Questo mese conosciamo meglio
WILL THOMAS Nome: Will Thomas. Professione: Brillante uomo d’affari. Segni particolari: Sempre impeccabile. Un pregio: Sa agire sempre nel modo più giusto. Cosa cerca in una donna: Una persona che abbia il suo stesso interesse: il lavoro. Un segreto: La sua vita non è sempre stata facile, il caos e le emozioni gli hanno giocato brutti scherzi. Dove abita: In un lussuoso appartamento a Londra. Il sogno nel cassetto: Vorrebbe poter lasciarsi andare alle emozioni. Il desiderio più grande: Trovare una donna che lo aiuti a riassaporare il gusto della vita.
Una scarpetta, un principe azzurro… il tutto nel XXI secolo! Per tutte le inguaribili romantiche, Cenerentola è tornata: siete pronte a vivere la Favola? Ho bisogno di una fidanzata! Subito. Raff Rafferty erty, rampollo di una famiglia molto facoltosa di Londra, è appena stato messo alle strette da suo nonno. Raff pensa che ci sia solo una persona in grado di aiutarlo senza volere in cambio niente: Clara Castleton. Ora si tratta solo di convincerla, ma in fondo a quale donna non piacerebbe indossare abiti da mille e una notte e gioielli d’altri tempi? Ma Clara non sembra proprio il tipo adatto…
IL PROSSIMO APPUNTAMENTO DA FAVOLA SARÀ A NOVEMBRE, SEGNATE IN AGENDA.
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Ellie Darkins
Un capo preso per la gola
Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Frozen Heart, Melting Kiss Harlequin Mills & Boon Romance © 2014 Ellie Darkins Traduzione di Paola Picasso Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved. © 2015 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione Harmony Serie Jolly ottobre 2015 Questo volume è stato stampato nel settembre 2015 presso la Rotolito Lombarda - Milano HARMONY SERIE JOLLY ISSN 1122 - 5390 Periodico settimanale n. 2622 dello 06/10/2015 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 56 del 13/02/1982 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Trentacoste, 7 - 20134 Milano Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano
1 «Deve assaggiare questo.» Aspettando che Will Thomas seguisse il suo consiglio, Maya Hartney intrecciò le dita dietro la schiena per impedirsi di mordersi le unghie. Sebbene preparare tanti piatti diversi l'avrebbe costretta a fare molti straordinari il mese successivo, non aveva potuto dire di no quando Rachel, l'assistente di Will, l'aveva supplicata di prendere in considerazione la possibilità di allestire la cena per il gala della Appleby e Associati. Aspettare che il cliente assaggiasse uno dei suoi piatti era sempre un attimo di tensione spasmodica, ma una volta che lo vedeva gustare il primo boccone, i suoi nervi si allentavano, lasciandole una sensazione d'intenso piacere. Amava vedere la gente mangiare con diletto il cibo che aveva cucinato. Se n'era accorta la prima volta, quando aveva preparato una cenetta per i suoi compagni di università: vederli chiudere gli occhi e assaporare ogni portata le aveva procurato una grande felicità. Adesso, dieci anni dopo, l'ansia che provava in quei momenti era la stessa. Fino a quel giorno non aveva mai dubitato che il suo cibo portasse gioia, ma Will Thomas aveva già rifiutato 5
di assaggiare gli antipasti e, dalla sua espressione annoiata e indifferente, le dava l'impressione che non avrebbe toccato nessun altro piatto. Cosa aveva sbagliato? Si domandò Maya, deglutendo. La notte precedente non aveva chiuso occhio per preparare ogni portata in modo perfetto, ma doveva aver commesso qualche errore. Forse la salsa era troppo acida? Ma lui non l'aveva nemmeno toccata, perciò non poteva saperlo. Magari la presentazione delle pietanze non era di suo gusto. Il fatto che, vedendo Will Thomas e incrociando i suoi occhi color grigio ferro, la bocca le si fosse riempita di saliva non c'entrava. Era stato il gelo della sua presenza a darle la voglia di colmare la stanza di luce e di calore per poter resistere al freddo. In tutto l'ufficio non c'era una sola macchia di colore. Le pareti erano grigie, il tappeto grigio e intorno al tavolo di vetro c'erano delle sedie di pelle nera. Non