J2566 sposa a sorpresa

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La fortuna viaggia in giarrettiera Vi siete mai chieste come mai la sposa, a un certo punto della festa nuziale, alza leggermente il vestito, sfila una giarrettiera e la lancia agli invitati uomini? La cosa ha origini piuttosto lontane e, quasi come sempre, ha radici nella superstizione popolare. Nell'Europa del XIV secolo si riteneva che possedere un pezzo del vestito della sposa portasse fortuna, quindi durante i matrimoni tutti cercavano di accaparrarsene un lembo. Nel XVII secolo, gli invitati celibi cercavano di entrare in possesso delle giarrettiere per poi fissarle al proprio cappello, sempre come simbolo di porta fortuna. Con il passare dei secoli queste usanze sono andate un po' modificandosi, per la gioia delle spose, che a fine festa rischiavano di rimanere solo con l'ombra dell'abito nuziale addosso! Il lancio del bouquet, il lancio della giarrettiera, il taglio della cravatta divennero tutti atti simbolici porta fortuna per i riceventi. Usanze vecchie e superate? Pare di no se, nonostante si sia ormai in un'era pseudo virtuale, queste resistono tenacemente. Il passato, decisamente, ha sempre il suo fascino.


Rebecca Winters

Sposa a sorpresa


Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: A Marriage Made in Italy Harlequin Mills & Boon Romance © 2013 Rebecca Winters Traduzione di Daniela Alidori Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved. © 2014 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione Harmony Serie Jolly agosto 2014 Questo volume è stato stampato nel luglio 2014 presso la Rotolito Lombarda - Milano HARMONY SERIE JOLLY ISSN 1122 - 5390 Periodico settimanale n. 2566 dello 05/08/2014 Direttore responsabile: Stefano Blaco Registrazione Tribunale di Milano n. 56 del 13/02/1982 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Trentacoste, 7 - 20134 Milano Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano


1 Belle Paterson uscì dal negozio di cellulari in cui lavorava e prese un autobus diretta verso lo studio legale Earl Harmon, in centro a Newburgh, New York. La segretaria la introdusse nella sala riunioni. E lì scoprì che suo fratello, Cliff, trentenne appena divorziato, l'aveva preceduta ed era seduto intorno al tavolo ovale con un'espressione ostile sul volto. Non lo vedeva dal funerale dei loro genitori, sei mesi prima. Esteticamente, era piuttosto belloccio, ma la facciata nascondeva un'anima tormentata. Era arrabbiato da quando sua moglie l'aveva lasciato. E adesso, dopo la morte dei genitori in un incidente d'auto, era ancora più solo. Quel giorno Belle sentiva che il rancore di Cliff nei suoi confronti era più forte del solito, ecco perché in silenzio prese posto dalla parte opposta del tavolo. A ventiquattro anni era single ed era stata adottata quattordici anni prima, dall'orfanatrofio di Newburgh, gestito dalle suore. Ma Belle non si sentiva a proprio agio tra la gente e si impegnava sodo sul lavoro per guadagnarsi il rispetto dei suoi pari. Il suo più grande dispiacere era di non avere mai co5


nosciuto la madre che l'aveva partorita. Non avere un'identità era una sofferenza con cui avrebbe dovuto convivere per il resto della vita. Era stata adottata dalla signora Paterson, che aveva voluto dare una sorella all'unico figlio, e solo dopo lunghe discussioni era riuscita a spuntarla col marito, contrario all'idea di accollarsi un'intrusa senza cognome. Purtroppo, non si era mai stabilito un vero legame con loro. Anzi, dal giorno in cui era entrata in quella casa, Cliff era stato talmente crudele da renderle l'esistenza insopportabile. «Buongiorno.» Belle era così assorta nei ricordi che non si era accorta che fosse entrato il notaio Harmon. Gli strinse la mano. «Sono contento che vi siate messi d'accordo per venire qui insieme. Ho una notizia buona e un'altra meno. Cominciamo da quella meno.» Il cipiglio sul viso di Cliff aumentò. «Come sapete, i vostri genitori non avevano un'assicurazione contro gli infortuni, perciò la casa in cui siete cresciuti è stata venduta per pagare i debiti. Quella buona è che a tutti e due spettano quindicimila dollari per la vendita all'asta dei mobili. Ho gli assegni pronti per voi.» Cliff si alzò di scatto. «Tutto qui?» Belle captò il panico, oltre la collera. Sapeva che lui era in attesa di entrare in possesso dei soldi per pagare gli alimenti alla ex moglie. Lei, invece, non si era aspettata nulla e si rallegrò di ricevere quell'assegno. «Mi spiace, signor Paterson, ma il resto è stato usato per saldare i debiti di suo padre e coprire i costi del funerale. La prego di accettare le mie sincere 6


