IRS94 L'ENIGMISTA

Page 1


Prologo Avanzando a passi furtivi, Laura giunse nell'ingresso buio. Aveva provato e riprovato il percorso talmente tante volte che conosceva ogni tappeto, ogni sedia e credenza del corridoio, ogni centimetro dei ventinove scalini che portavano alla porta di servizio. Il leggero fruscio prodotto dai suoi movimenti era coperto dal russare del vecchio maggiordomo Hobbins e di sua moglie, che dormivano nella stanza affacciata sul pianerottolo, e dal vento che s'insinuava fischiando nei camini e faceva sbattere le imposte. Si fermò solo una volta, davanti alla nursery. Avvicinandosi alla porta ebbe l'impressione di sentire il profumo della pelle di un neonato, di vedere due occhi vispi e delle manine che si agitavano nella culla. Un'atroce sofferenza le strinse il cuore, così gelida che il nevischio ghiacciato che colpiva i vetri delle finestre sembrava in confronto una pioggerellina estiva. Sentendosi mancare si appoggiò alla porta della stanza dove non si udiva più alcun ciangottio infantile. Né si sarebbe più udito: almeno non proveniente dalla carne della sua carne. Mai più. Te lo giuro, Jennie, pensò. Si rendeva conto che quella promessa non avrebbe alleviato il peso della sua colpa, ma era l'ultimo pensiero che avrebbe lasciato in quella casa. Facendosi forza continuò a scendere la scala, fer5


mandosi ancora a riprendere fiato prima di affrontare il pesante catenaccio della porta di cucina. Si sentiva più forte. Nell'ultimo mese si era esercitata a camminare dapprima nella sua stanza, di nascosto, poi per i corridoi dopo che la maggior parte dei domestici avevano seguito il padrone a Londra. Con cautela tirò il catenaccio, si allacciò il pesante mantello e infilò i guanti più caldi che aveva. La porta si aprì senza fare rumore sui cardini ben oliati. Ignorando il nevischio che le annebbiava la vista e il vento che le spingeva indietro il cappuccio, s'incamminò nella notte buia.

6


1 Dopo aver tagliato del tanaceto da essiccare, Laura stava per tornare in casa quando Misfit le insinuò la testa sotto la mano in cerca di attenzioni. Era un cane da caccia degli Everett, al quale lei aveva curato una zampa rimasta presa nella trappola di un bracconiere, e che da allora non l'aveva più lasciata. «Come sei sfacciato» rise grattandolo dietro le orecchie. Il cane agitò la coda, soddisfatto, ma un istante più tardi si irrigidì drizzando la testa. In quel momento Laura udì un rumore di zoccoli e qualche secondo dopo apparve uno degli stallieri degli Everett che montava un cavallo e ne portava un altro per la briglia. Con un brutto presentimento si avviò in fretta verso di lui. «Che cosa è successo?» chiese quando il giovane fermò bruscamente il cavallo. «Signora Martin, venite subito! C'è stato un incidente...» Lo stalliere deglutì a fatica. «Il giovane gentiluomo è stato colpito a una spalla, c'è sangue dappertutto. È svenuto...» Il presentimento si fece più cupo. «Vi conviene chiamare il dottor Winthrop. Le ferite d'arma da fuoco sono al di là...» «Sono già stato dal medico. Non può essere di alcun aiuto in questo momento.» 7


