IRS95_ASTUZIA NORMANNA

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MARGARET MOORE

ASTUZIA NORMANNA


Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: The Welshman's Bride Harlequin Historical © 1999 Margaret Wilkins Traduzione di Mariadele Scala Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. © 2000 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione I Grandi Romanzi Storici marzo 2000 Seconda edizione I Romanzi Storici Harlequin Mondadori aprile 2012 Questo volume è stato stampato nel marzo 2012 da Grafica Veneta S.p.A. - Trebaseleghe (Pd) I ROMANZI STORICI HARLEQUIN MONDADORI ISSN 1828 - 2660 Periodico mensile n. 95 dello 04/04/2012 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi Registrazione Tribunale di Milano n. 212 del 28/03/2006 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano


1 Castello di Craig Fawr, 1231 «Non essere sciocco!» esclamò Dylan DeLanyea lanciando all'accigliato cugino uno dei suoi sorrisi furbeschi. Pigramente sdraiato con le mani dietro la nuca e le caviglie accavallate sul grande letto della camera che ea sempre a sua disposizione nel castello di Craig Fawr di proprietà di suo zio il potente Barone Emryss DeLanyea, Dylan socchiuse gli occhi sospirando. «Non faccio sul serio, e lei lo sa. Non era proprio il caso che ti scomodassi a venire qui. Dovevi rimanere nella sala grande con tua moglie.» «Come puoi essere tanto sicuro di quello che pensa lei?» domandò Griffydd, incrociando le braccia sull'ampio petto muscoloso. «Se non ti conoscessi bene, potrei pensare che stavi corteggiando Geneviève Perronet con l'intenzione di chiederla in moglie.» Dylan scosse il capo, ammiccando maliziosamente. «Tutti sanno che non sono pronto per il matrimonio. Senza contare che sono troppo giovane per un legame così impegnativo.» «Forse non sei pronto, ma quanto all'essere troppo giovane, non direi. Sei maggiore di me» gli rammentò 5


Griffydd, che si era sposato da più di un anno, era già padre di un bambino e stava per diventarlo per la seconda volta. «Il fatto che tu abbia preso moglie non significa che tutti pensino al matrimonio. Ti ripeto, stavo solo trastullandomi un poco in compagnia di una giovane dama molto leggiadra.» «Lady Geneviève Perronet è già promessa a un altro» puntualizzò il cugino. «Appunto!» sbuffò Dylan sollevandosi a sedere sul letto con fare spazientito. «Come vedi, non può pensare che io faccia sul serio.» «I fidanzamenti si possono anche rompere. Non sarebbe la prima volta» obiettò Griffydd severo. «Ho saputo che non ti sei limitato a parlare con lei.» Un lieve rossore imporporò le guance di Dylan. «Qualche casto bacio non può essere la causa della rottura di un fidanzamento» protestò, chiedendosi quale dei maledetti ficcanaso dei domestici del castello lo avesse visto con Geneviève e avesse sparso pettegolezzi sul loro conto. «Forse per te. Ma Geneviève Perronet potrebbe pensarla diversamente. Quella fanciulla ha condotto una vita molto protetta e ritirata con Lady Katherine.» «E adesso è libera di spassarsela per qualche giorno. Non ci vedo niente di male se la faccio divertire un poco.» «Prova ad andarlo a dire al suo fidanzato. Lord Kirkheathe potrebbe avere una opinione completamente differente dalla tua.» «Insomma, per chi mi prendi? Sono un cavaliere, un uomo d'onore, e non mi metterei mai fra un gentiluomo e la sua futura sposa» affermò Dylan con sincera convinzione. 6