condoglianze per la tragica scomparsa dei suoi. Auguro il meglio a entrambi.» «Grazie, signor Harmon» disse Belle mentre Cliff continuava a rimanere in silenzio. «Se mai avrete ancora bisogno del mio aiuto, non esitate a chiamarmi.» Il notaio le sorrise e si avviò verso la porta. Nell'attimo stesso in cui sparì, Cliff le lanciò un'occhiata furibonda e dalla sua bocca uscì di tutto. «È colpa tua. Se la mamma non avesse tormentato papà per avere una figlia, adesso non saremmo in questo pasticcio. Perché non te ne torni in Italia, al tuo paese?» Il cuore di Belle cominciò a martellare con preoccupante intensità. «Cos'hai detto?» «Mi hai sentito. Papà non ti ha mai voluta.» «Pensi che non lo sapessi?» Si avvicinò a lui trattenendo il respiro. «Stai dicendo che i miei genitori sono italiani?» Credeva che le suore dell'orfanatrofio le avessero dato quel nome per via della protagonista della favola. Era tornata spesso all'orfanatrofio in cerca di informazioni, ma tutte le volte le suore rispondevano che non potevano aiutarla. Nadine, la sua madre adottiva, non le aveva mai rivelato la verità, ma adesso a Cliff era sfuggito quell'indizio e lei voleva sapere. Lui evitò il suo sguardo e si girò per andare, ma Belle lo rincorse e gli bloccò l'uscita. «Cos'altro sai di me?» Cliff le rivolse un sorriso beffardo. «Adesso che papà è morto, quanti soldi sei disposta a darmi per quell'informazione?» A fatica riuscì a deglutire prima di aprire la bor7


setta ed estrarre l'assegno. Con voce tremula disse: «Ti darò questo purché mi riveli qualcosa, qualunque cosa, sul mio passato». Mentre parlava, prese una penna e gli girò l'assegno. Per la prima volta da quando lo conosceva, parve perplesso, più che arrabbiato. «Rinunceresti a tanto denaro pur di sapere di qualcuno che non ti ha voluta?» «Sì» bisbigliò lei lottando contro le lacrime. «Non è importante se non mi hanno voluta. Ho solo bisogno di sapere chi sono e da dove vengo. Se tu sai qualcosa, ti prego, dimmelo.» E gli tese l'assegno, sperando nella sua onestà. Lui lo prese e lo studiò per un momento. «Sei sempre stata patetica» mormorò. «Allora, non sai niente e ti stavi solo divertendo alle mie spalle? La cosa non mi sorprende. Tienilo pure. Comunque, non avrei mai immaginato di ricavare tanto denaro dall'asta. Tu non ti rendi conto di quanto sei stato fortunato a crescere sapendo chi sono i tuoi genitori.» Belle aprì la porta e si stava accingendo a uscire quando udì: «Il vecchio ha detto che il tuo cognome era uguale a quello della rossa petulante che detestava al liceo». Il cuore accelerò i battiti. Si voltò. «Come si chiamava?» «Frankie Donatello.» «Donatello?» «Sì. Un giorno ho sentito mamma e papà che discutevano per colpa tua. Lui ha detto che rimpiangeva di avere adottato la marmocchia di quella ragazza italiana. Poi è uscito per recarsi al lavoro. Al8


