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Nina Harrington

In Grecia con il capo


Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: My Greek Island Fling Harlequin Mills & Boon Romance © 2012 Nina Harrington Traduzione di Silvia Paci Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved. © 2014 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione Harmony Serie Jolly aprile 2014 Questo volume è stato stampato nel marzo 2014 presso la Rotolito Lombarda - Milano HARMONY SERIE JOLLY ISSN 1122 - 5390 Periodico settimanale n. 2551 dello 08/04/2014 Direttore responsabile: Stefano Blaco Registrazione Tribunale di Milano n. 56 del 13/02/1982 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Trentacoste, 7 - 20134 Milano Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano


Prologo «Mami, sono qui» sussurrò Lexi Collazo Sloane, mentre sua madre entrava allegramente nella stanza, portando con sé una folata di viola, spavalderia e vivacità nella placida combinazione di colori pastello dell'esclusivo ospedale di Londra. «Mi dispiace moltissimo per il ritardo, tesoro» disse con enfasi sua madre, scrollandosi la pioggia dal soprabito e stampando un bel bacio sulla guancia di Lexi. «Ma il regista ha improvvisamente deciso di anticipare le prove della scena della sala da ballo.» Scosse la testa e rise forte. «Spade da pirati e gonne di seta. È un miracolo se quei costumi rimarranno interi. E non parliamo delle scarpe e delle parrucche!» «Puoi farcela, mamma» ridacchiò Lexi, mentre riponeva il pigiama nella piccola valigia. «Sei la migliore costumista teatrale in circolazione. Niente paura. La prova costumi di domani sarà un trionfo.» «Alexis Sloane, hai una tempra esagerata. Ma, grazie. Dunque. Passiamo a cose più importanti.» Inspirò, quindi posò con gentilezza una mano sulla spalla di Lexi, e la guardò negli occhi. «Com'è andata, stamattina? E non risparmiarmi. Cos'ha detto lo specialista? Diventerò nonna, uno di questi giorni?» Lexi sedette di nuovo sul letto, le piangeva il cuore. Era tempo di farla finita con questa storia. 5


«Be', ci sono alcune buone notizie, e altre tutt'altro che buone. A quanto pare, la scienza medica ha fatto qualche progresso negli ultimi diciotto anni, ma non voglio crearti illusioni.» Si sporse, e tirò a sé la madre, perché sedesse accanto a lei. «C'è una piccola possibilità che io riesca ad avere bambini, ma...» Trattenne il respiro, quando sua madre sussultò. «Sarà un trattamento lungo e complicato, e non c'è alcuna garanzia di successo. Secondo lo specialista, rischierei solo una delusione.» Tentò un mezzo sorriso, e le strinse la mano. «Mi dispiace, mamma. Sembra che dovrai aspettare ancora a lungo, prima che possa darti questi nipotini.» Sua madre sospirò, prima di abbracciarla. «Ora, non preoccuparti di questo un minuto di più. Ne abbiamo già parlato. Ci sono un sacco di bambini là fuori, che cercano una famiglia che li ami, e Adam sarebbe felice di adottarne. Avrai la tua famiglia, un giorno, ne sono sicura. Okay?» «Lo so, ma speravi tanto che fosse una buona notizia.» «Per quanto mi riguarda, è una buona notizia. Infatti, credo che dovremmo folleggiare in un bel ristorante, stasera, non credi? Tuo padre insisterà» aggiunse, ammiccando. «Sembra che la fotografia paghi bene, ultimamente.» Lexi le toccò il braccio, e inghiottì il grumo d'ansia e apprensione che aveva reso una giornata triste ancora più stressante. «È ancora qui, mamma? Ho dormito tutto il pomeriggio, e ora temo di non averlo visto.» Ma sua madre la guardò, con un gran sorriso. «Sì» rispose, stringendole forte le mani. «Sì, è qui. È rimasto ad aspettare nel parcheggio. Ed è così diverso. Vuole davvero recuperare il tempo perduto. Sennò, perché mai avrebbe pagato questo ospedale privato, appena ha saputo che avevi bisogno di una cura? Im6


