JULIA JUSTISS
LIBERTINO O GENTILUOMO?
Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Wicked Wager Harlequin Historical © 2003 Janet Justiss Traduzione di Federica Isola Pellegrini Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. © 2004 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione I Grandi Romanzi Storici agosto 2004 Seconda edizione I Romanzi Storici Harlequin Mondadori giugno 2011 Questo volume è stato impresso nel maggio 2011 da Grafica Veneta S.p.A. - Trebaseleghe (Pd) I ROMANZI STORICI HARLEQUIN MONDADORI ISSN 1828 - 2660 Periodico settimanale n. 83 del 15/06/2011 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi Registrazione Tribunale di Milano n. 212 del 28/03/2006 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano
1 Londra, 1815 Era una nebbiosa mattina di autunno, e Lord Anthony Nelthorpe, ex capitano del Primo Reggimento dei Dragoni Reali, stava varcando la soglia della sua residenza londinese quando una donna in abbigliamento oltremodo succinto irruppe sul pianerottolo con una risata sguaiata e volò giù dalle scale. Un uomo quasi calvo e altrettanto discinto la seguì barcollando lungo i gradini, lo sguardo fisso sulla mano aggrappata alla ringhiera, per poi correrle dietro. «A quanto pare, Carstairs» osservò Tony rivolto al maggiordomo dalla logora livrea che gli aveva aperto la porta, «mio padre continua a cacciare la sua selvaggina preferita.» «Infatti, milord» ribatté l'uomo, la mano nodosa che tremava visibilmente mentre tentava di richiudere il pesante portone. Accingendosi ad aiutarlo, Tony non ricordò se non all'ultimo momento di non prestare più servizio nell'esercito, dove un combattente non esitava a prestare a un altro il suo aiuto, indipendentemente dal loro rango. Carstairs sarebbe allibito se il figlio del suo padrone si fosse abbassato a dargli una mano. Lasciando ricadere il braccio che aveva teso, Tony gli volse le spalle. «Immagino che il conte sia troppo... occupato per ricevermi questa mattina. In un momento più 5
opportuno, vi spiacerebbe informarlo del mio arrivo... e farmi portare della carne e della birra in biblioteca?» Il maggiordomo s'inchinò. «Subito, milord. A nome di tutta la servitù, bentornato a casa.» «Grazie, Carstairs.» A un suo cenno, l'anziano maggiordomo si diresse strascicando i piedi verso la scala di servizio. Le labbra serrate in una linea dura, Tony lo seguì con lo sguardo, notando che il tappeto dell'atrio era liso quanto la sua livrea, e per giunta sporco. Spostando penosamente il peso del corpo da un piede all'altro, si avviò zoppicando in direzione della biblioteca, prendendo nota nel frattempo dello strato di polvere che copriva i pochi mobili rimasti e le campane di vetro che all'epoca della sua adolescenza avevano protetto i delicati vasi di porcellana cinese posti sugli intarsiati tavoli francesi. Scomparsi da tempo, ovviamente. Evidentemente, il suo esimio e stimatissimo genitore, il Conte di Hunsdon, preferiva ancora dilapidare in bevande alcoliche e nella compagnia di prostitute qualunque rendita riuscisse a ricavare dalle sue fortemente ipotecate tenute piuttosto che mantenere in buone condizioni la sua dimora. Bentornato a casa, davvero. Digrignando i denti, si costrinse a proseguire lungo l'atrio, la fronte imperlata di sudore a causa dello sforzo che gli costava. I chirurghi che avevano rimesso insieme i vari frammenti del suo ginocchio gli avevano detto che non sarebbe più riuscito a camminare. Non che fosse ancora in grado di farlo in modo decente, ammise mentre raggiungeva la porta della biblioteca e si aggrappava ansimando alla maniglia. Grazie a Dio, cavalcare presentava meno problemi. Uno strillo acutissimo si insinuò nei suoi pensieri, seguito da un rapido scalpiccio di passi. La sgualdrina apparve alla vista, arrestandosi di botto con uno sgomento oh, là là! allorché si accorse della sua presenza. 6
