La caduta del duca di Sophie Jordan

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SOPHIE JORDAN

La caduta del duca


Immagine di copertina: Lee Avison/Trevillion Images Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: The Duke Goes Down Avon Books An Imprint of HarperCollins Publishers © 2021 Sharie Kohler Traduzione di Elena Vezzalini Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con HarperCollins Publishers, LLC, New York, U.S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved. © 2022 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione I Grandi Romanzi Storici Special maggio 2022 Questo volume è stato stampato nell'aprile 2022 da CPI Moravia Books I GRANDI ROMANZI STORICI SPECIAL ISSN 1124 - 5379 Periodico mensile n. 322S del 19/05/2022 Direttore responsabile: Sabrina Annoni Registrazione Tribunale di Milano n. 368 del 25/06/1994 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distribuzione canale Edicole Italia: m-dis Distribuzione Media S.p.A. Via Carlo Cazzaniga, 19 - 20132 Milano HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano


Dedica

Sei sopravvissuto al 2020 e sei ancora in piedi. Questo libro è dedicato a te.


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Una festa in giardino, 1838 Era una bella giornata di sole. Perfetta per una festa. Come gli invitati, che indossavano abiti di colori vivaci adeguati all'occasione, anche il cielo sembrava voler festeggiare il compleanno del privilegiato e incensato erede del Duca di Penning. Per Imogen Bates, tuttavia, avrebbe potuto essere un funerale. Non si divertiva per niente. Accarezzò con mano tremante le gale della gonna. Era un abito nuovo. Una follia. Sua madre aveva insistito perché si trattava di un'occasione veramente speciale. Aveva detto proprio così: Un'occasione veramente speciale. Suo padre l'aveva addirittura definito un onore. Altre parole assai più adatte si affacciarono alla mente di Imogen. Nessuna di esse era lusinghiera. Lei avrebbe preferito restare a casa con i suoi libri o andare a trovare una delle amiche, che non venivano mai invitate alla splendida dimora sulla collina. Beate loro! Oh, perché non sono una di loro, invece di essere costretta a restare qui? Sui capelli, Imogen portava un ridicolo nastro azzurro e rosa intonato all'abito. Un'enorme mo7


struosità sulla nuca che minacciava di farle perdere l'equilibrio. Sua madre era convinta che, benché lei avesse quindici anni, ne avesse ancora tre. E non le permetteva di portare i capelli raccolti come quasi tutte le ragazze presenti alla festa quel pomeriggio. Se si escludeva qualche treccina fissata sulla testa, i capelli sciolti le coprivano le schiena. Sua madre le aveva detto che era bella, suo padre che sembrava una principessa. Imogen sapeva che non era vero. Si sentiva più simile a un pavone arrabbiato che faceva la ruota. C'erano dozzine di persone alla festa. Tutti amici intimi della famiglia del duca. Di sangue blu. Ricchi. Gentiluomini che portavano anelli con il sigillo e dame i cui abiti da pomeriggio eclissavano qualunque vestito sua madre avesse mai indossato. O che lei avrebbe mai indossato. Loro erano persone modeste che frequentavano il fior fiore dell'alta società. Se non altro la sua famiglia non veniva invitata ai ricevimenti serali. Quella sciagura le era risparmiata. Non sarebbe stata costretta a cenare insieme a quelle persone e a conversare con chiunque si fosse trovato a sedere vicino a lei. Non si sarebbe sentita inadeguata con i suoi abiti castigati e infantili. Non avrebbe dovuto danzare. O peggio, non danzare perché nessuno glielo avrebbe chiesto. Entrambe le possibilità sarebbero state una vera punizione. Alla festa in giardino erano presenti soprattutto dei giovani. Ovviamente. Trattandosi di un evento per celebrare il compleanno di Sua Signoria, l'erede legittimo, la lista degli invitati comprendeva molti dei suoi amici. 8