maginava quanto dovessi essere spaventata, dopo l'ultima volta. Andrà tutto bene. Aspetta e vedrai.» Il cuore di Lexi iniziò a correre. «E se non mi riconosce? Voglio dire, avevo solo dieci anni l'ultima volta che mi ha vista. Sono passati diciotto anni. Potrebbe anche non riconoscermi.» Sua madre le diede un buffetto sulla guancia, scuotendo la testa. «Avanti, non essere così sciocca. Certo che ti riconoscerà. Avrà album pieni di tutte le foto di te, che gli ho mandato in questi anni. E poi, sei così bella che ti riconoscerà all'istante.» Premette la guancia contro quella di Lexi, mentre la avvolgeva in un caldo abbraccio. «Mi ha già detto che è molto orgoglioso di tutto quello che hai realizzato nella tua vita. E potrai raccontargli tutto dei tuoi splendidi scritti, durante la cena di stasera.» Quindi le accarezzò i capelli, poi afferrò la borsa e si diresse in bagno. «Il che vuol dire che devo prepararmi. Torno tra un attimo.» Lexi sorrise e si strinse nelle spalle. Come se sua madre potesse essere altro che stupenda! Era sempre stata così inarrestabile, non importa cosa la vita aveva riservato loro. E tutto ciò che aveva sempre desiderato era essere circondata da una famiglia numerosa, che avrebbe inondato d'amore. Lexi si asciugò una lacrima solitaria dalla guancia. Le spezzava il cuore sapere di non poter dare a sua madre dei nipoti, e così renderla felice. Le si spezzava proprio il cuore. Mark Belmont premette i pulsanti dell'ascensore, nella speranza che rispondessero, quindi imprecò sottovoce e si diresse verso le scale. La parte razionale del suo cervello sapeva che erano passati solo alcuni minuti, da quando aveva ringraziato l'amica di sua madre, per averla sorvegliata in 7


quel terribile ospedale, mentre lui stava arrivando. Il pianto ininterrotto non lo aveva aiutato a restare calmo e a mantenere il controllo, ma ora era solo, e toccava a lui dare un senso a queste ultime ore. La telefonata urgente dall'ospedale. L'orribile volo da Mumbai, che gli era parso interminabile, poi la corsa dall'aeroporto con un taxi, che sembrava avere incontrato tutti i semafori rossi di Londra. La verità era ancora dura da accettare. Sua madre, bellissima, talentuosa, e sicura di sé, si era rivolta a un chirurgo plastico senza dire nulla alla sua famiglia. Secondo la sua amica, aveva fatto qualche piccola battuta sul non avvertire i media del fatto che Crystal Leighton si sarebbe sottoposta a un'addominoplastica. E aveva ragione. La stampa era fin troppo abile a rintracciare ogni misero segreto che riguardasse la star del cinema inglese, nota per la sua vita salutista. Ma lui? Era sua madre quella che i tabloid stavano perseguitando. Mark fece le scale due alla volta, mentre la sensazione di aver fallito minacciava di sopraffarlo. Non riusciva a crederci. Avevano trascorso assieme tutte le vacanze di Natale e Capodanno, e gli era sembrata carica e positiva come non lo era da anni. La sua autobiografia stava prendendo forma, il suo impegno con la beneficenza stava dando risultati, e la sua brava sorella le aveva dato un secondo nipote. Perché? Perché lo aveva fatto, senza dirlo a nessuno? Perché era venuta qui da sola per subire un intervento che era andato a finire in modo così orribile? Conosceva i rischi, e in passato aveva sempre riso a chi le suggeriva di sottoporsi alla chirurgia estetica. Eppure, era andata avanti e lo aveva fatto comunque. Rallentò il passo, e fece un lungo respiro, cercando di calmarsi, prima di tornare di nuovo nella stanza d'ospedale, dove sua madre giaceva in coma. 8


Un ictus. Fatto tutto il possibile. Convocati gli specialisti. Ancora prognosi riservata. Mark aprì la porta. Almeno, aveva avuto il buonsenso di scegliere un ospedale rinomato per proteggere i suoi pazienti da occhi indiscreti. Non ci sarebbero stati paparazzi a scattare foto di sua madre, contusa e malconcia, per i tanti sguardi morbosi. No. Doveva sopportare quella vista da solo. Lexi aveva appena ricominciato a fare la valigia, quando una giovane infermiera fece capolino dalla porta. «Altre visite, signora Sloane.» Sorrise. «Suo padre e suo cugino sono appena arrivati, per portarla a casa. Saranno da lei tra un attimo.» E con un breve cenno della mano sparì. «Grazie» rispose Lexi, e inghiottì una sensazione di profonda incertezza e nervosismo. Perché suo padre voleva vederla proprio ora, dopo così tanti anni? Si alzò dal letto e camminò lentamente verso la porta. Quindi si fermò, con un'espressione accigliata. Suo cugino? Lei non aveva cugini, per quanto ne sapeva. Forse era un'altra delle sorprese che suo padre aveva in serbo per lei? Aveva promesso a sua madre che oggi gli avrebbe dato una possibilità, ed era quel che intendeva fare, non importa quanto doloroso potesse essere. Inspirando profondamente, raddrizzò la schiena e iniziò a passeggiare lungo il corridoio, per accogliere il padre che aveva abbandonato lei e sua madre proprio quando avevano avuto più bisogno di lui. Se si aspettava che gli saltasse al collo, sarebbe rimasto amaramente deluso, ma poteva essere gentile, e ringraziarlo, per il bene di sua madre, almeno. Se solo il cuore avesse smesso di batterle così forte, da impedirle quasi di pensare in maniera razionale. Lo aveva amato così tanto; da piccola, quel padre fanta9