«Capisco.» Il debole per l'alcol rendeva il medico del luogo incapace di occuparsi di se stesso, figurarsi degli altri. Era questo il motivo per cui Laura si era trovata un buon numero di pazienti, intervenendo quando lui non era in grado di farlo. Ma una ferita d'arma da fuoco era al di là della sua portata. Purtroppo non c'era nessun altro a cui rivolgersi. «Vengo subito» accondiscese Laura. «Il padroncino mi ha detto di portarvi là, ma non ho una sella adatta a voi. Ci vorrà più di mezz'ora per far venire il calesse.» «Posso fare a meno della sella. Data la gravità della situazione, credo che nessuno si preoccuperà del decoro. Aiutatemi a prendere la borsa.» Con un profondo respiro si concentrò sulle erbe da prendere per integrare quelle che teneva nella borsa, poi lo stalliere l'aiutò a montare a cavallo. Sistemandosi le gonne nel modo più decente possibile, Laura attese che anche il giovane montasse in sella e insieme galopparono verso la palude. Durante il percorso lei passò mentalmente in rassegna i rimedi che aveva portato con sé. Nell'anno che le era occorso per riprendersi dalla malattia che l'aveva quasi portata alla tomba aveva visto zia Mary curare febbri malariche, dolori di stomaco e altri disturbi, mai però delle ferite d'arma da fuoco. Aveva in ogni caso preso con sé una polvere per fermare le emorragie e del brandy come disinfettante. Aveva scordato qualcosa? Non c'era più tempo per preoccuparsi, comunque, perché superata un'ultima curva si trovarono davanti la palude. Sulla riva era radunato un gruppo di uomini in mezzo ai quali Laura scorse una figura immobile, bocconi, il cui viso esangue contrastava con il rosso scarlatto del sangue che gli inzuppava la giacca. Gli abiti erano fra8


dici, gli stivali immersi nell'acqua gelida. Tom Everett teneva premuto sul petto del ferito un fazzoletto che si stava rapidamente macchiando di rosso. La tensione di Laura in quel momento si trasformò in fredda determinazione: occorreva arrestare subito l'emorragia, e poi trasportare il giovane a Everett Hall. «Prendete le bende dalla mia borsa e portatele qui, per favore» disse allo stalliere. Udendo la sua voce Tom alzò lo sguardo. «Grazie a Dio siete qui!» Pallidissimo, si fece subito da parte per permetterle di inginocchiarsi accanto al ferito. «Ha perso tanto sangue ed è privo di conoscenza. Credete che... morirà?» «Aiutatemi» fu la risposta evasiva di lei. «Tenete premuto con forza il fazzoletto mentre io gli fascio la spalla. Il proiettile è uscito?» «Non lo so. Non ho pensato di accertarmene.» Gli occhi di Tom erano enormi nel volto pallido spruzzato di efelidi. «È colpa mia, sapete. Sono stato io a voler fare questa battuta di caccia. Se dovesse morire...» «State tranquillo, adesso, e premete.» Per calmarlo, e calmare anche se stessa, Laura disse: «Raccontatemi com'è successo». «I cani hanno fatto alzare uno stormo e abbiamo sparato entrambi. Un attimo dopo Kit si è portato le mani al petto, con il sangue che gli colava tra le dita. Forse un proiettile l'ha colpito di rimbalzo e lui è caduto nell'acqua. L'abbiamo trascinato a riva, ma non abbiamo voluto spostarlo fino al vostro arrivo.» Mentre lo ascoltava distrattamente Laura si muoveva in fretta osservando preoccupata il viso cereo e le labbra violacee del ferito. Se il proiettile non era uscito bisognava rimuoverlo, ma non osava esaminare la ferita. Per fortuna il freddo che intorpidiva il giovane aveva anche rallentato l'emorragia: c'era da sperare che l'effetto sarebbe durato per tutto il tempo necessario a tra9


