SARAH MACLEAN
L'esplosiva Lady Sesily
Immagine di copertina: Laura Ranftler/Arcangel Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Bombshell Avon Books An Imprint of HarperCollins Publishers © 2021 Sarah Trabucchi Traduzione di Lucia Rebuscini Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con HarperCollins Publishers, LLC, New York, U.S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved. © 2022 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione I Grandi Romanzi Storici Special maggio 2022 Questo volume è stato stampato nell'aprile 2022 da CPI Moravia Books I GRANDI ROMANZI STORICI SPECIAL ISSN 1124 - 5379 Periodico mensile n. 320S dello 05/05/2022 Direttore responsabile: Sabrina Annoni Registrazione Tribunale di Milano n. 368 del 25/06/1994 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distribuzione canale Edicole Italia: m-dis Distribuzione Media S.p.A. Via Carlo Cazzaniga, 19 - 20132 Milano HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano
Dedica
Una settimana prima che finissi di scrivere questo libro, mia figlia di sette anni mi disse che avrei dovuto dedicarlo alle persone che ci hanno aiutato durante la pandemia. So riconoscere una buona idea. A tutti coloro che hanno lavorato in prima linea nella sanità, nella scuola, nell'agricoltura, nella ristorazione, nei trasporti e nelle consegne, e a tutti quelli che continuano a lavorare per difendere la nostra salute. Grazie.
Prologo Sesily Parco dei divertimenti di Vauxhall Ottobre 1836 Quando la persona sui trampoli le si avvicinò, Sesily Talbot capì che qualcuno voleva giocare con lei. Avrebbe dovuto capirlo immediatamente, non appena era scesa dalla barca e aveva attraversato i cancelli del parco dei divertimenti di Vauxhall, quando un individuo travestito da enorme pavone, con la coda di penne colorate aperta a ventaglio, l'aveva trascinata via dal sentiero principale e condotta verso la pista da ballo. «Abbandonate la strada maestra, milady» le aveva sussurrato il maestoso uccello prima di trascinarla in una danza vorticosa e sfrenata. Sesily non era mai stata tipo da rifiutare un ballo e aveva seguito di buon grado il suo nuovo amico piumato. Quando la giga l'aveva lasciata accaldata e senza fiato, nonostante la fredda serata d'ottobre, lei aveva cercato un luogo più tranquillo. Un luogo dove stare sola con i suoi segreti. Si era rifugiata nell'ombra soltanto da pochi minuti quan7
do l'aveva trovata la mangiafuoco, bloccando il sentiero che s'inoltrava tortuoso sotto le corde tese dei funamboli e attirava i visitatori verso le innumerevoli stravaganze dei giardini. Lanterne di carta rossa splendevano tentatrici alle spalle della donna che le aveva sbarrato la strada, il volto dipinto come quello di un pagliaccio, gli occhi azzurri che luccicavano, mentre si avvicinava alla torcia e incendiava la notte blu inchiostro. Sesily conosceva il proprio ruolo e non esitò ad abbandonarsi a ohhh e ahhh di meraviglia, lasciando che la mangiatrice di fuoco la prendesse per mano con un profondo inchino e le sussurrasse: «Abbandonate la strada maestra, milady». E la riportò verso la luce, lontana dalla solitudine che lei aveva cercato. A quel punto, Sesily avrebbe dovuto accorgersi di essere una pedina in quel gioco. No, non una pedina qualsiasi, la regina. Non lo notò. Più tardi si sarebbe stupita della propria ingenuità, rara per i suoi ventotto anni. Rara per chi, come lei, era abituata a quelle serate e conosceva la posta in gioco. Rara per una persona abituata a far girare la ruota e a vincere. Invece, per tutta l'ora seguente, fecero girare lei come una trottola. Fu adescata da una chiromante. Affascinata da una coppia di mimi. Divertita da uno spettacolo sconcio di marionette. E ogni volta che cercava di imboccare una strada diversa, un percorso che s'inoltrava nel parco, lontano dalle esibizioni spettacolari, verso quel genere di intrattenimento che suscitava scandalo e pettegolezzi, qualsiasi cosa distogliesse 8