«E ti stai comportando da uomo d'onore?» C'era del dubbio nella voce di Griffydd. «Santi numi, che cosa vorresti dire?» «Non stai cercando di sedurla?» «Ci avevo pensato» confessò Dylan ammiccando al cugino. «Dylan!» «L'ho solo pensato» si affrettò a precisare Dylan con tono scherzoso. «Innanzitutto, Lady Geneviève è una fanciulla educata e gentile, promessa sposa a un uomo per il quale nutro grande stima e rispetto. E poi c'è suo zio, un normanno tutto di un pezzo, austero e ambizioso. Non ho intenzione di rendermelo nemico e di suscitare la sua ira.» «Sono lieto che te ne sia reso conto. Lord Perronet non mi sembra un uomo indulgente e comprensivo verso chi tentasse di ostacolare i suoi piani a proposito della nipote.» «E non succederà, anche se devo dire che è un peccato dare in sposa una così bella e giovane damigella a un vecchio. Kirkheathe deve avere... Quanti anni? Sessanta?» «Quaranta.» Dylan si stiracchiò. Si muoveva con l'agilità e l'eleganza di una pantera. «Stai dando troppa importanza alla cosa, Griffydd» sbuffò con fare annoiato. «E tu ne dai troppo poca ai sentimenti di quella fanciulla» replicò il cugino. «Il cuore di una donna non è un giocattolo con cui trastullarsi, come hai detto tu.» «È un gioco per entrambi. Ci stiamo solo divertendo un poco» insistette Dylan. «E se Geneviève sarà triste quando partirà, non ci vedo niente di male. Anche a me rincrescerà vederla andare via.» 7


«Allora ti piace?» «Certamente. Perché non dovrebbe piacermi? È giovane, è leggiadra, ride delle mie facezie.» Dylan si piegò verso il cugino con fare da cospiratore. «È una delle donne più ben fatte che abbia mai visto e i suoi baci, anche se casti, sono molto piacevoli.» «Non ti redimerai mai» sospirò Griffydd. «Sciocchezze! Non ho commesso nessuna colpa che richieda una redenzione.» «Le hai parlato dei tuoi figli?» Dylan corrugò la fronte. «Non ne ho avuto l'occasione. Ti ripeto, ci stiamo solo divertendo un poco prima che lei sposi quel vecchio barbogio. È una cosa del tutto innocente, te l'assicuro.» «Sei assolutamente certo che lei lo abbia capito?» tornò a chiedergli il cugino. Dylan evitò d'incontrare lo sguardo indagatore di Griffydd. «Te l'ho detto, no? Non le ho offerto motivo di pensare diversamente.» «Spero che tu abbia ragione. Non vorrei che qualcosa di spiacevole rovinasse i festeggiamenti in corso. Questo è il momento di Trystan, lo sai. Quel ragazzo ha lavorato duramente per diventare cavaliere e io non voglio che l'avvenimento sia disturbato dal fatto che tu non sai controllare i tuoi ardori.» Dylan tornò ad aggrottare la fronte. «Stammi a sentire! Non ho fatto niente di male. A proposito di Trystan, non dovresti andare a vedere se il tuo amatissimo fratellino si è ripreso dalla veglia e dall'emozione di diventare cavaliere? È già passato mezzogiorno e l'ultima volta che sono andato a controllare era ancora sveglio. Spero che sia in grado di partecipare al banchetto di questa sera.» Griffydd annuì gravemente e si alzò dallo sgabello 8


sul quale si era seduto. «Parteciperai anche tu alla festa?» «Non dovrei?» Griffydd parve perplesso. «Forse andrò a fare una visita a Bertha alla taverna del villaggio, come ai vecchi tempi.» Griffydd scosse il capo. «Sei incorreggibile» borbottò mentre si dirigeva verso la porta. «Stavo scherzando!» gli gridò Dylan, mentre il cugino sbatteva la porta dietro le sue spalle. Per un breve istante sul bel viso di Dylan DeLanyea apparve un'espressione insolitamente seria. Ma lui era Dylan, l'allegro e spensierato Dylan, e il momento di riflessione svanì com'era arrivato. Si alzò dal letto e fischiettando si diresse verso la porta per andare a vedere se la leggiadra Lady Geneviève era stata di parola e aveva mantenuto la promessa d'incontrarlo nel giardino di sua zia. Mentre attendeva l'arrivo del bel cavaliere, Geneviève si avvolse strettamente nel mantello foderato di pelliccia. Era un freddo mattino di marzo e fu scossa da un brivido nonostante il calore che il pelo le trasmetteva. Qualche residuo della neve invernale chiazzava di bianco il vialetto lastricato di pietre e le aiuole, mentre i tralci delle rose rampicanti si abbarbicavano stecchiti al muro di cinta del giardino. Aveva fatto bene a recarsi a quell'appuntamento? Forse sarebbe stato più saggio se fosse rimasta nella sua camera, dove suo zio pensava che si trovasse. Sarebbe dovuta rimanere in camera a recitare le preghiere invece di essere seduta su una fredda panca di pietra in un giardino spoglio ad attendere l'arrivo di un giovane cavaliere. 9


