La bussola del cuore

Page 1



Sarah Ferguson, Duchessa di York con

Marguerite Kaye

La bussola del cuore


Immagine di copertina: Ildiko Neer/Trevillion Images Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Her Heart for a Compass William Morrow An Imprint of HarperCollinsPublisher © 2021 Sarah Ferguson, Duchess of York Traduzione di Graziella Reggio Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con William Morrow An Imprint of HarperCollinsPublisher. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved. © 2021 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione I Grandi Romanzi Storici Special novembre 2021 Questo volume è stato stampato nell'ottobre 2021 da CPI Moravia Books I GRANDI ROMANZI STORICI SPECIAL ISSN 1124 - 5379 Periodico mensile n. 314S del 13/11/2021 Direttore responsabile: Sabrina Annoni Registrazione Tribunale di Milano n. 368 del 25/06/1994 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distribuzione canale Edicole Italia: m-dis Distribuzione Media S.p.A. Via Carlo Cazzaniga, 19 - 20132 Milano HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano


Dedica

Questo libro è dedicato alle mie belle ragazze, che dimostrano la forza e il coraggio di Lady Margaret. Come lei, hanno sempre seguito il cuore e vivono la vita a modo loro. Il libro è per voi, Beatrice ed Eugenie, con tutto il mio amore.


1 Montagu House, Londra, mercoledì 19 luglio 1865 «Ah, eccovi! Tra non molto scoccherà la mezzanotte, mia cara.» Lord Rufus Ponsonby, Conte di Killin, era giudicato dai più un uomo assai decoroso. La figura alta e piuttosto snella era sempre abbigliata in maniera impeccabile. Il profilo aquilino era altezzoso al punto giusto, come si confaceva a un conte del regno. Ogni suo aspetto era austero, contenuto e calcolato. Senza volerlo, Lady Margaret Montagu Douglas Scott arretrò di un passo nel vederlo incombere su di lei. «Ne sono ben consapevole.» Come al solito, lui parve non accorgersi della sua reazione irritata. «Perché vi nascondete nell'ombra? Forse vi sentite insicura riguardo a come vi presentate» proseguì, rispondendo alla propria domanda. «Consentitemi di rassicurarvi. Il vostro abito non è troppo semplice né troppo elaborato per l'occasione. Sua Grazia, vostra madre, ha ottimi gusti.» Mentre esaminava l'uomo che la madre aveva contribuito a scegliere come suo futuro sposo, Margaret non era molto d'accordo. «In realtà ne avrei preferito uno turchese.» «Tutte le giovani signore alla loro prima Stagione indossano il bianco.» «Guardatemi» insistette lei, esasperata in modo indicibile 7


perché Killin non la osservava mai, non davvero. «Non vi pare che somigli a un fantasma, proprio alla mia festa di fidanzamento? Sembro un autentico spettro al banchetto.» «Sta emergendo il vostro eccesso di fantasia, temo.» «Quest'abito ha tante balze e gale che mi sento avvolta nei tendaggi.» Il conte, concentrato sul proprio orologio d'oro, non colse nel tono di Margaret la nota d'isteria repressa. Confrontò l'ora con quella indicata dal grande pendolo del salone da ballo, si accigliò, controllò ancora, regolò il proprio in maniera infinitesimale e, dopo un'ultima verifica, lo richiuse con uno scatto e lo rimise nel taschino del panciotto. «Ci conviene raggiungere i vostri genitori per l'annuncio» affermò. «Senza dubbio sono in apprensione.» Il suo piccolo tic vocale, a metà tra un colpo di tosse e uno sbuffo, quasi fosse stato sul punto di schiarirsi la gola e avesse cambiato idea, le faceva arricciare le dita dei piedi. Nessun altro sembrava notarlo, eppure, ogniqualvolta il conte apriva la bocca per parlare, lei doveva farsi forza. «A mio parere, se qualcuno dev'essere in ansia» azzardò Margaret, sorridendo a denti stretti, «sono proprio io. In fondo la mia esistenza sta per cambiare per sempre.» Killin ricambiò il sorriso con uno sforzo evidente e senza coinvolgere gli occhi. «Siamo sul punto d'iniziare una nuova vita insieme, Lady Margaret. Per quanto mi riguarda, non vedo l'ora d'abbracciarla.» La semplice idea di venire abbracciata da lui era ripugnante. Per fortuna nel mese trascorso da quando era stata combinata la loro unione, il conte non ci aveva mai provato, il che le aveva permesso d'ignorare la repulsione fisica e convincersi che si sarebbe rassegnata a sposarlo. Non aveva neanche mai tentato di baciarla. Se la toccava, era solo per guidarla in una direzione o nell'altra, senza soffermare la mano più del necessario. Tutto ciò sarebbe cambiato? Un fremito segreto la percorse. Era soltanto il comportamento 8