stico era stato il centro dell'intero suo mondo. Si tenne pronta, e si guardò intorno. Ma tutto era calmo, rilassante e tranquillo. Certo, gli ci sarebbe voluto un po', prima di superare i sofisticati controlli all'ingresso principale, destinati a proteggere i ricchi e famosi ospiti, e poi prendere l'ascensore fino al primo piano. Stava quasi per tornare indietro, quando, con la coda dell'occhio, scorse del movimento attraverso la porta socchiusa della stanza di uno dei pazienti, ma si nascose alla fine del lungo corridoio. Poi lo vide. Inconfondibile. Indimenticabile. Suo padre. Mario Collazo. Bello e slanciato, con le tempie brizzolate, ma ancora stupendo. Era accovacciato proprio dentro la stanza, sotto la finestra, e stringeva una piccola, ma potente fotocamera digitale. C'era qualcosa che non andava affatto in tutta quella scena. Senza pensare, avanzò lentamente verso la porta, per guardare meglio. In un attimo capì. Una donna giaceva nel suo letto d'ospedale, i lunghi capelli scuri spettinati sulle lenzuola bianche di candeggio che si abbinavano al colore del suo viso. Aveva gli occhi chiusi ed era collegata a tubi e monitor. La terribile verità di ciò a cui stava assistendo colpì profondamente Lexi, e le fece girare la testa, tanto che dovette appoggiarsi al muro per poter restare in piedi. Le infermiere non potevano vedere suo padre dalla reception, dove un uomo più giovane, che non aveva mai visto prima, stava mostrando loro alcune scartoffie, distraendole da quanto stava succedendo proprio sotto il loro naso. Quando trovò la forza di parlare, riuscì a farlo solo con un brivido d'orrore. «Oh, no. No, papà. Ti prego, no.» 10


E lui la sentì. Si girò rapidamente, e la fissò incredulo. Solo per momento, Lexi vide un'espressione di shock, il rimorso e il pentimento attraversargli come un lampo il volto, prima che la bocca si volgesse in un largo sorriso. E il sangue le si gelò nelle vene. Mario Collazo si era fatto un nome come fotografo dei divi. Non era difficile immaginare cosa stesse facendo con una macchina fotografica, nella stanza d'ospedale di una qualche celebrità che aveva braccato fin qui. Se era vero... Se era vero, allora suo padre non era venuto affatto per vedere lei. Aveva mentito a sua madre, ed era entrato in ospedale con l'inganno. Nessuno degli addetti alla sicurezza lo avrebbe fermato, se fosse stato parente di uno dei pazienti. Quando colse il significato di quanto aveva appena visto, fu presa da crampi allo stomaco. Suo padre non aveva mai avuto intenzione di farle visita. L'unica ragione per cui si trovava lì era invadere la privacy di quella povera donna. Lexi non aveva idea di chi fosse, o del perché si trovasse lì, ma era irrilevante. Meritava di essere lasciata in pace, non importava chi fosse. Lexi sentì delle lacrime amare bruciarle agli angoli degli occhi. Doveva andarsene. Scappare. Prendere sua madre e uscire da quel luogo quanto più veloce poteva. Ma quella possibilità fu spazzata via in un istante. Aveva aspettato troppo. Perché un uomo alto, dai capelli scuri, si stava dirigendo verso di lei a grandi passi. Non un medico. Quest'uomo, sulla trentina, vestito in un bellissimo abito grigio scuro, era potenza e autorità racchiuse in un'attraente confezione di spalle larghe e fianchi sottili. Camminava a testa bassa, i passi energici e rumorosi si addicevano al suo sguardo scuro e perplesso. 11