la sua mente dal vuoto che aveva nel cuore, veniva intercettata e dirottata verso nuove avventure. Avventure più consone alla sua reputazione. Sesily Talbot, scandalo vivente, bellezza esuberante, ereditiera inavvicinabile e regina della sconsideratezza, che gran parte di Londra chiamava Sexily quando pensava che lei non sentisse (come se fosse una cosa negativa). A ventotto anni, Sesily era la secondogenita e l'unica figlia non ancora sposata di Jack Talbot, di umili origini, un minatore che era emerso dalla fuliggine guadagnandosi un titolo nobiliare dal Principe Reggente a una partita di carte. Come se questo non bastasse, il neo Conte di Wight, diventato ricco sfondato, si era messo in testa di creare scompiglio nell'aristocrazia con sua moglie e le sue cinque e pericolose figlie al seguito. Figlie che avevano scandalizzato la buona società fino a quando avevano contratto matrimoni invidiabili: Seraphina, Sesily, Seleste, Seline e Sophie, le Spudorate S, chiamate così a causa dei loro caratteri ribelli. Quattro di loro ora regnavano su Londra, con il titolo di duchessa, marchesa, contessa, e l'ultima come la consorte del più ricco allevatore di cavalli della Gran Bretagna. E infine c'era Sesily, che aveva trascorso un decennio a trasgredire alle tradizioni e alle regole, ed era la più pericolosa tra le sorelle. Perché lei non nutriva alcun interesse per i giochi dell'aristocrazia. Lei non si preoccupava di crearsi delle rivali che l'avrebbero fissata con odio dalla parte opposta di una sala da ballo. Lei non aveva gli stessi obiettivi del resto della società. Sconsiderata Sesily. Lei non si condannava allo zitellaggio né ai margini di Mayfair, dove si rovinavano la vita le ragazze non più in età da marito. 9
Selvaggia Sesily. Lei restava ricca, titolata e felice, con un apparente disinteresse per l'opinione di coloro che la circondavano, rifiutandosi di essere domata da chicchessia. Scandalosa Sesily. La critica non la toccava, né il disprezzo, né la disapprovazione, atteggiamento che non lasciava all'aristocrazia altra scelta che accettarla. Annoiata Sesily. No, non annoiata, non quella sera. Forse la noia l'aveva condotta a Vauxhall, ma non da sola. Era lì con dozzine di amici, tutti decisi a divertirsi, ma non era questo ciò che lei desiderava quella sera, non era questo a tormentarla, a farle desiderare il peggiore dei guai. Frustrata Sesily. Arrabbiata Sesily. Umiliata Sesily. Nel modo peggiore. A causa di un uomo. Un uomo alto, muscoloso e dagli occhi verdi, un uomo irritante in maniche di camicia e panciotto e magari con quello stupido cappello in stile americano che non si addiceva affatto a Mayfair, ma che metteva meravigliosamente in evidenza la sua mascella squadrata. Forse troppo squadrata. Virile all'eccesso. L'unico uomo che lei aveva mai desiderato e non era riuscita ad avere. Troppo per Sesily. Lei rifiutava di mostrare in pubblico la propria delusione. Era il genere di cosa che facevano gli altri, non Sesily. Sesily Talbot si era riscossa dalla commiserazione, si era truccata con cura ed era andata a Vauxhall. Naturalmente, se non fosse stata impegnata a soffrire in privato, si sarebbe accorta di essere osservata, manipolata e distratta prima che la persona sui trampoli sbucasse dal fol10
to degli alberi che costeggiavano il sentiero diretto verso un luogo preciso di Vauxhall. Il Sentiero Oscuro. Da quando Sesily frequentava Vauxhall, l'obiettivo principale era eludere il controllo di genitori, chaperon, sorelle o amiche e avventurarsi per i sentieri bui che conducevano dove lo spettacolo lasciava il posto agli incontri intimi. Lontano dai fuochi d'artificio, dai numeri da circo e dalle mongolfiere, verso qualcosa di trasgressivo. Qualcosa che poteva essere considerato persino sordido. In dieci anni, lei non aveva mai visto alcun artista lungo quel sentiero che s'inoltrava nel buio. Sicuramente non quando stava per scoccare la mezzanotte dell'ultima settimana della Stagione, quando l'ora tarda non induceva le persone a rientrare e gli artisti