Un giovane cavaliere molto bello e affascinante. La prima volta che aveva posato gli occhi su Dylan DeLanyea, lui si trovava nel cortile del castello, al centro di un gruppo di altri cavalieri. Quei giovani, tutti guerrieri, si erano girati a guardare il corteo di suo zio. Geneviève era rimasta ammaliata dal giovane bruno con gli occhi neri e i capelli lunghi fino al collo, che stava con le braccia conserte e il peso del corpo appoggiato su una lunga gamba muscolosa. In quell'istante le erano tornati alla mente gli avvertimenti di Lady Katherine, che l'aveva messa in guardia dai giovani uomini scapestrati che dalle giovani dame volevano solo una cosa. Qualcosa che, dal tono di Lady Katherine, una fanciulla non doveva concedere. Quell'insidioso scopo che i giovani cavalieri si prefiggevano quando incontravano una giovanetta di loro gradimento era rimasto un mistero per Geneviève fino alla sera in cui le allieve più grandi di Lady Katherine si erano assunte il compito d'illuminare le compagne più piccole. Alcuni frammenti di quell'affascinante discussione le erano ritornati alle mente mentre cercava di distogliere lo sguardo da quel bellissimo sconosciuto dal sorriso accattivante e dagli occhi irresistibili. Non era riuscita a smontare da cavallo finché suo zio non aveva ordinato agli uomini del seguito di aiutarla a scendere dalla sella. In preda a un misto di apprensione e di speranza, si era chiesta se il giovane le sarebbe andato incontro. Lui non si era avvicinato, ma più tardi Geneviève aveva scoperto che si trattava di Dylan DeLanyea, il nipote del Barone DeLanyea, il signore di Craig Fawr. 10


Suo zio che cosa avrebbe detto se avesse scoperto che in quel momento era seduta sulla panca di quel giardino appartato e solitario, in attesa di Dylan? Geneviève non poteva calcolare la portata dell'ira dello zio. Erano ospiti dei DeLanyea in una sosta del viaggio verso nord. Erano diretti al castello di Lord Kirkheathe, il suo sconosciuto promesso sposo, ed erano giunti al castello del barone nel bel mezzo dei festeggiamenti per la nomina a cavaliere di Trystan, il figlio minore del padrone di casa. Ciononostante, Geneviève era sicura che suo zio non avrebbe esitato a svergognarla di fronte a tutti gli altri ospiti se avesse pensato che si era comportata in modo sconveniente. Quanto a Lady Katherine, non era difficile immaginare che cosa avrebbe detto. Geneviève la conosceva ormai bene, avendo vissuto sotto il tetto della raffinata dama per otto lunghi anni per ricevere gli insegnamenti necessari a diventare una perfetta castellana. Lady Katherine avrebbe proclamato che Dylan DeLanyea non era un giovane di cui fidarsi, nonostante i suoi sorrisi ammalianti e i suoi sguardi teneri. Geneviève non ci credeva, ovviamente. Dylan era un giovane di nobili sentimenti, cavalleresco e completamente degno di fiducia. Certo, l'aveva baciata pur sapendo che era promessa a un altro. L'aveva baciata tre volte: una sulla guancia e due sulle labbra. Il cuore di Geneviève accelerò i battiti. Durante la lunga e noiosa cerimonia d'investitura di Trystan DeLanyea, cugino e fratello adottivo di Dylan, si era accorta che lui la stava guardando. Con insistenza. E che le sorrideva. Attenzioni che aveva continuato a rivolgerle anche durante il successivo banchetto. 11