esemplare di un gentiluomo in paziente attesa che i diritti matrimoniali venissero ratificati in via ufficiale? Santo cielo, anche solo immaginarsi le sue labbra sulle proprie le faceva venire voglia di sfregarsi la bocca con il fazzoletto. Dopo l'annuncio pubblico non sarebbe stato più possibile tornare indietro. Margaret si sarebbe impegnata a celebrare le nozze con un uomo che detestava e che, ne era persuasa, se ne infischiava di lei. No, peggio ancora. Più tempo passava in compagnia di Killin, più era sicura di riuscirgli sgradita. Aveva tentato di credere altrimenti, tuttavia era sempre più consapevole che, senza darlo a vedere, il futuro marito disapprovava ogni suo aspetto, dal modo di fare al peso. La sua notevole capacità di nascondere agli altri i suoi veri sentimenti era per lei un'ulteriore fonte d'irritazione. Anche se i sentimenti, rammentò a se stessa, erano irrilevanti quando si trattava di combinare matrimoni. Killin era determinato a prenderla in moglie per fini personali, e i genitori di Margaret erano ancora più convinti di volergliela dare in sposa. Lei aveva deciso di renderli tutti felici svolgendo il proprio dovere, senza dubbio il comportamento corretto, ma allora perché il suo dannato istinto sceglieva un momento così inopportuno per ribellarsi? Avrebbe davvero sposato quell'uomo? Di colpo le pareva terrificante, impossibile. «Lady Margaret! Dobbiamo raggiungere il duca e la duchessa. La loro pazienza, così come la mia, dev'essere agli sgoccioli.» Esprimersi allora, dopo aver tenuto a freno la lingua per settimane, era impensabile, nonché inutile. Sconfitta e abbattuta, poteva soltanto prepararsi all'inevitabile. «Mi occorre qualche momento da sola per radunare le idee. Per favore, vi supplico» aggiunse, notando il crescente nervosismo del conte. «Mi devo ricomporre, milord. Tutti gli occhi saranno puntati su di noi e non intendo farvi sfigurare.» Ancora più importante, non voleva deludere la madre. E nemmeno il padre. Non desiderava deludere nessuno. Non 9


era mai stato nei suoi piani, comunque aveva un bisogno disperato di qualche minuto di solitudine. Per l'intera serata era stata assediata dai tanti che si felicitavano con lei. Con suo immenso sollievo, Killin le concesse: «D'accordo, allora, se è necessario. Però non tardate troppo». Senza accordargli il tempo di cambiare idea, Margaret si allontanò. L'atmosfera nel salone affollato era soffocante. Lei era così nervosa e accaldata da non riuscire a ragionare. La mescolanza di profumi costosi, pomate per capelli e sudore le solleticava il naso. Aveva voglia di starnutire. Quanto bramava una boccata d'aria pura e fresca, oppure, meglio ancora, gli odori confortanti e familiari delle scuderie di casa, a Dalkeith! Spider, il suo adorato pony, obbediva senza esitare a ogni suo comando. Se solo lei fosse stata altrettanto disciplinata... Se, come la madre notava fin troppo spesso, fosse stata più simile a Victoria... Con ogni probabilità, anche il conte avrebbe preferito la sua perfetta sorella maggiore, ma questa era stata destinata sin dalla culla a sposare Lord Schomberg Kerr, figlio della migliore amica della mamma. Victoria, il modello ideale impossibile da emulare, aveva celebrato le nozze in febbraio, obbligando Killin ad accontentarsi della seconda figlia, di seconda scelta, del Duca e della Duchessa di Buccleuch. La docile Victoria era sembrata felice di accettare il proprio destino. Margaret aveva sempre tentato di credere alla mamma quando la definiva saggia e di convincere se stessa che la sua antipatia viscerale per l'uomo a lei assegnato si sarebbe attenuata dopo averlo conosciuto meglio. La familiarità l'avrebbe reso più accettabile? Al presente non riusciva a crederlo. Perché era incapace di vedere Killin con gli occhi degli altri? Ci aveva provato; nessuno poteva rimproverarla di non essersi sforzata. Tuttavia aveva fallito miseramente. Se solo non fosse stata così sicura che i sentimenti del conte riflettessero i suoi... Era chiaro che non provava il benché minimo interesse per lei, ma gli importava solamente del 10