Con i capelli arruffati di un rosso improbabile quanto quello del belletto che le tingeva le labbra, la cipria incrostata nelle rughe del viso e il seno avvizzito, gli parve tutt'altro che seducente. Ma del resto, con la sua andatura zoppicante e il pallore causato dalla lunga degenza in ospedale, non appariva troppo attraente nemmeno lui. Tuttavia, lei aveva visto suo padre vestito molto, molto sommariamente e lui aveva venticinque anni di meno. Non volendo fornirle l'opportunità di dirigere i suoi strali su un altro bersaglio, sgattaiolò in biblioteca, si sbatté la porta alle spalle e si avvicinò alla scrivania. Si lasciò cadere sulla poltrona con un gemito. Ebbene, Tony, nonostante il massacro della guerra, sei riuscito a tornare a casa, pensò. Non più nelle vesti di un capitano, ma di nuovo nei panni del Visconte di Nelthorpe, qualunque cosa lui potesse essere. Certo non l'egocentrico, fatuo aristocratico, che una sera di tre anni addietro aveva lasciato quella casa in preda ai fumi dell'alcol. Avendo perso al gioco più di quanto potesse sperare di racimolare entro breve tempo, si era trascinato vacillando fino a casa per chiedere un prestito a suo padre. Quando questi lo aveva mandato all'inferno, per di più con la minaccia di finire in galera per debiti sospesa sul suo capo come una spada di Damocle, non gli era rimasto altro da fare che rinunciare a saldare il suo debito d'onore e fuggire dall'Inghilterra, portando con sé soltanto gli abiti che indossava, i cavalli e una nomina a ufficiale del Quinto Reggimento di Fanteria di Wellington che aveva vinto al tavolo da gioco. Non c'era niente come le privazioni, il terrore, la fame e il dolore per fornire a un uomo una prospettiva diversa, pensò mestamente, sebbene non fosse affatto sicuro di come avrebbe potuto mettere a frutto quella saggezza acquisita così a caro prezzo. Ora che gli occhi si erano abituati alla penombra della stanza resa buia dalle tende tirate, notò che la biblioteca era polverosa e trascurata quanto l'atrio. 7
Un colpo alla porta lo distolse dalle sue meditazioni, seguito dall'ingresso di Carstairs, munito di un vassoio da cui si sprigionava un profumino tanto appetitoso che per un momento l'unica cosa che riuscì a pensare fu che non toccava cibo dalla sera prima. Da quello sciocco che era, si era illuso di poter arrivare a Londra prima di sera, malgrado la lentezza a cui lo costringeva a procedere il suo ginocchio malandato. Sorpreso dall'oscurità lungo la strada, era stato obbligato a fermarsi in una locanda, ma non aveva avuto il denaro sufficiente per pagarsi la cena e la colazione oltre alla stanza. Con aria contrita, tenendo il vassoio in equilibrio, Carstairs estrasse un fazzoletto da una tasca e si affrettò a spolverare un settore della scrivania. «Vi chiedo perdono per le condizioni della casa, signore, ma l'inverno scorso Sua Signoria ha congedato tutti i domestici, tranne me, Betsy e una cameriera... una brava ragazza, ma che ovviamente non può fare tutto da sola. Betsy è un'ottima cuoca come sempre, quindi non dovrete preoccuparvi per i vostri pasti. Vi manda anche lei il suo bentornato.» Mentre parlava, Carstairs sollevò il coperchio di un piccolo vassoio. All'aroma di carne arrostita che gli colpì le narici Tony si sentì venire l'acquolina in bocca. «Dite a Betsy che dopo quello che hanno mangiato, o più spesso non hanno mangiato, i militari nella Penisola, non poteva riservarmi un'accoglienza migliore di questa. Quanto alla casa, so bene che avete fatto del vostro meglio. Intendo provvedere per migliorare... lo stato in cui si trova.» Anche se solo il cielo poteva sapere in che modo, dato che aveva le tasche quasi vuote quanto la sera in cui era fuggito. Ma invece di accogliere quella dichiarazione con l'espressione scettica che avrebbe meritato una simile promessa da parte di un Nelthorpe, il viso del vecchio domestico si illuminò. «Sappiamo benissimo che se qualcuno è in grado di cambiare la situazione, non potete essere che voi, signore. 8
Dopotutto, siete uno degli eroi di Waterloo!» Dopo essersi piegato in una profonda riverenza, come se lui fosse degno del massimo rispetto, il maggiordomo si eclissò discretamente. Eroe?, si chiese Tony seguendolo con lo sguardo, un sorriso sarcastico sulle labbra. Se solo avesse saputo... Tuttavia, il fatto di essere sopravvissuto a una battaglia del genere infondeva un notevole senso pratico a un individuo, oltre a una certa filosofia. Sarebbe stato inutile permettere ai suoi tristi ricordi di rovinare quelli che avevano tutta l'aria di essere un pasto eccellente e un'ottima birra inglese. Avrebbe atteso di aver saziato il suo appetito prima di cominciare a riflettere sul suo futuro. Per qualche ragione misteriosa, non gli era mai capitato di fare progetti al di là dell'assoluta necessità di tornare a casa. Dopo aver trascorso degli anni a dare e