aveva mai sentito un brivido così violento e sarebbe stata felice di non sentirlo più. Attualmente la sua vita era così piena di colore da disperdere i ricordi grigi, ma quella stanza gelida minacciava di rovinare un decennio di pensieri positivi. In perfetto stile con il suo studio, Will Thomas si era presentato in un elegante completo scuro, i capelli neri spruzzati d'argento sulle tempie, gli occhi severi e un'espressione distratta sul viso. Nonostante questo, le era sembrato così bello da toglierle il respiro. Lo sguardo dell'uomo si era staccato per un istante dallo smartphone che teneva in mano, era passato dal suo viso alle sue curve e per la prima volta si era illuminato. Ma il lampo era durato un istante. Subito dopo Thomas si era allontanato da lei e si era rimesso a guardare il cellulare. 6
L'ordine di non disturbarlo era così chiaro che lei accavallò le gambe, rimanendo ferma al suo posto, ma non poté fare a meno di osservare il suo viso e la gola che emergeva dal colletto aperto di una camicia candida. Dopo qualche attimo d'attesa, pensando d'avergli concesso abbastanza tempo, gli presentò i suoi antipasti: pane dorato e fritto, servito con formaggio e prosciutto e accompagnato da una salsa che aveva impiegato due sere per perfezionare. Lanciandole un'occhiata svagata, lui le fece segno di andare avanti e continuò a scrivere il messaggio. Avendo organizzato tante cene, Maya interpretò nel modo giusto il suo atteggiamento: comprendere che quel cliente difficile preferiva dedicarsi alle sue email, invece di assaggiare i suoi piatti, la innervosì. Erano i suoi cibi che parlavano per lei. Cosa doveva fare se una persona si rifiutava di gustarli? Serrando le labbra, si morsicò l'interno della guancia per evitare di dire una frase poco professionale. Era necessario che lui assaggiasse quella pietanza. Il sapore sarebbe stato sufficiente ad ammorbidirlo. Aveva comprato l'anatra più tenera in una fattoria vicina e le verdure migliori dal suo fruttivendolo; le erbe aromatiche venivano dal suo cottage nei Cotswolds, così come la salsa, un delicato miscuglio di vino, ribes e arancia, ed era assolutamente divina. Doveva esserlo, perché, se non avesse potuto contare più sui suoi piatti, cos'altro avrebbe avuto da offrire? Compiendo un passo verso di lui, gli tese una forchetta. «Lei deve assaggiare questo» ripeté con decisione. Non era una richiesta, bensì un ordine, dovuto alla sua frustrazione; un cupo rossore le imporporò le guance, senza che potesse nasconderlo. Will parve studiarla. Socchiuse gli occhi e la scrutò 7
come se valutasse la persona che gli si opponeva. Alla fine, mise in tasca il suo telefono e prese la posata. «Ho forse una scelta?» domandò. Maya non poté giurarlo, ma le sembrò che un breve sorriso gli aleggiasse sulle labbra mentre affondava la forchetta in un pezzetto di carne e lo intingeva nella salsa, scrutandola di sottecchi. In precedenza, quando l'aveva notata nella sala delle conferenze, aveva dilatato gli occhi come se non si spiegasse la sua presenza e non la capisse. A lei non interessava sembrare una donna enigmatica. L'unica cosa che desiderava era che lui si innamorasse di quel piatto, per poter credere di nuovo in se stessa. Per un momento le sembrò di aver raggiunto il suo obiettivo e che Will Thomas si stesse sciogliendo. Lo vide chiudere gli occhi e ammorbidire l'espressione, mentre un piccolo sorriso gli si disegnava sulle labbra; ma, quando riaprì gli occhi, lei vi lesse solo indifferenza. «Questo può andare.» Può andare? Si chiese lei. Forse si era solo immaginata il suo apprezzamento. Forse lui aveva deciso di non approvare la sua cucina, qualunque pietanza gli avesse presentato. Come poteva non riconoscere la squisitezza di un cibo in cui lei aveva profuso tutto il suo entusiasmo e la sua felicità? Si domandò Maya, cominciando ad arrabbiarsi. Doveva trovare un modo per far cessare quella tortura e proteggersi dalla freddezza di lui. «Dessert?» propose in fretta, volendo farla finita. «Sono sicuro che lo abbia preparato con cura.» «Non le piacciono le more?» ribatté lei, in tono aspro. Mostrargli quanto il suo modo di fare l'avesse ferita l'avrebbe fatta sentire meglio. 8