E si stava dirigendo senza esitazione verso la stanza dove si nascondeva suo padre. Non aveva neppure fatto caso a lei, e Lexi poté solo osservare con terrore, quando spalancò la porta. Poi sembrò accadere tutto insieme. «Che diavolo ci fa lei, qui?» domandò lui, la voce incredula, mentre entrava come una furia nella stanza, facendo da parte una sedia e afferrando suo padre per le spalle. Il respiro le si congelò nei polmoni, e Lexi si schiacciò ancor di più contro il muro. «Chi è lei, e cosa vuole?» aveva la voce minacciosa, ma abbastanza alta perché la receptionist, allarmata, alzasse lo sguardo e prendesse il telefono. «E com'è riuscito a portare una macchina fotografica qui dentro? Questa la prendo io, parassita.» La macchina fotografica volò fuori dalla stanza, e colpì il muro vicino a Lexi con tanta forza che la lente si frantumò. Con orrore, Lexi vide che il giovane uomo alla reception tirava fuori dalla tasca un'altra fotocamera digitale e, dalla sua posizione al sicuro nel corridoio, iniziava a fotografare quello che stava succedendo. All'improvviso, la quiete ovattata dell'ospedale si riempì di urla e grida, dello spaccarsi di mobili e attrezzature mediche, del frantumarsi di vasi schiantati al suolo, di infermiere che correvano e pazienti che uscivano dalle loro stanze, per vedere da cosa dipendesse tutto quel frastuono. Lexi fu sopraffatta dallo shock e dalla paura. Le gambe si rifiutavano di muoversi. Era congelata. Paralizzata. Perché, come per un terribile disastro ferroviario, non riusciva a distogliere lo sguardo da quella stanza d'ospedale. La porta era socchiusa, ma riusciva a vedere suo padre lottare con quell'uomo. Combattevano, strattonandosi a vicenda. E le si spezzò il cuore per la povera 12


donna che giaceva così immobile nel letto, ignara della lotta che si era scatenata intorno a lei. La porta si spalancò e suo padre uscì, barcollando all'indietro, nel corridoio, il braccio sinistro alzato per difendersi. Lexi si coprì la bocca con entrambe le mani, mentre il bello sconosciuto lo colpiva con un pugno in pieno viso, mandandolo gambe all'aria, proprio ai suoi piedi. Lo sconosciuto scattò ancora, sollevando suo padre per la giacca, e iniziando a scuoterlo così forte che Lexi si sentì male. Gridò forte: «Basta, la prego! È mio padre!». Suo padre fu lanciato a terra con un tonfo. Lexi si lasciò cadere in ginocchio, e posò le mani sul petto ansante, mentre lui si sollevava su un gomito e si massaggiava la mandibola. Solo allora Lexi alzò lo sguardo sulla faccia dell'aggressore. E quel che vide la fece indietreggiare dallo spavento. Quel viso attraente era distorto a tal punto da un'espressione di collera e rabbia da essere quasi irriconoscibile. «Suo padre? Allora è così. Ha usato sua figlia come complice. Bene.» Indietreggiò, scuotendo la testa e cercando di sistemarsi la giacca, mentre gli uomini della sicurezza lo circondavano e le infermiere accorrevano nella stanza della donna. «Complimenti» aggiunse. «Ha ottenuto quello che voleva.» Lo sguardo che emanava dai suoi occhi blu, scuri come un mare in tempesta, la penetrò a fondo, come se volesse attraversarla. «Spero sia soddisfatta» aggiunse, torcendo le labbra in una smorfia di disgusto e disprezzo, prima di distogliere lo sguardo, come se non potesse sopportare la vista di lei e di suo padre un secondo di più. 13


«Non lo sapevo!» gridò Lexi. «Non ne sapevo nulla. La prego, mi creda.» Stava per voltarsi, invece scrollò le spalle e tornò nella stanza, sbattendo la porta dietro di sé, e lasciandola in ginocchio sul freddo pavimento dell'ospedale, nauseata per lo shock, la paura e l'orribile umiliazione.

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1 Cinque mesi dopo CAPRE! Lexi Sloane schiacciò forte il pedale del freno con i sandali firmati, quando un paio di capre si misero a camminare dondolando davanti alla sua auto, mentre era in curva, e belarono insofferenti. «Ehi, datemi una possibilità, ragazze. Sono nuova di queste parti» disse Lexi ad alta voce, nella campagna silenziosa, sbuffando in modo poco elegante, mentre le capre la ignoravano e vagabondavano sotto gli ulivi, sul lato opposto della strada. «Quali ragazze? Lexi? Pensavo stessi lavorando» rise sua madre dall'auricolare, in modo così chiaro che era difficile immaginare la stesse chiamando dal seminterrato di uno storico teatro di Londra, a centinaia di chilometri di distanza. «Non dirmelo. Hai cambiato programma, e alla fine sei partita con i tuoi amici per la Spagna.» «Oh, per favore, non ricordarmelo! No. L'agenzia mi ha fatto un'offerta che non potevo rifiutare e sono qui a Paxos» rispose Lexi, sporgendo la testa in avanti come una tartaruga, per scrutare la strada assolata in cerca di altri animali selvatici a zonzo. «Sai come fun15