lora sono intervenuto con la mamma suggerendole di rimandarti da dove eri venuta, perché non eri desiderata. Lei ha risposto che sarebbe stato impossibile, perché era in Italia.» Cosa? «In Italia dove?» domandò Belle. «Non lo so. Suonava qualcosa come Remenee.» «Come l'ha scoperto? Le suore mi hanno sempre detto che la mia era un'adozione vincolata dal segreto.» «Non ne ho la più pallida idea.» In realtà, non aveva importanza. Belle era raggiante di gioia. Senza riflettere, si sporse e lo abbracciò così forte che quasi rischiò di farlo cadere. «Grazie! Lo so che mi detesti, ma io ti voglio bene per questo e ti perdono tutte le cattiverie che mi hai fatto. Addio, Cliff.» Uscì di corsa dallo studio notarile e si precipitò verso la fermata dell'autobus per rientrare al lavoro. Una volta lì, si chiuse nell'ufficio del retro e cercò sul computer una mappa dell'Italia. Stava tremando con tale violenza che riusciva a stento a battere sulla tastiera. Mentre faceva scorrere sul video la lista delle città, all'improvviso apparve un nome, "Rimini", che si avvicinava tanto a "Remenee", e il sangue le pulsò nelle orecchie. Era una cittadina di poco più di centoquarantamila abitanti lungo la costa adriatica. In fretta, controllò la tabella delle ferie degli impiegati. Tutti avevano diritto a una settimana di vacanza in estate e una in inverno. Belle frequentava l'università serale e le spettava la terza settimana di giugno, che cominciava tra una decina di giorni. Senza esitare, prenotò un volo da New York a 9


Rimini, in Italia, e prese accordi per noleggiare una macchina. Scelse il volo più economico con due scali e fissò una camera in una pensione, senza telefono, né TV, e il bagno fuori. Quasi come l'orfanatrofio. Ma andava bene così. Poiché divideva l'appartamento con due ragazze, in tutti quegli anni era riuscita a mettere da parte una piccola somma che aveva conservato per qualcosa di importante, ma non aveva mai osato sperare che quei soldi le sarebbero serviti per trovare sua madre. «Belle?» Sollevò la testa e sorrise educatamente al collega. «Sì, Mac?» «Cosa ne dici di una pizza stasera, dopo la chiusura?» «Mi spiace, ma ho un altro impegno.» «Rispondi sempre così. Dai. Com'è possibile?» Quel tizio, appena trasferito da un altro negozio, era attraente e molto bravo nelle vendite, ma continuava a tormentarla perché uscisse con lui. «Mac? Ti ho già detto che non mi interessa.» «Qualcuno dei ragazzi ti chiama La Regina di Ghiaccio.» Non si arrendeva mai. «Davvero? Ci vediamo domani.» Udì un'imprecazione sibilata tra i denti prima che la porta si chiudesse con un colpo. Bene. Forse era una regina di ghiaccio. D'altronde, non aveva avuto grandi esempi d'amore nella sua vita privata. I suoi genitori biologici l'avevano rifiutata. Quelli adottivi avevano avuto un matrimonio tutt'altro che perfetto. Il fratello era già divorziato e l'aveva usata in modo spietato, come un sacco da boxe 10


contro cui scaricare tutte le proprie frustrazioni. Pensò alle sue compagne di appartamento che erano ancora single e angosciate di rimanere zitelle. Lei, invece, non era preoccupata di essere sola. Era la sua condizione da quando era venuta alla luce. I pochi appuntamenti che aveva accettato di tanto in tanto erano stati un disastro. Probabilmente era colpa sua, perché non aveva fiducia in se stessa. Perciò, non aveva in programma di sposarsi e comunque, non aveva ancora incontrato un uomo che le interessasse abbastanza da andarci a letto. Rifiutava di correre il rischio di rimanere incinta senza altra alternativa che rivolgersi a un orfanotrofio, com'era successo a sua madre, e di segnare per sempre il futuro di una creatura innocente. L'unica cosa che contava nella sua vita era la carriera, che le dava la stabilità di cui aveva bisogno, dopo essere stata dipendente prima dall'orfanotrofio e poi dai genitori adottivi. Era brava sul lavoro e sperava presto in una promozione a dirigente. Prima, però, avrebbe approfittato delle vacanze per cercare sua madre. Se Cliff avesse capito male o si fosse sbagliato, il viaggio si sarebbe rivelato inutile. Ma Belle voleva pensare positivo. La romantica Italia, la patria di Michelangelo, delle gondole e del famoso tenore Pavarotti le era sempre apparsa come un posto meraviglioso, distante come la luna. Incredibile pensare che presto sarebbe volata là. Il giorno dopo, si sarebbe procurata un telefono gsm e una sim card. Una volta a Rimini, sarebbe andata in una biblioteca locale e da lì sarebbe partita la sua ricerca. 11