sportarlo a Everett Hall, e che la permanenza nell'acqua gelata non gli avrebbe causato una polmonite. «Non sta per... Oh, ditemi che si riprenderà!» La voce disperata di Tom la strappò alle sue riflessioni. Evitando di rispondere, Laura si sforzò di sorridere. «Dobbiamo portarlo al caldo. Avete avvisato a casa?» «Sì. Mio padre dovrebbe essere qui da un momento all'altro.» Aveva appena finito di parlare che si udì il rumore di una carrozza preceduta da un ometto tarchiato a cavallo. Per un lungo istante l'uomo guardò con ansia la drammatica scena. «Misericordia! Che cosa possiamo fare, signora Martin?» «Se mi aiutate a fasciare strettamente la ferita, lo caricheremo sulla carrozza. Meglio sbrigarsi.» Completato il bendaggio, Laura fece trasferire sulla vettura il ferito ancora privo di sensi. «Tom, corri a dire alla governante di preparare acqua bollente, mattoni caldi e cose del genere.» Everett scosse la testa, preoccupato. «Va', con te farò i conti più tardi.» Suo figlio annuì in silenzio, poi andò di corsa verso il cavallo. Dopo avere aiutato Laura a sistemarsi nella carrozza vicino al paziente, Everett esitò. «Lo assisterete voi?» «Naturalmente, però vi consiglio di mandare qualcuno dal dottor Winthrop con del caffè forte che lo aiuti a smaltire la sbornia, oppure di chiamare il medico della contea vicina. Non ho esperienza di ferite d'arma da fuoco, ma le condizioni del ferito sembrano preoccupanti.» Con sua grande sorpresa l'ometto le afferrò le mani. «Fate tutto il possibile, signora Martin! Ho già avvisato il fratello del ragazzo di venire immediatamente con il 10


suo medico. Ditemi che resterete con lui fino al suo arrivo!» Con un'istintiva sensazione di paura Laura guardò la figura immobile accanto a lei: c'era forse qualcosa di familiare in quel profilo? «Appartiene a una famiglia... importante?» azzardò, temendo di conoscere già la risposta. «È il fratello minore del Conte di Beaulieu.» Il cuore di lei mancò un battito. «L'Enigmista?» chiese sottovoce. «L'amico più intimo del primo ministro, nonché uno dei personaggi più ricchi del regno?» «Già. Ha fondato quello stupido circolo per enigmisti, ma è un tipo in gamba. Si dice che Lord Riverton non faccia un passo senza prima averlo consultato. Adesso è presso degli amici al nord, e Kit avrebbe dovuto raggiungerlo la prossima settimana.» Everett sospirò profondamente. «Se penso a cosa potrebbe farmi Beaulieu se suo fratello dovesse morire qui... Accidenti al giorno in cui Tom l'ha incontrato a Oxford!» «Il conte non può ritenervi responsabile.» L'ometto scrollò le spalle, guardandola con occhi supplichevoli. «Restate, vi prego, signora Martin. Con un po' di fortuna il mio messaggero raggiungerà il conte entro poche ore e porterà qui il medico, forse prima del calare della notte. Non voglio qui quell'inetto di Winthrop, ubriaco o sobrio che sia, e mia sorella non è di nessun aiuto. La signora Mary aveva una grande considerazione del vostro talento, diceva che non c'era nessuno migliore di voi in tutta la contea. Riuscirete a tenere in vita il ragazzo fino all'arrivo del conte?» E incontrare così Lord Beaulieu? L'istinto di conservazione le diceva che era una follia, e Laura sentiva in bocca il sapore della paura, più forte che mai dopo quasi due anni. Il suo primo impulso fu di gettarsi fuori della carrozza, montare a cavallo e tornare nel porto sicuro della sua casetta, ma si sforzò di dominarsi. 11