avrebbero dovuto essere occupati a intrattenere la folla affascinata da quel luogo incantato. E invece c'erano un enorme pavone, una mangiafuoco e ora anche una trampoliera con la sua gigantesca parrucca, il trucco esagerato e un sorriso tentatore, che le sussurrava: «Per di qua, signora». Fu allora che Sesily capì. Si bloccò, sollevando il capo per guardare la persona sui trampoli che incombeva su di lei, vestita con un'enorme e ricca gonna che avrebbe potuto far perdere l'equilibrio anche a una donna con i piedi per terra. «Non un sentiero qualsiasi questa sera, vero?» Una gran risata, resa ancora più fragorosa dall'oscurità, le piovve addosso, trasportata dalla fresca brezza autunnale ed enfatizzata dai fuochi d'artificio esplosi in un'altra zona del parco, che avevano attirato la folla dei visitatori. Sesily non era interessata al cielo. «C'è un sentiero diverso per me questa sera?» 11
La risata si trasformò in un sorriso compiaciuto e la trampoliera le voltò le spalle. Ovviamente, Sesily la seguì, immaginando tutt'a un tratto se stessa come una freccia scoccata da un arco, lontana dal bersaglio che aveva scelto, diretta altrove. Nonostante la rabbia, la frustrazione e quella sensazione che lei non voleva ammettere e che ancora le bruciava nel petto, Sesily non poté fare a meno di sorridere. Non era più annoiata. Non mentre seguiva la gigantessa tra gli alberi, verso una luce tremolante in lontananza, che si faceva sempre più vivida e brillante, fino a quando arrivarono in una radura dove Sesily non era mai stata. Lì, su una piattaforma rialzata, c'era una maga, dotata di notevole talento, considerato il fatto che sfidava i fuochi d'artificio e catturava l'attenzione del pubblico che le si era assiepato intorno, mentre lei faceva levitare un cane davanti ai loro occhi. Lo sguardo della maga notò la gigantessa e cadde istantaneamente su Sesily, senza alcuna sorpresa, mentre portava a termine il suo numero di magia e faceva posare il cane a terra con un movimento lento della mano, ripagandolo con un pezzo di carne secca. Un applauso scrosciante esplose nella radura, mentre lei si chinava in un grato e profondo inchino, rendendo onore alla verità di tutti gli artisti, che non erano nulla senza un pubblico. La folla si disperse, precipitandosi verso un altro spettacolo, mossa dalla consapevolezza che mancavano ancora poche ore prima che il parco chiudesse per la fine della Stagione mondana. Nel giro di pochi minuti, Sesily si ritrovò da sola nella radura insieme alla maga e al suo cane. 12
Anche la trampoliera era svanita nella notte. «Milady» disse la maga, colmando la distanza tra loro con il suo melodioso accento italiano. Sapeva chi era Sesily. La stava aspettando come tutti gli altri. «Benvenuta.» Sesily si avvicinò, consumata dalla curiosità. «Solo ora mi rendo conto che mi avete fatta intrattenere fino a quando avete avuto del tempo per me.» «Fino a quando sono stata in grado di dedicarvi il tempo che meritate, milady.» La maga si chinò, raccogliendo una scatolina dorata da terra e posandola al centro del tavolino che c'era tra loro. Sesily sorrise, guardando il cane ai piedi della maga. «Sono rimasta molto colpita dal vostro numero. Suppongo che non vorrete rivelarmi in cosa consiste la vostra illusione.» Gli occhi verdi della donna brillarono alla luce della lanterna. «Magia.» Era più giovane di quanto Sesily avesse pensato all'inizio, dal momento che un cappuccio nero nascondeva il suo bel viso, il tipo di viso che aveva il potere di far voltare molte teste. Essendo una persona che si vantava di saper fare altrettanto, Sesily non poté che ammirare la rara bellezza di quella donna. Purtroppo, lei non era stata in grado di far voltare l'unica testa che avrebbe voluto. Aveva fallito e ora quella testa si trovava su una nave diretta a Boston. Sesily scacciò quel pensiero. «Li avete ammaliati tutti.» «Il mondo ama lo spettacolo» disse la maga. «Affascinati dallo spettacolo, non riescono a cogliere la verità.» Sesily lo sapeva meglio di chiunque altro. 13