Erano le sette del mattino quando Leonardo Rovere Malatesta, il figlio maggiore del conte Sallustio Malatesta di Rimini, finalmente riuscì ad addormentare la sua adorata figlia Cecilia, di sei mesi. Il dottore le aveva diagnosticato un virus influenzale e le aveva prescritto un antipiretico per abbassare la febbre che per fortuna era scesa, grazie a Dio! Dopo avere camminato tutta la notte avanti e indietro con la piccola in braccio, era stanco morto. Anche il cane doveva essere esausto. Rufo era uno spinone marrone, un regalo di nozze del padre di sua moglie. Rufo era stato affezionato a Benedetta e aveva trasferito la sua lealtà a Cecilia quando Leon era tornato dall'ospedale da solo con la neonata, dopo la morte della moglie. Da quel momento, il cane non aveva mai perso d'occhio la bambina e aveva commosso tutti per la sua devozione. Per quel giorno, era impensabile andare al lavoro in banca. Talia avrebbe badato alla piccola mentre lui si concedeva qualche ora di sonno. La bambinaia quarantenne era al suo servizio da quando Benedetta era deceduta durante il parto ed era molto attaccata a Cecilia. Se la febbre si fosse alzata ancora, l'avrebbe svegliato immediatamente. Baciò la piccola sui capelli biondi e la adagiò nella culla. Le lunghe ciglia nascondevano gli occhi nocciola. Aveva i colori di Benedetta. Leon amava quella bimba al di sopra di ogni cosa. La sua presenza riempiva il vuoto doloroso lasciato dalla moglie e lo ricompensava di qualunque sacrificio. Dopo essere uscito dalla cameretta in punta di piedi, andò in cerca di Simona, la governante che 12


lavorava da sempre nella sua famiglia e di cui si fidava ciecamente. «Simona? Vado a riposare un paio d'ore. Ho spento il cellulare. Se qualcuno ha bisogno di me, bussa pure.» Così dicendo, si allontanò e non ricordò di avere posato la testa sul cuscino. Il sollievo di sapere che Cecilia era sfebbrata lo aiutò a crollare in un sonno profondo. Quando udì un colpo alla porta, guardò l'orologio e trasalì. Era pomeriggio inoltrato, segno che aveva dormito almeno sette ore! Si svegliò immediatamente col terrore che fosse successo qualcosa alla bimba. «Simona! Cecilia sta male?» urlò. «No, no. Talia le sta dando da mangiare.» Il sollievo lo investì una seconda volta. «Ha telefonato il suo segretario e ha detto di richiamarlo.» «Grazie.» Leon buttò giù le gambe dal letto e si diresse verso la doccia, stupito che Berto avesse chiamato a casa. Di solito, gli mandava un messaggio sul cellulare. Forse, l'aveva anche fatto. Dopo essersi vestito, Leon controllò il telefono. C'era un messaggio di suo padre che lo pregava di raggiungerlo per una cena in famiglia. Non quella sera. Un altro messaggio era di un suo amico, Vito, da Roma. Niente da Berto. Leon entrò in cucina e trovò Talia che imboccava la bambina seduta sul seggiolone, mentre Rufo era sdraiato ai suoi piedi e muoveva la coda avanti e indietro, guardandola con occhi adoranti. 13