Poi erano iniziate le danze. Geneviève aveva creduto di venir meno quando Dylan le era andato vicino e le aveva chiesto di stare accanto a lui. Quando poi le aveva preso la mano, era rimasta senza respiro. Per fortuna, grazie agli insegnamenti di Lady Katherine, conosceva i passi di danza. Ma aveva avuto difficoltà a concentrarsi su di essi. Al termine del ballo, Dylan DeLanyea l'aveva riaccompagnata da suo zio. Ma in seguito era tornato e l'aveva invitata di nuovo a unirsi a lui nelle danze. Questa volta, terminata la musica, non l'aveva riportata da suo zio, che era impegnato in una fitta conversazione con il barone e il figlio maggiore di questi, Griffydd. Invece l'aveva guidata verso un angolo appartato della sala, sia pure sotto gli occhi di tutti per non incorrere in un comportamento scorretto e sconveniente. Dopotutto lei era fidanzata, anche se con un uomo tanto anziano da poter essere suo padre. Il ricordo di quello che era successo in seguito la fece avvampare. Senza rendersene conto, si era ritrovata a un tratto in una zona d'ombra. Non ricordava di che cosa stessero discorrendo, ma all'improvviso Dylan DeLanyea si era chinato verso di lei e l'aveva baciata. Rammentando il calore di quelle labbra morbide prima sulla guancia e poi sulle labbra, Geneviève non sentì più freddo. «Vedo che in questo giardino è fiorita una rosa anzitempo.» Il suono della voce calda e musicale di Dylan la fece trasalire. Geneviève si alzò in piedi mentre lui varcava il cancello e lo richiudeva silenziosamente prima di girarsi e di sorriderle. 12


La lieve brezza gli agitava i capelli ribelli. Non sembrava avere freddo, anche se non portava mantello, ma indossava solo una camicia aperta sul collo sotto la tunica di pelle trattenuta in vita da una cintura di cuoio dalla quale pendeva una spada. Le sue lunghe gambe muscolose erano inguainate in strette brache, infilate negli stivali ricoperti di pelliccia. Un abbigliamento molto semplice, ma che lo rendeva assolutamente splendido. Un principe non poteva avere aspetto più regale ed elegante, pensò Geneviève, rimanendo incantata di fronte a quel sorriso intrigante e allo sguardo di quegli intensi e luminosi occhi neri. «Temevo che non sareste venuta» disse Dylan quando la ebbe raggiunta. Geneviève si guardò attorno. «Forse non avrei dovuto.» «Ne sarei rimasto immensamente deluso.» Geneviève sollevò gli occhi e lo guardò. «Parlate seriamente?» «Non sono mai stato tanto serio. Venite a sedervi qui accanto a me, mia bella signora.» Dylan prese posto sulla panca di pietra dalla quale lei si era appena alzata. Geneviève sentiva il suo cuore battere talmente forte che era sicura che lui lo avrebbe percepito. Perciò esitò un istante prima di raggiungerlo, sedendosi il più lontano possibile dal bel cavaliere. Anche se non era stata capace di resistere alla tentazione di trovarsi sola con lui nel giardino, era una dama e aveva ricevuto una educazione irreprensibile, che le imponeva di osservare determinate regole di decoro. Ma Dylan non doveva pensarla così, perché allun13


gò audacemente una mano verso la sua e le strinse le dita guantate. Geneviève sapeva che non avrebbe dovuto permettergli tanta familiarità, ma non riuscì ad articolare una parola di protesta. «Il Barone DeLanyea mi ha detto che domani partirete» disse Dylan con tono sommesso. Geneviève annuì. «Sarò molto triste quando sarete partita» sospirò mestamente Dylan. «Il pensiero che non vi vedrò più, che non potrò più parlare con voi, mi colma di mestizia.» Incoraggiata da quei modi insinuanti e da quelle parole cariche di significati reconditi, Geneviève sollevò gli occhi su di lui. «Anch'io sarò triste» mormorò sconsolata. Dylan sorrise, ma i suoi occhi erano malinconici. «Vi sposerete fra un mese?» «Sì, fra un mese» confermò Geneviève, incurante di dissimulare il proprio sgomento all'idea del destino che l'attendeva. «Con un vecchio.» «È una consuetudine molto diffusa» commentò Dylan con tono grave. «Un uomo vecchio che prende in moglie una donna giovane.» «Perché deve andare così? Non è giusto.» Geneviève si accorse che le sue accorate parole avevano fatto trasalire il bel cavaliere che sedeva al suo fianco. «So che queste unioni non sono insolite, e so che il mio matrimonio con Lord Kirkheathe piace a mio zio, che attualmente è il mio tutore, tuttavia vorrei non essere stata promessa a quell'uomo» soggiunse con un sospiro. La mano di Dylan strinse la sua, mentre rispondeva con una vena di tristezza nella voce, che sembrava e14