«È questo il trucco» riprese la donna, aprendo la scatola. Portava un anello d'argento a ogni dito. «Posso mostrarvi un altro trucco?» «Certo» rispose Sesily con un ampio sorriso per nascondere l'improvviso batticuore. Poco prima, quel giorno, si era sentita sull'orlo di un precipizio, in uno di quei rari momenti della vita in cui una persona capisce che c'è stato un prima e ci sarà un dopo. Era stata una sensazione che con il tempo si sarebbe affievolita fino al momento in cui sarebbe svanita del tutto e lei avrebbe faticato a rammentare i dettagli. Un'emozione. Ma quello che stava vivendo in quel momento era reale. Non esitò, infilò la mano nella scatola, accarezzando il legno liscio che la rivestiva internamente. «È vuota» disse, togliendo la mano. La donna inarcò scettica le sopracciglia, chiuse la scatola con un movimento brusco e vi passò lentamente sopra una mano prima di aprirla di nuovo. «Ne siete sicura?» Affascinata e incuriosita, Sesily v'infilò ancora la mano e trattenne il respiro mentre ne estraeva un piccolo ovale d'argento. Voltò verso di sé il piccolo portaritratti e lo sollevò alla luce. «Sono io» mormorò sorpresa. La maga chinò il capo. «Quindi ora capirete che è stato fatto tutto per voi.» Era stata appositamente intercettata sul sentiero, trattenuta e poi condotta sin lì. Strinse con forza il piccolo ritratto. Ma perché? Come se avesse udito la sua domanda, la maga passò di nuovo la mano sulla scatola vuota e la avvicinò a Sesily. Lei vi infilò la mano con il cuore in gola e il respiro affrettato. 14
Ecco, ora sarebbe cambiato tutto. Dapprima, pensò che fosse vuota, mentre le sue dita vagavano all'interno, alla ricerca. Infine ne estrasse un biglietto da visita color pergamena. Lo sollevò verso la luce. In un angolo era stampata una campana decorata; nell'angolo opposto, a sinistra, era scritto un indirizzo di Mayfair. Girò il biglietto e vide la grafia marcata e decisa. Abbandona quella strada, Sesily. Scegline una migliore. Vieni da me. Duchessa.
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1 South Audley Street, Mayfair Residenza londinese della Duchessa di Trevescan Due anni dopo «Sembra di assistere a un incidente fra carrozze.» Lady Sesily Talbot era vicino al tavolo del buffet, al ballo d'autunno della Duchessa di Trevescan, e stava osservando la brulicante folla degli aristocratici, commentando felicemente quel che vedeva per la sua amica e ospite. Sesily faticava persino a distogliere lo sguardo dalla moltitudine di abiti da sera, ognuno dei quali unico e terribile a suo modo. Era il 1838, e mentre le signore dell'aristocrazia avevano finalmente avuto il privilegio di poter sfoggiare scollature spudoratamente profonde e corsetti steccati che aderivano al corpo come una seconda pelle – due tra le cose preferite di Sesily – ogni abito da sera era al contempo maledetto da pizzi, fronzoli, fiocchi dai colori vivaci e fiori applicati, tanto da sembrare una torta a più piani. Sesily fece un cenno verso una sfortunata debuttante persa in un mare di mussola color melograno. «Quella poverina sembra vestita con le tende della camera da letto di mia madre. Non si tratta di un solo incidente, questa sala da ballo è piena di incidenti. Sicuramente, la sto16
ria ci giudicherà con severità per la moda di quest'anno.» «È possibile definirla moda?» Alla sua destra, la Duchessa di Trevescan, la padrona di casa più amata di Mayfair – sebbene non un singolo membro dell'aristocrazia l'avrebbe mai ammesso – tolse un filo invisibile dall'attillato corpetto color zaffiro (del tutto privo di fronzoli), atteggiò a broncio le labbra sfacciatamente dipinte e osservò la folla con occhio attento. «L'unica spiegazione plausibile è che la nuova regina odi il suo stesso sesso. Perché mai, altrimenti, avrebbe scelto questa moda? L'obiettivo è chiaramente quello di farci apparire tutte orrende. Guarda quella.» Sesily indicò un copricapo particolarmente sfortunato, un'enorme creazione ovale che