Il viso di Cecilia si spalancò in un sorriso appena lo vide e come sempre, lui ringraziò il cielo. Le toccò la fronte e fu sollevato di sentire che era fresca. «Stai meglio, tesoro mio. Lasciami fare un paio di telefonate e poi io e te andremo fuori sul terrazzo a giocare.» Il terrazzo si affacciava su una striscia di spiaggia privata con la sabbia dorata. Cecilia amava stare lì a piedi nudi. Il giorno prima le aveva comprato un nuovo set di palette e secchiello e non vedeva l'ora di vederla all'opera. Prima, però, chiamò suo padre per spiegargli che la piccola era stata malata e che aveva bisogno di andare a dormire presto. Quando Leon captò la delusione nella voce di Sallustio, gli promise di andare a cena la sera dopo. Poi telefonò al suo segretario in banca. «Berto? Ti ho mandato un messaggio per avvisarti che mia figlia era malata. C'è qualche problema che non possa attendere fino a domani?» «No, no. Niente che non possa esporle domattina, sempre che la bambina stia meglio.» Leon si passò il pollice sul labbro inferiore. «Non mi avresti telefonato se non fosse stata una cosa importante.» «All'inizio, ho pensato che lo fosse.» «Adesso hai cambiato idea?» Berto era insolitamente ermetico. «Sì. Può attendere fino a domani. Ciao, Leon.» E gli appese il telefono in faccia! Leon chiuse la comunicazione e guardò la piccola che aveva finito la pappa. «Talia, è successo qualcosa in banca. Faccio una corsa in città e torno nel giro di un'ora. Di' a Simona di chiamarmi, se sorge un imprevisto.» 14


«Non si preoccupi. È tutto sotto controllo.» Leon si cambiò abito e avvisò la guardia del corpo che stava per lasciare la villa. Alla guida della sua auto sportiva nera, si diresse verso il centro della cittadina, dove sorgeva il palazzo rinascimentale sede della famosa banca Malatesta, desideroso di scoprire il mistero. Entrò dall'ingresso laterale riservato ai membri della famiglia e salì lo scalone di marmo facendo i gradini a due a due, diretto verso l'ufficio dove si occupava di gestioni patrimoniali. Sotto la guida brillante di suo padre, l'istituto bancario contava più di duecentocinquanta dipendenti, tra cui suo fratello Dante, gestiva il team di broker, e si difendeva molto bene, malgrado la crisi che aveva colpito l'economia italiana negli ultimi anni. Se la chiamata di Berto era il segnale di qualche guaio, Leon aveva intenzione di risolverlo subito. Il suo assistente era al telefono quando Leon aprì la porta dell'ufficio. A giudicare dall'espressione, Berto fu sorpreso di vederlo. Terminò in fretta la telefonata e balzò in piedi. «Non immaginavo che si sarebbe precipitato qui.» Leon si mise le mani sui fianchi. «E io non mi aspettavo che mi mettessi giù il telefono. Voglio sapere cosa c'è che non va. E non dirmi, niente. Quale fondo è crollato?» Berto parve confuso. «I fondi non c'entrano. Oggi è venuta in banca una donna che è stata mandata dalla Donatello Diamonds.» «E?» insistette Leon captando l'esitazione dell'uomo. 15


«Marcello della sicurezza ha avvertito dicendo che sarebbe stato meglio se si fosse occupato lei della faccenda, poiché suo padre non era disponibile. Era stato il direttore della Donatello Diamonds a dirle di rivolgersi a qualcuno della banca per la ricerca che stava svolgendo. A quel punto mi sono permesso di telefonarle a casa. Ma dopo che ho sentito che era un'americana che voleva delle informazioni sulla famiglia Donatello, ho immaginato che si trattasse di una giornalista in cerca di gossip e ho deciso di non disturbarla più.» Leon aggrottò la fronte perplesso. Una persona che voleva aprire un conto in banca non si sarebbe presentata senza avere un regolare appuntamento. Era una delle solite ficcanaso che si spacciavano per turiste straniere per strappare informazioni sulla famiglia? I Malatesta dovevano tenere alta l'attenzione contro i media che amavano speculare su vecchi scandali. Era l'onere da pagare per fare parte di una famiglia potente, odiata nel passato e ancora oggetto di invidie. «Quando non sono riuscito a contattare né lei, né suo padre, ho cercato suo fratello, ma è fuori città. Ho detto a Marcello che doveva farsi lasciare un nome e un numero di telefono. Con sua figlia malata, non l'ho considerata un'emergenza, però volevo che fosse informato.» «Giusto. Si è comportato in modo esemplare. Come si chiama la donna?» Berto gli porse un taccuino. «Questo è il numero di telefono e l'indirizzo di una pensione, Rosa, in via Vincenzo Monti. La donna si chiama Belle. Marcello ha detto che è sulla ventina, capelli scuri e 16