ziona. Io sono la ragazza ci-vai-tu, quando si tratta di scrivere biografie per conto di altri. Ed è sempre all'ultimo momento. Dico solo questo» aggiunse, ridendo, «sono scesa dall'aliscafo da Corfù un'ora fa, e quelle capre sono i primi abitanti del luogo che ho incontrato, da quando ho lasciato la strada principale. Oh, e ho detto che fa veramente caldo?» «Un'isola greca in giugno... Sono così invidiosa» sospirò sua madre. «È un vero peccato che tu debba lavorare, ma ci rifaremo quando torni. Adesso mi ricordo. Proprio questa mattina, ho parlato con un giovane attore, che sarebbe entusiasta di conoscerti, così l'ho invitato alla mia festa di fidanzamento. Sono sicura che ti piacerà.» «Oh, no. Mamma, ti adoro, e so che hai le migliori intenzioni, ma basta attori. Soprattutto, dopo il disastro con Adam. Anzi, non organizzare più niente con nessuno, per favore. Starò bene» insistette Lexi, cercando disperatamente di non fare trapelare l'ansietà, e cambiò argomento. «Hai cose ben più importanti da organizzare, senza che ti preoccupi di trovarmi un fidanzato. Hai già trovato il posto per questa famosa festa? Mi aspetto qualcosa di eccezionale.» «Oh, non parlarmene. Sembra che Patrick abbia un familiare nuovo ogni giorno che passa. Pensavo che quattro figlie e tre nipoti fossero più che sufficienti, ma lui ci vuole tutta la tribù. È così all'antica riguardo a queste cose. Sai che non dormirà con me, finché l'anello di sua nonna non sarà al mio dito?» «Mamma!» «Lo so, ma una ragazza cosa deve farci? È stupendo, e io sono pazza di lui. Comunque, devo andare, mi hanno trascinata a visitare cappelle gotiche. Non preoccuparti, ti racconterò tutto quando torni.» «Gotiche? Non osare. In ogni caso, sto malissimo vestita di nero» rispose Lexi, guardando attraverso il 16


parabrezza e rallentando all'ingresso del primo vialetto d'accesso che aveva visto fino a quel momento. «Ah, aspetta. Credo di essere appena arrivata alla casa del mio cliente. Finalmente! Mi fai gli auguri?» «Te li farei se ne avessi bisogno, ma non ti servono. Allora, chiamami non appena torni a Londra. Voglio sapere tutto di questo misterioso cliente con cui stai lavorando. E intendo tutto. Non preoccuparti per me. Prova a divertirti. Ciao, bellezza.» E con questo, sua madre riattaccò, lasciando Lexi sola di fronte al vialetto silenzioso. Diede un'occhiata alle lettere incise su una targhetta di pietra, poi ricontrollò l'indirizzo che aveva salvato sul telefono, mentre aspettava la valigia all'aeroporto di Corfù, circa cinque ore prima. Sì. Era questo. Villa Ares. Ares non era il dio greco della guerra? Curioso nome per una casa, ma era arrivata tutta intera, il che era già un miracolo. Controllando rapidamente se c'erano altre capre o altri animali, Lexi scalò la marcia e percorse lentamente il sentiero di ghiaia, che curvava intorno a una casa di due piani, prima di fermarsi con un sussulto. Si tolse gli auricolari, e sedette immobile per alcuni minuti, ammirando la splendida villa bianca. Dal finestrino aperto, inspirò una lunga boccata di aria calda e secca, profumata dei fiori degli aranci che erano in fondo al vialetto. L'unico suono era il canto degli uccelli, dall'uliveto, e il lieve incresparsi dell'acqua dalla piscina. Nessun segno di vita. E di sicuro nessun segno del misterioso personaggio che avrebbe dovuto mandare un domestico ad accoglierla all'attracco dell'aliscafo. «Benvenuta a Paxos» sussurrò con una risatina, e uscì dall'auto tra il caldo e lo scricchiolare della ghiaia sotto i piedi. Lexi non aveva ancora pronunciato queste parole, 17