circondava il viso di una giovane donna, ricordando le valve di una vongola, completate da strati e strati di piume e pizzo rosa. «Sembra che stia per nascere per la seconda volta.» La duchessa tossì, strozzandosi con lo champagne. «Santo cielo, Sesily!» Sesily si voltò verso di lei, il ritratto dell'innocenza. «Dimostrami che non è così.» Quando la duchessa non fu in grado di farlo, lei aggiunse: «Dirò alla mia modista di mandare a quella poveretta qualcosa che la faccia apparire bella, insieme a un invito a bruciare quell'orribile cappello». Una risatina, seguita da: «Sua madre non ti permetterà mai di avvicinarti a lei». Questo era vero. Sesily non era mai stata apprezzata dalle madri aristocratiche, e non solo perché si rifiutava di seguire la moda del momento. A parte il suo abito di seta color malva, Sesily terrorizzava l'aristocrazia per altre, più inquietanti ragioni. Sì, era la figlia di un minatore divenuto conte, non era 17
raffinata, aveva un carattere difficile, e non si era mai sentita la benvenuta nella società londinese. Ma non si trattava di questo. No, ciò che rendeva Sesily particolarmente temibile era il fatto che aveva trent'anni ed era una donna ricca e ancora nubile. E, cosa peggiore di tutte, non conosceva vergogna. Lei non si nascondeva, non si ritirava in campagna per vivere la propria vita in solitudine. Al contrario, prendeva parte ai balli, con scollature profonde e corpetti attillati che non la facevano assomigliare a un pasticcino e senza i cappellini destinati alle debuttanti o alle zitelle. Tutto ciò faceva di lei la più pericolosa di tutte le Pericolose Figlie del Conte di Wight. Mentre la Regina Vittoria sedeva sul trono a nemmeno mezzo miglio di distanza da Mayfair, l'aristocrazia tremava di paura di fronte alle donne che rifiutavano di ritirarsi a vita privata quando diventavano troppo vecchie per prendere marito, che rifiutavano di sposarsi o che non mostravano alcun interesse per i costumi e le regole del mondo titolato. Sesily, infatti, non nutriva alcun interesse per l'universo prestabilito dell'aristocrazia, non quando esisteva tutto il resto del mondo in cui poter vivere. Forse, anni prima, quando lei e le sue sorelle erano arrivate a Londra con i capelli ancora sporchi di fuliggine e il loro accento del nord, avrebbe potuto provare vergogna. Ma anni di sguardi carichi di disprezzo e commenti taglienti le avevano insegnato che il giudizio della società poteva spegnere la luce delle stelle più luminose o farle brillare ancora di più. E lei aveva fatto la sua scelta. Era quella la ragione per cui la Duchessa di Trevescan l'aveva convocata lì, in South Audley Street, due anni prima, e le aveva offerto qualcosa di più di un abito di seta e di 18
un'acconciatura perfetta. Oh, Sesily di abiti di seta ne possedeva un armadio pieno, ma quando li indossava poteva recarsi negli angoli più bui di Covent Garden così come nelle sale da ballo scintillanti di Mayfair. Dopotutto, era negli angoli bui che lasciava il segno, insieme a una squadra di altre donne che presto erano diventate sue amiche, tenute unite dalla duchessa. Sposata troppo presto a un duca eremita che preferiva l'isolamento della sua tenuta nelle Isole Scilly, la Duchessa di Trevescan si era rifiutata di trascorrere la propria giovinezza isolata dal mondo e aveva scelto di vivere, invece, in città, in una delle case più eccentriche di Londra. In quanto a ciò che vi faceva, quel che il duca non vedeva non poteva ferirlo, soleva dire lei. Quel che il duca non sapeva, ma tutta Londra sì, era che, in quanto a scandali, la donna chiamata semplicemente Duchessa superava tutti quanti. Era la promessa di uno scandalo ad attirare tutta Londra alle feste della duchessa. Adoravano il modo in cui lei ostentava il suo titolo, offrendo una parvenza di decenza, la promessa di pettegolezzi da bisbigliare il mattino seguente e la speranza per coloro che partecipavano di vantarsi di aver assistito a uno scandalo... la moneta più preziosa dell'umanità. Questo però non significava che le madri apprezzassero che le loro figlie si avvicinassero troppo a chi suscitava gli scandali, e così Sesily non avrebbe mai avuto l'opportunità di bruciare i copricapi del battaglione di debuttanti che vorticavano nella sala da ballo risplendente. «Peccato» disse all'amica, «ma non temere, glielo farò avere in forma anonima. Sarò la fata madrina dell'orribile moda del 1838, che le loro madri mi invitino al tè o no.» 19
