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TUTTI HANNO DEI SEGRETI. ALCUNI POSSONO COSTARTI LA VITA.
Leah Mills vive una vita da fuggitiva - inseguita dal ricordo di un avvenimento terribile del suo passato - finché non incontra Julian e per la prima volta intravede la possibilità di una vita normale. Ma nel quattordicesimo anniversario di quel giorno maledetto, riceve un biglietto misterioso. Qualcuno conosce la verità… chi è lei veramente?
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SARAH MORGAN
È PRONTA PER FARVI INNAMORARE.
SIAMO IN PARTENZA PER PUFFIN ISLAND, IL SECONDO APPUNTAMENTO DELLA SERIE VI ASPETTA!
E se la seconda occasione fosse il nostro “E vissero felici e contenti”? A diciotto anni Brittany aveva un solo pensiero: sposarsi e trascorrere l’eternità con Zach. Ma la vita è spesso burrascosa, come il mare di Puffin Island, e l’idillio è naufragato in un batter d’occhio. Spesso però ci viene concessa una seconda occasione… cosa succederà quando i due si incontreranno di nuovo?
Scoprite il primo capitolo della serie Puffin Island.
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Lori Foster
Io ti proteggerò
Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: No Limits HQN Books © 2014 Lori Foster Traduzione di Barbara Piccioli Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved. © 2016 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione Harmony Romance giugno 2016 Questo volume è stato stampato nel maggio 2016 da Grafica Veneta S.p.A. - Trebaseleghe (Pd) HARMONY ROMANCE ISSN 1970 - 9943 Periodico mensile n. 168 del 24/06/2016 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 72 dello 06/02/2007 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Mondadori, 1 - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 045.8884400 HarperCollins Italia S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano
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Irrigidito dalla tensione, Cannon sedeva impaziente davanti al legale. BenchĂŠ gli dolesse tutto il corpo, in quel momento la sua mente era concentrata su questioni di natura meno fisica. Dopo essere finalmente atterrato negli Stati Uniti, aveva programmato di passare la giornata nella vasca da bagno... e la notte a letto, con la compagnia femminile necessaria a dimenticare quanto fosse stato vicino a perdere l'ultimo incontro. Tre giorni addietro, in Giappone, aveva affrontato la sfida piĂš importante della sua carriera, il piĂš pubblicizzato dei match da lui combattuti per la Supreme Battle Championship, davanti a un oceano di spettatori e con grandi aspettative da parte degli organizzatori. Ne aveva prese tante, ma stava vincendo ai punti finchĂŠ aveva incasinato tutto. Un calcio al fegato gli aveva mozzato il fiato. Si era chinato in avanti, travolto da un'ondata di dolore, e a un passo dal finire a tappeto. Solo l'istinto lo aveva spinto a sferrare quell'ultimo pugno, quando l'avversario si era fatto avanti per finirlo. Pugno che aveva colpito in pieno alla testa il Pitbull. Buio in sala. Si reggeva a stento in piedi quando l'altro aveva ripreso i sensi, e lui si era aggiudicato la vittoria, ma, dannazione!, ci era andato vicino, e aver vinto non bastava a cancellare i cal5