prestigio della sua famiglia. Dietro la facciata cortese e affabile, da vero gentiluomo, presentata al mondo, si nascondeva un animo gelido. Eppure nessun altro pareva rendersene conto. Forse lei si sbagliava? In cuor suo sapeva di no, ma ormai era troppo tardi per fare alcunché. Quando uscì in silenzio dalla grande portafinestra, venne assalita dal puzzo intenso del Tamigi, poiché i giardini di Montagu House erano affacciati direttamente sul fiume. Si portò una mano sul naso e si ritirò, camminando all'indietro, verso i recessi più oscuri della terrazza. Non intendeva soffermarsi a lungo. Presto avrebbe affrontato il proprio destino. Scoprì il naso e tentò d'inspirare dalla bocca, soffiando via a ogni espirazione il cattivo sentore del Tamigi, come un fumatore di pipa quando usava tabacco scadente, ma il tanfo restava nel retro della sua gola. La pelle le prudeva sotto la spolverata di cipria alle perle, utilizzata per mascherare le lentiggini. Gli occhi le bruciavano a causa della disgustosa mistura prescritta dalla madre per tingere di nero, come imponeva la moda, le ciglia e le sopracciglia ramate. Benché Molly, la sua cameriera personale, giurasse il contrario, lei era convinta che fosse composta quasi per intero di polvere di carbone. Per quanto tempo ancora si sarebbe azzardata a procrastinare? Cinque minuti non bastavano nemmeno alla lontana. Le occorrevano cinque ore. Cinque settimane. Anzi, meglio ancora, cinque anni. Ma anche in questo caso? Il suo cuore batteva all'impazzata. La gabbia dell'enorme crinolina da sera sembrava avere una vita propria, malgrado le cinghie intese a controllarla. Da qualche settimana Margaret aveva poco appetito e, come attestava il metro a nastro sfoderato in continuazione dalla madre, il suo girovita si era 11


ridotto ad appena diciannove pollici, eppure le mancava il fiato, come se Molly avesse stretto troppo i lacci del corsetto. Allontanandosi ancora dal chiasso del salone da ballo, andò a sbattere contro la balaustra e vi si aggrappò appena in tempo per evitare di ruzzolare giù dagli scalini e piombare nel giardino buio. Il lezzo del fiume era insopportabile, tuttavia, come al solito, lei aveva smarrito il ventaglio che avrebbe dovuto tenere appeso al polso. Senza dubbio l'aria umida le avrebbe increspato i capelli, rovinando il duro lavoro della povera Molly. Cosa non avrebbe dato per levare ogni fermaglio dalla massa rossa ribelle e lasciarla ricadere sul dorso, sciolta e selvaggia! Così almeno una parte di lei sarebbe stata libera. L'idea le strappò una risata un po' folle. I suoi piedi mossero un altro cauto passo all'indietro, giù dal primo gradino della breve rampa che scendeva nel giardino. Non stava scappando. Non sarebbe mai potuta fuggire. Doveva davvero rientrare nella sala e concludere la faccenda. Eppure, chissà come, si ritrovò in fondo alla scala. All'interno l'orchestra suonò gli ultimi accordi del valzer. Le rimanevano al massimo tre o quattro minuti, poi le coppie danzanti si sarebbero scambiate composti inchini e riverenze. Lei era in grado di figurarsi la scena con spaventosa chiarezza. Il salone che risplendeva di luce, riflessa dagli specchi, poiché le candele dei tre enormi lampadari di cristallo erano tutte accese, così come le lampade a muro, che funzionavano a gas. La folla d'invitati, le donne in sfarzosi abiti variopinti e gli uomini in eleganti completi neri, si sarebbe voltata verso il palco. Le signore avrebbero agitato il ventaglio, mentre i gentiluomini si sarebbero con discrezione tamponati il volto con il fazzoletto. L'enorme profusione di rose avrebbe iniziato ad appassire. E la capigliatura di Margaret non sarebbe stata l'unica a incresparsi. 12


