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ADRIENNE BASSO
L'amante inesperta del laird
Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: How To Be A Scottish Mistress ZEBRA BOOKS This edition is published by arrangement with Kensington Publishing Corp. and Silvia Donzelli Agency © 2013 Adrienne Basso Traduzione di Graziella Reggio Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. © 2017 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione I Grandi Storici Seduction febbraio 2017 Questo volume è stato stampato nel gennaio 2017 da CPI, Barcelona I GRANDI STORICI SEDUCTION ISSN 2240 - 1644 Periodico mensile n. 62 del 15/02/2017 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 556 del 18/11/2011 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Mondadori, 1 - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 045.8884400 HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano
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Inghilterra del nord, giugno 1306 «Avremo pioggia prima di sera» sentenziò Lord Henry Libourg, Barone di Arundel, mentre rallentava il piccolo galoppo del cavallo e si avvicinava alla moglie per farsi udire sopra il frastuono degli zoccoli. «La corte interna si riempirà di fango, ma in compenso ne gioveranno i campi appena seminati.» «Pioggia? Siete ammattito, mio signore?» Lady Fiona adattò il passo della sua giumenta a quello del destriero da guerra del marito, poi lo guardò con sano scetticismo. «Non c'è nemmeno una nuvola a guastare la perfezione del cielo sereno.» «Pioverà, mia signora» insistette Henry, sicuro e autorevole. «Me lo sento nelle ossa.» Con la mano rivestita dal guanto si schiaffeggiò una coscia e storse le labbra in una smorfia. Scuotendo il capo, Fiona rivolse lo sguardo alla luce del sole. Era in situazioni simili che i quasi venticinque anni di differenza tra lei e il consorte diventavano evidenti. Soltanto un vecchio parlava delle articolazioni doloranti prima della pioggia o della neve. 5
Fiona zittì quel pensiero poco gentile. Henry era un buon marito, e le era caro. Era stata mandata al suo castello quando era ancora una ragazzina dodicenne per servire la moglie e imparare a svolgere i compiti propri di una vera signora. Quando, cinque anni dopo, la buona dama era morta di parto, Henry l'aveva colta di sorpresa chiedendole di sposarlo e di fare da madre al figlio neonato. Provenendo da una famiglia della nobiltà minore che attribuiva poco peso al benessere delle figlie femmine, Fiona aveva provato un gran sollievo quando il padre aveva acconsentito all'unione. Oltre che gratitudine, poiché così sarebbe rimasta nella prima dimora in cui si fosse mai sentita a casa. Sapeva che tanti non avevano compreso il suo entusiasmo per le nozze con un uomo molto più anziano di lei, né ricco né potente; però, diventando Baronessa di Arundel, aveva trovato uno scopo nella vita e acquisito fiducia in se stessa. Col tempo, aveva accettato l'idea di un matrimonio affettuoso, ma non passionale. E amava davvero Henry, non soltanto per dovere. In fondo, conduceva una vita piacevole. Fiona distolse lo sguardo dai raggi del sole che brillavano tra le fronde e lo rivolse agli alberi che li circondavano. L'estate era arrivata, ma uno spesso tappeto di foglie secche rivestiva ancora il suolo della foresta, mescolato al verde delle felci e delle siepi. «Guardate, Henry: un cespuglio di partenio in fiore!» esclamò Fiona. «Ci fermiamo, per favore? Così ne raccolgo un po'. Due sguatteri si sono riempiti di chiazze rosse, soffrono da impazzire e le cure con i soliti unguenti si stanno rivelando inutili. Sono sicura che il partenio avrà effetto.» Eccitata, strattonò le redini troppo in fretta e fece impennare la cavalla. «Attenta! Non vorrete certo cadere su questo terreno duro» 6
