L'erede del conte

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Nina Milne

L'erede del conte


Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: The Earl's Snow-Kissed Proposal Harlequin Mills & Boon Romance © 2016 Nina Milne Traduzione di Donella Buonaccorsi Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved. © 2017 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione Harmony Serie Jolly ottobre 2017 Questo volume è stato stampato nel settembre 2017 da CPI, Barcelona HARMONY SERIE JOLLY ISSN 1122 - 5390 Periodico settimanale n. 2719 del 10/10/2017 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 56 del 13/02/1982 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Mondadori, 1 - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 045.8884400 HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano


1 Gabriel Derwent fissò attentamente il suo riflesso nello sfarzoso specchio della lussuosa stanza d'hotel in cui alloggiava, per accertarsi di non essersi messo la camicia alla rovescia o le mutande in testa. Il suo riflesso ricambiò lo sguardo, mostrandogli una camicia immacolata indossata opportunamente sotto uno smoking nero e capelli biondo cenere pettinati alla perfezione. Non c'era alcun segno del turbamento che l'aveva tormentato per gran parte dell'anno. Non che si lamentasse: l'ultima cosa che voleva era che il suo aspetto rivelasse al mondo la verità . A chicchessia. No. Tutti gli invitati al ballo che i Caversham avevano organizzato in occasione dell'Avvento avrebbero visto quello che si aspettavano: l'affascinante e imperturbabile Gabriel Derwent, Conte di Wycliffe, erede del Duca di Fairfax, titolo ora in possesso di suo padre. Di sicuro ci sarebbero state molte domande a proposito della sua lunga assenza dalla scena pubblica, ma le avrebbe affrontate come se non ci fosse alcun problema. E lo stesso avrebbe fatto con chiunque gli avesse chiesto commenti sulla sua separazione da Lady Isobel Petersen. Si trattava di un ballo di beneficenza, allestito per 5


raccogliere fondi per una causa in cui credeva. Detestava quelle occasioni mondane, tuttavia, non poteva fare a meno di parteciparvi. Nessuno doveva accorgersi del vero motivo per cui aveva deciso di presenziare a quel ballo: iniziare una ricerca che gli faceva tremare le vene dei polsi. Ma ora basta. Non poteva cedere allo sgomento. Aveva imparato fin troppo bene la lezione quando era bambino. Al rumore della porta che si apriva si voltò di scatto e si sforzò di sorridere. «Ehi, sorellina!» esclamò allegramente. Poi notò l'espressione del suo viso e le chiese in tono preoccupato: «C'è qualcosa che non va?». «Vedi un po' tu» replicò Cora Martinez entrando nella stanza. «Ho bussato due volte e non mi hai risposto. Ero preoccupata. E lo sono ancora.» «Non hai nulla di cui preoccuparti» le assicurò lui. «Piuttosto, lascia che ti dica che sei uno splendore. L'abito che indossi ti sta benissimo e...» «Non ci provare» lo interruppe bruscamente lei. «Sono veramente in ansia per te. Nell'arco di un anno ti fai vedere solo un paio di volte e, poi, all'improvviso, mi telefoni per chiedermi di essere presentato ai Caversham. E infine scopro che sei riuscito a farti invitare al ballo all'ultimo secondo. Non capisco.» «Lo so» convenne Gabe. Gli occhi turchesi di Cora si assottigliarono. «È tutto quello che hai da dire?» gli domandò. Lui respirò a fondo, poi sfoderò il migliore dei suoi sorrisi e le rispose: «Sono tornato, ed è solo questo che conta». Non poteva certo confidare a Cora il suo segreto. Dirle: Sai, sorellina, nove mesi fa ho scoperto che non posso avere figli. La sua vita era cambiata in modo irrevocabile: il futuro che per anni si era imma6