ci e i colpi che aveva incassato. Quello che gli serviva adesso era completo riposo. Progetti che erano andati a monte quando era stato richiamato a Warfield, Ohio. Era un tragitto di tre ore, e di solito in quelle occasioni la sua prima preoccupazione era andare a salutare gli amici. Quella volta, invece, si ritrovò ad aspettare nello studio di un legale mentre questi sfogliava incartamenti e la sua assistente occhieggiava interessata il nuovo cliente. «Ah, eccolo!» esclamò soddisfatto l'avvocato. «Mi scusi se ci ho messo un po' di tempo, ma l'aspettavamo ieri, e la sua visita mi ha colto di sorpresa.» Quel velato rimprovero non scalfì minimamente Cannon. «Come le ho detto, ero all'estero.» «Giappone, giusto?» Riluttante a incoraggiare ulteriori chiacchiere, lui annuì. «È un lottatore, o mi sbaglio?» insistette l'avvocato. «Della SBC?» «Già.» Dannazione, aveva il logo del club sulla maglietta. «Pensa che ci vorrà molto?» chiese un po' troppo seccamente. Frank Whitaker divise i fogli in tre pile ordinate. «Solo un momento per organizzare tutto.» Organizzare cosa? Cannon sapeva che c'era di mezzo una proprietà di Tipton Sweeny, il titolare recentemente scomparso di un negozio di pegni. «Se non fossi stato all'estero, sarei andato al funerale» borbottò. E forse avrebbe visto Yvette, la nipote di Tipton. Il solo pensiero di quella donna bastava ad accrescere la tensione. Senza alzare gli occhi dagli incartamenti, l'avvocato – doveva avere cinquant'anni o giù di lì – disse: «Sono certo che tutti hanno capito». Cannon aveva conosciuto Tipton solo nella sua veste di commerciante e pilastro della comunità in cui viveva e che amava. Quanto a Yvette, frequentava la stessa scuola di sua sorella. E qui terminava ogni rapporto fra loro. 6
Eccetto che... Yvette aveva sempre flirtato con lui e lui l'aveva sempre evitata fino al giorno in cui l'aveva baciata, e aveva desiderato spingersi oltre... dopo averla salvata dalle grinfie di alcuni malintenzionati. Oh, all'inferno. Non voleva pensarci. Dopo tutto quel tempo, lei riusciva ancora a fargli perdere la padronanza di sé. Chissà come se la cavava?, si chiese. Doveva essere ancora in California o sarebbe stata lei a occuparsi di... di qualunque cosa bisognasse occuparsi. «Tipton non aveva altri parenti?» domandò. «Sono sicuro di sì.» Allora cosa diavolo ci faceva lui lì? Una folata di profumo lo avvolse quando la pettoruta assistente si avvicinò per porgere altri documenti al legale. Poi, sorridendo, si chinò a sfiorare il ginocchio di Cannon. «Vuole una bibita? Un caffè?» Discretamente, lui spostò la gamba. «Un po' d'acqua andrebbe benissimo.» «Ma certo.» La mano di lei si posò per un istante sulla sua spalla. «Gliela porto subito.» Benché d'abitudine fosse riservato con le donne, Cannon era pur sempre un uomo, e si ritrovò a fissarla con maggiore attenzione: tacchi alti che valorizzavano le caviglie snelle; seni abbondanti e fianchi ampi, capelli biondi raccolti in uno chignon alto. Trasudava sensualità e di certo non lesinava occhiate e sorrisi che rivelavano apertamente il suo interesse. Cannon sapeva di piacere alle donne, e non ci badava più di tanto, ma in uno studio legale? La bionda aveva una storia con Whitaker? Civettava con lui per ingelosire l'avvocato? E questi aveva notato le sue manovre? Whitaker si tolse gli occhiali. «Grazie, Mindi. La chiamerò se dovessi avere bisogno di lei.» L'altra annuì, apparentemente per nulla turbata dal brusco 7
congedo. «Sarò alla mia scrivania.» Sulla porta, con l'avvocato che le dava le spalle, si fermò a guardare di nuovo Cannon, dagli omeri alle ginocchia, indugiando brevemente all'altezza dell'inguine, e... sì, ok, forse anche lui era un po' interessato. Che diavolo, tra gli allenamenti e il match, era stato in astinenza anche troppo a lungo. L'avvocato sembrava finalmente pronto, perché incrociò le mani sulla scrivania e lo guardò negli occhi. «Lei eredita le proprietà immobiliari e il denaro del signor Sweeny» annunciò. Un'ondata di paura assalì Cannon, il cuore che minacciava di esplodergli. «È successo qualcosa a Yvette?» Whitaker tornò a inforcare gli occhiali mentre scuoteva la testa. «Si riferisce alla signorina Sweeny, la nipote?» «Sì.» «Eredita anche lei.» Mentre la paura lasciava il posto al sollievo, Cannon si rimproverò quella reazione esagerata. D'altra parte, era sempre stato così con Yvette. «In