l'ammonì Henry e con notevole destrezza protese un braccio robusto e la tenne in sella. Fiona gli sorrise grata, serrando d'istinto le cosce sui fianchi dell'animale. Sapeva cavalcare, ma non si poteva definire un'esperta. Per fortuna c'era il marito a garantire la sua sicurezza. Quando la giumenta si fu calmata, il barone osservò perplesso i fiori indicati dalla consorte. «Partenio? Ne siete sicura? A me sembrano comuni margherite.» Fiona sorrise. Henry era un uomo intelligente e pieno di esperienza, però non sapeva nulla di piante medicinali. «In effetti, col centro giallo e i petali bianchi, vi somigliano molto. Però, fidatevi di me, sir, se affermo che non lo sono.» «Certo, Fiona. Tuttavia è poco assennato ritardare il ritorno a casa. Siamo rimasti fuori quasi tutto il pomeriggio e abbiamo entrambi compiti da svolgere. Se vi troverò una scorta, tornerete domani a raccogliere i fiori.» «Non sono semplici fiori, Henry, ma anche farmaci. E ne abbiamo davvero un bisogno urgente; temo che domani sia troppo tardi. Con una nuova cura, i ragazzi guariranno in fretta.» Lui sospirò, rassegnato. «Nel nome di Dio, credo siate l'unica nobildonna nell'intera Inghilterra a preoccuparsi tanto per un paio di sguatteri.» Lei sorrise con dolcezza. «Siete stato voi a insegnarmi a prendermi cura dei sudditi, mio buon signore. Andiamo, ora. Ce n'è abbastanza da riempire la bisaccia della mia sella e della vostra.» Il barone scese a terra e aiutò la moglie a fare altrettanto. La fissò un istante negli occhi mentre, con delicatezza, le posava i piedi al suolo. D'impulso, Fiona si protese in avanti e gli impresse un bacio giocoso sulla punta del naso. «Piccola impudente» finse di rimproverarla lui. 7
Un'allegra risata le scaturì dalla gola ed echeggiò per il bosco, spaventando uno stormo di merli che spiccarono il volo dai rami di un albero poco lontano. «Aspettate qui» le ordinò quindi Henry, porgendole le briglie dei due cavalli. Fiona annuì e attese con pazienza. Benché stessero cavalcando nelle loro terre, la prudenza era comunque raccomandabile, soprattutto in quei tempi incerti. Rimase a osservare il consorte mentre si avvicinava con lentezza al partenio, lanciando attorno a sé occhiate circospette. Annoiati dalla sosta, i cavalli fecero qualche passo e abbassarono la testa per bere da una grossa pozzanghera. Fiona fissò le redini a un tronco, poi si voltò di nuovo verso Henry, ansiosa di dare inizio al raccolto. Infine, ricevuto il segnale corse avanti, contenta di avere indosso gli stivali di pelle. Il terreno era umido e cedevole e, in certi punti, i piedi sprofondavano fino alle caviglie. «Immagino di non potervi chiedere di sbrigarvi» borbottò Henry mentre lei lo superava a passi decisi per raggiungere il primo cespuglio. «Farò del mio meglio» gli promise. «Anche se cogliere fiori con criterio richiede un po' di tempo.» Non le era sfuggita la sfumatura di orgoglio nella voce del marito, malgrado il tono serio. Fiona non si sottraeva mai al lavoro manuale e si occupava con dedizione agli abitanti del castello, che fossero contadini, servi o cavalieri. E proprio per questo era cara a tutti. Determinata a non impiegare un solo minuto più del necessario, si mise in ginocchio e contemplò per un istante il tesoro davanti a sé. Radunò una generosa manciata di fiori cresciuti ai piedi di una quercia, ruotò con abilità il polso e spezzò gli steli appena sopra le radici. Prestò attenzione a non prendere tutti i boccioli per assicurarsi che le piante so8