«Se dovesse verificarsi il peggio, dovete stare tranquilla sul fatto che non permetterei mai al conte di ritenervene responsabile» proseguì nel frattempo Everett. «Come sapete, il vostro benessere mi sta molto a cuore» concluse baciandole la mano. «So bene che mi proteggerete» replicò Laura sforzandosi di sorridere. Era assai improbabile che il conte riconoscesse in lei una delle insignificanti fanciulle che gli si erano inchinate davanti un paio di volte alcune Stagioni prima. Inoltre il ragazzo aveva bisogno di assistenza immediata e, anche se il compito di curarlo era al di là delle sue capacità, lei aveva più esperienza di chiunque altro nel raggio di parecchie miglia. Mentre tentennava, combattuta tra la necessità di accettare e il pericolo che questo avrebbe comportato, udì ancora una volta le parole che zia Mary le aveva rivolto sul letto di morte. Dio vi ha creata con uno scopo, piccola. Vi ha donato un talento, usatelo con saggezza. Guardò il ragazzo, immobile al suo fianco. Quel giovane innocente non meritava forse di sopravvivere, anche se prendersi cura di lui l'avrebbe messa in pericolo? «Ordinate al cocchiere di procedere con prudenza» disse infine. «Se la ferita riprende a sanguinare, non ci sarà più nulla da fare.» Everett sospirò, riconoscente. «Grazie. Io terrò il passo della carrozza in caso abbiate bisogno.» Laura si ritrovò nella semioscurità del veicolo, con un giovane che respirava appena e il cui potente fratello sarebbe arrivato entro poche ore, forse quel giorno stesso. Si era cacciata in un brutto pasticcio. Hugh Mannington Beau Bradsleigh, Conte di Beaulieu, balzò a terra gettando le redini del suo cavallo esausto allo stalliere che si era materializzato nell'oscuri12


tà. Accompagnato dal rumore dei suoi passi che risuonavano sui gradini di pietra si avvicinò all'ingresso principale di Everett Hall. Prima ancora che raggiungesse il portone un giovane alto e lentigginoso si precipitò fuori: era l'amico di Kit, suo compagno di studi a Oxford. «Lord Beaulieu, grazie a Dio siete arrivato. Sono così addolorato...» «Dov'è?» proruppe il conte. Di fronte all'espressione afflitta che si dipinse sul viso del ragazzo si pentì del suo tono brusco. Ma l'angoscia per Kit e la galoppata più faticosa che avesse affrontato negli ultimi anni non lo rendevano incline a scambiare convenevoli. Un uomo piccolo e tarchiato con la testa pelata li raggiunse in quel momento. «Ben arrivato. Io sono Everett. Immagino che preferiate non perdere tempo con le formalità, per cui vi prego di seguirmi da questa parte. Vi ho fatto preparare uno spuntino e della birra forte.» Beau sorrise con sforzo all'uomo più anziano che, sebbene evidentemente preoccupato, non gli faceva perdere tempo con scuse o spiegazioni che in quel momento lui non aveva alcuna voglia di ascoltare. «Vi ringrazio. Siete molto gentile.» Mentre lo seguiva, diede finalmente voce all'ansia che lo aveva divorato durante tutta la lunga cavalcata. «Come sta Kit?» Everett lo guardò di sottecchi. «Non bene, temo. Oggi pomeriggio abbiamo temuto il peggio. Quando arriverà il vostro medico?» Il conte si irrigidì. Kit, così allegro, solare, pieno di vita non poteva morire, lui non lo avrebbe permesso. «Non prima di domani. Chi si sta occupando di lui adesso? Avete un medico qui?» «Solo un ubriacone al quale non affiderei un cane zoppo. Lo assiste la signora Martin, una guaritrice e13


sperta di erbe che è spesso consultata dalla gente del posto.» L'immagine di una vecchia rugosa intenta a preparare pozioni d'amore per gente credulona si affacciò alla mente del conte. «Una guaritrice!» esclamò, inorridito. «Per tutti i santi, non avete trovato di meglio?» Il padrone di casa si fermò sul pianerottolo e lo guardò risentito. «Non siamo a Londra, signore. La signora Martin è la vedova di un ufficiale e ha molta esperienza. Ero certo che lei, se non altro, non avrebbe danneggiato Kit. A dire il vero, oggi l'ha già strappato alla morte più di una volta. Da questa parte, venite.» Mentre entrava nella stanza Beau si ripromise di scusarsi con Everett più tardi. Per il momento tutta la sua attenzione era concentrata sulla figura che giaceva nel grande letto a baldacchino, sul viso illuminato dalla candela sul comodino. Immobile e pallido come una maschera funebre. Si precipitò di corsa al capezzale del fratello. «Kit! Kit, sono Hugh. Sono arrivato.» Il ragazzo non ebbe alcuna reazione quando lui gli prese la mano e l'accarezzò. La pelle era secca. E calda. «Temo che gli stia venendo la febbre.» La quieta voce femminile proveniva dall'oscurità dall'altro lato del letto. Beau alzò lo sguardo su una donna insignificante, con un informe abito marrone e la testa coperta da una larga cuffia che le nascondeva il volto. Era quella la guaritrice che doveva salvare la vita a suo fratello? Si sentì travolgere dalla paura, e subito dopo dalla rabbia. «Come pensate di curarlo?» «Gli farò delle spugnature fredde e gli somministrerò un infuso di corteccia di salice. All'inizio era così gelato che non ho ritenuto opportuno raffreddarlo ulteriormente. Temo che il proiettile sia ancora nella spalla, ma non oso rimuoverlo. Quando arriverà il vostro medico?» «Non prima di domattina» ripeté Beau mentre l'ansia 14