effetti» continuò il legale, «il defunto ha equamente diviso i suoi beni in due.» Neanche a parlarne. «Fra Yvette e me?» «Esatto.» Era difficile cavarne un senso. Cannon si protese in avanti. «Non capisco» protestò. «Perché avrebbe dovuto fare una cosa simile?» Whitaker gli tese una busta. «Ha lasciato questa per lei. Immagino che spiegherà quello che io ignoro. Ma posso dirle che il signor Sweeny venne a me tre anni fa, con istruzioni molto dettagliate sulla divisione dei suoi beni. In seguito, è tornato una volta all'anno per apportare modifiche o aggiunte. L'ultima volta che l'ho visto è stato due mesi fa; la sua salute cominciava già a peggiorare.» «Ha avuto un ictus?» L'altro annuì, e il suo viso parve spogliarsi della maschera 8
professionale. «Tipton era diventato un amico. Era solo e io avevo perso da poco mia moglie...» Si strinse nelle spalle. «Mi dispiace.» Un cenno di ringraziamento. «Tipton aveva la pressione alta e sapeva di essere a rischio. Il primo episodio è stato abbastanza lieve, non così il secondo né tanto meno il terzo. È stato allora che si è finalmente deciso a chiudere il negozio.» Dunque non lo aveva fatto tre anni prima, dopo le aggressioni subite, come Cannon aveva invece immaginato. «Si curava e vedeva regolarmente uno specialista, ma capiva che era solo questione di tempo...» Maledizione. Sarebbe dovuto andare più spesso a trovare Tipton. Aveva saputo del primo ictus, ma non dei due successivi, e si trovava in Giappone quando il fisico del vecchio aveva alla fine ceduto. «Yvette era con lui?» domandò. Whitaker scosse la testa in segno di diniego. «Non voleva caricarla di un simile peso.» Fu quasi sorridendo che aggiunse: «Credo che abbiate condiviso una brutta esperienza. Tipton non è mai sceso nei dettagli, però ho capito che è stato qualcosa di tremendamente importante». Non attese la risposta del giovane. «Per via di quella vicenda, sua nipote si è trasferita e Tipton non voleva assumersi la responsabilità di farla tornare, non quando sapeva come anche una breve visita fosse penosa per lei. Voleva che lo facesse perché lo desiderava, non spinta dal senso del dovere.» Turbato, Cannon si alzò e senza quasi accorgersene cominciò a camminare su e giù per il piccolo studio. Sì, capiva bene il profondo disagio di Yvette. C'erano momenti in cui i ricordi colpivano anche lui con incredibile violenza, lasciandolo furente e madido di sudore. E non era stato lui la vittima. «Dunque Yvette ignorava che Tipton era ammalato?» chiese. «Come lei, è stata informata del primo ictus. Ma Tipton era deciso a portare da solo il suo fardello.» Whitaker scosse 9
la testa. «No, non è esatto. Voleva condividerlo con lei; sosteneva che ne era in grado.» Sventolò la mano in direzione della busta. «È tutto lì.» Un fardello? Cannon era sempre più confuso. «E gli altri documenti? Cosa sono?» «Atti di proprietà, rendiconti bancari, debiti da saldare, fondi pensionistici.» Capovolse una busta imbottita da cui caddero due mazzi di chiavi. «Responsabilità.» Cannon, intanto, lottava contro l'impulso di restituire la lettera che teneva in mano. Quale che fosse il fardello di Tipton, sapeva di poterlo reggere; non era quello il problema. Era Yvette. Era l'effetto che aveva su di lui. Sarebbe riuscito a resistere se ora lei avesse avuto bisogno di lui? Perché gli bastava pensarla, ascoltare il suo nome, per sentire i muscoli contrarsi in un modo anche troppo familiare. «Atti di proprietà, ha detto?» «Esatto. Sono due: la casa e il negozio.» «Il banco dei pegni? Avevo sentito dire che intendeva venderlo.» Dopo quanto era successo, aveva immaginato che Tipton si sarebbe liberato anche della casa; a quanto pareva, invece, il vecchio aveva tenuto duro. «No. Ha continuato a lavorare finché la cattiva salute non lo ha obbligato a ritirarsi. Diceva