pravvivessero, così da poter fornire altro partenio nelle settimane e nei mesi successivi. Con tanti soldati, servitori e persone di ogni genere che dipendevano dalla sua assistenza, Fiona sapeva quanto fosse importante tenere la dispensa ben fornita di rimedi efficaci. Strisciando sulle ginocchia, girò il braccio attorno al tronco per raccogliere un altro ciuffo di preziose piante. A quel punto ebbe la netta sensazione che qualcosa non andasse. C'era silenzio, fin troppo. Ruotò il capo verso il marito, che aspettava a breve distanza. Aveva la spada sguainata e la postura vigile, ma nel contempo rilassata. Rimproverando la propria fantasia eccessiva, Fiona riportò l'attenzione sul cespuglio. Si sporse avanti e staccò qualche fiore rimasto. All'improvviso, però, una mano maschile spuntò da dietro l'albero, le ghermì il polso e lo serrò con forza brutale. Un urlo le si bloccò in gola e il corpo rimase paralizzato dal terrore. La presa si strinse e il dolore s'irradiò nel braccio, a tenerlo a bada c'erano soltanto la paura e la sorpresa. Fiona alzò la testa e guardò negli occhi il fiero guerriero che la teneva bloccata. Un cavaliere, come rivelava l'abbigliamento, non bisognoso di ricorrere al furto, a giudicare dalla qualità dei panni. Aveva spalle larghe e occhi azzurri incorniciati da ciglia scure. Benché fosse accovacciato, si capiva che era alto e muscoloso. Il naso era diritto e virile, la bocca sensuale. I capelli folti e bruni, più lunghi di quanto non si usasse, gli arrivavano sotto il mento. Una sottile cicatrice gli attraversava la tempia sinistra e terminava all'angolo dell'occhio, senza dubbio, ricordo di una battaglia combattuta tempo addietro. La mascella squadrata e decisa era scurita dalla barba in crescita, che accentuava l'aspetto minaccioso. Nel complesso, emanava un senso di potere e autorità. Per quanto strano, se 9
la situazione non fosse stata spaventosa, Fiona lo avrebbe giudicato attraente. Chi era e perché si nascondeva nelle loro terre? Fiona sapeva che non era il momento per porsi domande. Doveva pensare a scappare, e subito! Ancora in ginocchio, tentò di sfuggire alla presa, ma lui la rinsaldò all'istante. Era davvero molto forte. Tirandola per il polso, la mise in piedi con un unico movimento fluido e la nascose dietro il grosso tronco. Le lacrime le affiorarono agli occhi per il male, ma furono le parole sussurrate a farla sentire come se il sangue avesse smesso di scorrere nel suo corpo. «Zitta, donna, altrimenti sbudello il vostro uomo là dove si trova.» Gli occhi azzurri, duri come l'acciaio, erano spietati quanto quell'affermazione. Freddi, remoti, intensi. Un fremito di terrore scosse il fisico esile di Fiona, appena si rese conto che quell'uomo avrebbe ucciso senza alcuna esitazione. Nel filare di alberi davanti a lei un ramo si spezzò. Il panico le percorse le vene alla vista di altri cinque uomini nascosti tra le alte querce. Nel nome del cielo! Tentò ancora di divincolarsi, ma lui anticipò ogni suo movimento, stringendo il polso in una morsa ferrea. Fiona emise un gemito strozzato quando si scontrò con il suo petto muscoloso. Fulmineo, l'uomo le afferrò la vita, bloccandole le braccia contro il busto. Subito, le tappò la bocca con la mano libera. «Fiona?» chiamò Henry. «Dove siete?» Col cuore che martellava per il terrore, lei sentì il marito avvicinarsi. Dio, abbi pietà! Verrà ucciso! Lo devo avvisare. Animata da un nuovo impeto di energia, Fiona iniziò a scalciare, torcersi e gettare la testa all'indietro, battendola con frenesia contro il petto dello sconosciuto. Fu tutto inutile. Come di pietra, l'uomo non pareva accorgersene e la trattene10
va senza sforzo con le braccia possenti, quasi fosse stata soltanto un insetto molesto. Lei, infatti, lottava comunque per liberarsi e si rifiutava di arrendersi. Muovendo la mascella su e giù, riuscì a prendere tra i denti il bordo della mano del guerriero. Col cuore impazzito, fece appello a tutta la sua forza e lo azzannò con violenza. Una, due, tre volte. Sentì sulla lingua il sapore di cuoio umido e sporco del guanto, ma ignorando il disgusto continuò l'attacco, mordendo e strattonando come un cane da caccia con un coniglio appena catturato. Provò un momentaneo senso di trionfo quando udì un basso ringhio, significava che l'aggressore aveva avvertito qualcosa. Tuttavia, malgrado il dolore o forse