Susan Meier
Vacanze con il capo
Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Single Dad's Christmas Miracle Harlequin Mills & Boon Romance © 2013 Linda Susan Meier Traduzione di Laura Polli Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved. © 2014 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione Harmony Serie Jolly ottobre 2014 Questo volume è stato stampato nel settembre 2014 presso la Rotolito Lombarda - Milano HARMONY SERIE JOLLY ISSN 1122 - 5390 Periodico settimanale n. 2575 del 14/10/2014 Direttore responsabile: Stefano Blaco Registrazione Tribunale di Milano n. 56 del 13/02/1982 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Trentacoste, 7 - 20134 Milano Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano
1 «Svoltare a destra.» La voce monotona del navigatore satellitare risuonò nell'abitacolo dell'auto di Althea Johnson mentre lei guidava lentamente lungo la via principale coperta di neve di Worthington, Pennsylvania. Una settimana dopo la Festa del Ringraziamento, la cittadina era già decorata per le prossime feste natalizie con fili luminosi da un palo all'altro della luce, corone di sempreverdi appese alle porte delle case e campanelle d'argento che riflettevano la pallida luce di quella giornata nevosa. Esattamente com'era entrata nella piccola città, Althea si trovò ben presto a uscirne. Il navigatore era silenzioso e così non le rimase altro da fare che continuare a seguire la strada a curve che portava verso le montagne. Proseguì per dieci minuti, facendo attenzione a non slittare sull'asfalto viscido. Quasi certa di avere sbagliato strada, mentre stava per invertire la marcia il navigatore riprese a dare istruzioni. «Fra cento metri, svoltare a sinistra.» Althea tirò un sospiro di sollievo e frenò il più dolcemente possibile. Aveva guidato negli inverni del Maryland, ma abitava ormai da anni in California, la sua auto non era dotata di gomme da neve e la sua abilità di guida su fondi stradali ghiacciati era un po' arrugginita. 5
«Svoltare a sinistra» intimò il navigatore qualche istante dopo. Rallentando ulteriormente, Althea imboccò una strada secondaria ai cui margini c'era un filare di pini coperti di neve. A un certo punto apparve in vista una grande villa. Nel vialetto della rimessa era posteggiato un fuoristrada grigio dal cui bagagliaio un uomo alto e bruno stava scaricando alcune borse della spesa. La neve gli si posava sui capelli e sulle spalle come fiocchi di cotone e copriva interamente la siepe di sempreverdi che delimitava la proprietà. Un grosso cane nero gli saltellava intorno e aveva una bambina aggrappata al bordo della sua giacca imbottita. Stressato. Questo era il termine che venne in mente ad Althea osservando l'espressione dell'uomo mentre posteggiava vicino al cancello d'ingresso. Era arrivata alla meta? Era quello Clark Beaumont?, si chiese Althea. Scese dall'auto e fece qualche passo sulla neve. Il grosso cane la raggiunse quasi subito abbaiando. Con un movimento rapido si alzò sulle zampe posteriori e le posò quelle anteriori sulle spalle. Colta alla sprovvista, Althea perse l'equilibrio e cadde all'indietro sulla neve. A quel punto il cane le posò le zampe sull'addome, come se volesse tenerla ferma fino all'arrivo del padrone. «Crazy! Via di lì!» gridò l'uomo. Mentre il cane si allontanava, tese la mano ad Althea per aiutarla a rialzarsi. «Niente di rotto?» le domandò, preoccupato. «Come mi ha chiamata?» domandò Althea, osservando da vicino il bel viso virile di lui. «È il nome del cane» precisò lo sconosciuto. «È una femmina Labrador assolutamente imprevedibile. È per quello che l'abbiamo chiamata così.» «Insomma, pazza di nome e di fatto» rise Althea, cercan6