Imogen attraversò il prato per dirigersi verso la madre, che stava chiacchierando con alcune dame abbondantemente incipriate e che la notò subito. Naturalmente. Da quando erano arrivati non aveva praticamente distolto lo sguardo da lei e la teneva a distanza per spingerla a uscire dal nido, come il proverbiale uccellino, e costringerla a fare amicizia con le persone della sua età. Imogen non era timida né reticente per natura, ma tutti i presenti vantavano titoli antichi e illustri. I giovani gentiluomini frequentavano Eton insieme a Penning, le fanciulle si esibivano in profondi inchini da Almack's. Lei era consapevole di non essere una di loro. Vedendola avanzare, la madre scosse la testa con un movimento deciso e veloce per intimarle di non unirsi al suo capannello di matrone. Imogen si fermò, con un'espressione accigliata sul viso. Si rendeva conto che la madre desiderava che lei fraternizzasse con il giovane erede e i suoi amici, malgrado il divario che li separava. Anche se lei avrebbe preferito fare amicizia con un branco di iene rabbiose. Almeno l'avrebbero considerata. Fece un profondo sospiro, poi si girò e si diresse con passo tranquillo verso un angolo del giardino, dove era in corso una partita di croquet. Restò in disparte a osservare, cercando di non sentirsi invadente mentre un gruppo di fanciulle e di gentiluomini giocava felice, muovendo le mazze con allegre risate. Malauguratamente, più il tempo passava, e lei seguiva il gioco ignorata da tutti, più si sentiva in imbarazzo. Dopo alcuni minuti di sofferenza, decise di an9


darsene. Ovviamente non dalla madre e dalle matrone, dove non sarebbe stata la benvenuta. Si sentiva come una scialuppa alla deriva, dispersa in mare. Era una giornata davvero orribile. Si guardò intorno con aria smarrita prima di decidere di recarsi al laghetto, che prometteva di essere un riparo sicuro. Camminò verso le sue acque tranquille e si fermò quando notò un gruppo di giovanotti radunati sulla riva, che i rami curvi di una grande quercia avevano nascosto alla sua vista. Lanciavano dei ciottoli nel laghetto, ridendo e chiacchierando amichevolmente. Al centro c'era la sagoma inconfondibile di Penning, che spiccava fra gli altri con i capelli scuri e il profilo scolpito. Imogen conosceva solo un'altra persona del gruppo, Amos Blankenship. Come il giovane futuro duca, era facilmente identificabile, anche se per ragioni diverse. Blankenship era abbagliante con la sua giacca verde e oro. Il padre possedeva un numero altissimo di quote delle Ferrovie e il figlio, che beneficiava della ricchezza di famiglia, spesso sfrecciava per il villaggio su un phaeton nuovo fiammante. Anche se non possedevano un titolo, il denaro spianava loro la strada e assicurava una posizione. La famiglia Blankenship era orgogliosa di essere il riferimento degli abitanti del villaggio. Mrs. Blankenship era l'epicentro di ogni attività sociale... e la più grande pettegola del paese. Imogen osservò il gruppo di gentiluomini senza essere vista. Il giovane Lord Penning non era più un bambino, i piani duri del viso avevano sostituito la morbidezza infantile dei tratti. Del resto, stava 10


festeggiando il suo diciottesimo compleanno. Era diventato un uomo. Imogen abbassò lo sguardo su di sé, stringendo le gale con aria disgustata. Lei, invece, era solo una bambina con un abito troppo elegante. Penning le ricordò una delle divinità greche esposte al British Museum, che aveva visitato poco tempo prima. Lui, però, era vestito, naturalmente. L'estate appena trascorsa lei e sua cugina Winifred avevano ridacchiato guardando le statue nude con l'aria allocchita più a lungo di quanto fosse consentito. La certezza che le madri non avrebbero approvato le aveva spinte a crogiolarsi nella loro stupidità. Doveva pur esserci un motivo se sapere di non essere l'oggetto dei loro sguardi penetranti le induceva a lasciarsi andare. Dopo avere deciso che non avrebbe potuto continuare a fissare i giovanotti di nascosto, Imogen si girò appena e riprese la ricerca di un luogo dove rifugiarsi. Le sue scelte erano limitate. Non poteva tornare in casa, dove i gentiluomini più anziani erano riuniti a bere e a fumare sigari. Nessuno le aveva chiesto di unirsi alla partita di croquet. Sua madre, ancora in compagnia delle altre matrone, non l'avrebbe accolta volentieri e lei non osava avvicinarsi ai ragazzi sulla riva del laghetto. Lo sguardo si fermò sulla serra poco lontana. Imogen sollevò le gonne e camminò a passo svelto verso l'edificio. Si lanciò un'occhiata veloce da sopra una spalla. Approfittando del fatto che nessuno la stava guardando, aprì la porta e si intrufolò. Subito il profumo intenso di piante e vegetazione le assalì le narici. Inspirò a fondo e si avviò lungo un corridoio, 11