guagliare quella che lei sentiva nel cuore. «Ma lo siete.» «Vorrei poter rimanere qui.» «Anch'io lo vorrei» sussurrò Dylan, accarezzandole la guancia con l'altra mano. «Non si può fare niente?» «Temo di no, milady. Dobbiamo dirci addio. Facciamolo qui, lontano da sguardi indiscreti.» Gli occhi di Geneviève si colmarono di lacrime. «Non voglio dirvi addio.» «Allora non ditelo» bisbigliò Dylan, chinando il capo per baciarla. Per un fugace istante la mente di Geneviève fu attraversata dal pensiero che non avrebbe dovuto permettergli una simile libertà. Ma non lo fermò. Né si ritrasse. Al contrario, gli cinse il corpo con le braccia e si abbandonò contro di lui, perdendosi nelle meravigliose sensazioni che le labbra di Dylan le procuravano. Dylan la strinse a sé, affondando le mani nel caldo mantello che lei indossava per avvolgerla tutta fra le sue braccia, mentre il bacio si faceva più intimo e audace. Travolto dal piacere di quell'abbraccio, Dylan si lasciò scivolare nel mare di deliziose percezioni che il corpo di Geneviève gli offriva, dalla indicibile dolcezza delle sue labbra incredibilmente morbide, alla delicata curva della sua schiena flessuosa, che avvertiva sotto il calore del mantello foderato di pelliccia. Quando Geneviève dischiuse leggermente le labbra, non ebbe bisogno di altri segnali d'invito. Le insinuò gentilmente la lingua fra i denti, mentre le avvicinava una mano alla tenera rotondità dei seni. Allorché lei emise un lieve gemito e intrecciò ardi15


tamente la lingua a quella di lui, Dylan trasalì. Quel gemito aveva spezzato l'incantesimo che si era creato fra loro, ricordandogli all'improvviso chi erano. Chi era lui. Chi era lei. Quella fanciulla, che aveva così prontamente e incondizionatamente risposto alle sue attenzioni, era Lady Geneviève Perronet, la giovane fidanzata di Lord Kirkheathe, la nipote dell'inflessibile Lord Pomphrey Perronet. Ma non era tutto. Quella fanciulla che teneva fra le braccia era in viaggio per raggiungere il suo promesso sposo e celebrare le nozze. Con una riluttanza che lo lasciò disorientato, Dylan si ritrasse, accennando un sorriso impacciato quando lei lo guardò. L'aureola di capelli biondi che le incorniciava il viso dall'ovale perfetto era un poco scomposta, le guance rosate erano in fiamme e i suoi occhi azzurri lo fissavano con una intensità che sembrava trapassargli l'animo, paralizzandolo e togliendogli la favella. Ma quegli occhi sfavillanti lo colmarono anche di un bruciante desiderio. Dylan non voleva parlare, tantomeno dirle addio. L'attirò sulle sue ginocchia, catturandole la bocca in un altro bacio divorante. Lei gli rispose con uguale fervore, aggrappandosi a lui come se non volesse più lasciarlo andare. Infuocato di crescente desiderio, Dylan la coprì di frenetiche carezze facendola gemere, e sospirare, e agitarsi fra le sue braccia con una sensualità che accrebbe il suo già incontrollabile desiderio. Di solito Dylan preferiva procedere con calma, assaporando ogni istante della schermaglia amorosa. Ma in quel momento, con quella giovane donna che aveva un aspetto così ingenuo e innocente e lo bacia16


va con tale sfrenato abbandono, non poté attendere. Senza staccare la bocca da quella di lei, armeggiò attorno ai lacci del mantello che Geneviève indossava, determinato a scioglierli. Alla fine, con un sommesso brontolio di ansia e frustrazione, strappò i lacci e le fece scivolare il mantello dalle spalle. La stessa sorte toccò alle stringhe di seta che le chiudevano il corpetto sulla schiena. Dylan le allentò tanto da poter insinuare le mani all'interno per sfiorare con le dita la pelle calda e vellutata. Geneviève trattenne il respiro, poi si inarcò verso di lui, mentre un altro gemito simile a un rantolo le sfuggiva dalle labbra. «Dylan» sussurrò col respiro affannato che le faceva sollevare e abbassare freneticamente i seni. «Io... devo andare.» Tuttavia gli prese il viso fra le mani e lo baciò ripetutamente sulle guance. «Restate» mormorò lui, imprigionandola contro di sé mentre le spostava una mano dai seni alla caviglia. Poi iniziò a sollevarle lentamente l'orlo della gonna accarezzandole la gamba nuda e ben tornita. Doveva possederla. Il suono della campanella, che chiamava la servitù a raccolta per il pasto serale, interruppe quella sensuale esplorazione. Dylan si bloccò di colpo, realizzando all'improvviso che cosa stava facendo. Con una dama promessa sposa a un altro uomo. Nel roseto di sua zia. Non aveva avuto l'intenzione di baciare Geneviève. Aveva pensato solo di dirle addio prima del banchetto di quella sera, in un modo più che conveniente e formale, magari condito da un pizzico d'innocente commozione. Ogni parola che aveva detto a Griffydd era stata 17