che per lui tenersi impegnato era catartico. Ha perfino ristrutturato la casa.» Whitaker si strinse nelle spalle. «Ci teneva molto.» Cannon assentì. Per sua madre la casa aveva avuto la stessa importanza, e anche dopo la vedovanza si era rifiutata di lasciarla. La sua insistenza a restare nel quartiere era la prima ragione per cui lui aveva imparato a combattere. Suo padre non c'era più, quindi toccava a lui proteggere la madre e la sorella, e lo aveva fatto... fino a che il cancro si era portato via la prima. Ora restavano solo lui e Merissa... e qualunque cosa fosse quella in cui lo aveva coinvolto Tipton. «E adesso?» chiese, suo malgrado incuriosito. «Firma qualche carta e assume la proprietà, insieme alla 10
signorina Sweeny. Cinquanta e cinquanta. Starà a voi decidere se mantenerla o venderla. Oppure uno dei due può rilevarla.» Cannon era perplesso. «Ha già parlato con Yvette?» Non riusciva a credere che lei volesse la casa, e in ogni caso dove avrebbe trovato il denaro? Ora aveva... quanti? Ventitré anni. Troppo giovane per certe responsabilità. Ma finalmente abbastanza adulta per lui. «È stata qui ieri.» Lei si era aspettata di incontrarlo ed era rimasta delusa non vedendolo? Oppure si era sentita sollevata? Cannon detestava il pensiero che Yvette lo associasse a momenti che avrebbe preferito dimenticare. Whitaker spinse verso di lui i fogli e una penna. «Se non le dispiace...» Cannon non si mosse. Non avrebbe firmato senza prima aver letto e compreso ogni cosa. L'avvocato sembrò intuire i suoi pensieri. «Legga la lettera di Tipton» disse con un sospiro. «Sono sicuro che dopo tutto le apparirà chiaro.» «Lei ne conosce il contenuto?» Whitaker evitò il suo sguardo. «No, naturalmente. Era già sigillata quando Tipton me l'ha consegnata.» Qualcosa, un sospetto, cominciò a materializzarsi nella mente di Cannon. «Conosco... conoscevo Tipton» riprese Whitaker, decidendosi a guardarlo. «Fino alla fine sapeva quello che faceva, e quello che voleva.» E voleva qualcosa da Cannon. Sorprendendolo, l'avvocato si alzò per stringergli brevemente la spalla. «La lascio solo per qualche minuto» disse poi, e uscì chiudendo la porta dietro di sé. Rimasto solo, Cannon rigirò pensieroso la busta fra le mani. Era sigillata, nessun dubbio in proposito. Ne strappò un'estremità e con una certa inquietudine estrasse due fogli ripie11
gati, ordinatamente scritti al computer. In fondo al secondo, la firma di Tipton. Cominciò a leggere. A ogni parola il suo cuore batteva più forte e la trepidazione cresceva. Sì, Tipton sapeva quello che voleva e lo aveva espresso in modo dettagliato. Un paragrafo, in particolare, lo colpì. Questa è casa sua, Cannon. È qui che dovrebbe vivere. Ha sempre avuto fiducia in te, e tu sei sempre stato un gran bravo ragazzo. Capisco che è chiedere molto, specialmente dopo che hai rischiato la vita per noi. Ma ora lei è troppo guardinga, troppo diffidente. Sono sicuro che, se accetterai, riuscirai a liberarla dai suoi incubi, in modo che possa tornare felice e spensierata come un tempo. Il riferimento agli incubi di Yvette era letterale? O Tipton si riferiva semplicemente ai ricordi del peggior tipo di aggressione che una donna potesse subire? Per il momento non ci avrebbe pensato; la rabbia era ancora troppo intensa. Dopotutto, quello che un nonno considerava diffidenza forse era soltanto maturità. E fino a che punto Tipton voleva che Yvette fosse libera? Cannon ignorò il ritorno dell'avvocato mentre finiva di leggere. In caso di necessità, vale a dire se al momento sei troppo preso o lei non è d'accordo, allora rileva entrambi gli immobili e fallo con la coscienza pulita. Ma una vendita significherebbe svuotare la casa, e questo comporterebbe per lei problemi di diversa natura. Quali problemi poteva mai comportare una vendita? Il cuore mi dice che sarebbe più felice qui a Warfield, 12
