella casa della mia datrice di lavoro, così i giovedì e i lunedì pomeriggio erano il solo tempo che potevo trascorrere con mia figlia. La sala da tè era situata nei pressi del giardino interno, così potemmo sedere a un tavolo e goderci la bellezza di fiori esotici e palme egizie al gorgoglio delle fontane. Bevemmo tutti e cinque il tè portato da un'esausta cameriera, e i miei tre amici discussero delle varie mostre. Avevano apprezzato soprattutto la sala medievale con le sue statue. Miss Townsend, che era un'artista, commentò con schiettezza i meriti – o meglio, l'assenza di essi – della galleria dei quadri. Mentre conversavano, io mi interrogavo sull'opportunità di raccontare loro del mio strano incontro con Lady Covington, considerato che tutti e tre erano stati pienamente coinvolti nei casi che avevo affrontato in passato. Non ero certa, tuttavia, di poter svelare la confidenza che mi aveva fatto la dama. L'avvelenamento poteva essere solo il frutto della sua immaginazione, quella di una donna circondata da una famiglia che forse ambiva al suo patrimonio. La sua cameriera, Jepson, di certo era un dragone e rammentai che Lady Covington non mi era 14


sembrata a proprio agio con il fratello e i figli. Era rimasta rigida accanto a Sir Arthur quando ci era stata presentata e aveva pronunciato le solite, cortesi frasi, ma senza il minimo calore. Che la stessero davvero avvelenando, o che lei avesse soltanto paura di essere stata avvelenata, la gentildonna mi avrebbe ringraziato per avere rivelato la sua storia? Con ogni probabilità si sarebbe trovata in terribile imbarazzo se Lady Cynthia e Miss Townsend fossero piombare a farle visita chiedendole di raccontare tutto. Be', avrei incontrato Lady Covington il giorno successivo e avrei avuto modo di valutare la situazione. Così bevvi il tè e restai in silenzio. «Cosa avete pensato di Sir Arthur, Mrs. Holloway?» Mr. Thanos mi guardò con impazienti occhi scuri. I suoi capelli, pure scuri, frutto dei suoi antenati greci, erano pettinati all'indietro e svelavano gli zigomi pronunciati e i pochi segni intorno agli occhi, derivanti dal fatto che di frequente li stringeva. Mr. Thanos aveva bisogno degli occhiali, ma detestava indossarli. «Mi è parso molto... entusiasta.» Scelsi con cura le parole. Non spettava certo a me fare commenti su chi mi era superiore, ma sapevo che Mr. Thanos voleva davvero la mia impressione. Sir Arthur, che somigliava fisicamente alla sorella, aveva parlato a lungo e con fervore del nuovo Politecnico, mentre i componenti più giovani della sua famiglia tentavano di non avere un'aria annoiata. «Sì, in effetti tende a parlare troppo» replicò Mr. Thanos, come a volersi scusare. «Ma è eccitato per la nascita di un istituto dedicato alle scienze e alle nuove scoperte. Proprio come me. Sarà meraviglioso insegnare matematica e altre teorie a giovani uomini realmente interessati.» Intendeva giovani uomini che avrebbero capito ciò di cui parlava. Mr. Thanos aveva una mente brillante e noi comuni mortali non sempre riuscivamo a seguirlo. Lui, dal canto suo, non sempre comprendeva le regole sociali, 15


come dimostrava il suo invitò a me affinché mi unissi a loro in quell'uscita, conoscessi il suo datore di lavoro e gli dessi un'opinione su un uomo molto più in alto di me. «Non preoccupatevi.» Cynthia diede una gomitata a Mr. Thanos. «Voi piacete a Sir Arthur, l'ho capito dal modo in cui vi ha presentato alla sua famiglia. Siete il suo cucciolo matematico. Si aspetta grandi cose da voi e non lo deluderete.» Il sorriso di Mr. Thanos si fece più fievole. «Spero abbiate ragione.» «Sciocchezze! Non vi avrebbe sistemato in quell'incantevole appartamento se non fosse stato convinto che ne vale la pena. State sereno, farete bene.» «Lo credete davvero?» Gli angoli della bocca di Mr. Thanos si curvarono verso il basso. «La mia prima lezione è lunedì sera, proprio qui, al Crystal Palace. Spero di non combinare un pasticcio.» «Non temete» affermò Cynthia, decisa. «Noi tutti saremo presenti. Sempre che ammettano le donne, naturalmente. Che fastidio sarebbe se non lo facessero.» Mr. Thanos la guardò, perplesso. «Non riesco a capire perché le donne non dovrebbero assistere alle conferenze. I progressi della scienza avvantaggiano tutti.» «Mi assicurerò io che ammettano anche noi.» Miss Townsend bevve un piccolo sorso di tè. «Cynthia e io ci saremo, e anche Bobby. Mrs. Holloway, siete la benvenuta se volete unirvi a noi.» Quindi posò la tazza con le affusolate dita fasciate da guanti aderenti come una seconda pelle. Aveva un aspetto elegante e raffinato, ma io ormai avevo capito che, sotto quella facciata di giovane donna alla moda, si celavano una mente intelligente e una volontà ferrea. Se aveva deciso che le donne avrebbero potuto assistere alle conferenze di Mr. Thanos, sarebbe stato così. Non mi aveva ordinato di accompagnarle, poiché sapeva che il lunedì avevo il pomeriggio libero e lo trascorrevo con Grace, ma aveva lasciato a me la scelta. «Grazie» risposi. «Ci penserò.» 16