ginato era finito ancora prima di cominciare. Grazie agli antichi cavilli legali che regolavano la successione alla contea di Fairfax, il titolo che per secoli era passato di padre in figlio ora era sul punto di estinguersi. A meno che non fosse riuscito a trovare un erede maschio che discendesse direttamente per linea paterna da un precedente Duca di Fairfax. Ripiombò nello sconforto, ma fece di tutto per non darlo a vedere. «Terra chiama Gabe...» Cora si portò le mani sui fianchi e tamburellò col piede sul soffice tappeto della stanza. «Io sono ancora preoccupata. Posso anche avere sei anni meno di te e possiamo anche non essere mai stati molto legati, ma tu sei comunque mio fratello.» Sul fatto che non fossero mai stati molto legati aveva ragione. Cora e Kaitlin, la sua sorella gemella, avevano solo due anni quando Gabe era stato spedito in collegio ed era allora che aveva capito quanto poco senso avesse legarsi a qualcuno, visto che questo portava poi inevitabilmente a soffrire per la nostalgia di casa e dei propri cari. Gli affetti rendevano deboli e la debolezza indifesi. «È per papà?» gli chiese Cora corrugando la fronte. «Il suo attacco di cuore è stato più grave di quanto pensassi? O sei giù per via di Isobel? L'amore può essere davvero complicato, ma...» «Basta così» tagliò corto Gabe. Non aveva mai desiderato l'amore, perché lo considerava la forma più estrema e pericolosa di intimità e il modo più immediato per ritrovarsi fragili e indifesi. La relazione con Lady Isobel non era stato altro che un accordo. Gabe sapeva che i suoi obblighi gli imponevano di porre fine alla sua vita da playboy e Lady Isobel sarebbe stata 7


una moglie perfetta. In cambio, avrebbe ottenuto il titolo di Duchessa a cui teneva tanto e sarebbe stata la madre del futuro Duca di Fairfax. Tuttavia, quando Gabe aveva saputo che quasi sicuramente non sarebbe stato in grado di assolvere una parte dei suoi compiti, aveva chiesto a Isobel di posticipare di qualche mese il fidanzamento. Lei, all'oscuro delle ragioni che stavano alla base di questa decisione, aveva acconsentito, per poi però dargli il benservito: era apparsa in numerosi talk show, accusandolo di essere un mascalzone e di averle spezzato il cuore. Comunque, Gabe non aveva intenzione di approfondire l'argomento. «Isobel fa parte del passato, ormai» assicurò a Cora. «Per quanto riguarda papà, ho parlato con i dottori e la sua prognosi è buona. L'infarto è stato grave, ma lo stent dovrebbe prevenire futuri attacchi. La mamma lo ha portato in Francia per la convalescenza e sarò io a prendermi cura della tenuta durante la loro assenza. Va tutto bene, davvero. Non devi preoccuparti.» «Certo, Gabe» convenne Cora con un sospiro, avviandosi verso la porta. Era evidente che non era riuscito a convincerla e attese cinque minuti, prima di raggiungerla nella maestosa hall dell'hotel dei Caversham. Persone vestite splendidamente riempivano la stanza e il mormorio delle voci si mescolava al tintinnare dei calici e al botto dei tappi estratti dalle bottiglie di champagne. All'improvviso Gabe notò che Cora, in piedi accanto a lui, si era illuminata in volto e aveva schiuso le labbra in un sorriso radioso e sospettò che Rafael Martinez si stesse avvicinando. Aveva ragione perché pochi secondi dopo se lo trovò davanti. «Gabriel» lo salutò il marito di Cora, chinando impercettibilmente il capo. 8