do di togliere via la neve dai jeans e dalla felpa. «A contatto del calore del corpo si scioglierà e presto sarai bagnata come un pulcino» previde l'uomo, osservando i jeans e la felpa macchiati di lei. «Spero tu abbia degli abiti di ricambio più pesanti in auto.» Aveva preso a darle subito del tu. «Vengo dal sud della California» gli spiegò Althea, evitando di precisare che lei era nata e cresciuta a Newland, Maryland, più o meno a ottanta chilometri di distanza da dove Clark Beaumont abitava. «California?» ripeté lui, accigliandosi. «Per caso sei Althea Johnson?» «In carne e ossa coperte di neve» gli confermò sorridendo, tendendogli la mano e dandogli a sua volta del tu. «Suppongo quindi che tu sia Clark Beaumont.» «Non mi aspettavo che arrivassi prima di venerdì» rispose lui ricambiando la stretta. «Quando ho detto a Emily Alwine, la vostra governante, che ero disponibile al colloquio come insegnante di sostegno per tuo figlio, sono partita subito» gli spiegò. «Dalla California in auto... Non è certo un viaggio breve» osservò Clark. «Non ti preoccupare, ho fatto delle lunghe soste, dormito e mangiato.» «E oggi ci si è messo anche il maltempo a complicare le cose. È da stamattina che nevica... Emily mi ha detto che sei diretta in Maryland» proseguì Clark. «Mia sorella abita a Newland» gli confermò Althea. «È da parecchio tempo che non ci vediamo e quest'anno abbiamo deciso di trascorrere il Natale insieme. Ma prima di tornare a Newland, mi farebbe comodo un lavoro temporaneo. La scuola dove lavoravo come insegnante ha deciso di ridurre il personale e quindi sono temporaneamente disoccupata. Così, prima di esaurire i risparmi, ho deciso di tornare a Newland. Mia sorella è titolare di un laboratorio di pasticceria e si è offerta di darmi subito un impiego.» «Capisco...» mormorò lui. 7
«Io però non voglio lavorare nel settore della pasticceria» proseguì Althea. «Facendo da tutor per qualche settimana a tuo figlio guadagnerò abbastanza per cercare con calma un altro lavoro come insegnante ed evitare per disperazione di dedicarmi per tutta la vita a decorare torte.» Clark annuì, come se sapesse tutto di difficoltà a trovare lavoro, impieghi temporanei e disperazione. Ma osservando la casa in cui lui abitava, una villa di ampie proporzioni, ben tenuta, circondata da un ampio giardino, Althea si chiese se lui sapesse veramente cosa voleva dire essere nei guai. Quella casa sembrava uscita da un libro di favole e le persone che vivevano nelle favole non conoscevano la dura realtà della vita, concluse con amarezza, pensando che era proprio quello che tutti avevano creduto a Newland. Una famiglia perfetta. Peccato solo che fra le mura domestiche della loro bella casa la realtà fosse stata ben altra. Suo padre ne era stato il padrone assoluto, e l'aveva governata con pugno di ferro. Nel vero senso della parola. Quei tristi ricordi la fecero rabbrividire. Clark se ne accorse e scosse il capo. «Scusa, hai freddo e io ti sto tenendo qui fuori a parlare. Entriamo in casa.» Accennò all'auto. «Vuoi che prenda il tuo bagaglio?» «Vediamo prima l'esito del colloquio» rispose lei, con un sorriso cauto. «Sì, hai ragione» annuì Clark, facendole cenno di seguirlo. «Ma Emily era così sicura che tu fossi la persona giusta per fare da tutor a mio figlio Jack, che mi sono preso la libertà di controllare le referenze che hai scritto sul curriculum che mi hai mandato via mail. Per cui ho già tutte le informazioni che mi interessano.» «Meglio così» rispose Althea salendo i gradini che portavano al portico della villa. Il centro abitato di Worthington era già tutto decorato per le festività natalizie, ma quella casa da favola non aveva alcuna corona di sempreverdi appesa alla porta d'ingresso e neppure decorazioni luminose. 8