occhi blu, e che è all'altezza del nome che porta. All'inizio, ha persino pensato che fosse una star del cinema.» Normale. Il diavolo si presenta sempre sotto le sembianze di una bella donna. Naturalmente non aveva lasciato il cognome... «Ottimo lavoro, Berto. Non parlarne con nessun altro. Ci vediamo domani.» Sempre più incuriosito, Leon uscì dalla banca e si avviò verso l'alberghetto seminascosto in un piccolo vicolo. L'atrio era vuoto, così premette il campanello sul banco della reception per annunciare la sua presenza. Un attimo dopo un'anziana donna uscì dal retro. «Sono Rosa. Se vuole una stanza, siamo al completo, signore.» Leon le porse il biglietto con scritto il nome. «Ha come cliente una certa Belle?» «Sì» si limitò a dire. Non sarebbe stato facile carpirle il cognome della ragazza, decise Leon. «Potrebbe chiamarla in camera, per favore?» «Le stanze non hanno il telefono.» Avrebbe dovuto immaginarlo, considerando i prezzi appesi sul muro. «Per caso, sa se è in stanza?» «È uscita parecchie ore fa e non è ancora tornata.» Lui vide una sedia contro il muro. «Aspetterò.» Con una scrollata di spalle, la donna sparì attraverso lo stretto passaggio da dove era venuta. All'idea di stare seduto lì magari per ore, Leon chiamò Ruggio, una delle guardie di sorveglianza, e 17


quando arrivò gli fornì la descrizione dell'americana e lo pregò di avvisarlo appena fosse tornata. Dopodiché, uscì nel vicolo e risalì in macchina. Era a metà strada verso la villa quando squillò il cellulare. Era Ruggio. «La donna di cui mi ha fornito la descrizione è appena arrivata, alla guida di un'auto noleggiata all'aeroporto.» «Di che agenzia?» Ruggio gli diede i dettagli e Leon gli ordinò di non allontanarsi finché non arrivava lui. Girò la macchina e lungo il tragitto verso la pensione chiamò l'agenzia che affittava auto e chiese di parlare col direttore. Appena l'uomo udì che si trattava del signor Malatesta che investigava su una faccenda che aveva a che fare con la banca, dimenticò ogni remora e gli rivelò che la ragazza si chiamava Paterson, veniva da Newburgh, New York, era a Rimini già da tre giorni e aveva prenotato l'auto per altri quattro. Leon lo ringraziò per la collaborazione e proseguì la sua corsa. Una volta arrivato, parcheggiò nel vicolo e incontrò Ruggio davanti al bancone della reception. «Si è chiusa in camera. È molto, molto bella» bisbigliò Ruggio. «Credo di averla vista in televisione.» Marcello aveva detto la stessa cosa. «Grazie» disse Leon e appena il suo uomo si fu allontanato, si sedette, armandosi di pazienza. Erano ormai le sei e un quarto, probabilmente sarebbe uscita per andare a cena. Se l'attesa si fosse prolungata troppo, avrebbe insistito perché Rosa andasse a bussarle. Nel 18