tra due file di fiori colorati. Si compiacque della propria intraprendenza. Se solo avesse avuto un libro con sé, sarebbe stata felice di trascorrere il resto del pomeriggio lì dentro. Si fermò vicino a due piante di limoni in vaso per annusarne il profumo agrumato, allungò una mano per accarezzare una foglia. Mentre si stava domandando se raccogliere uno dei frutti sarebbe stato considerato un furto, udì il cigolio della porta. Si girò di scatto e li vide prima che loro la scorgessero. Erano Penning e i suoi amici. A quanto pareva avevano lasciato il laghetto e deciso di invadere il suo rifugio. Mostri! Non avrebbe trovato pace quel giorno? Con un gemito soffocato, Imogen si abbassò prima che la vedessero e si nascose sotto un tavolo. Non era dignitoso, ma nemmeno lei lo era con quell'abito. Si raggomitolò il più possibile. Se almeno avesse avuto il dono dell'invisibilità... Le voci crebbero di tono. Imogen si abbassò ancora e nascose il viso accaldato tra le ginocchia. Cosa aveva fatto? Si sarebbe dovuta palesare appena erano entrati nell'edificio, per poi scusarsi e uscire dalla serra. Era molto semplice. A quel punto era in trappola. Acquattata sotto un tavolo, senza un briciolo di dignità, pregò che i giovanotti se ne andassero al più presto per poter uscire da lì. Purtroppo, invece, il rumore attutito dei loro passi si avvicinò. Imogen si cinse più forte con le braccia. 12


Udì lo stridio di un fiammifero che veniva acceso. Ah. Ecco qual era la loro intenzione. A quanto pareva non volevano unirsi ai loro padri per fumare un sigaro, preferivano farlo tra di loro. «Tuo padre frequenta ancora quella cantante lirica?» chiese un giovane. Imogen sapeva bene cosa intendesse dire. Anche se era la figlia di un vicario, non era del tutto ignara dell'argomento. Leggeva. Leggeva tanto. Divorava libri che i suoi genitori non avrebbero approvato, se avessero saputo l'argomento trattato. E poi c'era Winifred nella sua vita. Ogni anno lei trascorreva un paio di settimane con la cugina londinese, che frequentava il bel mondo e sapeva tante cose. Cose che i genitori di Imogen non avrebbero ritenuto appropriate. Nemmeno gli zii, a dire il vero, eppure Winnie le sapeva lo stesso e gliele insegnava. La risposta arrivò. «No, è passato a un'attrice.» «Davvero? Allora potrei andare a trovare la cantante. Sono un uomo di mondo adesso. Mi piacerebbe avere una relazione, un rapporto regolare che mi consenta di soddisfare le mie voglie.» «Hai appena finito la scuola e vuoi assumerti la responsabilità di un'amante?» chiese un altro sbuffando. «Non è come una moglie» fu la veloce risposta. «Un'amante sa come e quando usare la bocca... sicuramente non per richiamare all'ordine un uomo.» Quelle parole riscossero diverse risatine e consensi. A Imogen sembrò di riconoscere la risata stridula di Amos Blankenship. Sentì il viso in fiamme. 13