la lieve ferita, non allentò la presa. Anzi, la serrò ancora di più. Impotente, Fiona rimase a guardare il consorte mentre cadeva in trappola. Un grido attutito le emerse dal petto quando uno dei briganti sbucò dal nascondiglio, sollevò la spada e la ruotò verso la testa di Henry. Lui reagì in fretta e, tracciando un ampio arco con la lama, parò quel primo attacco. Si scansò da un lato per evitare il secondo, poi ricambiò con una serie di colpi rapidi e decisi. Avanzando, riuscì a spingere l'avversario contro un tronco. Col cuore stretto in una morsa di ghiaccio, Fiona invocò un miracolo mentre lo vedeva combattere contro un uomo molto più giovane e robusto di lui. Il frastuono dell'acciaio contro l'acciaio s'intensificò ed echeggiò nella foresta. I muscoli di Henry si contraevano mentre roteava la spada, a prova delle molte ore che dedicava ad allenarsi con i suoi soldati. Tuttavia, Fiona notò anche che il marito si stava stancando, incapace di competere in resistenza con un uomo della metà dei suoi anni e più alto di lui di una testa. Eppure, non era pronto alla resa. Sferrò infatti un violento 11
colpo al braccio dell'avversario, ferendolo. Spaventato, questi arretrò e cadde a terra. Purtroppo l'esaltazione di Fiona per la vittoria del consorte fu di breve durata, poiché altri due banditi si unirono alla mischia. Nel giro di pochi minuti, uno di loro centrò Henry al petto, strappandogli l'aria dai polmoni. Lei gridò forte nel vederlo cadere, accorgendosi così che il guerriero le aveva tolto la mano dalla bocca. «No, vi prego» urlò affranta. Il suo cuore ebbe un sobbalzo quando una lama minacciosa venne premuta contro la gola di Henry. Animata dalla volontà di proteggerlo, tentò di avanzare, ma era inchiodata sul posto da una forza paralizzante. «Aspettate! È Arundel. Non fategli del male!» tuonò colui che la teneva prigioniera. Gli altri obbedirono all'istante. Arretrarono un poco e si scambiarono un'occhiata. Poi, con grande sorpresa di Fiona, Henry venne aiutato a rialzarsi proprio dal primo aggressore, quello che aveva ferito. «Liberate mia moglie.» Benché arrochita, la sua voce era comunque autorevole. Sbalordita, lei sentì ricadere il braccio del guerriero. Quindi, avanzò incespicando e si portò al fianco del marito. Per quanto incredibile, il furfante che l'aveva catturata s'inchinò con eleganza. «Vi domando perdono, barone, per il nostro saluto scortese. Tuttavia, non mi ero accorto che foste voi finché i miei uomini non vi hanno attaccato.» «Kirkland?» sbuffò indignato Henry, ripulendosi in fretta dalla polvere e dalle foglie secche. «Nel nome di Dio, vi dovrei sbattere col fondoschiena a terra per questo» gridò di rimando. «Una reazione comprensibile, per quanto poco assennata, amico mio» replicò il guerriero. Venne avanti e i suoi uomini si avvicinarono per formare un cerchio protettivo alle sue spalle. 12
Colta da un capogiro, Fiona si sforzò di buttare fuori il fiato che stava trattenendo. Chi era quel fiero cavaliere? Un conoscente di Henry, ma non certo un amico come sosteneva. Benché tutti avessero abbassato le armi, era chiaro che si sarebbe battuto, se fosse stato sfidato. O anche solo insultato? Fiona respinse quel timore, poiché sarebbe stato assurdo rendere ancora più drammatica una situazione già difficile. «Vi trovate sulle mie terre» dichiarò Henry in tono piatto. «Credevo bastasse per identificarmi ed evitare un'inutile aggressione.» «Non vi abbiamo attaccati, ma solo colti di sorpresa.» Kirkland accennò un sorriso, ma il duro scintillio dello sguardo rivelava che non aveva alcuna voglia di scherzare. Il barone sbuffò. «Avete spaventato mia moglie» insisté, e Fiona gemette quasi. Perché non lasciava perdere? Erano in netta minoranza e vulnerabili. Non si rendeva conto del pericolo? «Siete illesa, Fiona?» Tutti gli occhi si puntarono su di lei. Sarebbe stato folle dichiarare la verità, quindi