Lui la fissò così a lungo da metterla in imbarazzo. Perché studiava così attentamente le sue iridi? Forse dai suoi occhi traspariva tutta la rabbia che provava? Will inarcò un sopracciglio. «Mi pare che lei abbia valutato bene ciò che deve fare, signorina...» «Maya è sufficiente» tagliò corto lei. «Maya» ripeté lui, sottovoce. Poi inspirò e lei vide calare sul suo viso la solita maschera impenetrabile. Qualunque barlume di piacere o di soddisfazione era fugace perché lui lo cancellava immediatamente, dando anche alla sua voce un timbro impersonale. «Grazie di essere venuta, Maya» disse infatti. «Lasci il suo preventivo alla mia assistente e qualcuno la contatterà.» La rabbia si mescolò al dolore che aveva provato per tutta l'infanzia: Will Thomas l'aveva liquidata in un batter d'occhio, dimenticando l'emozione che poco prima l'aveva costretto a provare. Si era comportato come avevano sempre fatto i suoi genitori. Aveva ridotto tutto quello che lei aveva creato a una colonna di numeri su un foglio di carta, a un calcolo che non teneva conto dell'amore e della passione che metteva nel suo lavoro. Stringendogli la mano, evitò di guardarlo, poi, appena lui se ne fu andato, buttò in una sacca i piatti, le stoviglie e i contenitori del cibo che non era stato nemmeno toccato. Probabilmente, si disse per non amareggiarsi troppo, per lui era stato solo un incontro d'affari e l'unica cosa a cui aveva dato importanza erano i costi. Non era mai stata tanto infuriata con qualcuno, pensò mentre si dirigeva verso la sua auto. Non era solo per la mancanza di entusiasmo che quell'individuo arrogante aveva manifestato per il suo cibo, ma soprattutto per il 9
fatto che avesse proibito a se stesso di apprezzarlo. Aveva assaggiato un solo piatto su tre, impedendole di dimostrargli le sue capacità culinarie. Le era successo un'altra volta di scontrarsi con un'indifferenza così assoluta. Anche se le avessero offerto quel lavoro, non l'avrebbe accettato. Sapeva di essere un'ottima cuoca, ma lavorare per quell'uomo sarebbe stata una perdita di tempo e avrebbe risvegliato dei ricordi penosi. Non poteva farlo. In attesa che Maya gli aprisse la porta, Will guardò l'orologio. Non avrebbe dovuto essere lì. Aveva pregato Rachel di sostituirlo, ma lei aveva risposto che affrontare Sir Cuthbert Appleby non era un compito suo. Così aveva passato la serata girovagando per le strade, perdendo del tempo prezioso per ottenere qualcosa che non voleva. Mentre aspettava, guardò la facciata del cottage e serrò le labbra. Rispecchiando in pieno il carattere di Maya, la casa era una tavolozza di colori: tralci di rose si arrampicavano lungo la parete di mattoni color sabbia, circondavano la porta, salivano fino al piano superiore e le finestre a bovindo traboccavano di fiori di tutti i colori. Due giorni prima, quando lei era uscita dal suo ufficio, aveva sperato di non rivederla mai più. C'era qualcosa in quella ragazza che lo disturbava e che, per quanto tentasse, non riusciva a ignorare. Quando si era azzardato a guardarla negli occhi, aveva visto passare sul suo viso una quantità di emozioni, prima fra tutte l'amore per il suo lavoro, un amore che ostentava senza timore, e si era spaventato. Temeva che quella spontaneità così attraente avrebbe avuto un effetto devastante sul suo ri10
gido autocontrollo. Se fosse stato libero di scegliere, si sarebbe tenuto il più lontano possibile da Maya Hartney. Che importanza aveva per lui chi avrebbero scelto per allestire la cena? Non gli sarebbe toccato assaggiare le varie portate, se Rachel non avesse inserito un appuntamento con Maya nella sua agenda. Poi Sir Cuthbert, il socio anziano della sua azienda, colui che teneva in mano la sua carriera, aveva incrociato la cuoca mentre usciva dall'edificio e si era precipitato nel suo studio. «Cos'hai fatto a Maya Hartney?» aveva sparato, senza nemmeno salutarlo. «Cosa le ho fatto?» aveva ripetuto lui, sconcertato. «Niente. Perché? Cos'ha detto?» Alla fine, quando aveva confessato di aver assaggiato