«La mia governante è in malattia da una settimana e in questi giorni la situazione è fuori controllo» le spiegò Clark. «Se stamattina non fossi andato a fare la spesa adesso non avrei nemmeno un caffè da offrirti e...» Si interruppe. «A proposito, devo finire di scaricare le borse. Entra pure in casa, ti raggiungo subito.» «Vuoi che ti aiuti?» si offrì Althea. «Meglio di no. Hai freddo per via dei vestiti bagnati.» «Portando le borse mi scalderò.» Althea seguì Clark e quando raggiunsero il fuoristrada lui le affidò un paio di borse. «Penso io alle altre» le disse. «Tu entra pure in casa. Quando sei nell'atrio imbocca il corridoio a destra per andare in cucina.» Althea annuì, ma con le scarpe da tennis con la suola liscia che calzava era costretta a camminare piano per non scivolare e prima di arrivare all'ingresso Clark l'aveva già raggiunta. «Se decidi di accettare l'incarico che ti offro, dovrai comprarti un paio di stivali» le disse. «Buona idea» convenne Althea. «E anche un cappotto. L'inverno in Pennsylvania non è come in California.» «Lo so.» Nell'ingresso Althea vide la bambina che poco prima si era aggrappata a Clark. Con indosso una giacca imbottita con cappuccio rosa confetto e un paio di guanti bianchi era assolutamente adorabile, pensò Althea, sorridendo. «Questa è mia figlia Teagan» la presentò Clark. «Piacere di conoscerti, Teagan» le disse Althea in tono amichevole. La bambina le diede una lunga occhiata poi abbassò lo sguardo. «Teagan, questa è la signorina Johnson. È un'insegnante e spero possa aiutare Jack» le spiegò suo padre. Teagan continuò a fissare ostinatamente il pavimento. Althea non fece commenti e non insistette perché Tea9
gan le rispondesse. Per esperienza sapeva che certi bambini erano più diffidenti o timidi di altri e avevano bisogno di tempo per abituarsi alla presenza degli estranei. Per quella ragione proseguì tranquillamente verso la cucina. Clark posò le borse in un angolo, imitato da Althea. I pensili in noce avrebbero potuto dare all'ambiente un'atmosfera cupa, ma l'isola centrale con il piano di lavoro in marmo bianco e il pavimento chiaro controbilanciavano quel particolare. Come pure l'ampia finestra dalla quale si godeva una magnifica vista delle montagne. «Wow...» mormorò Althea, osservando le cime innevate degli Appalachi. «L'idea della finestra panoramica è stata di mia moglie» disse Clark. «È lei che ha scelto questo appezzamento di terreno e realizzato il progetto della casa.» «Ti sei ricordato di comprare i biscotti, papà?» chiese un ragazzino comparendo sulla soglia della cucina insieme al Labrador nero. «Certamente» rispose Clark. «Althea, questo è mio figlio Jack. Ha dodici anni. Jack, Althea Johnson» li presentò rapidamente. «Non appena avrò messo via la spesa, io e Althea avremo un colloquio per capire se può diventare la tua nuova insegnante.» Mentre Clark iniziava a sistemare latte e verdura in frigo, Jack rimase dov'era, con il grosso cane al fianco, a osservare la nuova arrivata. «Okay, il resto può aspettare. Finisci tu di mettere via lo scatolame, Jack» disse Clark. «Che ne dici di uno spuntino prima del colloquio? Caffè e panini imbottiti per noi, cioccolata e biscotti per Jack e Teagan» propose ad Althea. «Okay. Se vuoi, posso preparare il caffè» si offrì Althea, che non era abituata a starsene con le mani in mano. «Dov'è la caffettiera?» «Non serve, abbiamo quella automatica. Preparo in un attimo il caffè e la cioccolata.» «Capisco...» mormorò Althea, con l'impressione di avere fatto la figura della sciocca. Come aveva fatto a pensare che 10
in una cucina moderna come quella si usasse ancora la vecchia caffettiera? Mentre Clark si dava da fare, Teagan si sedette al tavolo ad aspettare la cioccolata. Il cane si accucciò in un angolo, mentre fuori continuava a nevicare. Fiocchi larghi scendevano dal cielo e si posavano sulla distesa candida e silenziosa che copriva la valle. Silenzio. Althea si guardò intorno, preoccupata dal fatto che in casa regnasse la stessa quiete che c'era all'esterno. Dopo avere finito di sistemare lo scatolame in dispensa come gli aveva ordinato suo padre, anche Jack si sedette al tavolo in silenzio, come sua sorella. «Posso aiutarti?» domandò di nuovo Althea. Abituata com'era ai modi allegri e turbolenti che i bambini e i ragazzi creavano a scuola, quell'atmosfera innaturale la metteva a disagio. Un'atmosfera che le ricordò alcuni orribili ricordi del passato... «No, grazie, sono abituato ad arrangiarmi» rispose Clark. Arrangiarsi a fare cosa? A preparare il pranzo?Ad avere dei figli così tranquilli e silenziosi? A occuparsi di