nell'Ohio, di quanto potrà mai essere in California. Ma quale che sia la tua decisione, Cannon, ti prego di non parlarle di questa lettera. Non ancora. E sappi che avrai sempre e comunque la mia più profonda gratitudine. Sinceramente, Tipton Sweeny. Sentimenti familiari si agitavano nell'animo di Cannon, gli stessi che tanto tempo prima aveva soffocato e poi quasi dimenticato. Dio solo sapeva se aveva fatto del suo meglio... sfinendosi in palestra, combattendo sul ring. Cercando altre donne. Ma dannazione, tutte le emozioni che Yvette gli aveva ispirato erano ancora lì, profondamente radicate in lui. «Dov'è Yvette adesso?» chiese, col cuore in gola. «Non lo so con certezza.» Whitaker esitò appena. «Però ha preso un mazzo di chiavi, quindi forse è a casa.» Di colpo l'inquietudine lo assalì. Era là da sola?, si chiese. Non fu facile reprimere l'impulso di precipitarsi a salvarla. Di nuovo. Lo aveva già fatto in passato... e lei se n'era andata. Si era trasferita in California, all'estremità opposta del Paese. Ma d'altra parte, rammentò a se stesso, Yvette non era stata la sola ad allontanarsi. Non era un'opportunità mancata, in fin dei conti, solo una ragazza che lui aveva imparato a conoscere meglio in circostanze a dir poco avverse. Una ragazza che aveva desiderato, ma che era stato troppo corretto per toccare... almeno più di tanto. Ma lei gli era rimasta addosso, e dopo tre lunghi anni lui continuava a desiderarla. Si girò verso Whitaker. «Dove devo firmare?» chiese con voce atona. Yvette era sulla soglia della casa del nonno. Al suo arrivo, il giorno prima, aveva preferito rimandare la visita, e dopo 13
aver incontrato l'avvocato era andata in un albergo. Dormire, tuttavia, si era rivelato impossibile, e non era soltanto la paura di tornare in quella casa a tenerla sveglia. No, era piuttosto il timore di rivedere Cannon Colter, di smarrirsi ancora una volta nell'attrazione che provava per lui, di tornare a essere la ragazzina innamorata e vulnerabile, priva di ogni orgoglio. Il nonno avrebbe voluto che restasse in Ohio, ma per lei tornare per il funerale era già stato abbastanza difficile; come avrebbe potuto vivere di nuovo in quella città? Aveva finalmente imparato a nascondere la propria codardia e, più di recente, ad accettare i limiti del proprio potenziale romantico. La vicinanza di Cannon minacciava la sua determinazione su entrambi i fronti. Ma almeno per l'immediato futuro, sapeva di non avere scelta: sarebbe rimasta a Warfield. Raddrizzò le spalle ed entrò finalmente in casa, chiudendo la porta dietro di sé. Il sole entrava dalle finestre con le tende scostate, rivelando gli innumerevoli cambiamenti apportati. Dal grande tappeto al nuovo colore delle pareti, tutto era differente; perfino le lampade sui tavolini. Suo nonno aveva arredato la stanza con pezzi di seconda mano, ma lo aveva fatto guidato da un gusto squisito. E lo aveva fatto per lei. I suoi occhi si riempivano di lacrime. Dio, le mancava così tanto. Facendo violenza su se stessa e ignorando il senso di disagio che le risaliva lungo la spina dorsale, attraversò il soggiorno, quindi la sala da pranzo e arrivò finalmente in cucina. Anche se gli elettrodomestici erano quelli di sempre, c'era una nuova, allegra carta da parati, e stuoie colorate sparse un po' ovunque. Accendendo le luci a mano a mano che proseguiva, Yvette esplorò tutta la casa, prese nota di tutti i cambiamenti. Invariata restava invece la fragranza del dopobarba Old Spice di Tipton che ancora aleggiava nell'aria. Così come il ricordo del bacio di Cannon. Le bastava pensare a lui per essere travolta da un'ondata di 14