sollevò il mento e sorrise. «Sto bene» mentì, ignorando il dolore al polso. «Temo di essere stato troppo brusco nei vostri confronti, Lady Fiona. Non è il mio modo abituale di trattare una nobildonna.» Lo scozzese pronunciò le parole in tono garbato, accompagnandole con un cavalleresco inchino, ma la sua espressione rimase impossibile da decifrare. Fiona si accorse di arrossire e maledisse la propria vista acuta. Se, dalla strada, non avesse scorto il partenio, non si sarebbero fermati, cacciandosi in quel pasticcio. «Cosa fate qui, appostati nei miei boschi?» domandò il barone. «Non è così che ci mettiamo in contatto, in genere.» «Siamo stati costretti a spingerci più a sud del previsto a causa di una brutta faccenda a Methven. Vi garantisco che 13
non ci tratterremo a lungo. Soltanto finché non verremo a sapere che è sicuro tornare a casa.» Gli occhi di Henry si sbarrarono per la sorpresa. «Avete combattuto a Methven?» «Aye» confermò Kirkland con un fremito sulle labbra. «E sono fiero dei miei uomini.» «Siamo stati sconfitti» dichiarò con amarezza uno dei compagni. «Ci hanno ingannati» protestò con veemenza un altro, prima di sputare a terra. «Gli inglesi hanno evitato la sfida onorevole sul campo di battaglia e hanno agito da codardi: dopo aver invaso all'alba il nostro accampamento, ci hanno attaccati e massacrati nel sonno.» Henry inarcò le sopracciglia. «Senza darvi quartiere?» «No» replicò il conte in tono piatto. «La maggioranza dei sopravvissuti è fuggita nelle Highlands. Io, però, debbo tornare a casa per difendere le mie terre e la mia gente.» Pensieroso, lui si sfregò il mento. «Quindi alla fine avete deciso di schierarvi con Bruce? È un azzardo.» Kirkland scrollò le spalle. «L'eccesso di prudenza ci ha tenuti troppo a lungo sotto il tallone inglese. Magari non sono sempre d'accordo con i suoi metodi, però penso che Robert Bruce, in questo momento, rappresenti la migliore opportunità per liberare la Scozia. Quanto meno abbiamo diritto a un sovrano nostro.» Fiona si stupì nel notare il lampo di approvazione negli occhi del marito. Era risaputo che Re Edoardo era ben determinato a imporre la propria autorità agli scozzesi e pretendeva che gli rendessero omaggio. Lei aveva sempre creduto che il consorte, in quanto leale suddito inglese, lo sostenesse anche in questo. «Non tutti gli scozzesi sono convinti che sia Bruce a dover portare la corona» notò Henry. «Mi è giunta voce che a Me14
thven i MacNab e i MacDougall hanno combattuto al fianco degli inglesi contro di lui.» «È esatto» confermò accigliato il conte, con un'altra scrollata di spalle. «Erano guidati da John MacDougall di Lorne, che brama la vendetta e intende ottenerla a ogni costo. Non troverete da nessuna parte un nemico più temibile.» «L'omicidio sacrilego di un nipote in chiesa può indurre chiunque a reagire così» ammise il barone. Fiona si fece il segno della croce. Ricordava di aver sentito di quell'abominio contro Dio e contro gli uomini. Robert Bruce era uno dei pretendenti al trono di Scozia e aveva ucciso il suo maggior rivale, John Comyn il Rosso, dopo averlo invitato a incontrarsi nel luogo sacro. Quel barbaro delitto aveva rafforzato nella sua mente la tipica opinione degli inglesi riguardo ai vicini settentrionali e cioè che, malgrado la professione di fede, erano pagani senza Dio. Eppure, chissà come, Henry aveva stretto amicizia con uno di loro. «Bruce ha agito per una giusta causa» affermò Kirkland. «Lui e Comyn avevano siglato un accordo per unire i clan e conquistare l'indipendenza. Tuttavia, per assicurarsi la corona, Comyn aveva mostrato una copia dell'atto al sovrano inglese. Un palese tradimento.» «Forse» concesse Henry, ma il tono era scettico. «Anche se adesso sono Bruce e i suoi seguaci a venire bollati come traditori dopo la sconfitta in battaglia. Comunque, ognuno ha il diritto di scegliere la propria strada in questa vita, purché rammenti che nella prossima ne dovrà rispondere al Signore.» «La mia coscienza è pulita» replicò Kirkland con una punta di asprezza. Henry lo osservò in silenzio per qualche istante, poi gli chiese: «Cosa desiderate da me?». 15