Penning non aveva ancora parlato; lei lo sapeva perché conosceva bene la sua voce ed era terribilmente curiosa di scoprire la sua opinione sull'argomento. Anche lui intendeva farsi un'amante? Forse ce l'aveva già, visto che aveva diciotto anni. Per qualche strana ragione, Imogen avvertì un pizzicore alle guance. Era un uomo di mondo, ormai. Se ancora non aveva una donna, l'avrebbe cercata presto. L'idea non avrebbe dovuto disturbarla. Anzi, non la riguardava affatto. Si spostò, urtando una pila di vasi che si trovava sotto il tavolo alla sua destra. Rabbrividì a quel lieve rumore, strinse più forte le braccia e trattenne il respiro in attesa di quella che si profilava come un'imminente scoperta. Cosa avrebbero fatto se l'avessero trovata? Non osava nemmeno pensare a quanto si sarebbe sentita mortificata. Era nascosta sotto un tavolo come un piccolo birbante. D'altronde era vestita come una bambina, perciò forse non si sarebbero stupiti troppo. Imogen emise un lungo respiro. Grazie al cielo erano troppo presi dalla conversazione e dai sigari per accorgersi di lei. «... dopo cena» stava dicendo uno. «Mi ha promesso una passeggiata in giardino.» «Be', quella è una bocca deliziosa che non mi dispiacerebbe venisse usata su di me.» Altre risatine. Ancora quella stridula di Amos. «Dovresti stare attento.» Quando la voce familiare di Penning risuonò, Imogen liberò le ginocchia per chinarsi in avanti, ansiosa di sentirlo fi14


nalmente parlare. Quale sarebbe stato il suo contributo a quella conversazione assolutamente inappropriata? Naturalmente sarebbe stato volgare come gli altri. Non poteva aspettarsi niente di diverso. Se lo ricordava bene, anche se lui aveva trascorso gli ultimi anni al college, lontano da casa. Era stato un ragazzino incorreggibile. Imogen dubitava che fosse cambiato molto. Come diceva sempre sua madre, il lupo perdeva il pelo, ma non il vizio. Imogen approfittò di quel momento di invisibilità. Nessuno, specialmente i gentiluomini come quelli, diceva ciò che pensava in sua presenza. Trasalì. Quei giovanotti non le parlavano affatto. Non la ritenevano degna della loro considerazione. Quanto sarebbe stato diverso il mondo se le persone fossero state sincere, pensò tra sé. Caotico, forse, ma senza equivoci. E i mostri non sarebbero riusciti a nascondersi. Penning continuò: «Se non sarai prudente, ti ritroverai fidanzato prima che la mia festa finisca». «Be', sposare la figlia di Lord Delby non sarebbe un destino terribile, non credi? Mi vengono in mente sorti molto più sventurate» osservò un altro. «La ragazza è graziosa. Suo padre ha una buona posizione in società e le tasche piene. Sarebbe un ottimo matrimonio per chiunque di noi.» «Se non ti dispiace sposarti dopo essere appena uscito da Eton, sono felice per te» dichiarò Penning con quel tono saccente che lo contraddistingueva da quando era un ragazzino di dieci anni. Era sempre stato così. Imogen ne era infastidita allora e lo fu anche adesso. A quanto pareva l'arroganza era parte integrante del titolo nobiliare. 15


«Tu pensi di fare meglio, Penning?» «Lui è Penning» intervenne un altro con una risata incredula. «Potrà scegliere tra tante ereditiere. Bellezza, fascino, rango... Non avrà che l'imbarazzo della scelta.» «Sì, potrò scegliere» confermò lui. Che uomo arrogante. Parlava come se stesse comprando dei nastri al mercato del villaggio. «Tuttavia nulla mi convincerà a sposarmi prima di una decina d'anni almeno.» Essere invisibile, in effetti, si dimostrò vantaggioso come Imogen aveva pensato. Penning non era cambiato rispetto al ragazzino risentito perché i loro genitori li costringevano a passare del tempo insieme, che le infliggeva dei silenzi imbarazzanti e si arrabbiava quando le cose non andavano come lui avrebbe voluto. «Stai dicendo che la figlia del pastore non è nel tuo destino?» chiese un altro in tono divertito. Imogen si irrigidì sotto il tavolo. Stavano parlando di lei? Seguì un coro di risate maschili. L'ondata di mortificazione che la travolse non le impedì di tendere le orecchie. Era curiosa di sapere se Penning l'avrebbe umiliata ulteriormente. O difesa. Se si sarebbe dimostrato un essere rispettabile oppure no. «Divertente» rispose lui, «ma la risposta è no.» Il suo tono, però, non era affatto divertito. Si era limitato a smentire. Un rifiuto deciso che non avrebbe dovuto ferirla perché non la riguardava. Imogen inspirò a fondo per farsi forza. Era ovvio che Penning non avrebbe mai conve16