Muovendosi per conto proprio, i suoi piedi ripresero ad arretrare con lentezza, lungo il vialetto che s'inoltrava serpeggiando nel giardino, fino al muro sulla sponda del Tamigi. Dentro il salone un'armata di lacchè in livrea da cerimonia, con i capelli acconciati come parrucche e fissati con un impasto d'acqua e farina, era senza dubbio schierata sotto l'occhio vigile del maggiordomo, con tutti pronti a distribuire coppe di champagne ghiacciato in previsione del brindisi. Da settimane la stampa si dilungava in ipotesi riguardo all'annuncio. Erano presenti, come testimoni, i membri più nobili, illustri e influenti dell'alta società. Chiunque contasse era venuto a Montagu House, poiché un invito da parte del Duca di Buccleuch era secondo soltanto a una convocazione reale. Tuttavia mancava la Principessa Louise. L'amica più cara di Margaret, che le aveva consigliato di accettare con garbo il proprio destino, era bloccata al fianco della regina a Osborne House, sull'Isola di Wight, e non avrebbe assistito alla sua resa. E arrendersi era necessario! Margaret s'impose d'invertire direzione, di tornare nella sala da ballo e unirsi a quella che equivaleva a una parata della vittoria, con lei come trofeo da esibire. Tuttavia non ci riuscì. Non ancora. Né mai. La verità la fermò sui suoi passi. Sin da quando aveva permesso alla mamma di convincerla ad accettare la proposta di Killin, aveva ingannato se stessa. Non contava quanto i genitori lo desiderassero, non poteva sacrificarsi sull'altare del dovere sposando un uomo che, come sapeva in cuor suo, l'avrebbe resa infelice. Non se la sentiva. Nemmeno a costo di commettere una sorta di suicidio sociale, pressoché inevitabile. Nel salone, la mamma era di sicuro in piedi sul palco, bella e profumata come sempre. Accanto a lei c'era papà, alto e dritto come un fuso, con il completo da sera nero, in netto 13


contrasto con la chioma color fiamma, di un rosso acceso quasi quanto quello della stessa Margaret. Senza dubbio era accigliato e, con ogni probabilità, consultava con impazienza l'orologio da taschino. Victoria doveva essere dietro la madre, affiancata da Kerr. E Killin era probabilmente davanti al gruppo di famiglia, ansioso di confermare il proprio posto nel prestigioso firmamento della dinastia Buccleuch. Mentre la sua mente vorticava, sforzandosi di ricondurre alla ragione gli istinti ribelli, i piedi di Margaret continuavano il loro percorso all'indietro. Torna dentro, ordinò a se stessa. Più o meno per la prima volta nei suoi quasi diciannove anni su questa terra, stava per rendere felici e fieri i genitori. Ma a quale prezzo? Agli occhi della società e della legge, sarebbe diventata proprietà di Killin. Margaret indietreggiò ancora di qualche passo. Finché non avesse perso di vista il salone, sarebbe potuta tornarci in qualunque momento. Li avrebbe soltanto fatti aspettare un po'. Del resto non era una prerogativa della sposa? Anche se forse era già passata la mezzanotte. Di lì a poco la mamma avrebbe incaricato Victoria di andarla a cercare per ricondurla in casa, al pari di un cane da pastore che recuperava una pecorella smarrita. L'idea la indusse ad arretrare ancora di più nell'oscurità. Con coraggio, tentò un'ultima volta di persuadersi ad agire come dovuto. S'immaginò sul palco mentre, con un gesto remissivo, poneva la mano in quella di Killin. Lui si sarebbe schiarito la gola prima di rimproverarla per il ritardo. Fu proprio questo, il pensiero di quel piccolo vezzo fastidioso da morire, senza dubbio il motivo più insensato della storia per annullare un fidanzamento, a determinare la sua decisione. Se fosse tornata nel salone, sarebbe stata perduta, lo sapeva. Il coraggio l'avrebbe abbandonata e, senza che lei avesse avuto il tempo di rendersene conto, sarebbe stato dato l'annuncio. Se invece fosse rimasta nascosta abbastanza a 14