«Un rifugio sicuro nella vostra foresta per qualche giorno. Una settimana al massimo.» Un brivido percorse Fiona quando vide il consorte annuire. Ospitare nelle loro terre un gruppo di guerrieri ricercati? Era forse impazzito? Se fossero stati scoperti, avrebbero subito tutti quanti la furia del re. «Henry, non possiamo...» «Zitta, Fiona.» Malgrado l'offesa per la durezza del tono, lei obbedì, convinta in cuor suo di potersi fidare del giudizio del marito. Era saggio, accorto e responsabile, sempre pronto ad agire per il meglio. Gli prese una mano e la strinse con delicatezza. La sua fiducia in lui era incondizionata. Eppure, nel guardare le spalle larghe, gli occhi duri e il volto di pietra dello scozzese che stava portando scompiglio nelle loro vite, capiva perché si sentiva ancora così terrorizzata. Era leale e fiduciosa verso il consorte, ma l'opinione che si stava facendo di quel barbaro era un'altra faccenda. Gavin McLendon, Conte di Kirkland, cercò di ignorare le emozioni che si alternavano sul volto di Lady Fiona quando comprese che il marito li avrebbe aiutati. Aveva la netta impressione che volesse protestare con veemenza, ma si sforzasse di tenere a freno la lingua. Suo malgrado, rimase colpito da tanta capacità di autocontrollo. Ricordava vagamente di aver sentito che la seconda moglie del barone era molto più giovane di lui, però non aveva previsto che fosse così graziosa. Anzi, bella. Era formosa, con seni voluttuosi, fianchi arrotondati e un volto angelico che pareva intagliato nel marmo. Il capo era scoperto e una grossa treccia di capelli biondo miele ricadeva sulla schiena, fin sotto la vita, conferendole un aspetto inno16
cente, verginale, piuttosto insolito in una donna sposata. Gli occhi erano di un raro tono di verde, vivo e sfavillante d'intelligenza, attributo che lui raramente abbinava al gentil sesso. La sua stessa consorte, pur non essendo affatto stupida, non avrebbe afferrato al volo la gravità della situazione. E se, per miracolo, l'avesse colta, non si sarebbe mostrata così calma e disposta a collaborare. «Quanti uomini avete con voi?» s'informò Henry. «Venticinque, ma sono in gran parte feriti» rispose con prontezza Gavin, poi maledisse la propria lingua sciolta. Dopo una fuga durata quasi sue settimane, si stava lasciando sopraffare dalla stanchezza. Benché avesse rapporti di lunga data con il barone, non era mai prudente dimostrarsi troppo indifesi. Nella piccola radura, la tensione cominciò a crescere. Gavin notò che i suoi uomini si scambiarono occhiate circospette e avvicinarono la mano all'elsa della spada. Con la coda dell'occhio, colse Lady Fiona rivolgere al consorte uno sguardo ansioso. «Farò come mi chiedete» dichiarò infine il barone. «E fornirò, per quanto mi sarà possibile, l'assistenza medica necessaria. Tuttavia, mi aspetto da voi qualcosa in cambio.» Gavin represse un'imprecazione. Non aveva mai preteso di ricevere un aiuto gratuito, in quel momento, però, aveva ben poco da offrire. «Aye. Indicatemi il prezzo.» «Prima della fine dell'estate, vi chiedo di fare una scorreria nel mio villaggio e rubare il bestiame.» Gavin sorrise per la prima volta da giorni. «Prendo anche l'intera mandria, se volete.» «Molto cortese da parte vostra, milord. E non dimenticate di portare via anche un po' di grano» aggiunse Henry, sorridendo a sua volta. «Però, mi aspetto che venga restituito e che i campi rimangano intatti.» 17