frattempo, telefonò a Simona per avere notizie di Cecilia. Mentre era al cellulare, una donna spuntò in fondo al corridoio. Senza preavviso, un fiotto di adrenalina lo investì. Non solo perché era bella, anzi, incredibilmente bella, ma perché c'era qualcosa in lei che gli rammentava qualcuno. Gli passò davanti così in fretta che non fece in tempo a reagire. Chiuse la comunicazione con Simona e balzò in piedi all'inseguimento di quella sconosciuta, vestita con un delizioso due pezzi di lino e sandali bassi di pelle. Doveva essere alta almeno uno e settanta e aveva un portamento elegante e una grazia inconsapevole. Fisicamente, Leon non riuscì a trovarle neppure un difetto e quello era preoccupante, perché non aveva più guardato una donna dopo Benedetta. «Belle Paterson?» Si girò e i capelli color visone scuro ondeggiarono sulle spalle. Gli occhi cobalto, incorniciati da lunghe ciglia nere, volarono verso Leon stupiti. Aveva una carnagione olivastra che non necessitava di trucco. La bocca generosa, con un leggero velo di lucidalabbra rosa, si allargava voluttuosa e sensuale. Era l'incarnazione della femminilità, ma con sua grande sorpresa, lo fissò senza mostrare alcun segno di civetteria. «Come fa a conoscere il mio nome? Non ci siamo mai incontrati.» Con quell'accento era americana al cento per cento. Trovò il suo approccio diretto, assai intrigante. Lo sguardo di Leon cadde sulla mano sinistra, piegata sulla borsetta appesa alla spalla. Le unghie era19


no curate, con uno smalto trasparente, e non portava anelli. Se stava recitando una parte, forse nella speranza di infiltrarsi per scoprire i segreti della sua famiglia... era perfetta. Leon estrasse dalla tasca della giacca il biglietto che gli aveva dato Berto e glielo porse. Lei lo lesse prima di tornare a fissarlo. «Evidentemente, lei lavora in banca. Chi le ha dato il mio cognome?» «Ho effettuato un controllo presso l'agenzia di noleggio auto.» Gli occhi blu divennero gelidi. «Nel mio paese quel tipo di informazioni sono riservate e si possono ottenere solo previa autorizzazione del giudice durante un'indagine per un crimine.» «Anche qui in Italia.» «È considerato un crimine fare domande?» «No. Ma le nostre porte sono chiuse a tutti i giornalisti. Ecco perché ho deciso di investigare.» «Non sono una giornalista» obiettò lei. E dalla borsa tirò fuori un biglietto da visita. Lui lo prese. Belle Paterson, Manager, Trans Continental Cell Phones Incorporated, Newburgh, New York... Leon alzò la testa. «Perché non l'ha lasciato all'addetto alla sicurezza con cui ha parlato in banca?» Rispose senza esitare. «Perché una telefonata al mio posto di lavoro per verificare l'autenticità dell'informazione avrebbe rivelato a tutti dove mi trovo. Dato che sono affari miei dove passo le vacanze, vorrei rimanere in in20


cognito. E comunque, le ferie sono quasi finite.» Lui si infilò il foglietto in tasca. «Tornerà a Newburgh?» «Sì. Ho parlato con tante persone che di cognome fanno Donatello, ma non ho trovato l'informazione che cercavo.» «Chi cercava? Un uomo, forse?» azzardò lui. La domanda gli uscì di getto, contro la sua stessa volontà. Come se gli importasse chi stava cercando... Lo sguardo della ragazza non vacillò. «Suppongo sia una deduzione naturale, ma la risposta è no. Non tutte le donne cercano un uomo... Il matrimonio è un'istituzione sopravvalutata, secondo il mio modesto parere.» Anche Leon la pensava così e la cosa ebbe l'effetto di accrescere il suo interesse. «In verità, è stato il direttore della Donatello Diamonds che mi ha indirizzato alla Banca Malatesta, ma temo di essere giunta a un vicolo cieco. Anche se preferisce non rivelarmi il suo nome, almeno mi permetta di ringraziarla per essersi preso il disturbo di venire fino alla pensione per dirmi che non può aiutarmi.» Così dicendo, gli tese la mano perché la stringesse. Leon la chiuse tra le sue e un'inaspettata fitta di calore gli corse lungo il braccio cogliendolo impreparato. «Cosa farà adesso?» «Continuerò le mie ricerche. Mi restano ancora tre giorni. Arrivederci.» Si girò e salì in macchina. Lui rimase a guardarla finché mise in moto e sparì in fondo al vicolo. Si impose di togliersi dalla mente quella donna. In fondo, non significava niente per lui. Se era ve21