sincera. Il breve interludio sentimentale con Geneviève Perronet era stato solo un gioco, un breve e superficiale incontro fra due giovani in vena di divertirsi un poco durante il soggiorno a Craig Fawr. Ma Dylan non era preparato alla stupefacente intensità dello sguardo di Geneviève quando aveva incontrato il suo, o alla infinita tristezza che aveva velato la sua voce quando aveva parlato della partenza. Soprattutto, non aveva previsto l'esplosione di passione che aveva infuocato il bacio che Geneviève gli aveva dato spontaneamente. Accidenti! Lui, Dylan DeLanyea, un uomo che aveva avuto rapporti di stretta intimità con un numero imprecisato di donne e che aveva anche generato dei figli con qualcuna di esse, non avrebbe mai immaginato che la timida e schiva Geneviève Perronet avesse il sorprendente potere di eccitarlo tanto. Spaventato dall'improvvisa perdita di autocontrollo, la scostò dal proprio grembo e si alzò in piedi. «Perdonatemi, milady.» Con i capelli scompigliati, le labbra tumide per i suoi baci, le guance arrossate e il corpetto slacciato, Geneviève lo guardò incredula e disorientata. Sistemandosi la tunica, Dylan si avviò verso il cancello. Prima di uscire, sostò un istante con la mano appoggiata sul chiavistello e si girò, in tempo per vedere che Geneviève si stava riavvolgendo il mantello attorno alle spalle. «Addio» mormorò prima di far scattare il chiavistello e di lasciarla sola nel roseto. Quella sera, durante il banchetto, Geneviève si guardò ansiosamente attorno per cercare con gli occhi Dylan DeLanyea. Doveva essere molto cauta e prudente, perché suo zio sedeva al suo fianco. Anche se 18


il rapace Lord Perronet sembrava più interessato a discutere di affari di stato con gli altri nobili che lo attorniavano, sapeva che non la perdeva d'occhio un istante. La confortevole sala era colma di gentiluomini sia normanni sia gallesi, accompagnati dalle relative consorti. Fra gli altri, Geneviève riconobbe il Barone DeGuerre, Sir Urien Fitzroy, Sir Hu Morgan, Sir Roger de Montmorency. Il padrone di casa era altrettanto famoso e conosciuto, e anche un poco inquietante, pensò Geneviève. Con quella cicatrice sul viso, la benda nera sull'occhio accecato e l'andatura leggermente claudicante, il Barone Emryss DeLanyea era tuttavia un uomo dotato di un fascino sottile, oltre che essere il signore più amabile che avesse mai incontrato. Anche le dame di Craig Fawr erano molto affabili e sembravano molto simpatiche, a parte, forse, la moglie di Griffydd DeLanyea. Seona era in attesa del secondo figlio e doveva soffrire parecchio, probabilmente per la vicinanza con la prima gravidanza, considerando che il suo primo figlio non aveva ancora un anno di vita. Tuttavia Geneviève la invidiava, sognando con ansia di essere madre anche lei. Invidiava anche la padrona di casa, che incarnava la figura della perfetta castellana secondo i canoni di Lady Katherine. Infatti Roanna era una donna bella, gentile, cordiale e competente. A Craig Fawr tutto era ben organizzato e confortevole. Sospirando, Geneviève si augurò di riuscire a ottenere gli stessi risultati quando avrebbe assunto i suoi compiti di padrona di casa. Quella sera, il centro dell'attenzione generale era però Trystan DeLanyea che, come tutti gli uomini della famiglia, era un giovane di bell'aspetto. Bruno 19