loro in assenza della moglie e della governante?, si chiese Althea. Emily era malata ed essendo martedì, immaginò che a quell'ora la signora Beaumont fosse al lavoro. Con lei Jack e Teagan si comportavano in modo più vivace? Cinque minuti dopo Clark mise in tavola un vassoio con il pane e tutto l'occorrente per imbottirlo. «Serviti pure mentre io preparo il caffè e la cioccolata» disse ad Althea. «Prima preparo un paio di panini per te» mormorò Althea, lavandosi le mani e accorgendosi che Teagan stava osservando ogni suo movimento. La bambina teneva stretto a sé un vecchio orsetto di peluche rosa e nonostante fosse in casa da dieci minuti aveva ancora indosso la giacca e i guanti. Quando il padre le si avvicinò per aiutarla a svestirla, 11
Teagan gli tirò la manica del maglione. Clark si chinò accanto a lei che gli sussurrò qualcosa all'orecchio. «Okay» annuì Clark. Si avvicinò alla macchina automatica di caffè e cioccolata e un attimo dopo scosse il capo. «Non ci sono più cialde di quel gusto, tesoro mio» disse alla figlia. Teagan fece una smorfia, togliendosi il cappuccio. Aveva capelli e occhi scuri, messi in risalto dal rosa confetto del piumino, e un bel viso da piccola principessa. «Se vuoi, posso aiutarti a togliere la giacca» le propose Althea. La bambina guardò prima lei poi suo padre. «Ci penso io» rispose Clark, posando in tavola due tazze di cioccolata. «Tu continua pure a imbottire i panini.» Teagan gli tirò di nuovo la manica del maglione e Clark si chinò una seconda volta verso la bambina che gli sussurrò qualcosa all'orecchio. Stessa scena di poco prima, pensò Althea, perplessa, smettendo per un istante di spalmare la maionese sul pane. Non solo la bambina sembrava considerare normale sussurrare anziché parlare, ma anche Clark sembrava talmente abituato a quel modo di comunicare che si chinava automaticamente per ascoltare la figlia. «Certo che abbiamo i marshmallows» le rispose Clark. Sul punto di chiedergli spiegazioni, Althea si trattenne. Se c'era qualche problema particolare, di sicuro lui avrebbe preferito parlargliene in separata sede, nel corso del colloquio che avrebbero avuto fra poco. Anziché i biscotti come la sorella, Jack optò per i panini. Ne imbottì un paio, naturalmente senza dire una parola. Quel comportamento aumentò le perplessità di Althea. Erano sei anni che insegnava alle scuole medie e sapeva per esperienza come i ragazzi di quell'età fossero vivaci, rumorosi, impertinenti, ribelli, sempre affamati. Jack, invece, sembrava condividere con i suoi coetanei solo quell'ultima caratteristica. Imbottì i panini all'inverosimile poi iniziò a mangiarli con gusto. 12
Cosa stava succedendo in quella casa?, si chiese Althea. A causa della sua triste infanzia, aveva sviluppato una specie di sesto senso, che le permetteva di capire subito quando i ragazzi vivevano una situazione di disagio. «Io e Althea andiamo nello studio» annunciò Clark al termine dello spuntino, rivolto ai suoi figli. «Se avete bisogno di me, sapete dove trovarmi.» Come risposta, Teagan e Jack si limitarono ad annuire. Althea seguì Clark nello studio, un locale arredato con una bella libreria e una scrivania in legno chiaro, poltrone di pelle, tappeti, quadri, computer e fax. «Andiamo subito al punto» esordì Clark, facendole cenno di accomodarsi. Lei annuì, immaginando cosa stesse per dirle. Con la governante ammalata e una moglie molto impegnata come architetto, quell'offerta di lavoro per sostegno scolastico stava per tramutarsi in un impiego come babysitter-cuoca-tuttofare. Insomma non sarebbe stata l'occupazione temporanea facile e ben retribuita che si era aspettata. D'altra parte, anche così, avrebbe fatto bene a prenderla in considerazione. Trascorrere quattro settimane a poca distanza da sua sorella, ma non nel Maryland, era una tattica comoda e prudente. Esattamente quello di cui aveva bisogno. Desiderava molto rivedere Missy, ma questo implicava il rischio di incontrare suo padre. Per cui trovare un impiego che permettesse invece a Missy di raggiungere lei, poteva essere la soluzione migliore. Sospirò, pensando che era sempre così che andavano a finire le cose nella sua vita. Tutto ciò che in apparenza sembrava perfetto finiva per rivelarsi una delusione. In ogni caso sorrise. «D'accordo. Andiamo subito al punto.» «Mia moglie è morta in un incidente stradale tre anni fa.» Quella rivelazione inattesa la lasciò un istante senza parole. Aveva immaginato che l'assenza della signora Beau13