nuta per strappargli delle informazioni in modo arbitrario, era rimasta a bocca asciutta, riflettĂŠ mentre tornava a casa da Cecilia. Solo dopo avere messo a letto la bambina e averle dato il bacio della buonanotte, si concesse di ripensare all'americana. C'era qualcosa di familiare in lei che non riusciva a incasellare. Una vocina insistente lo esortava a telefonare al responsabile della societĂ di telefonia americana per scoprire se si fosse inventata tutto. Alla fine, decise di farlo, al diavolo la privacy. Sapeva che altrimenti non sarebbe riuscito a chiudere occhio.

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2566 - Sposa a sorpresa

di R. Winters Leon Malatesta non ama i giornalisti e quando viene a sapere che Belle, un'americana affascinante e molto femminile, va in giro a fare domande sulla sua famiglia, cerca di fermarla. Un modo ci sarebbe: un abito bianco per lei, uno scuro per lui e una mamma per la sua piccola bambina.

2567 - Mai innamorarsi del capo!

di B. Wallace Abby finalmente si sente libera e al sicuro. L'uomo che l'ha salvata e aiutata, Hunter Smith, le ha concesso di stare un po' di tempo nel suo appartamento. Abby, per sdebitarsi e non pesare sull'affascinante fotografo, potrebbe fargli da governante tuttofare. Unica regola: non innamorarsi del capo!

2568 - La veritĂ del milionario

di N. Logan Tash non immaginava che sua madre avesse avuto un amore segreto: Nathaniel Moore, facoltoso uomo d'affari. La ragazza vuole conoscerlo, ma tra loro si intromette Aiden Moore, l'affascinante e pericoloso figlio. Lui non vede di buon occhio questa amicizia e non perde occasione per sottolinearlo.

2569 - Una maestra da corteggiare

di S. Lane Poppy sarĂ la nuova insegnante di Bellaroo Creek. Non vede l'ora di conoscere i suoi alunni e le loro famiglie. Tutti sono entusiasti di lei, tranne Harrison Black, padre single, che ha messo bene in chiaro che presenzierĂ solo ai colloqui. Ultimo appuntamento con BELLAROO CREEK.


dal 2 settembre 2570 - Una chef per il capo

di M. Douglas Rico mai avrebbe pensato che assumere Neen gli avrebbe dato così tanta soddisfazione. La donna è una vera forza della natura, oltre a essere fantastica sotto ogni punto di vista. Peccato che Rico abbia smesso di mischiare gli affari con il piacere. Ma la cosa, ora, non sarà affatto semplice.

2571 - Aperitivo tra... amici?

di A. Weaver Matt è il nuovo vicino di casa di Callie, peccato che sia stato anche il migliore amico del suo defunto marito. Il fascino dell'uomo è sempre stato incontestabile e ora la donna sente di provare per lui qualcosa che non dovrebbe sentire. Che fare? Callie, lo saluti, lo inviti a bere e poi amici come prima...

2572 - Dolci segreti tra ex

di S. Meier Wyatt vorrebbe solo riposare e trascorrere in relax qualche giorno di vacanza, e invece tutto viene stravolto quando scopre che la nuova vicina di casa è Missy, la sua ex fiamma del liceo. C'è qualcosa che non va e Wyatt vuole scoprire che cosa. QUANDO L'AMORE NON VA IN VACANZA, primo appuntamento.

2573 - Corteggiato da una principessa

di C. Rimmer La principessa Rhiannon ha appena scoperto di essere incinta della sua guardia del corpo, Marcus. Lui appena lo saprà vorrà sposarla, ma lei non intende sposarsi solo per dovere. Prima lo farà innamorare perdutamente. La CASATA DEI BRAVO è tornata con un'altra avvincente puntata.


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