«È l'accordo abituale. Il grano sottratto viene reso e i campi vengono calpestati, ma non bruciati.» «L'accordo abituale?» ripeté Fiona con voce tremula e ansimante. «Quindi è già accaduto in passato? Eppure vi comportate come se non contasse nulla. Dubito che la nostra gente condivida la vostra opinione, Henry. M'immagino il terrore e il senso d'impotenza quando avverrà l'attacco.» «Non aggrediremo nessuno né spargeremo sangue» promise Gavin. Era infastidito dall'evidente sgomento della dama, senza capirne il motivo. Lui e il barone non facevano niente di male. Al contrario, avevano trovato un modo per vivere in pace ed evitare ogni sospetto sulla loro alleanza segreta, mostrandosi al mondo come nemici. «Abbiamo ideato questa soluzione anni fa. Gli uomini del clan McLendon arrivano nel buio della notte» spiegò Henry. «È raro che qualcuno, al villaggio, li scorga.» Lei lo fissò esterrefatta. «E questo lo rende accettabile?» «Quanto meno sicuro per tutti coloro che sono coinvolti» replicò il consorte, alzando la voce con impazienza. «La nostra gente rimane illesa e quasi tutto il bottino viene, prima o poi, restituito. Parrebbe strano se il nostro castello fosse l'unico, lungo il confine, a non subire scorrerie da parte degli scozzesi. Re Edoardo non li vede di buon occhio, ma io non condivido la sua opinione che andrebbero conquistati.» «Come se fosse possibile sconfiggerci» sbottò Duncan, avanzando e portando la mano destra all'elsa della spada. «Maledetti inglesi. Siete un branco di codardi senza onore.» «Duncan!» Gavin inchiodò il cugino con un'occhiataccia. Duncan era un prode guerriero e un seguace leale, non certo incline a fuggire dal campo di battaglia. Aveva ancora più difficoltà degli altri ad accettare la sconfitta appena subita, ma non doveva arrischiarsi a mettere a repentaglio l'unica alleanza che, al momento, li avrebbe potuti salvare. 18
Duncan rimase a testa alta, tuttavia parve confuso e borbottò qualche parola tra sé. Senza rinunciare all'atteggiamento fiero, lasciò la presa sull'arma e arretrò di qualche passo. Per fortuna, Lord Henry non si offese per l'insulto. Gavin tirò il fiato e benedisse i motivi, a lui ignoti, che avevano spinto il barone a proporre una tregua tra loro, insieme a un ottimo piano per garantirne la durata. Da parte sua era stato avventato accettarla, ma non se ne era mai pentito. Soprattutto in quel momento. «All'imbrunire, nei prossimi cinque giorni, porterò cibo e bevande per voi e i vostri uomini e li lascerò ai piedi di quest'albero.» Indicò la grossa quercia. «Siete autorizzati a cacciare selvaggina nei boschi più a nord per integrare il vitto. Terrò i miei soldati lontani dalla zona per il resto della settimana, così non verrete scoperti.» «Resteremo a nord.» Gavin fece per ringraziare con un sorriso, ma aveva bisogno di un altro favore. Lo infastidiva chiederlo, ma era necessario per curare i feriti più gravi. «Servirebbero anche fasce di lino pulite, oltre a dei medicamenti.» Lady Fiona si morse un labbro. «Ho appena iniziato a rifornire le scorte» dichiarò a voce bassa. «Vi posso dare le bende, ma i rimedi scarseggiano. Sarebbe uno spreco...» Il barone sollevò una mano e lei tacque all'istante. «Mia moglie vi manderà quello che sarà possibile.» «I farmaci non vi saranno molto utili se non avete le conoscenze necessarie per utilizzarli» sbottò la signora. Un'occhiata del consorte la zittì, ma Gavin non si lasciò ingannare. La mascella serrata rivelava il suo giudizio sulla faccenda. «Ne sappiamo abbastanza per bere le pozioni e spalmare balsami sulle ferite» azzardò nel tentativo di allentare la tensione. 19
Il barone ridacchiò, insieme ad alcuni soldati. Lady Fiona sorrise, ma lo sguardo rimase ostile. Gavin venne colto dal rimorso. Quella dama aveva ogni diritto di sentirsi nervosa e impaurita. Stavano per appropriarsi di preziose provviste, imponendo un nuovo fardello sul barone e la sua gente. Era tentato di rassicurarla, avvisandola che in quei tempi incerti, in cui la lealtà veniva messa a dura prova, era confortante agire con onore e coraggio. Purtroppo, però, gli fu impossibile.