«Non sarei così nervoso se sapessi che ci sarete anche voi, Mrs. Holloway.» Mr. Thanos mi guardò con aria triste. «Voi mi infondete coraggio. Non c'è nulla che non affrontereste.» «Voi esagerate. So che siete solo gentile.» Avrei voluto avesse detto che anche Cynthia gli infondeva coraggio, ma lui parve non notare quell'omissione, e nemmeno ci fece caso lei. Quei due si erano un po' impantanati nel loro rapporto e non erano andati oltre il dichiarare che erano amici. Fu Miss Townsend a pagare il tè. Ebbe una breve conversazione privata con il cameriere e subito dopo ci guidò fuori, ma io non vidi mai il denaro passare di mano. Ancora una volta, né Cynthia né Mr. Thanos parvero avere notato nulla. Erano davvero una coppia semplice. Miss Townsend ci fece uscire dal Crystal Palace e ci indirizzò subito verso la metropolitana. Io le fui riconoscente: dovevo riportare Grace dai Millburn e arrivare a casa prima della cena, così Mrs. Bywater, la zia di Cynthia, non mi avrebbe rimproverato. Lei e io di recente avevamo avuto un brutto scontro e da allora mi impegnavo a tornare sempre in orario per evitare altri alterchi. Mentre, in fila, attraversavamo la terrazza che dava sui giardini, vidi per un momento Lady Covington e la sua famiglia accanto alla base della scala e alle grandi fontane. Più oltre, i roseti e i giochi d'acqua digradavano dolcemente lungo la collina fino ai laghi che circondavano isole popolate da creature antidiluviane. Sir Arthur teneva banco e con un braccio indicava l'estensione del parco, probabilmente lanciandosi in una conferenza su di esso. Lady Covington sistemò meglio il parasole, per proteggersi dai raggi, ma forse anche per nascondere la stanchezza al continuo pontificare del fratello. Io studiai con interesse i quattro figli della gentildonna. Nessuno di loro si curava di nascondere la noia allo zio, e Jonathan, il più giovane, guardava distrattamente nella direzione opposta. Erano divisi in due gruppetti – il 17


figlio e la figlia maggiori alla sinistra di Sir Arthur, il figlio più giovane e la sorella alla sua destra – separati da diverse iarde, tanto da farli sembrare estranei che si erano appena conosciuti. «I due più giovani sono il figlio e la figlia che Lady Covington ha avuto dal primo matrimonio» sussurrò al mio orecchio Miss Townsend, che mi si era avvicinata. «I maggiori sono il figliastro e la figliastra, ossia i figli che Lord Covington ha avuto dal suo primo matrimonio. Il figliastro, George, è ora il Barone Covington e non permette a nessuno di dimenticarlo. Jonathan Morris, il figlio minore di Lady Covington, è un giovane ribelle. Si mette spesso nei guai ed è coperto di debiti.» Eppure Lady Covington aveva parlato di lui come del caro Jonathan, affermando che grande aiuto fosse per lei. L'affetto può rendere ciechi alle colpe di una persona, lo sapevo bene, e forse la donna non si rendeva conto dell'entità dei misfatti di Jonathan. «La figlia minore, Harriet Morris, è zitella e ne è dolorosamente consapevole» continuò Miss Townsend. «La figliastra, Erica Hume, è vedova di un deputato alquanto sconsiderato. L'ha lasciata senza un soldo e così adesso lei dipende interamente dal fratello e da Lady Covington.» Erica aveva una postura rigida e il suo parasole era angolato alla perfezione. Era talmente immobile che mi diede l'impressione che una sola folata di vento avrebbe potuto romperla in mille, nervosi frammenti. Harriet, la più giovane, sembrava più disinvolta, e il suo abito scozzese sui toni del celeste fremeva alla brezza. Anche se doveva essere sulla soglia dei trent'anni, ondeggiava avanti e indietro, come una bambina che avrebbe voluto trovarsi altrove. «Perché mi dite tutto questo, Miss Townsend?» Io guardai nei suoi astuti occhi scuri e mi domandai se avesse notato il mio colloquio con Lady Covington. «A voi piace sapere delle persone» rispose lei con naturalezza. «E loro sono una famiglia interessante. Vivo18