mont fosse legata solo ad impegni di lavoro e invece... «Jack ha reagito bene alla disgrazia fino a qualche mese fa. Poi il suo rendimento scolastico è calato drasticamente. In pratica ha bisogno di recuperare in un mese un intero trimestre.» «Non sarà facile» previde Althea. «Lo so, ma finora è sempre stato molto brillante negli studi. Quindi non si tratta di difficoltà nell'apprendere ma di qualche altro problema. Una normale crisi dovuta alla crescita, suppongo. È importante che ritrovi la motivazione per studiare, fargli capire che se non si impegna ci saranno pesanti conseguenze in futuro.» «Sei sicuro che non stia soffrendo per la perdita della mamma?» «È possibile» sospirò Clark. «Come ti dicevo, Carol è morta tre anni fa e da allora Jack è stato un paio di volte da uno psicologo. La prima poco dopo la morte di sua madre e la seconda circa un anno fa» la informò Clark. «Lo specialista mi ha assicurato che è riuscito a elaborare il lutto.» «Ma adesso è entrato in una delicata fase di evoluzione» obiettò Althea. «Non sono una psicologa, ma...» «Se ritieni che abbia bisogno di un altro controllo, fisserò l'incontro con lo specialista domani stesso» la interruppe lui. «Ma l'intuito mi dice che la crisi non ha niente a che fare con la perdita di Carol. A dodici anni è normale avere poca voglia di studiare e assumere degli atteggiamenti da ribelle. Lo dico perché all'età di Jack ho passato anch'io una fase del genere.» Althea pensò che il termine ribellione per i suoi ex alunni significava rabbia, risentimento, atteggiamenti di sfida o addirittura atti di violenza nei confronti dei coetanei. Non comprendeva insomma l'atteggiamento silenzioso e controllato che Jack aveva mantenuto in cucina durante lo spuntino. Tuttavia, Clark aveva detto che se lei riteneva opportuno un nuovo colloquio per Jack con lo psicologo, non avrebbe esitato a fissare un incontro. E questo era senz'altro positivo, concluse. 14
«Come mai tu stai cercando un impiego temporaneo da queste parti?» le domandò Clark a quel punto. «Come ti dicevo, quest'anno non mi hanno confermato l'incarico come insegnante perché la scuola in cui lavoravo ha ridotto il personale docente» rispose Althea. «Ho fatto alcune brevi supplenze, ma ho bisogno di avere un lavoro fisso. Così ho deciso di tornare in Maryland dove mia sorella è titolare di un laboratorio di pasticceria. Lavorando per Missy avrò un reddito sicuro e la possibilità di cercarmi con calma un nuovo lavoro come insegnante.» Clark annuì, rammentando quello che lei gli aveva detto prima che entrassero in casa. «Inoltre, Missy ha tre gemelli, si è sposata un paio di anni fa e non ho ancora avuto occasione di conoscere né i miei nipoti né mio cognato. Così abbiamo pensato di trascorrere il Natale insieme.» «Non hai mai visto il marito e i figli di tua sorella?» le chiese Clark, incuriosito. «Fra la California e il Maryland c'è molta distanza e con un lavoro precario io non potevo permettermi né viaggi né vacanze.» «Capisco...» mormorò lui. «Da quando il programma di apprendimento scolastico a casa di Jack è fallito, in Internet ho trovato tre valide opzioni di studio online per il suo livello di istruzione. Ma ci sono anche molti altri siti specializzati che potresti utilizzare per rinforzare l'apprendimento.» «Ne conosco diversi anch'io, visto che lavoravo principalmente come insegnante di sostegno» replicò Althea. «A quanto pare, sei ben informato anche tu» aggiunse, abbozzando un sorriso. «Essere un genitore single richiede molto impegno» ammise Clark. Althea annuì. Nella sua breve carriera scolastica aveva incontrato molti genitori con lo stesso problema di Clark Beaumont. Persone che oltre ai problemi legati al proprio lavoro o a eventuali ex mogli o ex mariti, dovevano tenere in ordine la casa, lavare, stirare, fare la spesa. E poi dedicare 15