cresceva dentro di lui a ondate. Quell'anziana pettegola poteva andare bene per preparare decotti e pozioni, ma doveva proprio essere lei l'unica barriera tra Kit e la morte fino all'arrivo di MacDonovan? No, pensò con decisione. Lui era lì, e che fosse dannato se avesse lasciato morire il fratello sotto i suoi occhi. «Ditemi che cosa devo fare.» «Avete viaggiato tutto il giorno, signore?» «Sono partito questo pomeriggio» replicò lui, nervoso. «Ma non ha importanza.» La donna alzò allora lo sguardo verso di lui. Turbato, Beau si rese conto che lo stava scrutando. Senza dargli il tempo di commentare, Laura disse: «Dovete riposarvi. Finché vostro fratello non riprende conoscenza, la vostra presenza qui non sarà di alcuna utilità». Il conte fissò su di lei lo sguardo imperioso che aveva fatto indietreggiare più di un subalterno in preda al panico: ma la piccola donna che aveva di fronte lo sostenne senza esitazione. Sentendosi provocato, Beau replicò: «Gentile signora, il giovane che giace in questo letto è mio fratello, sangue del mio sangue. Vi assicuro che anche se avessi appena attraversato tutta l'Inghilterra, farei qualsiasi cosa fosse necessaria». Dopo un altro momento di riflessione, la donna assentì. «Ho appena preparato un infuso di corteccia di salice. Se lo sollevate, facendo attenzione alla ferita, cerco di farglielo bere.» Per il resto di quella che gli sembrò una notte interminabile, Beau eseguì gli ordini impartiti dalla voce quieta della donna e si convinse della sua efficienza: ordinava brodi in cucina, metteva delle erbe nell'acqua dove lui immergeva le bende con le quali tamponare la fronte e il collo di Kit, gli faceva rigirare il ragazzo ogni tanto per evitare che il liquido ristagnasse nei pol15


moni. Solo una volta ci fu una discussione tra di loro, quando Beau le chiese di vedere la spalla di Kit. La donna oppose un rifiuto categorico perché non voleva correre il rischio che la ferita ricominciasse a sanguinare. A meno che il conte non fosse in grado di rimuovere il proiettile, un compito molto delicato che lei non si sentiva di assumere, gli sconsigliava di togliere le bende fino all'arrivo del dottore. L'ansia di Beau di esaminare la ferita fu placata solo dalla minaccia di Laura di declinare ogni responsabilità nei confronti del paziente se lui avesse fatto di testa sua, per cui, anche se a malincuore, si vide costretto a desistere. Malgrado i loro sforzi, mentre la lunga notte cedeva il passo all'alba Kit diventò più irrequieto, la sua pelle arida più calda. Ma subito dopo il sorgere del sole il padrone di casa entrò nella stanza con il medico di Beau, e finalmente il conte e Laura tirarono un sospiro di sollievo. «Mac, vi ringrazio per avere risposto alla mia chiamata con tanta sollecitudine.» «Più che una chiamata sembrava un ordine.» Il vecchio compagno di scuola MacDonovan sorrise. «Ma di questo parleremo dopo. Fatemi vedere il ragazzo. A quanto pare occorre estrarre il proiettile al più presto. Signora Martin, voi mi assisterete.» La donna assentì, e Beau fu scostato con una spallata. «Fuori di qui, vecchio mio» gli ordinò il medico. «Andate a bere qualcosa di forte, ne avete bisogno.» «Voglio restare, Mac. Lasciate che vi aiuti.» L'amico gli rivolse uno sguardo, poi sospirò. «Aprite le tende, occorre più luce. E portatemi la borsa con i miei strumenti.» Più tardi Beau si pentì di avere insistito per restare. Prima aveva dovuto resistere alla vista della ferita lacera, con la carne rosso vivo e gonfia, poi sopportare il tormento di tenere fermo il fratello che si agitava se16