«Rafael» replicò lui imitandolo. «Felice di vederti.» Suo cognato sollevò incredulo un sopracciglio e Gabe non poté biasimarlo. Non aveva nulla contro il marito di sua sorella, ma, anche se aveva partecipato al loro matrimonio, non aveva mostrato particolare entusiasmo, preso com'era dalle sue vicende personali. Del resto, Rafael Martinez era perfettamente in grado di pensare a sé e a sua moglie senza l'aiuto di nessuno. Quando la coppia si allontanò, dopo qualche minuto di educata conversazione, Gabe si guardò intorno, osservando la stanza decorata a festa. Ogni dettaglio ricordava l'avvicinarsi del Natale, il termine che si era dato per scoprire se Fairfax avrebbe potuto avere un erede. Stava per cedere di nuovo allo sconforto, quando si accorse dei mormorii e degli sguardi incuriositi che la sua prima apparizione in pubblico dopo quasi un anno stava suscitando e si fece forza. La stampa non doveva scoprire il vero motivo per cui quella sera si trovava lì e il modo migliore per impedirlo era mescolarsi fra gli invitati e parlare con tutti. Perciò si appiccicò un sorriso sulle labbra e si diresse verso il centro della sala. Etta Mason si fermò, nascosta dietro a un'enorme pianta in vaso e, controllando il cellulare per l'ennesima volta, inspirò profondamente. Aveva commesso un errore di proporzioni colossali. Respira, Etta. Sarebbe andato tutto bene. Cathy era al sicuro. Dozzine di immagini della sua bellissima e adorata figlia sedicenne le attraversarono la mente. L'aveva amata e si era presa cura di lei ogni giorno da quando era venuta al mondo. E, anche se non era sempre stato facile, non c'era stato momento in cui si fosse pentita della scelta che aveva fatto quando aveva la stessa età di Cathy. 9


È al sicuro, si ripeté. Cathy è al sicuro. Era a rimasta a dormire dalla sua migliore amica e, cosa più importante di tutte, non c'era possibilità che Tommy riuscisse a trovarla. Etta strinse i pugni: Cathy era riuscita a vivere benissimo senza suo padre fino a quel momento e le cose sarebbero andate avanti così. Etta era determinatissima e aveva la situazione sotto controllo. Ora doveva concentrarsi solo sul lavoro. Aveva promesso a Ruby Caversham che avrebbe fatto un intervento subito prima di cena. Perciò, non era proprio il caso di nascondersi. Con le mani sudate, lisciò la gonna dell'abito rosa confetto che la faceva somigliare a un bastoncino di zucchero caramellato, sbucò da dietro la pianta e... andò a sbattere contro un torace ampio e muscoloso. «Mi perdoni!» esclamò mortificata. «Tutta colpa dei tacchi alti e della mia goffaggine. Per fortuna non l'ho infilzata...». S'interruppe di colpo non appena vide il volto dell'uomo che aveva quasi trafitto con i suoi tacchi a spillo. Aveva i capelli biondo cenere tagliati corti, occhi blu cobalto che la fissavano con sconcertante intensità e una bocca che Etta non si sarebbe mai stancata di guardare, soprattutto quando le labbra si curvarono in un sorriso. Santo cielo! Non si poteva negare che fosse un tipo affascinante. Wow... Quando finalmente il suo cervello ricominciò a funzionare, Etta smise di guardarlo imbambolata e improvvisamente capì chi aveva di fronte. Quell'uomo non era altro che Gabriel Derwent, Conte di Wycliffe, erede del Duca di Fairfax. Fantastico! Non le era mai capitato di essere tanto colpita da un uomo e, ora che era accaduto, era successo con un uomo che disprezzava! Non lo conosceva personal10