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Il duca infedele AMANDA WEAVER LONDRA, 1895 - Victoria Carson è stata cresciuta con l'obiettivo di sposare un nobile, proprio per questo ha frequentato la prestigiosa scuola di Lady Grantham, in Inghilterra. Il sogno si corona con Andrew Hargrave, Duca di Dunnley. Ben presto, però, Victoria comprende che l'amore, nel suo matrimonio combinato, dovrà combattere per avere il posto che gli spetta. Nonostante l'attrazione che unisce i due sposi, la menzogna e i non detti si frappongono tra loro. Solamente quando affronteranno l'inganno su cui fonda la loro unione, Victoria potrà abbandonarsi finalmente all'amore e alla passione.
L'amante inesperta del laird ADRIENNE BASSO SCOZIA, 1307 - Rimasta vedova, Lady Fiona fugge dall'Inghilterra in Scozia presso un alleato del defunto marito, Laird Gavin McLendon, a cui si offre in cambio della protezione per sé e il figliastro. Lei, inizialmente inesperta, sotto la sensuale guida di Gavin si trova presto a desiderare che il loro patto passionale non si interrompa. Gli equilibri politici, però, vogliono McLendon unito a un'altra donna. La nobile inglese non può, a quel punto, accettare di dividerlo con una moglie, così si insinua in lei il pensiero di come si sentirebbe a non essere più l'amante ma la sposa di un laird…
Quella notte col vichingo HARPER ST GEORGE DANIMARCA, 867 d.C. - Riportato in patria, reduce da sanguinose battaglie nelle terre dei Sassoni, ferito nel corpo e nello spirito, Gunnar si ritrova affidato alle cure di Kadlin, l'unica donna che abbia mai amato. Il guerriero vichingo l'aveva abbandonata, due anni prima, dopo un'infuocata notte di passione, convinto di non esser meritevole d'amore. Ciò che li aveva legati allora, però, è più vivo e intenso che mai. Kadlin, la cui vita era stata sconvolta e devastata da quell'abbandono, decide di fidarsi, di lasciarsi andare al desiderio e di fargli conoscere la conseguenza di quella loro unica notte insieme…
La duchessa cortigiana JOANNA SHUPE VENEZIA - INGHILTERRA, 1816 - Julia, Duchessa di Colton, si è sposata a sedici anni, ma il marito subito dopo la cerimonia è scappato a Venezia, dove vive da otto anni. Julia, dopo una lunga solitudine, desidera un figlio e decide di sedurre quel marito sconosciuto. Apprende da una cortigiana londinese i segreti più scabrosi delle lusinghe, lo raggiunge a Venezia e, sotto mentite spoglie, lo seduce e concepisce l'erede. Ma quando la seduzione e la passione diventano più profonde bisogna ricostruire anche la fiducia e la capacità di vivere insieme. Potrà quel marito essere l'uomo della sua vita? Dal 19 aprile
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milionari di New Orleans• Ricchi come Mida e sexy come il peccato
Adelaide Thibodeaux è cresciuta con il suo capo, l’allenatore Dempsey Reynaud, ma ora è stufa di essere considerata soltanto un’amica. Ma quando decide di andarsene, inizia tra i due un gioco pericoloso… che potrebbe addirittura far scoppiare una travolgente passione.
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UOMINI STRAORDINARI Christian, Nik e Zarif conoscono meglio di chiunque altro le due facce dell’amore.
Nik Christakis era stato il suo Principe Azzurro: l’uomo indecentemente ricco e sensuale che l’aveva strappata alla sua vita da cameriera sposandola. Da quel momento però tutto era cambiato…
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Benvenuti nella clinica delle star dove giovani e talentuosi dottori devono dimostrare ogni giorno il loro talento... e la notte dare libero sfogo alle proprie fantasie.
Tornata dall’Afghanistan, il chirurgo plastico Abi Thompson vuole ricominciare da zero all’interno dell’ambitissima Hollywood Hill Clinic. Non deve mostrare alcun segno di debolezza, in modo particolare di fronte al suo capo, Damien Moore. Mantenere le distanze, però, è sempre più difficile…
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