calore. Sentiva di nuovo il suo tocco protettivo, rassicurante, ricordava le sue labbra bollenti. Nel corso del tempo, aveva elaborato ogni sorta di fantasie sui brevi istanti di quel bacio, ma adesso dubitava che perfino Cannon avrebbe potuto fare qualcosa per la sua anima ferita. Eppure, si rendeva conto, quella consapevolezza non le impediva di continuare a desiderarlo, e quell'idea la spaventava forse più di ogni altra cosa. Era al nonno che avrebbe dovuto pensare, si rimproverò poi, piena di vergogna. Lui era l'unico familiare che non l'avesse abbandonata dopo la morte dei suoi genitori. La vista della propria camera le strappò nuove lacrime. Le tende e il copriletto erano nuovi, ma tutte le sue cose erano lì, quasi si fosse allontanata solo un momento. Oppressa dalla tristezza, si lasciò cadere sul bordo del letto. Cannon non si era presentato all'appuntamento con l'avvocato. Per più di tre anni, Yvette aveva usato l'attrazione che provava nei suoi confronti per superare i momenti difficili, facendo di lui il suo modello con la speranza di diventare una persona migliore. Cannon era tutto quello che lei non era: generoso, protettivo, attento; il corpo di un atleta e il cuore di un angelo chiusi in un involucro straordinariamente attraente. Nel quartiere non c'era ragazza che non lo volesse per sé. Dopo aver ignorato per mesi le sue infantili civetterie, era corso in suo aiuto nel momento del massimo bisogno, e dopo aveva provato pietà per quella patetica ragazzina. Finalmente l'aveva notata... ma come una vittima. Ebbene, ora Yvette era più forte, e lo avrebbe dimostrato a lui come a se stessa. Da tempo seguiva tutti i suoi incontri e non si perdeva un'intervista. Fra il grande pubblico, Cannon era noto come il Santo, per le sue iniziative filantropiche non meno che per la sua indefettibile calma. Chi ne sapeva di più, tuttavia, sosteneva che il nomignolo era legato soprattutto alla gentilezza con cui trattava le donne. Troppo impegnato per una relazio15
ne seria, aveva solo storie brevi; ciononostante le donne che frequentava non nutrivano risentimento nei suoi confronti e quasi sempre gli restavano amiche. Yvette avrebbe potuto confermare quella gentilezza, quel rispetto. E pur sapendo che ne avrebbe sofferto, si augurava che Cannon considerasse amica anche lei. Era necessario che lo incontrasse, ma prima... spendere energie l'aveva sempre aiutata; sì, prima di vedere Cannon, avrebbe cercato di alleviare l'inquietudine e il disagio scaturiti dal trovarsi di nuovo in Ohio. Di sicuro Cannon frequentava ancora il locale di Rowdy, dove aveva lavorato, considerò mentre disfaceva la valigia. Lo avrebbe raggiunto lì, e gli avrebbe dimostrato di non essere più una ragazzina spaventata. Non si sarebbe comportata in maniera patetica. Non gli avrebbe ronzato intorno. Lo avrebbe convinto che adesso era una persona diversa. E così facendo, forse sarebbe riuscita a convincere anche se stessa. Appena Cannon ebbe finito di firmare i documenti, l'avvocato si alzò in tutta fretta e afferrò una ventiquattrore gonfia di carte. «Chiedo scusa, ma sono atteso in tribunale. Sono sicuro che capisce.» «Ma certo» assentì cortesemente Cannon. Whitaker gli tese la mano. «Tipton era un brav'uomo. Se dovesse avere bisogno di qualcosa, qualsiasi cosa, la prego, si rivolga a Mindi. Lei sa sempre dove rintracciarmi.» «Grazie.» Cannon lo seguì, stringendo in mano la busta, ma prima che potesse uscire, fu raggiunto dall'assistente. «Non starà già andando via?» Che Whitaker registrasse la scena e quindi proseguisse per la sua strada, suscitava molti interrogativi circa la loro relazione. Il modo in cui la donna lo guardava, il suo linguaggio del corpo... tutto invitava Cannon a restare. Ma se lei e l'avvocato 16