mente, d'accordo. Ma era impossibile che una storica inglese non fosse al corrente di vita, morte e miracoli di uno dei principali membri dell'aristocrazia britannica, un uomo i cui antenati avevano giocato un ruolo essenziale nei momenti più avvincenti della storia del paese. A dire il vero, Etta non aveva alcun problema con il passato da playboy di Gabriel Derwent. A farla infuriare era piuttosto il modo in cui si era comportato con Lady Isobel Petersen. All'inizio, sembrava proprio che avesse deciso di cambiare vita: per mesi era uscito solo con lei, l'aveva presentata ai suoi genitori ed era stato persino avvistato in una gioielleria mentre esaminava anelli di fidanzamento e poi... Bum! Quando tutti erano convinti che fosse sul punto di chiederle di sposarlo, Gabriel Derwent aveva piantato senza tanti complimenti Lady Isobel ed era fuggito dal paese. L'ufficio stampa dei Derwent, per quanto efficiente, non aveva potuto evitare che i media parlassero dell'accaduto ed Etta era rimasta molto colpita dal dolore di Lady Isobel. Lei sapeva bene cosa voleva dire essere ingannate, soffrire per colpa di uomo che prima t'illude e poi ti molla. E la causa della sofferenza di Lady Isobel adesso era davanti a lei. «Sono Gabriel Derwent» le disse lui interrompendo bruscamente il filo dei suoi pensieri e porgendole la mano. Era una gran bella mano, pensò Etta. Ampia, forte, dalle dita affusolate... Oh, maledizione! L'ultima cosa al mondo che voleva era che quell'uomo si accorgesse dell'effetto che aveva su di lei. Perciò si appiccicò un sorriso sulle labbra e gli strinse la mano dicendo: «Piacere. Sono Etta Mason». «Etta Mason... La celebre storica.» 11


Le parole suonarono più come un'affermazione che come una domanda e per un momento Etta ebbe l'impressione che fosse stato appostato dietro la pianta ad aspettarla. Il che era assurdo, naturalmente. «In persona» convenne, ripensando a quanto era stato difficile ottenere quel riconoscimento e a quanto era stato faticoso cercare di essere al contempo la migliore delle madri, una studentessa modello e una lavoratrice part time. Per questo non si schermì: era davvero una delle più brave nel suo campo e ne era orgogliosa. Tanto che quando Gabriel le lanciò un'occhiata stupita montò su tutte le furie. Evidentemente, il suo aspetto non coincideva con l'idea che lui si era fatto di una celebre storica. «Mi sembra sorpreso» commentò a denti stretti. Gabriel rimase in silenzio per un momento prima di rispondere, poi alzò le mani in segno di resa e confessò: «Mi riconosco colpevole, Vostro Onore. Ammetto che la mia idea di storica non includeva un abito rosa confetto. Ma la prego di perdonarmi. Non avrei dovuto nutrire simili pregiudizi. Quindi, perché non ricominciamo da capo? Io fingerò di non essere stato quasi infilzato dai suoi tacchi e lei si dimenticherà della mia scarsa elasticità mentale. Affare fatto?». Le parole che Gabriel aveva appena pronunciato sembravano innocenti, ma l'intensità con cui continuava a fissarla mise in allarme Etta. Aveva la netta impressione che stesse cercando di sedurla e non ne capiva il motivo. Di certo, lei non era il suo tipo. Le donne con cui aveva intrecciato delle relazioni erano sempre state bellissime e svampite o aristocratiche come Lady Isobel. Gabriel Derwent con una storica era semplicemente ridicolo! E non una storica qualun12


que, ma una ragazza madre che aveva dato alla luce la sua bambina quando aveva diciassette anni. Certo, questo Gabriel non poteva saperlo, ma Etta era comunque sicura che tra le invitate al ballo ci fossero donne molto più adatte di lei a ricevere le sue attenzioni. Naturalmente, era possibile che la sua fosse un'impressione sbagliata e che cercare di sedurre tutte le donne che incontrava gli venisse naturale, ma l'istinto le diceva di no e voleva andare in fondo alla questione. «Affare fatto» convenne perciò. «Ma non so da dove cominciare.» «Potrebbe raccontarmi qualcosa di lei. Com'è la giornata tipo di una celebre storica, per esempio.» Sembrava sinceramente interessato e lo stupore di Etta aumentò a dismisura. «Be', in realtà parte della ragione per cui amo il mio lavoro è che tutte le mie giornate sono diverse. Di recente, per esempio, ho svolto delle ricerche per l'autore di un romanzo storico. Ricostruisco alberi genealogici, aiuto a organizzare eventi storici. Tengo il blog di una società storica, ho scritto diversi articoli, vengo invitata a svolgere conferenze e lezioni...» S'interruppe scrollando le spalle e lui affermò: «Ruby mi ha detto che lei è uno dei professionisti più appassionati che conosca». «E io penso lo stesso di Ruby. E anche di Ethan. Quello che la loro associazione riesce a fare per i bambini che si propone di aiutare è un esempio per tutti. Vorrei...» Etta si interruppe di nuovo. La sua ammirazione per Ruby ed Ethan Caversham e per il modo con cui cercavano di aiutare giovani in difficoltà derivava direttamente dalla sua esperienza di vita. Quanto avrebbe voluto incontrare persone come i Ca13