quando il tacco a stiletto dei suoi sandali preferiti graffiò un grande ciottolo, e la caviglia le si storse, mandandola a sbattere contro il metallo rovente dell'utilitaria. Oh, no! Digrignando i denti, ispezionò il danno ai vestiti e il graffio alla scarpa, e imprecò contro se stessa con tutta l'abilità e la ricchezza di termini di cui una ragazza cresciuta nel mondo dello spettacolo poteva disporre. Meglio che questo progetto fosse una vera emergenza! Anche se era così intrigante. Nei cinque anni durante i quali Lexi aveva lavorato come ghost writer, questa era la prima volta che le assegnavano un incarico tanto segreto, che l'editore aveva insistito affinché tutti i dettagli riguardo all'identità del personaggio misterioso rimanessero riservati finché non fosse arrivata alla sua abitazione privata. L'agenzia per cui lavorava era nota per la sua estrema discrezione, ma questo andava bene oltre. Non conosceva neppure il nome del suo cliente! E nemmeno qualcosa del libro su cui avrebbe lavorato. Un brivido le corse lungo la schiena, mentre osservava l'imponente villa in pietra. Amava il mistero almeno quanto incontrare gente nuova e viaggiare per il mondo. E la sua fantasia galoppava da quando aveva ricevuto la chiamata a Hong Kong. Chi era la celebrità misteriosa, e perché questa grande segretezza? Solo una cosa era certa: doveva essere qualcuno di speciale. Lexi si sistemò l'abito, quindi raddrizzò la schiena e procedette a testa alta, l'eccitazione di camminare verso l'ignoto la faceva trepidare. Questo doveva essere il secondo lavoro più bello al mondo. In effetti, era pagata per incontrare gente inte18


ressante, in luoghi piacevoli, e conoscere le loro vite. E la parte migliore? Non una di quelle celebrità sapeva che, durante i viaggi e le lunghe attese, lei passava ogni secondo del suo tempo lavorando alle storie che voleva veramente scrivere. I suoi libri per bambini. Qualche altro incarico come questo, e sarebbe finalmente riuscita a prendersi un po' di tempo per scrivere come si deve. Solo l'idea le dava i brividi. Perché quel sogno si realizzasse, era disposta a sopportare chiunque. Fantastico. Era ora di scoprire di chi era la vita che avrebbe condiviso nella settimana seguente, e perché voleva mantenere il progetto così segreto. Non vedeva l'ora. Mark Belmont si girò di schiena sul lettino a sdraio e sbatté le palpebre diverse volte, prima di sbadigliare e stirarsi le braccia sopra la testa. Non avrebbe voluto addormentarsi, ma il caldo e il sole, combinati con l'insonnia, si erano fatti sentire. La luce del sole e il quieto e meraviglioso giardino sembravano ridere della confusione che aveva in testa. Venire a Paxos gli era sembrata una buona idea. In passato, la villa di famiglia era sempre stata un rifugio tranquillo e accogliente, lontano dagli occhi indiscreti dei media; un luogo dove poteva riposare ed essere se stesso. Ma neppure questo luogo pacifico era abbastanza magico da evocare la calma necessaria per concentrarsi sul suo libro. Dopo quattro giorni trascorsi a lavorare alla biografia di sua madre, le sue emozioni erano un tripudio di stupore, per la combinazione di bellezza e talento, uniti alla tristezza e al rimorso per le opportunità che lui aveva perso, quando era ancora viva. Tutte le cose che avrebbe potuto dire o fare, e che avrebbero fatto la dif19


ferenza riguardo ai suoi sentimenti e alle sue scelte. Aveva sempre apprezzato la solitudine della villa, che ora, invece, sembrava riecheggiare i fantasmi di giorni felici, facendolo sentire molto solo. Isolato. Aveva ragione sua sorella Cassie. Cinque mesi non erano sufficienti per elaborare il lutto. Neanche un po'. Storse il naso, e stava per alzarsi, quando una gatta magra e nera apparve al suo fianco, e reclamò il suo cibo miagolando forte, mentre si strofinava lungo la sedia a sdraio. «Okay, Emmy. Scusa il ritardo.» Attraversò pigramente il patio a piedi nudi, e si diresse verso il barbecue in pietra. Dopo poco, comparvero due gattini bianchi e si avvicinarono con cautela, le orecchie e la lingua rosa in totale contrasto con i colori della loro mamma. «Va bene, ragazzi. È tutto vostro!» rise Mark, mentre riempiva la ciotola e la posava a terra. «Bon appétit.» Si passò una mano tra i capelli, e sospirò forte, mentre tornava verso la villa. Questo non era lavorare. Si era preso dieci giorni di pausa dalla Belmont Investments, per cercare di dare un ordine alla valigia piena di pagine manoscritte, ritagli di giornale, appunti personali, agende e lettere che aveva preso dalla scrivania di sua madre. Finora aveva fallito miseramente. Certo, non era stata una sua idea terminare la biografia. Lungi da lui. Sapeva che avrebbe portato solo altra pubblicità. Ma suo padre era irremovibile. Era pronto ad affrontare interviste con i giornali e rendere la sua vita di dominio pubblico, se questo poteva servire a mettere a tacere i fantasmi, e a celebrare la vita di lei come lui voleva. E da quando Mark rifiutava qualcosa a suo padre? In passato, aveva già messo da parte i suoi sogni e le 20