mincosciente, mentre il medico sondava la ferita con un lungo forcipe per trovare ed estrarre il proiettile. Quando finalmente MacDonovan cominciò a fasciare il paziente, Beau aveva la schiena madida di sudore e gli tremavano le gambe. Solo udendo il medico complimentarsi con la signora Martin per l'efficacia delle sue cure, si ricordò della donna che aveva assistito in silenzio all'operazione. Le sue mani erano state ferme, le risposte che aveva dato al dottore calme e pacate. Beau non poté fare a meno di apprezzare la sua forza d'animo. Dopo aver sistemato sui cuscini il fratello, ancora incosciente, Beau seguì il medico che li invitò a uscire dalla stanza. Il padrone di casa aspettava nell'ingresso. «Ebbene, dottore, come sta il paziente?» chiese preoccupato. «Meglio di quanto sperassi. Il proiettile era intatto, e questa è una grande fortuna. Se le cure prestate prima del mio arrivo da questa gentile signora saranno efficaci, nutro buone speranze di una piena guarigione. Ma è presto per dirlo con certezza. Kit non deve essere mosso ed è probabile che la febbre salga. Avrà bisogno di assistenza continua. Conoscete una buona infermiera?» Lo sguardo di Everett passò dal medico alla signora Martin e tornò al medico. «C'è mia sorella, ma temo che i suoi nervi delicati...» «Sarò felice di assistere il paziente finché Sua Signoria non avrà trovato qualcun altro» intervenne la signora Martin senza alzare il capo. «Ottimo. Vi consiglio di accettare la generosa offerta della signora, Beau, almeno finché non avrete trovato un'infermiera altrettanto competente.» «Ho mandato a chiamare Elspeth. Sempre che non vi sia di disturbo ospitare qui mia sorella e sua figlia, Everett.» «Sarà un onore per me» rispose il padrone di casa. 17


«In tal caso sono felice di accettare il vostro aiuto, signora Martin, fino all'arrivo di mia sorella.» Il padrone di casa si rivolse al medico. «Se mi dite che cosa devo fare, dottore, resterò io con il ragazzo mentre la signora Martin si riposa. È in piedi da ieri mattina.» Rivolse a Beau uno sguardo eloquente, come per ricordargli che si aspettava da lui delle scuse e un ringraziamento alla donna che aveva assistito il fratello con così grande abnegazione. «Lord Beaulieu, anche voi dovete riposare. Accompagno la signora, poi vi mostrerò la vostra camera.» La guaritrice rispose con una riverenza all'inchino di Beau, poi si girò per seguire Everett. Rimandando a più tardi le scuse per dedicarsi a una questione che gli stava a cuore, Beau restò indietro. «Avete detto le cose come stanno, o state solo cercando di placare l'ansia del padrone di casa?» chiese al medico appena gli altri due non furono più a portata d'orecchio. Il dottor MacDonovan gli toccò il braccio. «È la verità, Beau. So che per voi è difficile da digerire, ma non possiamo fare altro che assisterlo amorevolmente. Comunque ha una fibra forte, e io ho lavorato bene. Non posso promettervi che non ci saranno momenti duri, ma credo davvero che ce la farà.» Il conte fece un profondo sospiro di sollievo; non si era neppure reso conto di avere trattenuto il fiato. «Grazie, Mac, per essere venuto così tempestivamente e...» Riuscì a sorridere mentre aggiungeva: «E per essere stato così bravo. Ora è meglio che vada a ringraziare l'insostituibile signora Martin. Forse le devo anche delle scuse. Non credo di essere stato gentile come avrei dovuto». Il dottore rise. «Vi mette soggezione, vero? E non poco, scommetto! È lei che dovreste ringraziare, più che me, per avere salvato la vita a Kit. Mi hanno detto 18