come Dylan, portava i capelli lunghi come il padre, il fratello e il cugino, in una foggia selvaggia che rammentava a Geneviève una banda di Celti. Come Dylan, Trystan aveva labbra sensuali, anche se non sorrideva molto. Però non aveva gli occhi neri e penetranti del cugino. I suoi erano grigi e gravi come quelli del fratello maggiore. Insomma, Trystan era giovane e attraente, ma non l'affascinava come Dylan, concluse Geneviève mentre lo osservava. Era rimasta sorpresa nel sapere che Dylan non era ammogliato. Probabilmente non aveva ancora incontrato la donna adatta a lui, pensò sorridendo fra sé con soddisfazione. Chissà dov'era in quel momento?, si chiese incuriosita. Sapeva che si trovava ancora a Craig Fawr. Se fosse partito, lo avrebbe saputo perché era arrivato con un drappello di dieci uomini anche se il suo castello, Beaufort, non era molto lontano. Doveva essere amore quello che provava per Dylan DeLanyea, si disse con espressione meditabonda. Quando lui la guardava con i suoi profondi e appassionati occhi neri si sentiva pervadere da una tenerezza infinita e le sembrava che qualcosa si sciogliesse dentro di lei. E quando lui l'aveva baciata... Ebbene, non c'erano parole per descrivere che cosa aveva provato in quel momento. Anche Dylan doveva sentire amore per lei, altrimenti non l'avrebbe abbracciata come aveva fatto nel roseto. Forse si erano lasciati trasportare eccessivamente da quello che provavano l'uno per l'altro, ma quella era una prova che Dylan ricambiava il suo amore. Le era sembrato molto dispiaciuto quando si era staccato 20


da lei, e ancora di più quando le aveva detto addio. Se non aveva partecipato al banchetto, doveva essere perché pensava che il loro rapporto non sarebbe mai giunto a un lieto fine, considerando che lei era già promessa a Lord Kirkheathe, con il quale si sarebbe unita presto in matrimonio. «Partiremo alle prime luci dell'alba» annunciò suo zio, distogliendola momentaneamente dalla sua silenziosa ricerca del bel viso di Dylan fra la folla dei presenti. «Ti raccomando di essere pronta.» «Sì, milord.» «Impiegheremo una settimana per arrivare al castello di Lord Kirkheathe» soggiunse il burbero Lord Perronet con il suo tono imperioso. Geneviève annuì in silenzio, mentre il suo cuore aveva un sussulto alla vista dell'oggetto del suo fantasticare. Dylan era là, seminascosto da uno dei pilastri che sostenevano il soffitto della sala grande di Craig Fawr. Ecco perché non l'aveva visto prima, pensò con un lieve sospiro di sollievo. Mentre lo guardava, Geneviève ebbe la certezza che non avrebbe mai potuto sposare Lord Kirkheathe. Sollevò istintivamente una mano per salutarlo, ma poi la riabbassò, sbirciando verso lo zio. Meglio non tradirsi, si ammonì prontamente. Suo zio era un uomo molto ambizioso e insensibile nei riguardi dei sentimenti altrui, e non avrebbe mai capito quello che lei stava provando... Tuttavia bisognava fare qualcosa per impedire che quel matrimonio combinato venisse celebrato. Geneviève tornò a guardare verso il cavaliere bruno che occupava da giorni ogni suo pensiero. Il solo vederlo sorridere le fece battere forte il cuore, riportando alla sua mente il ricordo delle indescrivibili 21


sensazioni che quelle belle labbra le avevano procurato quando si erano posate sulle sue. Allorché lui rivolse gli occhi verso di lei, Geneviève trattenne il respiro. Ma i loro sguardi non s'incontrarono. Dylan si affrettò a girarsi dall'altra parte, aggrottando un poco la bella fronte spaziosa. Era contrariato quanto lei all'idea che sposasse un altro? Geneviève ne era convinta. Come era convinta che Dylan non la guardasse perché soffriva troppo a immaginarla legata a un altro. Sì. Bisognava fare qualcosa per evitare il matrimonio con Lord Kirkheathe. Geneviève non ebbe più dubbi. Ma Dylan era un cavaliere con troppo senso dell'onore per intervenire. Perciò doveva pensarci lei, decise con determinazione. Sì. Ci avrebbe pensato lei.

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