sue aspirazioni personali per la famiglia, e lo avrebbe fatto di nuovo volentieri in un batter d'occhio. Ma da dove cominciare? Come scrivere la biografia della donna nota in tutto il mondo come Crystal Leighton, bellissima attrice di livello internazionale, ma che lui conosceva come la madre sempre presente? La donna che aveva rinunciato alla carriera, per non lasciare che la sua famiglia fosse sottoposta a continue e ripetute invasioni della propria privacy? Mark si fermò all'ombra della tenda, fuori dalla sala da pranzo, e guardò il giardino e la piscina, mentre una leggera brezza portava un po' di sollievo dal caldo inesorabile di fine giugno. Una cosa era chiara. Doveva sbrigarsi. L'editore voleva il manoscritto sulla sua scrivania, in tempo per poterlo presentare durante un festival del cinema a Londra. La scadenza era stata rimandata ad aprile, invece sarebbe stato fortunato ad averlo prima della fine di agosto. E ogni volta che la data slittava, una nuova biografia non ufficiale usciva. Piena delle solite bugie, speculazioni e insinuazioni sulla sua vita privata e sul modo terribile in cui troppo presto era morta. Doveva fare qualcosa – qualunque cosa – per difendere la reputazione di sua madre. Aveva fallito nel salvaguardare la sua privacy quando più sarebbe stato importante, e si rifiutava di fallire ancora. Se qualcuno doveva scrivere una biografia, doveva essere qualcuno a cui interessava mantenere vivi e rispettati la sua reputazione e il suo ricordo. Nessun ripensamento. Nessun compromesso. Avrebbe mantenuto la parola, ed era felice di farlo, per lei e per la loro famiglia. E allora, forse, ci sarebbe stata una minima possibilità di venire a patti con quello schiacciante senso di colpa per come l'aveva delusa. Forse. 21


Mark si girò in direzione della casa, e si accigliò nel vedere del movimento dietro le porte alla francese che separavano la casa dal patio. Strano. La governante non c'era, e lui non aspettava visite. Nessuna visita. Se ne era assicurato. Il suo ufficio aveva ricevuto precise istruzioni di non rivelare la posizione della villa e non dare il suo contatto privato a nessuno. Una donna che non aveva mai visto prima stava passeggiando per il suo salotto, prendendo in mano cose e rimettendole giù, come se quel luogo fosse suo. Le sue cose! Cose che non voleva che nessun altro vedesse. Documenti personali e molto privati. Inspirò lentamente, e si sforzò per restare calmo. Rabbia e risentimento gli ribollivano nel profondo. Dovette frenare l'impeto di correre dentro e buttare fuori quella donna, rispedendola da dove era venuta. L'ultima cosa che voleva era l'ennesima giornalista o qualche regista in cerca di pettegolezzi tra le lettere private dei suoi genitori. Era esattamente questo il motivo principale per cui era venuto a Paxos. Sfuggire alla continua pressione dei giornalisti e dei media. E ora, pareva che il mondo intero avesse deciso di invadere la sua privacy. Senza nemmeno avere la decenza di suonare il campanello e chiedere il permesso. Era inaccettabile. Roteò indietro le spalle, un movimento secco della testa, i pugni serrati, e l'attenzione totalmente concentrata sulla nuca di quella donna, che credeva di avere il diritto di esaminare il contenuto del suo soggiorno. La porta era socchiusa, e Mark, silenzioso come un gatto, attraversò il patio, in modo che lei non potesse sentirlo avvicinarsi, mentre il brano jazz risuonava dal lettore CD, che aveva lasciato impostato sul tasto repeat. 22