che è rimasto nell'acqua gelata della palude per quasi un'ora: già questo fatto da solo avrebbe potuto ucciderlo, se non fosse stato curato adeguatamente.» Il dottore si accigliò. «E potrebbe costituire ancora un rischio per i suoi polmoni. Adesso però, basta. Non riesco più a tenere gli occhi aperti.» Beau strinse con calore la mano dell'amico e si avviò verso l'ingresso. Mentre scendeva l'ultima rampa di scale, vide la signora Martin davanti al portone: sembrava che stesse discutendo con il padrone di casa, poiché scuoteva la testa in segno di diniego. «Vi ringrazio, signore, ma è solo una breve passeggiata. Non c'è alcun bisogno di una carrozza.» Beau si fermò per non farsi notare; i suoi occhi si stavano ormai chiudendo per la stanchezza quando vide che il padrone di casa faceva alla signora Martin un inchino esagerato. «Insisto, mia cara signora. Non potete andare a piedi. Mi stupisco che una gentildonna come voi non sia ancora crollata per la stanchezza. Quanta forza d'animo e abilità possedete! Qualità, lasciatemi aggiungere, pari soltanto alla vostra bellezza.» Dopo avere pronunciato quella frase galante, l'uomo prese la mano di Laura e la baciò con ardore. Beau pensò che Everett aveva chiamato gentildonna la guaritrice che in precedenza aveva definito vedova di un militare. Il marito doveva essere stato un ufficiale perché Everett non avrebbe mai riservato simili galanterie a una plebea. Il conte sorrise stancamente, divertito all'idea che il buffo ometto corteggiasse l'insignificante guaritrice, e curioso di sentire la risposta di lei. «Mi onorate» replicò la donna mentre gentilmente, ma con fermezza, tirava indietro la mano. Era schiva o semplicemente non interessata? In quel momento la guaritrice alzò lo sguardo. La luce del sole che si riversava nell'ingresso consentì al 19


conte di vederla bene: era giovane e graziosa. Non appena si rese conto che lui la stava guardando, un'espressione di terrore le si dipinse sul viso e subito abbassò il capo nascondendosi ancora una volta dietro la cortina di pizzo della cuffia. Beau non udì la risposta data al padrone di casa e non seppe se la carrozza era stata accettata oppure no. Ma prima che potesse farsi avanti per ringraziarla, la donna s'inchinò di nuovo allontanandosi a precipizio. Quando Everett lo raggiunse, il cervello di Beau aveva ripreso a funzionare. Borbottando parole di scusa mentre l'uomo lo accompagnava alla sua camera, il conte lasciò che la sua mente indugiasse sull'interessante scoperta che la guaritrice fosse una gentildonna, e anche piuttosto giovane. Ripensò al suo parlare conciso e al modo in cui era fuggita quando si era accorta di essere osservata. Strano. Perché mai, si chiese abbandonandosi sul morbido letto di piume, una vedova matrimoniabile come quella si mostrava così schiva? Poiché si sarebbe occupata di suo fratello, lui avrebbe potuto studiare quello strano enigma da vicino. La guarigione di Kit avrebbe richiesto molto tempo e a lui occorreva qualcosa che lo distraesse. Per fortuna, niente lo intrigava più di un enigma.

20


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.