un solo piatto di tutti quelli che Maya aveva portato, si era reso conto d'essere nei guai. Sir Cuthbert l'aveva guardato in un modo che non lasciava presagire niente di buono. «Tu mi preoccupi, Will.» Sorpreso da quella frase, lui si era rallegrato di non aver perso l'impiego. «Non deve, Sir Cuthbert. Ammetto che l'incontro con la signorina Hartney mi ha colto impreparato. Se è necessario, mi scuserò con lei» aveva dichiarato, pensando di farle mandare dei fiori da Rachel. «Non si tratta solo di questo» aveva insistito l'altro. «Non fai mai una vacanza. Sei sempre l'ultimo a lasciare l'ufficio. Certe mattine mi domando se sei andato a casa a dormire. La vita non è fatta solo di lavoro, Will. Esistono anche le persone. Devi prenderti del tempo per te stesso, altrimenti ti brucerai.» Non volendo essere psicanalizzato dal suo principale, Will aveva sospirato. «Le sono molto grato per il suo in11
teressamento, Sir Cuthbert, ma sto bene. Non ho bisogno di prendermi dei giorni di riposo.» «Il mio non è un suggerimento.» Il vecchio aveva incrociato le braccia sul petto e Will si era reso conto che diceva sul serio. Non stava criticando il suo scarso attaccamento al lavoro. Al contrario, diceva che esagerava, restando in ufficio fino a diciotto ore al giorno. Il fatto è che si sentiva più a casa sua lì, che nel suo appartamento. Solo in questo modo, riusciva a escludere il mondo e a concentrarsi sui suoi progetti. «Non scherzo, Will. Se ti rifiuterai di prenderti una vacanza, avrò molte difficoltà a decidere quale ruolo assegnarti nell'azienda e valuterò se toglierti l'incarico di beneficenza che ti sei accollato.» «Non può farmi abbandonare il progetto Julia House, Cuthbert» aveva protestato l'uomo, in preda al panico. Assicurarsi il successo di quel progetto era imperativo, perciò doveva chiarire quella faccenda. «Non è ciò che voglio fare. So che è per una buona causa e che significa molto per te. Ma sei stanco, stressato e oggi te la sei presa con Maya Hartney. Scusati con lei e una volta risolto il problema, prenditi qualche giorno per ricaricarti. O io sarò costretto a tagliarti fuori dai lavori che non sono indispensabili.» Come poteva confessare a Cuthbert che non aveva trattato male la cuoca perché era stanco o stressato? Nel corso degli anni aveva imparato a dominare le emozioni, a non sentire niente. Era stato sgarbato con Maya perché lei lo scombussolava, lo spaventava e allontanarla gli era sembrata la soluzione migliore. Adesso era davanti alla sua porta, quasi sperando che lei non aprisse e chiedendosi cosa le avrebbe detto. Non capiva cosa in quella giovane donna avesse atti12
rato la sua attenzione. Sapeva solo che, per calmarsi, aveva fissato il suo smartphone per tutto il tempo del loro colloquio. Erano almeno dieci anni che non faticava tanto per mantenere un atteggiamento freddo e distaccato. Era abituato a stare in mezzo a delle belle donne. Molte se l'era portate a letto, ma era stato accecato dai colori di Maya, dalla sua capigliatura selvaggia, dalla vulnerabilità del suo sguardo che tradiva dolore e rabbia. Non voleva pensare a lei; non voleva provare quello strano fremito iniziato appena l'aveva vista. Era abituato ad avere il pieno controllo di se stesso, a prendere ciò che voleva, dando quello che era disposto a dare e allontanandosi senza lasciarsi dietro degli strascichi dolorosi. Non c'era ragione di perdere il controllo con quella donna. Lei era solo un tipo insolito e il suo cervello faticava più del normale a tentare di capire in che modo tenerla a distanza. Finalmente Maya aprì la porta. In ufficio non si era concesso di notare fino in fondo la sua presenza, ma là era stato facile tenere lo sguardo fisso su altro. Adesso invece gli occhi gli si spalancarono spontaneamente, abbagliati da una marea di colori. Lei li sfoggiava tutti. Non era un esperto di moda, ma era normale indossare dei capi rosa insieme ad altri arancioni e aggiungervi dei tocchi di giallo? E c'era molto altro da vedere. I suoi occhi seguirono le curve del suo corpo, notando il modo in cui la gonna aderiva ai fianchi rotondi e a come si muoveva mentre lei spostava il peso da un piede all'altro, aspettando che il suo sguardo salisse agli occhi. Will sapeva che avrebbe dovuto guardare altrove, ma era ammaliato. Quella ragazza trasudava luce, calore ed 13