nuto che i loro destini si sarebbero incrociati. Sarebbe stato assurdo. La figlia di un pastore e un futuro duca non avrebbero dovuto nemmeno essere citati nella stessa frase, eppure lì, in quel gruppo di ragazzi, era accaduto. Era accaduto e a lei non piaceva per niente. «Suvvia, Penning. Se dimentichi le gale e i nastri, è una bella ragazza.» «Non sono d'accordo» ribatté lui. Imogen sentì il rossore aumentare. «A dire il vero» intervenne un altro, «non mi dispiacerebbe esplorare sotto tutte quelle gale.» Il calore dell'umiliazione raggiunse la punta delle orecchie. «Ragazzi, siete dei depravati. È solo una bambina» sbottò Penning. «E anche una bigotta.» Imogen avrebbe dovuto essergli grata per averla difesa, tuttavia non le piacque essere definita una bambina. O una bigotta. «Io la considero una donna. E non sarei costretto a metterle un sacco sulla testa durante l'accoppiamento, come dovrei fare con la ragazzina che mio padre vorrebbe farmi sposare.» «Già, però dovresti mettere un sacco sulla sua personalità» ribatté Penning. Risate. Imogen trasalì, quelle risate erano come una coltellata per lei. Non avrebbe saputo dire cosa la offendeva di più: l'evidente avversione di Penning nei suoi confronti o i commenti volgari dei suoi amici nobili. Era una decisione difficile. «Suvvia, Penning. È una ragazza avvenente e direi che non ce ne sono molte in questo villaggio. Non ci sono bordelli, questo è sicuro.» 17


«Purtroppo» osservò Amos. La voce continuò come se lui non avesse parlato. «Ogni volta che tornavi a casa per le vacanze, lei era lì. Molto comodo. Non sei mai stato tentato?» Tentato? Imogen si sentì ribollire di sdegno. Come se lei fosse lì per essere scelta. Da lui. Non erano mai andati d'accordo loro due. A lui non piaceva essere costretto a farle compagnia nei pomeriggi in cui il pastore faceva visita al duca. E aveva sempre mostrato il proprio disappunto, accogliendo con disprezzo i suoi tentativi di fare conversazione. Adesso lei capiva il motivo. Dovresti mettere un sacco sulla sua personalità. Le parole successive non fecero che confermare il disgusto che aveva sempre provato per lei. «Forse non è brutta, però è altro ciò che conta.» Forse non è brutta? Quello sì che era un complimento. Era il merito più grande che le riconosceva? Miserabile. «E cosa sarebbe, Penning? Cosa è più importante di una moglie con un bel viso che non sia un lavoro ingrato a letto?» «Per me non c'è niente di più importante che possedere una moglie graziosa» lo assecondò un altro. Possedere? Era questo ciò che pensavano quei giovani? Che una moglie fosse un oggetto da possedere? Suo padre non era di quell'idea. E Penning? Imogen avrebbe voluto credere che un gentiluomo non la pensasse in quel modo, tuttavia conosceva la realtà. Gli uomini controllavano il mondo e le donne dovevano combattere duramente per trovare il loro posto. Aveva accompagnato suo padre diverse volte quando andava a trovare delle 18