ricevere ordini, seguiti dalla lotta intrapresa giorno dopo giorno per riprendersi dalle ferite riportate in battaglia, trovava più sconcertante che distensivo ammettere di non avere progetti di sorta. Doveva parlare con suo padre e stabilire quale fosse la loro posizione economica, benché, a giudicare da quanto aveva già visto, apparisse a dir poco disastrosa. E a giudicare dalla scena cui aveva assistito appena aveva varcato la soglia, un colloquio del genere avrebbe dovuto attendere come minimo fino a quel pomeriggio. Con la disinvoltura derivata dall'esperienza, soffocò il rammarico che lo assalì all'idea che, pur avendogli scritto una lettera per informarlo del suo arrivo, suo padre non si fosse preso la briga di restare sobrio il tempo sufficiente per accogliere personalmente il figlio che non vedeva da tre anni. Quindi, che cosa doveva fare adesso? Avrebbe potuto scrivere a sua madre per informarla del suo ritorno, ma poiché non si erano scambiati nemmeno una riga in tutti i mesi in cui era rimasto assente dall'Inghilterra, ignorava in quale delle poche tenute rimaste di suo padre risiedesse attualmente la contessa. Molto 9
probabilmente in quella in cui si trovavano i valletti più giovani e prestanti, considerò con un sorriso ironico. Sarebbe andato a cavalcare nel parco, decise. L'esercizio a cui venivano sottoposti i muscoli della gamba durante una cavalcata aveva un effetto benefico, gli avevano spiegato i medici, e paradossalmente sembrava alleviare più che acuire la sofferenza, purché non restasse in sella troppo a lungo. E sebbene quell'ora tarda del mattino fosse ancora antelucana per i membri dell'alta società ansiosi di seguire la moda, forse avrebbe avuto la fortuna di incontrare qualcuno con cui bere qualcosa da White, il circolo di cui presumibilmente continuava a essere socio. Si sentì risollevare il morale mentre si issava in sella. Il servizio militare doveva averlo cambiato più di quanto avesse immaginato, se la prospettiva di una passeggiata nella nebbia fumosa di un gelido mattino londinese lo attraeva assai più di quella di starsene accanto al fuoco in un'accogliente, anche se polverosa, biblioteca. Pax, il castrone grigio che gli aveva regalato un commilitone riconoscente a cui aveva salvato la vita a Quatre Bras, si stava rivelando un animale mansueto, dall'andatura regolare, pur mancando della vivacità che la maggior parte degli ufficiali di cavalleria avrebbe preferito in un cavallo. Comunque, era altamente improbabile che in avvenire potesse aver bisogno di un animale focoso. Mentre percorreva Upper Brook Street in direzione di Hyde Park, un pallido sole cominciò a dissolvere le ultime spirali di nebbia. Un buon presagio per il suo ritorno, probabilmente. Fu allora che la vide... una donna esile in sella a una magnifica giumenta saura. Jenna Montague! Avendola osservata durante innumerevoli marce da Badajoz a Tolosa, la riconobbe all'istante, benché si trovasse a una certa distanza. Tirò le redini, ammirando come sempre il suo portamento eretto e la sua figura perfetta. Malgrado la sella da amazzone, sembrava formare un tutto unico con il suo ca10
vallo, come se montarlo costituisse per lei una seconda natura. Il che probabilmente era vero, dato che quella donna aveva trascorso in sella la maggior parte della sua vita. L'incantevole, irraggiungibile, inavvicinabile Jenna, la prima figlia di un colonnello che avesse corteggiato e la donna che anni addietro aveva tentato di costringere a diventare sua moglie. Fatta eccezione per il giorno in cui Jenna Montague, ora Lady Fairchild, lo aveva trovato ferito sul campo dopo la battaglia di Waterloo, lui non aveva più avuto occasione di avvicinarla dopo quel loro malaugurato incontro nel monastero abbandonato alla periferia di Badajoz. Si portò istintivamente le dita alla gola dove, al di sotto della cravatta, aveva ancora la cicatrice lasciata dalla ferita che lei gli aveva inferto con un coltello per respingere il suo incauto tentativo di sedurla. Il segno che gli aveva lasciato nel cuore e nella mente era risultato altrettanto indelebile. Come sempre, pur provando immediatamente la ben nota attrazione, Tony esitò. Poi ricordò che l'uomo che aveva deciso di sposare al suo posto non vegliava più su di lei, con quello sguardo di acciaio che non lasciava il benché minimo dubbio sulle conseguenze a cui sarebbe andato incontro