«Avrai parecchio da fare, sono tutte vestite in modo orrendo.» «In questo caso, è una fortuna che io sia ricca. E nullafacente.» «Non questa sera» fu la replica, e lo sguardo di Sesily percorse istantaneamente la sala, dove una testa bionda si intravedeva in mezzo alle altre. Non portava alcun cappello, ma meritava ugualmente la rovina. «Quanto manca prima che venga consegnato il messaggio?» chiese Sesily. La duchessa sorseggiava lo champagne, evitando deliberatamente il suo sguardo. «Non molto. La mia servitù sa cosa fare. Sii paziente, amica mia.» Sesily annuì, cercando di ignorare il fremito... l'eccitazione. L'avventura. La promessa del successo. L'emozione di fare giustizia. «La pazienza è l'ultima delle mie virtù.» «Davvero? Pensavo che la tua ultima virtù fosse la castità» replicò la duchessa. «Lo confesso, i miei vizi superano le mie virtù.» Sesily le rivolse un sorriso malizioso. «Buonasera, duchessa... Lady Sesily.» Il saluto proveniva dalla vocina a malapena udibile di Miss Adelaide Frampton, una ragazza timida, che ai balli faceva sempre da tappezzeria, attirandosi commenti compassionevoli. Un brutto anatroccolo che non è mai diventato cigno, poveretta. Mentre quei commenti avrebbero potuto ferire chiunque altro, a Adelaide facevano comodo perché le permettevano di aggirarsi inosservata in società. Pochi notavano che i suoi dolci occhi marroni erano sempre attenti dietro le lenti spesse, anche quando lei si confondeva tra la folla. E meno ancora notavano che, pur scomparendo, lei vedeva tutto. 20
«Miss Frampton» disse la duchessa, «presumo che vada tutto bene.» «Sì, bene.» La sua vocina quasi si perse nella brezza che soffiava dalle ampie portefinestre alle loro spalle. «Fa terribilmente caldo qui dentro, non credete?» Sesily impugnò il mestolo affondato nell'enorme coppa di cristallo del punch e iniziò a ruotarlo nel liquido prima di trovare il coraggio di riempire un bicchiere di tiepido punch all'arancia. «Ha un aspetto ben poco invitante.» «Il ratafià è d'obbligo quando sono invitate delle giovani donne» replicò la duchessa. «Uhm... io non ho mai bevuto il ratafià in...» Sesily s'interruppe. «Sei nata già in grado di tollerare l'alcol?» Sesily sorrise all'amica. «Chi si somiglia si piglia, si potrebbe dire.» La duchessa sospirò annoiata. «Da qualche parte ci deve essere un valletto con lo champagne.» Certo che c'era. Lo champagne scorreva a fiumi in casa della Duchessa di Trevescan. «Devo dire, Lady Sesily, che fa davvero molto caldo» ribadì Adelaide. «Capisco» mormorò lei, scrutando tra la folla e notando che la testa bionda che aveva visto prima ora si era avvicinata alle portefinestre che conducevano in giardino. Non c'era tempo per lo champagne. Il Conte di Totting aveva ricevuto il messaggio. Sesily riempì il bicchiere con il punch dall'aspetto poco invitante. Prima che rimettesse il mestolo nella coppa, qualcuno le urtò il braccio, facendo traboccare il suo bicchiere sulla tovaglia immacolata. «Oh, no, lasciate che vi aiuti, Lady Sesily.» 21