tempo ai figli, intuire i loro problemi e aiutarli a superarli. Nel complesso, un impegno non facile, che richiedeva molto equilibrio, energie fisiche e mentali. «Hai qualche domanda da rivolgermi?» le chiese Clark. Lei annuì. «Credo sia meglio che sappia anche qualcosa riguardo a Teagan.» «Vuoi sapere cosa farà Teagan mentre tu ti occuperai di Jack? Le piace molto colorare e spero che tu non abbia niente in contrario se verrà a disegnare mentre tu e Jack farete dell'altro.» «A dire il vero, mi preoccupa di più il fatto che parli solo con te e lo faccia sussurrando» puntualizzò Althea. «Ha solo tre anni e mezzo ed è molto timida» minimizzò Clark. Tre anni e mezzo? Questo significava che la piccola aveva perso la mamma a soli sei mesi e non aveva quindi alcun ricordo di lei. «Davvero credi si tratti solo di timidezza?» obiettò lei, cauta. «Mangia, dorme, sta bene. Che altro vuoi che sia?» Althea non rispose, presa in contropiede dall'atteggiamento ottimista da parte sua. Se Clark aveva ragione, i problemi di Jack erano legati a una normale fase della crescita, e Teagan era solo una bambina particolarmente timida. Ma se non era così... In caso contrario, c'era qualcosa che stava facendo soffrire sia Jack sia Teagan, anche se esprimevano il loro disagio in maniera diversa, tenuto conto della differenza di età. Forse loro non erano costretti a doversi nascondere in un armadio, com'era accaduto a lei e a Missy, coprendosi le orecchie con le mani per non udire il padre ubriaco che picchiava la madre, ma stavano comunque soffrendo. E se il loro padre non capiva o non accettava la ragione del loro disagio, aiutarli sarebbe stato più difficile. Althea sospirò di nuovo, pensando che a volte le capitava di fantasticare troppo sui problemi dei suoi alunni, ma gli orribili ricordi della sua infanzia e adolescenza l'avevano 16
segnata profondamente. Nessun insegnante, nessuna nonna, nessun parente o conoscente avevano intuito ciò che lei e Missy avevano dovuto sopportare fra le mura domestiche. Per questa ragione, come insegnante era particolarmente attenta ai segnali di disagio dei suoi alunni. E anche adesso non se la sentì di voltare le spalle a Jack e a Teagan. «Accetto l'incarico» disse con decisione. «Davvero?» replicò Clark guardandola negli occhi. La nota di incredulità nel tono di lui la fece sorridere. «Avevi paura che quando mi fossi resa conto che oltre al sostegno scolastico per Jack avrei dovuto anche fare da babysitter e governante ai tuoi figli avrei rifiutato il lavoro» osservò Althea. «Niente faccende domestiche, ma se tu fossi disposta a riordinare la cucina dopo i pasti sarebbe di grande aiuto.» «Okay» annuì Althea. «Ci sono alcune questioni di lavoro che richiedono la mia attenzione immediata. Oggi pomeriggio lavorerò da casa, per cui hai tutta la giornata per fare conoscenza con i miei figli. Nel frattempo io ne approfitterò per smaltire alcune scartoffie.» «Mi basta non dover cucinare» replicò lei. «Non sai cucinare?» «Detesto cucinare» precisò Althea, senza spiegare le ragioni profonde di quell'avversione. «Non c'è problema. Penserò io ai pasti.» Si scambiarono una stretta di mano per suggellare il loro accordo e quel contatto amichevole le provocò un assurdo, delizioso brivido. Lo guardò un istante negli occhi, e si rese conto che la scintilla era reciproca. Althea sottrasse in fretta la mano dalla stretta di lui. Un conto era accettare un lavoro come tutor, un altro era sentirsi attratta dal suo datore di lavoro. Fino a quel momento era sempre riuscita a ignorare i propri ormoni, ma sapere che Clark provava la stessa attrazione nei suoi confronti non le avrebbe certo facilitato le cose, concluse, decisa a non tentare il destino. 17
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