energia. Dovette fare uno sforzo per guardarla in faccia. Maya corrugò la fronte. Aveva notato la sua espressione ammirata, ma sembrava non gradire tanta attenzione. Bene. Will riportò la mente sul progetto Julia House. Non avrebbe permesso a Cuthbert di sottrargli quel lavoro. Aveva dato la sua parola che avrebbe reperito i fondi e se questo significava richiamare indietro una cuoca riluttante, nonostante l'effetto che aveva su di lui, l'avrebbe fatto. Maya spalancò la porta, ma si mise le mani sui fianchi e lo fissò corrucciata. In una mano stringeva un cucchiaio di legno. Non si era aspettata la sua visita e non ne era compiaciuta. Bene, si disse Will. Nemmeno lui era felice d'essere lì. Doveva comportarsi in modo freddo e razionale come faceva sempre e darle l'impressione d'essere pronto a pregarla in ginocchio. Altrimenti l'indomani avrebbe dovuto sopportare la disapprovazione di Rachel. «Non mi aspettavo di vederla, signor Thomas» dichiarò lei, pulendosi una traccia di farina dal viso. «Non ha risposto alle mie email e io ho bisogno di parlarle» dichiarò lui in tono troppo secco e sbrigativo. Maya scrollò le spalle, pronta ad affrontarlo, ma un suono provenne dall'interno della casa e lei, dopo avergli lanciato uno sguardo poco amichevole, tornò dentro. «Se insiste, possiamo parlare» gli gridò, percorrendo di corsa un corridoio. «Ma non cambierò idea. Mi scusi, ma non posso fermarmi. Ho una salsa sul fuoco che non può aspettare.» «Bene. Bene.» La sua ostilità gli era servita per ricomporsi. Non se l'era aspettata dopo i suoi sorrisi educati in ufficio. Forse le erano costati troppo. Comunque, se lei avesse seguita14
to a comportarsi con tanta animosità, gli avrebbe reso più facile tenerla a distanza. Il solo pensiero che lo disturbava era averla ferita. Ma detestava preoccuparsi per lei. Era come aprire una crepa nella propria armatura. La seguì in cucina, osservando il moto ondeggiante della sua gonna e il modo in cui l'orlo si sollevava, mostrando una porzione di cosce. Dannazione, non era da lui. Ma l'attrazione che sentiva era peggiore di una distrazione indesiderata. Era una minaccia al suo autocontrollo. Lo privava di quel distacco che gli consentiva di andare avanti. Spostò gli occhi di lato un attimo prima che lei si voltasse. «Allora, mi dica. Come posso aiutarla, signor Thomas?» Il tono era freddo e l'atteggiamento poco amichevole. Lui ne fu contento, perché questo gli consentiva di trattarla nello stesso modo. «Rachel mi ha detto che non preparerà la cena per il gala del prossimo mese» dichiarò. «Confermo.» Maya ruotò su se stessa per poterlo guardare. Le mani le tremavano, ma le sue spalle erano ferme e lo sguardo severo. Comportandosi in modo freddo e distaccato doveva averla ferita più di quanto avesse immaginato, pensò lui. Non vedeva altri motivi per tutta quella animosità. «Posso domandarle perché?» domandò a denti stretti, prevedendo che avrebbe rimpianto quella curiosità. Cominciava ad avvertire un certo rimorso e sapeva la ragione: l'aveva offesa, anche se non aveva mai avuto quell'intenzione. Sospirando, Maya tornò a mescolare la salsa e dal modo in cui irrigidì la schiena, lui comprese che non a15
mava i conflitti. Se avesse insistito abbastanza, avrebbe ceduto. «Come ho spiegato a Rachel, non penso che i miei piatti vadano bene per la vostra cena. Sono sicura che troverete qualcun altro che saprà soddisfare i vostri gusti.» Sembrava che recitasse una battuta imparata a memoria, ma il modo eccessivamente vigoroso con cui mescolava la salsa la tradì e lui avvertì di nuovo un senso di rimorso. «Mi rendo conto di non aver dato alle sue pietanze l'attenzione che meritavano» dichiarò. «Mi dispiace d'essere stato distratto. Saremmo molto contenti di lavorare con lei.» concluse, massaggiandosi la nuca. «Ebbene, la ringrazio di essersi scusato» replicò lei, evitando di guardarlo. «Ma