versham quando era stata lei ad avere avuto bisogno di aiuto! Ma di questo non aveva nessuna intenzione di parlare a chicchessia. «Che cosa vorrebbe?» Il tono della voce di Gabriel la colse di sorpresa. Pareva quasi che anche lui potesse immedesimarsi con i ragazzi di cui si occupavano i Caversham e per un attimo una sensazione di calore la attraversò. Ridicolo. Da quando era nato, a Gabriel Derwent non era mai mancato nulla, era stato in tutto e per tutto servito e riverito. «Vorrei poter fare del bene come loro» improvvisò. Non era quello che aveva in mente, ma era pur sempre una parte di verità. «Ruby mi ha detto che ha lavorato per lei.» «È vero. Capita che ci siano bambini che vogliono sapere di più sul loro passato, ma che conoscono solo un nome per rintracciare i loro genitori biologici.» «Quindi è una specie di detective.» «Sì. Ed è uno dei motivi perché il mio è un lavoro tanto affascinante.» Peccato solo che nonostante tutte le sue ricerche e tutto il tempo che ci aveva dedicato Etta non fosse riuscita a scoprire un solo indizio circa l'identità dei propri genitori biologici. Un dolore familiare la colpì al petto e strinse i pugni. Basta, doveva accettarlo. Non avrebbe mai saputo né chi erano né perché trentadue anni prima l'avessero abbandonata. Doveva andare avanti. «Che cosa fa se scopre qualcosa che le persone interessate non vorrebbero sapere?» «Gliela riferisco ugualmente. Conoscere la verità è sempre la cosa migliore». Etta ne era assolutamente convinta. I suoi genitori adottivi avevano deciso di tenergliela nascosta, di non dirle nemmeno che era stata 14


adottata, cullandola in un mucchio di illusioni che erano andate in frantumi quando avevano avuto un figlio loro e l'avevano cacciata di casa. Un altro evento della sua vita davvero duro da mandar giù, ma che doveva accettare. «Dopotutto, come diceva Francis Bacon, "sapere è potere"» continuò con una noncuranza che era ben lontana dal provare, turbata dalla piega che aveva preso la loro conversazione. «Già» ammise Gabriel sorridendo. «Una volta ho eseguito delle ricerche per una delle ragazze di Ruby che aspettava un bambino e voleva scoprire la storia clinica dei suoi genitori biologici.» «Una richiesta più che comprensibile.» «Sì» convenne Etta, rammentando quante volte guardando Cathy si era chiesta con ansia se il patrimonio genetico di cui non sapeva nulla potesse avere qualche tara. «Anche se bisogna ammettere che nel passato nessuno sapeva nulla di genetica, e a tutti andava benissimo così. Credo che qualche volta sia necessario fare un salto nel buio.» «E affidarci al nostro destino?». Ecco, ora si erano addentrati in questioni filosofiche. «Qualche volta sì. Non è d'accordo?» «No» le rispose Gabriel con veemenza. «Sono convinto che siamo noi gli artefici del nostro destino, perché siamo liberi e abbiamo il potere di scegliere.» D'accordo, pensò Etta, colpita da quelle parole. Il Conte di Wycliffe forse era meno superficiale di quanto avesse creduto, ma questo non cambiava niente. Rimaneva nel migliore dei casi un playboy e nel peggiore un mascalzone, bravo solo a prendersi gioco delle donne che seduceva. Etta continuava a non capire perché avesse voluto parlare con lei così a lungo, ma or15