lungo nel giardino, non avrebbe lasciato altra scelta ai genitori che porre fine alle sue pene. Non l'avrebbero mai perdonata; però, volendo vedere l'aspetto positivo, nemmeno Killin. Ancora più importante, lei non avrebbe mai perdonato se stessa se avesse accettato il vincolo. Mi spiace, me ne rammarico tanto. Ripetendosi più volte quella frase accorata, sollevò la crinolina, volse le spalle al salone da ballo e si diresse in fretta verso i cespugli, al limitare estremo della proprietà del padre. Le lacrime le inondarono le gote e, mescolate alla miscela fuligginosa che le anneriva le ciglia, l'accecarono. Un aroma di tabacco pregiato le giunse alle narici, appena prima che lei si scontrasse in pieno con un uomo intento a tirare pigre boccate da un sigaro. Sarebbe caduta, sbilanciata dall'impatto con la sua solida mole, se lui non l'avesse presa tra le braccia per trattenerla. L'urto le fece saltare i nervi già scossi. Margaret strillò, agitandosi come una furia e tentando di sferrargli calci negli stinchi, a rischio di lesionarsi le dita dei piedi, avvolte dalle leggere scarpette da ballo. L'uomo la liberò all'istante. «Lady Margaret?» Lei riconobbe la cadenza delle Highlands, in versione colta, come appartenente a Donald Cameron di Lochiel, un conoscente di suo padre e un diplomatico di qualche tipo. «Lasciatemi stare. Vi prego, scordatevi di avermi vista.» Inutile dirlo, lui ignorò la richiesta. «Nel nome di Dio, cosa fate qui da sola al buio? Il vostro fidanzamento sta per essere annunciato.» «Volevo soltanto uscire un momento a fumare» replicò gelida, senza nemmeno tentare di mostrarsi cortese. Sorpreso, Lochiel lanciò un'occhiata al sigaro che aveva in mano, prima di gettarlo a terra e calpestarlo. «Siete nervosa e non è strano. Dev'essere una prospettiva sconfortante, soprattutto di fronte ai grandi e ai potenti. Consentitemi di offrirvi il braccio.» 15


Si rivolgeva a lei come a una bambina. Era molto alto e abbigliato con sobrietà, il tipo di gentiluomo in genere definito avvenente e distinto. Tuttavia, come la maggior parte degli uomini, che fossero o meno avvenenti e distinti, aveva la barba, per giunta del tipo più disdicevole, noto come collare di Newgate, che incorniciava il volto come una gorgiera ispida. «Non ho bisogno del vostro sostegno» rispose secca. «Per l'amor del cielo, lasciatemi in pace.» Per un glorioso istante, Margaret s'illuse che intendesse assecondarla. «Vi occorre qualche minuto per tranquillizzarvi, tutto qui. Lo comprendo. Però sul serio, Lady Margaret, non è il caso di lasciare tutti quanti in attesa per un tempo indefinito.» Lochiel fece per prenderle il braccio, nel tentativo di ricondurla nel salone da ballo. «Venite con me. I vostri genitori e Killin saranno...» «No!» Margaret lo respinse con violenza. Poi raccolse le pieghe della gonna e corse per le ultime iarde verso il cancello del giardino. Lo spinse con forza, l'oltrepassò, lo richiuse alle sue spalle e fuggì nella notte.

16


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.