temo che la mia risposta sia sempre no.» «Perché?» domandò lui, con una dolcezza forzata. Aveva solo deciso di cambiare tattica per riuscire a ottenere quello che voleva, si disse. Se non fosse stato costretto, non avrebbe insistito tanto. «Ho l'impressione che noi due non c'intendiamo e che non riusciremmo a lavorare insieme» rispose la donna con decisione. Will si passò le dita tra i capelli, cercando di pensare con lucidità e di trovare un argomento convincente. «Il menu che aveva preparato andava bene» disse. «Non le sto chiedendo di lavorare con me, bensì di allestire la cena.» «Il punto è proprio questo.» Maya si voltò, brandendo il cucchiaio di legno come se fosse un coltello. «Dunque» seguitò, rossa in faccia, «lei trova che i miei piatti fossero buoni.» Il fatto che reagisse era positivo, ma Will si chiese 16
quale effetto avrebbe avuto la sua rabbia sul progetto Julia House. Aveva toccato un tasto che pensava potesse appianare le loro difficoltà e invece aveva peggiorato la situazione. Maya gli voltò le spalle e riprese a mescolare la salsa. L'ondeggiare della sua gonna lo ipnotizzò e per qualche istante lui non riuscì a mettere a fuoco i pensieri. Le aveva detto che il suo menu andava bene, quindi non c'era ragione di non assumerla, così come lei non aveva motivo di obiettare. Tuttavia aveva notato la sua delusione, il suo dolore, e sebbene non capisse perché lei avesse investito tanto nel suo lavoro, gli dispiaceva d'averla ferita. «Maya» mormorò. Lei inspirò e si girò adagio, sul viso lo stesso sorriso che le aveva visto nel suo ufficio. «Mi dispiace, ma non posso cucinare per chi afferma che il mio cibo va bene. Se sapessi che lei non gusta le mie pietanze, non mi divertirei a prepararle. A cosa servirebbe? Non sarei felice.» «È una regola generale?» domandò lui, sperando di farla sorridere. L'atmosfera era tesa e dalla rigidità delle sue spalle, sospettava che Maya stesse per esplodere, mettendo fine al colloquio. A parte il progetto Julia, non voleva che accadesse. Tuttavia quella ragazza gli rovesciava addosso una valanga di emozioni che lo turbavano profondamente, impedendogli di mantenere il suo proverbiale distacco. «Rifiuta sempre l'offerta di un lavoro da parte di persone che non si entusiasmano davanti ai suoi piatti?» le chiese, cercando d'infondere nella propria voce una nota scherzosa che non sortì l'effetto desiderato. «Non so se sia una regola» rispose lei sottovoce, 17
guardando il pavimento. «Non mi è mai successo in precedenza.» Will rifletté in fretta. Il problema era lui e da lui doveva venire la soluzione. Rachel e Cuthbert l'avevano messo in una difficile situazione, ma doveva esserci un modo per uscirne. «Mi ascolti, Maya. Noi due non vediamo le cose nello stesso modo. Io non do al cibo il valore che gli annette lei, ma...» Inspirò e concluse. «Se avessi voglia d'imparare?» Rimpianse subito quelle parole. Sapeva che se fosse stato costretto a restare in quella cucina, lanciando esclamazioni deliziate, avrebbe sofferto come sotto tortura. «Cosa intende?» domandò lei, sorpresa, voltandosi a guardarlo. «Lei ha detto a Rachel che dalla prossima settimana terrà un corso di cucina e che c'erano ancora dei posti liberi. Se m'iscrivessi e tentassi di imparare ad apprezzare il cibo, ci ripenserebbe?» azzardò, sperando di non lasciar trapelare la paura che provava. Maya piegò la testa da un lato, scrutandolo. «Non ne sono sicura.» Non sembrava più arrabbiata e lui prese a respirare meglio. «Quel posto è stato occupato. Un mio cliente ha fatto iscrivere un suo amico.» «E non può accettare un alunno in più?» Lei scosse la testa e riprese a mescolare la salsa con maggiore calma. Will non si mosse. La vedeva incerta e sapeva di doverla convincere ad accettare. «Non posso. Non c'è abbastanza spazio e non sarebbe giusto sacrificare gli altri studenti. Ma se vuole davvero 18
imparare, ho un po' di tempo la settimana successiva. Dovrò pianificare il mio lavoro, ma se lei è disposto a impegnarsi, le darò delle lezioni.» Will deglutì. «A me solo?» «A lei solo.»
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