Aprì un pugno, e posò appena la mano sullo stipite della porta. Ma come spostò di poco il vetro, rimase impietrito. C'era qualcosa di vagamente familiare in quella donna dai capelli castani, così ignara della sua presenza, che aveva la testa leggermente inclinata di lato, mentre scorreva i titoli dei romanzi e dei libri di marketing della collezione di famiglia, che si erano accumulati lì nel corso degli anni. Gli ricordava qualcuno che aveva già visto, ma il suo nome e le circostanze del loro incontro lasciavano un fastidioso vuoto. Forse, era dovuto al modo strano in cui era vestita. Nessuno su quell'isola avrebbe mai indossato dei leggings a fiori sotto un abito fucsia e un costoso giubbotto di pelle. E aveva quattro o cinque foulard di colori e fantasie contrastanti, che con questo caldo non solo erano follia, ma più che altro servivano a far colpo. Una cosa era certa. Quella ragazza non era una turista. Era una di città, con abiti da città. E questo voleva dire che era lì per una sola ragione. E quella ragione era lui. Forse una qualche giornalista che gli aveva chiesto un incontro. Forse aveva fatto molta strada per rintracciarlo. Chiunque fosse, era ora di scoprire cosa volesse, e rispedirla in città. Poi la donna prese una fotografia in una cornice d'argento, e il sangue gli si gelò nelle vene. Era la sola immagine che aveva come ricordo dell'ultimo Natale festeggiato insieme a tutta la famiglia. Un'istantanea della vita com'era di solito alla tenuta Belmont, e come non sarebbe mai più stata. E ora era nelle mani di una sconosciuta. Mark diede un secco colpo di tosse, le mani sui fianchi. «Cerca qualcosa in particolare?» chiese. 23


La ragazza si girò, sul volto uno sguardo di assoluto terrore. Nel voltarsi, la fotografia le era sfuggita di mano, e riuscì ad afferrarla appena in tempo per evitare che cadesse a terra. Mentre lo osservava da dietro un paio di enormi occhiali scuri, riprendendo fiato a stento, il frammento di un ricordo gli balenò in mente, per poi dissolversi prima che potesse catturarlo. Il che lo infastidì ancora di più. «Non so chi lei sia, o cosa stia facendo qui, ma le darò solo un'opportunità di spiegarmelo, prima di chiederle di andarsene così come è venuta. Sono stato chiaro?»

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2550 - Cercasi principessa

di T. Carpenter Amanda Carn è ancora incredula. Lei la figlia perduta del re di Pasadonia? Pare proprio di sì, e il capitano delle guardie reali, l'affascinante Xavier LeDuc, pare confermare la cosa. Che cosa faccio ora? Io non mi sento una principessa!

2551 - In Grecia con il capo

di N. Harrington Lexi non può lavorare per l'uomo che ha malmenato suo padre, l'affascinante e ricchissimo Mark Belmont. Lei ha bisogno di soldi e rescindere il contratto ora sarebbe un danno enorme per le sue già magre finanze. Lexi è solo lavoro, poi ognuno andrà per la propria strada.

2552 - Non dirmi di no!

di R. Morgan Sara Darling è al settimo cielo, essere mamma è la cosa più bella e gratificante che abbia mai provato. Le cose belle, però, non durano per sempre: Jake Martin, il padre biologico di Savannah, è tornato. Che cosa vorrà da loro? Le SORELLE DARLING: quando essere mamme single è un piacere.

2553 - Poi sei arrivato tu

di A. Weaver Per Lainey Keeler è un periodo no: prima il divorzio, ora una gravidanza non prevista da affrontare da sola. Unica consolazione la sua attività di volontaria che le ha fatto conoscere una simpatica vecchietta e il suo attraente nipote, Ben Lawless. Ora deve trovare il modo di dirgli che è incinta...


dal 6 maggio 2554 - Un milionario tutto da scoprire

di S. Jump "Mi chiamo Jack Night." Marnie Franklin non crede alle proprie orecchie; l'unico uomo che non avrebbe mai voluto incontrare, ora è lì davanti a lei ed è affascinante, gentile, ironico, galante... E Marnie che lo immaginava cinico e snob... E adesso che cosa faccio?!

2555 - Siamo solo amici?

di C. Colter Lucy sta per rivedere Mac, l'uomo che sette anni prima le ha rubato il cuore. All'epoca erano molto amici, poi un amore struggente e impossibile aveva cambiato tutto. Ora Lucy è cresciuta ed è sicura che non ricadrà più nella rete di Mac. Amici, siamo solo amici.

2556 - La consulente vuole me

di J. Braun Alec McAvoy sa di essersi cacciato in guai molto seri, ma non accetterà mai e poi mai di essere affiancato da una consulente d'immagine, per quanto molto affascinante come Julia Stillwell. Io non ho bisogno di una balia!

2557 - Quando gli opposti si amano

di K Hardy Emmy non può ancora crederci: lei e quello stakanovista, soffocante di Dylan saranno i tutori del piccolo Tyler. La convivenza non potrà che essere impossibile. Come si fa a mettere insieme il diavolo e l'acqua santa?


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