Lady Imogen Loveless prese un fazzoletto dalla sua retina, o almeno tentò di farlo. Dovette affondarvi la mano e iniziare a rovistare. Prima posò una matita e un foglio di carta sul tavolo, facendo cadere sul tappeto una piccola scatola a forma di conchiglia. «Sono i sali» si affrettò a spiegare, «non preoccupatevi...» Inarcando le sopracciglia, Sesily si voltò verso la duchessa, la quale osservava i gesti concitati di Imogen con un misto di divertimento e di stupore, che prevalse quando Imogen tolse dalla borsetta tre forcine. Sembrava sapere che non avrebbe dovuto posarle sul tavolo e quindi se le infilò direttamente nell'acconciatura già precaria. Infine, tolse il fazzoletto, brandendolo con aria trionfante. Era spiegazzato e ricamato con punti maldestri che disegnavano vagamente una campana. Sesily non aveva mai visto nulla di più adatto alla persona che lo possedeva. Posò il bicchiere di punch sul tavolo e accettò il fazzoletto con un sorriso. «Grazie, Imogen.» «Non fissatele» sibilò una donna anziana dall'altra parte del tavolo, affiancata da due giovani pallide e infiocchettate che, evidentemente, non avevano mai assistito a una tale scena. «Oh, santo cielo» mormorò Imogen, guardando costernata una delle ragazze. «Quel cappellino è davvero...» Distolse lo sguardo e aggiunse: «Meraviglioso». Adelaide abbozzò un sorrisetto divertito e Sesily finse interesse nel bicchiere. «Mi piace soprattutto...» Imogen cercò il termine adatto, gesticolando con la mano. «... la decorazione.» La nonna della ragazza sbuffò. «Lady Beaufetheringstone» disse la duchessa, avvicinandosi alla coppa del punch. «Posso servire voi e le vostre...» 22
«Nipoti» abbaiò la donna. «Mi fareste un grande favore, duchessa, così poi potremo togliere il disturbo.» Abbassò la voce e in tono ancora udibile, disse alle ragazze: «Ovviamente, voglio evitare che vi mescoliate con certa gente». Sesily si trattenne dal farle notare che quelle povere ragazze, tanto pallide, avrebbero avuto bisogno di un po' di belletto. Invece, si pulì la mano appiccicaticcia e fissò direttamente l'anziana signora fino a quando il trio si allontanò in gran fretta, senza dubbio per andare a spettegolare sulla donna maldestra che si trovava al tavolo del buffet. «Cerca di non provocare guai» le disse la duchessa sottovoce. «Non lo faccio mai» replicò candidamente Sesily. «Stavo solo pensando di debuttare come fata madrina con quelle due. Le inviterò per un tè.» La duchessa inarcò un sopracciglio. «Tu non bevi tè.» Sesily sorrise. «Quando avrò concluso la mia opera, non lo berranno più nemmeno loro.» «Sesily Talbot, fa' attenzione, altrimenti si penserà che è vero quel che si dice su di te.» Naturalmente, era già tutto vero. O almeno, la maggior parte, i pettegolezzi migliori che, purtroppo, erano considerate le cose peggiori da buona parte della società. Adelaide guardò sul pavimento tra loro, dove Imogen era accucciata. «Perché Imogen è sotto il tavolo?» La duchessa sospirò alla sala gremita di invitati. «Possiamo darle torto, vista la compagnia?» Sesily represse una risatina. «Ci sono novità, Adelaide?» volle sapere. «Oh, sì» rispose la giovane. «La vostra sala da toletta è la più accogliente di tutta Londra, Vostra Grazia, stimola molto la conversazione.» 23
«Ah, sì?» chiese la duchessa, come se stessero parlando del tempo. «Sembra che il Visconte Coleford sia qui con la sua nuova moglie.» Non era facile distinguere il disprezzo nella voce di Adelaide, ma per le sue tre amiche era assolutamente evidente. Sesily rivolse un'occhiata sorpresa alla loro ospite. «È vero?» Coleford era un essere velenoso, un uomo prepotente, pronto a prendersela con chiunque si avvicinasse a lui, sempre che fosse più debole. Aveva appena sposato la sua terza moglie, di quarant'anni più giovane di lui, dopo i misteriosi trapassi delle due viscontesse precedenti, la prima deceduta dopo la morte dell'unico figlio ed erede del visconte, la seconda inspiegabilmente dopo due anni di matrimonio. Come a molti dei suoi pari, al vecchio visconte era stato concesso di approfittare del suo potere da troppo tempo. Era quella la ragione per cui il suo nome si trovava, come quello di molti suoi pari, sulla loro lista. Ma non quella sera. «Il nemico è vicino» bisbigliò la duchessa, rivolgendo un ampio sorriso verso una coppia che ballava: l'editore di uno dei più popolari giornali di Londra e la sua bella moglie, che Sesily sapeva frequentare con regolarità la sala da gioco più esclusiva della città. Un invito intelligente alla rappresentazione che stava per iniziare. «Sembra anche che il Conte di Totting questa sera sia l'accompagnatore di Matilda Fenwick.» Adelaide si spinse indietro gli occhiali sul naso e scosse la testa, facendo ondeggiare i boccoli rossi. «Si dice che presto diventerà contessa.» Tilly Fenwick, figlia maggiore di un mercante molto ric24