no tutti insieme nella casa di Park Lane, e anche in una proprietà estiva nel Kent. Nonostante sia George ora il barone e possa cacciarli fuori tutti, compresa la matrigna, è Lady Covington a dettare legge.» «Forse il nuovo Lord Covington è solo generoso nei confronti della matrigna e dei fratelli.» Non ritenevo che fosse quello il caso, ma tentavo sempre di trovare del buono anche dove sembrava non essercene. «Non c'è nessuna gentilezza in George Broadhurst. A dire il vero, una volta mi chiese di sposarlo. Io lo respinsi senza pensarci due volte. Rabbrividisco al pensiero di quello che sarebbe stata la mia vita incatenata a uno come lui. Ora mi guarda di traverso, come se fosse convinto che io abbia fatto la scelta sbagliata. Avevo avuto la possibilità di diventare Lady Covington, dice il suo sprezzo, ma... oh, be'.» Non insistetti per conoscere ulteriori dettagli da Miss Townsend. Lady Cynthia e Mr. Thanos, che fino a quel momento avevano discusso di un enorme albero che credevo venisse dalle Americhe, ci raggiunsero e ci dirigemmo verso la stazione della metropolitana. Il Crystal Palace aveva due stazioni: la High Level Station, che i passeggeri di prima classe potevano raggiungere attraverso un tunnel dall'ingresso principale del Palace, e la Low Level Station, alla quale si arrivava dopo una breve camminata nel parco. Miss Townsend, che aveva acquistato i biglietti, aveva scelto la Low Level, poiché era una bella giornata, così ci godemmo la passeggiata nei giardini. Mentre il nostro treno lasciava la stazione e passava davanti ai laghi, Grace premette il volto contro il finestrino per osservare le riproduzioni di animali preistorici che popolavano le isole. I rettili giganti guardavano con aria truce gli spettatori umani, anche se i bambini correvano fra di essi senza alcun timore. Quel giorno non avevamo avuto il tempo di visitare le isole, ma mi ripromisi di portarci mia figlia un'altra volta, in modo da poterle esplorare a fondo. 19


Alla Victoria Station, Grace e io ci separammo dai nostri amici. Una vettura pubblica, generosamente offerta da Miss Townsend, ci portò allo Strand, poi a St. Paul e alla casa dei Millburn, non lontano dalla cattedrale. Io scambiai qualche parola con Joanna, quindi salutai Grace e, abbracciandola, la lodai ancora una volta per le sue buone maniere. Dopodiché risalii sulla vettura pubblica per tornare a Mayfair. Durante il tragitto mi asciugai gli occhi... Accidenti alla fuliggine nell'aria! Mi sentivo un vuoto nel petto, come sempre mi accadeva quando lasciavo mia figlia. Scesi dalla vettura in South Audley Street, nei pressi di Grosvenor Chapel, e svoltai l'angolo verso Mount Street. Non volevo che la padrona guardasse fuori dalla finestra e mi vedesse scendere da una vettura pubblica: mi avrebbe come sempre fatto la predica per sentirmi più importante di quanto fossi. Il cielo si scuriva già annunciando l'arrivo della sera quando scesi stancamente i gradini fino alla porta della cucina, in cui ferveva l'attività. Entrai e trovai Elsie che cantava mentre lavava una pila di piatti. Tess, la mia assistente, mescolava vigorosamente qualcosa che gorgogliava sul fornello, il sudore le colava lungo il volto lentigginoso. Aveva fatto molta strada nel corso dell'ultimo anno e, dall'impertinente orfanella che non aveva mai affettato una carota, si era trasformata in una cuoca competente cui potevo affidare il lavoro nei miei giorni liberi. Mr. Davis, il maggiordomo, rimproverava un valletto nella sala della servitù e, dalle parole che arrivavano in cucina, compresi che il nuovo domestico doveva avere commesso un qualche errore mentre serviva il pranzo. Tess mi salutò allegramente. «Felice di vedervi, Mrs. H. Questa salsa non vuole addensarsi. Ha proprio bisogno del vostro tocco.» Io mi liberai di cappello e cappotto, anche se avrei dovuto cambiarmi anche il vestito prima di cominciare a cucinare. Non potevo permettermi di lasciare che quello che indossavo si macchiasse. 20


Mrs. Redfern, la nostra governante, arrivò in cucina dal corridoio, ma si fermò sulla soglia. Non avrebbe mai osato interrompere i preparativi di un pasto. «Ritengo di dovervi avvertire.» Il preambolo di Mrs. Redfern indusse Tess a voltarsi allarmata verso di lei, e dal cucchiaio con il quale mescolava la salsa recalcitrante cominciò a gocciolare sul pavimento una sostanza bianca. «Avvisarmi di cosa, Mrs. Redfern?» domandai con una traccia d'impazienza. Ero stanca e avevo ancora molto lavoro da fare prima di potermi riposare. «Di quello che sta succedendo di sopra...» «È un disastro» intervenne Mr. Davis, che aveva finito con il valletto. «Sono arrivati il Conte e la Contessa di Clifford.» Le parole di Mr. Davis mi lasciarono di stucco. «Santo cielo!» Lord e Lady Clifford erano i genitori di Lady Cynthia. Vivevano in una proprietà nell'Hertfordshire e di rado la lasciavano. «Santo cielo, davvero» ripeté il maggiordomo. «Hanno dichiarato di essere venuti a riportare a casa la nostra Lady Cynthia.»

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