mai non le importava più scoprirlo. Perciò... «Manca poco al mio intervento ed è meglio che vada a conoscere gli altri invitati» disse a Gabriel con fermezza. «Se riesco a parlare con un po' di persone adesso, ci sono più possibilità che siano interessate a quello che dirò. Arrivederci.» «Non vedo l'ora di ascoltarla e mi piacerebbe continuare la nostra conversazione più tardi.» «Non posso trattenermi a lungo stasera» replicò lei con un sorrisetto di circostanza. «Perciò, nel caso non dovessimo rivederci, la saluto ora.» «Per ora» la corresse lui, ma a voce così bassa che Etta pensò di avere solo immaginato le sue parole.

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2718 - Traguardo d'amore di R. Winters Dea è un personaggio di spicco nel mondo della moda, Guido Rossano è l'erede di una dinastia di armatori, ma nessuno dei due è felice delle propria vita. Dopo essersi conosciuti ciascuno lascia inaspettatamente il segno nell'altro, e un secondo incontro offre loro una nuova occasione. 2719 - L'erede del conte di N. Milne Gabriel ha bisogno di un erede e assume la storica Etta per scovare nell'albero genealogico della sua famiglia un potenziale successore. Lei accetta con entusiasmo, e anche se non ha mai creduto ai finali da favola, tra le braccia di Gabriel, potrà osare sperare che i loro baci significhino qualcosa di più. 2720 - La moglie segreta di C. McKellen Come una moderna Belle, Emma ha iniziato a fare la cameriera per riscattare i debiti del padre, ma quando a un party esclusivo si trova a servire Jack, Conte di Redminster, il passato riaffiora violentemente. Emma e il conte si sono segretamente sposati... FAVOLE SOTTO IL VISCHIO 2721 - La figlia del milionario di T. Carpenter Jethro Calder è un ricco uomo d'affari dedito solo al lavoro che scopre dopo anni di avere una figlia. Lexi Malone è colei che ha cresciuto la bambina e ora vorrebbe adottarla, ma per farlo ha bisogno del consenso di Jethro. L'uomo prima di acconsentire... d d d


dal 7 novembre 2722 - Un segreto per la principessa di B. Wallace La principessa Arianna di Corinthia è fuggita in incognito a New York per evitare uno scandalo. Spera, lontano dal suo regno, di riuscire a prendere la decisione giusta. Ma un destino beffardo la spinge tra le braccia di Max Brown, bellissimo ristoratore. 2723 - Il Natale del milionario di S. Meier Quando Kristen chiede al milionario Dean di sovvenzionare il suo progetto di aiuti nel Terzo mondo, lui accetta di buon grado, ma vuole una contropartita: lei dovrà accompagnarlo a un esclusivo party di Natale. Dean ha un animo ferito e valide ragioni per detestare quella ricorrenza, ma Kristen spera di... 2724 - Un ballo da favola di K. Shepherd Ashleigh è a Londra da poco, e quando si trova a pulire l'appartamento vuoto del milionario greco Lukas cede alla tentazione di stabilirvisi. Lukas torna all'improvviso, la scopre, ma invece di cacciarla le fa una proposta intrigante e in cambio del suo sì la ospiterà fino a Capodanno. FAVOLE SOTTO IL VISCHIO 2725 - Un regalo per il capo di J. Faye Quanto Holly conosce Finn, il milionario per cui lavora? Non sa del suo progetto a favore dei bambini svantaggiati, o che sia uno dei principali finanziatori del più importante ballo di beneficenza di New York... ma sa che dopo una magica notte insieme è diventato ancora più difficile non desiderarlo.


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