co alla caccia di un titolo nobiliare, destinata a restare sposata per la vita a un uomo ubriaco di potere, che rovinava le donne per divertimento. Era quello il motivo per cui la futura contessa si era rivolta a loro. Sesily fece vagare lo sguardo sulla sala da ballo, individuando facilmente le spalle ampie che aveva tenuto d'occhio per tutta la sera. Dall'altra parte del salone, il Conte di Totting, uno degli uomini più belli di tutta Londra – nonché uno dei peggiori della città – si muoveva con aggraziata lentezza verso le portefinestre aperte. Dal giardino entrò una ventata, portando con sé il freddo gelido di novembre. «Il caldo è insopportabile qui dentro» disse Adelaide. Sesily rabbrividì, incontrando lo sguardo eloquente dell'amica. «Lo stavo giusto notando, si soffoca.» Totting si avvicinò ancora di più all'uscita. Imogen si alzò da sotto il tavolo con il portapillole. «L'ho trovato!» «Splendida notizia» disse Sesily, rimettendole in mano il fazzoletto. «Grazie.» Imogen ripose il fazzoletto nella retina e iniziò a raccogliere i vari oggetti sparsi sul tavolo. Se qualcuno l'avesse osservata, non avrebbe notato nulla di strano, se non quello che ci si aspettava solitamente da lei. Sicuramente non avrebbe visto la pillola che lei lasciò cadere nel bicchiere di ratafià. Né avrebbe considerato sospetto il fatto che Sesily gettasse uno sguardo al foglio che la sua amica aveva posato sul tavolo. Sette minuti, poi altri dieci. Sesily inarcò le sopracciglia. «Tutto qui?» 25
Il tempo non era molto. Imogen sbatté le palpebre. «Conosci Margaret Cavendish? La scrittrice?» «Cosa?» La sua amica sorrise. «Il contratto. Molto bello. Farò di te una meteora del tempo, scrive. Così poetico...» Imogen non avrebbe riconosciuto la poesia nemmeno se Byron in persona l'avesse rapita nel cuore della notte. Sesily raddrizzò le spalle irritata. «Innanzitutto, non credo che Margaret Cavendish si riferisse alla reale velocità ma, cosa più importante, io dovrei...» S'interruppe, abbassando la voce affinché non la udisse nessuno. «In diciassette minuti?» «Te l'ho già detto, Sesily» ribadì Imogen. «Se qualcuno può farlo, quella persona sei tu. Io credo in te.» Tutto in diciassette minuti. «Be', nessuno ha mai detto che io non sia veloce.» Le rispose un trio di risatine. «Una meteora del tempo, hai detto?» «A essere sincera» le disse Imogen, raccogliendo carta e matita, «non ho letto molto altro di quel libro. Dopo dieci minuti di lettura, sono caduta stecchita in un sonno profondo.» «Oh, ma è terribile!» esclamò Adelaide. L'ultima cosa di cui avevano bisogno era un cadavere in giardino. Ma esisteva una cosa ancora peggiore della morte, per quel che riguardava Sesily, almeno. «Imogen, sei in grado di ricordare qualcosa di ciò che hai letto prima di addormentarti?» «Nemmeno una parola!» proclamò Imogen con orgoglio. «Non è meraviglioso?» Sesily, Adelaide e la duchessa si scambiarono un'occhia26
ta. Sesily aveva diciassette minuti di tempo, ma lei era l'unica che ne avrebbe serbato il ricordo. Eccellente! Era incredibile che Imogen venisse considerata una causa persa da tutta la società. Quando si trattava delle donne, raramente la società era in grado di riconoscere la verità. Sesily guardò verso la portafinestra. Le ampie spalle erano scomparse. «Non sopporto più questo caldo.» Come d'accordo, Adelaide si appoggiò al bordo del tavolo del buffet, si aggrappò a un lembo della tovaglia e cadde a terra, suscitando un grido di sorpresa da parte di Imogen, un: «Oh, mia cara Miss Frampton», da parte della duchessa e l'attenzione di tutta la sala. Come previsto. Be', di quasi tutta la sala.
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Dal 13 luglio