chiunque, e lui in particolare, si fosse azzardato a importunare sua moglie. Il colonnello Garrett Fairchild era morto per le ferite riportate nella battaglia di Mont Saint Jean. Tuttavia, poiché aveva rischiato di rovinare la sua reputazione persuadendola con l'inganno a recarsi a quell'appuntamento senza un'adeguata accompagnatrice, se avesse tentato di salutarla, era assai probabile che non ne avrebbe ricavato che un brusco cenno del capo nel migliore dei casi o sarebbe stato ostentatamente ignorato nel peggiore. Come si sarebbe comportata?, si chiese. Prima che potesse decidere se tentare o meno la sorte, lei fermò il suo cavallo di fronte a un'elegante palazzina e consegnò le re11
dini a un valletto in attesa. Ormai non gli restava alcuna possibilità di raggiungerla prima che scivolasse all'interno... ancora una volta fuori della sua portata. Rimase a osservarla finché non fu scomparsa al di là della porta d'ingresso. Fino a che punto sarebbe stata diversa la sua vita se fosse riuscito a ottenere la sua mano circa tre anni addietro? La sua mano, le sue curve seducenti a stento celate dal mantello foderato di pelliccia... e la ricca dote che gli avrebbe consentito di pagare i suoi debiti e tornarsene alla piacevole decadenza della città di Londra? Purtroppo, aveva trascorso i due anni seguenti dormendo sulla nuda terra o su dei pagliericci infestati dalle cimici, cercando disperatamente delle vettovaglie, il cuore e la mente marcati a fuoco da una decina di battaglie successive. Visioni da incubo di un caos oscurato dal fumo, l'odore nauseabondo dei cannoni arroventati e del sangue appena sgorgato, le grida degli uomini e dei cavalli morenti, misti al fragore dei colpi di fucile e dell'artiglieria, continuavano a perseguitarlo. Ma durante quegli anni aveva anche assistito a innumerevoli episodi di altruismo e di sacrificio. Non credeva più, come gli aveva insegnato suo padre, che l'onore fosse un concetto destinato agli sciocchi e agli scolaretti. E senza dubbio era diventato lui stesso un uomo migliore per aver affrontato quella durissima, amarissima prova. Migliore, forse, ma non certo all'altezza del colonnello Garrett Fairchild e degli altri uomini veramente eroici che avevano perso la vita nei campi e nei boschi di Waterloo. Per un'assurda ironia della sorte, due dei caduti erano stati i due uomini con cui aveva contratto dei debiti di gioco. La loro scomparsa aveva cancellato i suoi obblighi nei loro confronti, consentendogli di tornare a Londra senza rischiare di venire sbattuto in galera. Affondando i tacchi nei fianchi del suo cavallo, si avvicinò al cancello. «A chi appartiene questa casa?» gridò a un giovane in 12
«Intuivo, speravo, che vi foste finalmente ripresa dal vostro dolore, ma ogni volta che mi proponevo di chiedere la vostra mano, me ne mancava il coraggio. Avevo il terrore che mi rifiutaste con lo stesso disprezzo di quel giorno a Badajoz, o che la mia indegna proposta vi offendesse al punto di non volermi vedere mai più. Vi avevo già perduta una volta. Per quanto difficile fosse stato limitarmi a esservi amico quando desideravo tanto di più, sarebbe stato più tollerabile dell'idea di perdervi per sempre.» Le prese le mani che tenevano ancora la licenza di matrimonio e le baciò appassionatamente. «Vi amo, Jenna! E anche se probabilmente non vi basterà una vita intera per trasformarmi nell'uomo che meritate, volete sposarmi lo stesso? Volete amarmi, guidarmi e plasmarmi per il resto dei miei giorni?» L'amava! Dopo l'angoscia e la disperazione di quell'ultimo anno, Jenna riusciva a crederci a stento. Un'ondata di immensa felicità le si rovesciò addosso, gonfiandole il cuore, serrandole la gola e facendole salire le lacrime agli occhi. «Lo voglio» bisbigliò con voce malferma. «In effetti, ho il sospetto che una vita intera sarà appena sufficiente.» E stringendo in una mano la licenza di matrimonio, gli si buttò fra le braccia.
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Per volere di Sua Maestà Deborah Hale Inghilterra, XII secolo - La bella e intraprendente Cecily è disposta a tutto pur di salvare il proprio castello. Anche a sposare il demonio in persona. E il tenebroso Rowan DeCourtenay potrebbe davvero essere l'incarnazione del male. A meno che il loro amore non riesca a sconfiggere i demoni del passato.
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