avevano una relazione... no, era meglio evitare certi guai. «Mi dispiace» disse, «ma oggi ho un sacco di cose da fare.» Per tutta risposta, Mindi gli girò intorno e chiuse a chiave la porta d'ingresso. «Ti ho detto che sono una tua grande fan?» I suoi seni gli sfioravano il petto; Cannon sentiva il suo alito sulla gola. «Davvero gentile da parte sua. Grazie.» Attento a tenere le braccia immobili lungo i fianchi, aggiunse: «Magari un'altra volta». Avvertì un guizzo di tentazione nel vederla passarsi lentamente un dito lungo la provocante scollatura. D'istinto si voltò, ma non c'era nessuno. E dopo la lettera di Tipton, era così teso che qualunque sfogo sarebbe stato il benvenuto. «Non tornerà» mormorò Mindi. Si appoggiò a lui... e con una mano gli accarezzò il pene. «Non devi preoccuparti di lui.» Dio, se aveva bisogno di un po' di distrazione. E il tocco di lei, dopotutto, non gli dispiaceva. Ma non ci stava con la testa. Inoltre era sempre più convinto che Mindi avesse una relazione con Whitaker, e per giunta Yvette aveva avuto a che fare con Mindi, forse l'avrebbe incontrata ancora e lui sperava di avere un'occasione con lei, di conquistarla. No, tutto sommato assecondare Mindi sembrava una pessima idea. «Scusa, tesoro, ma non è il momento.» «Bugiardo» bisbigliò la donna. Il suo respiro si era fatto più affrettato mentre lo accarezzava. «Sei pronto, lo sento.» «Diciamo che alcune parti di me non pensano. Ma il resto è lucido, credimi.» E vuole Yvette, soltanto Yvette. Lei gli si premette contro. «Mi basterebbero dieci minuti» sussurrò ancora. «E dove sarebbe il divertimento?» Gentilmente, Cannon tentò di allontanarla. Sentì i suoi piccoli denti graffiargli la gola, poi Mindi premette con forza la bocca sulla sua. Doveva riprendere il 17
controllo della situazione, pensò allora. La afferrò per le spalle e tenendola a distanza di sicurezza, disse in tono deciso: «Oggi no». La delusione soppiantò di colpo il desiderio. Mindi gli voltò le spalle e si coprì la faccia con le mani. «Che cosa imbarazzante» mormorò con una risatina incerta. Nonostante tutto, Cannon provava simpatia per lei. «Non sentirti imbarazzata. Sono lusingato, davvero.» «E neppure minimamente interessato.» «Mi hai toccato, e sai che non è così. Ma il volo è stato lungo, sono appena arrivato e mi ritrovo già oberato di responsabilità a cui non posso sottrarmi.» Colse una luce speranzosa nei suoi occhi. «È solo questo?» chiese Mindi. «Sul serio?» Cannon si strinse nelle spalle. «Tutto quello che so è che non succederà adesso.» Poi, desideroso di filarsela, aprì la porta e uscì. Era quasi al furgone quando lei lo chiamò. «Ti darò il tempo di sistemarti, allora.» Era appoggiata allo stipite della porta. «Sappi però che non demordo.» Lui non poté evitare di sorriderle. Dopotutto, non frequentavano gli stessi ambienti e dubitava che l'avrebbe rivista. E poco importava quante volte accadesse, sentirsi desiderati era sempre una sensazione gradevole. Anche se parte di quella capacità di attrazione, ne era consapevole, nasceva dalla sua posizione nella SBC. Yvette sarebbe rimasta colpita?, non poté fare a meno di chiedersi. Un tempo lei lo aveva quasi idolatrato, ma da allora erano passati anni. Per quanto ne sapeva, lei poteva essere fidanzata, addirittura sposata. Aveva la sua immagine davanti agli occhi: giovane e innocente. Non ancora del tutto donna. Dolce e ben fatta. Matura al punto giusto. In preda a emozioni contrastanti, Cannon raggiunse l'abitazione di Tipton ed esitò, incerto sul da farsi, quando nessuno andò ad aprirgli. Pur avendo la chiave, in qualche modo non gli sembrava giusto entrare senza prima aver parlato con 18
Yvette. ProseguÏ allora per il banco dei pegni, che trovò chiuso e immerso nel buio. Come lui, probabilmente anche Yvette si era sistemata in un albergo. L'avrebbe trovata presto, si disse, e allora avrebbero rinfrescato la loro vecchia amicizia. Dannazione, non vedeva l'ora.
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