mogli maltrattate, vittime di un marito dispotico. Una era la vicina che abitava a est della canonica. Mrs. Henry aveva cinque figli e un marito violento, che non era mai contento dei suoi sforzi per essere una brava moglie. Le succedeva spesso di cadere. Era la madre di Imogen a prendersi cura di lei dopo quegli incidenti. Naturalmente sotto l'occhio attento di Mr. Henry, probabilmente preoccupato che la consorte potesse raccontarle la vera causa dei lividi. Imogen trattenne il respiro in attesa della risposta di Penning. Le dolevano le spalle per quanto erano contratte. Lui fece una risatina. «Bisogna considerare un fatto. Una moglie non resta giovane per sempre. La bellezza sfiorisce e una donna deve essere una visione sopportabile per l'uomo che la fissa dalla parte opposta del tavolo.» «E tu non puoi sopportare Miss Bates?» «Diciamo solo che mi fa pensare a un limone marcio.» Imogen si ritrasse come se fosse stata colpita. Tutti risero, persino Amos. E dire che era sempre stata premurosa con lui. Non solo un limone... un limone marcio. «Nessuno ti sta dicendo di sposarla. Un'avventura non richiede quel genere di impegno.» Come se un'avventura con me fosse scontata? Come se fosse certo che io cadrei semplicemente tra le sue braccia con selvaggio abbandono? «Ci sono parecchie femmine che preferirei baciare piuttosto che la figlia bigotta di un pastore che si diletta a conversare del clima e dei parassiti del grano.» 19


Imogen abbassò le mani sulle ginocchia che tremavano e trasse un respiro doloroso. Non sapeva mai di cosa parlare quando era con lui... e i parassiti del grano potevano distruggere un intero raccolto. Evidentemente non voleva essere infastidito con argomenti indegni della sua attenzione. Tenendo strette le ginocchia, si dondolò leggermente. Un conto era sospettare di non piacergli, un altro sentirglielo dire. Un altro ancora sentirglielo dire davanti ai suoi amici. Sentirlo ridere e schernirla davanti a loro. Batté le palpebre per ricacciare le lacrime. Limone marcio. A causa di un ronzio alle orecchie, Imogen udiva a malapena i giovanotti che continuavano a conversare e a ridere. Loro passarono ad altri argomenti, lei invece restò accovacciata dov'era, combattendo ondate di collera e nausea, aspirando il profumo di sigaro mentre si domandava per quanto tempo avrebbe dovuto soffrire in silenzio. Non avrebbe saputo dire quanto aspettò. Quelle che le sembravano ore potevano essere minuti. Poi le voci divennero un mormorio quando i giovanotti si avviarono verso la porta della serra. Finalmente. Un cigolio di cardini, seguito dal silenzio, le fece presumere che se ne fossero andati. Dopo un istante, uscì da sotto il tavolo e si alzò nell'ambiente pieno di fumo. Se ne erano andati davvero. Imogen si girò e afferrò il bordo del tavolo per farsi forza. Quando inspirò a fondo, oltre al profumo del sigaro sentì un odore di zolfo. Dopo avere 20


abbassato lo sguardo sulle mani, notò una bustina di fiammiferi. Qualcuno doveva averli dimenticati. In quel momento la porta della serra si aprì con un cigolio, facendola girare di scatto. E in fondo al corridoio, tra il fogliame, vide la porta che si chiudeva alle spalle di Penning. Era tornato. Era tornato e fissava il punto dove lei si trovava. La guardava, sarebbe stato inutile fuggire o nascondersi. Era troppo tardi. Era stata scoperta. «Ho dimenticato i fiammiferi» dichiarò Penning. «Oh.» Imogen si girò, prese la bustina dal tavolo e lo guardò di nuovo, felice di trovarsi a una certa distanza. Forse non si sarebbe accorto che le tremavano le mani. «Sei sempre stata qui?» domandò Penning. Nel suo tono gentile c'era una sfumatura di disapprovazione. Disapprovazione? Era inammissibile. Lei non aveva fatto niente di male, a differenza di lui. «Sì.» «Potevi palesarti.» «Non volevo imporre la mia presenza.» «Volevi origliare?» «No, non era mia intenzione.» «Però hai origliato.» Era un'affermazione. «La vostra ignobile conversazione?» Imogen sollevò il mento con aria di sfida. «Sì, l'ho udita.» Penning emise un sospiro addolorato. Che assurdità. Lui era addolorato? Dopo tutte le cose orribili che aveva detto di lei davanti ai suoi amici? Davanti ad Amos Blankenship, nientemeno. Sicuramente le parole del futuro duca avrebbero fatto il giro del villaggio. Tutti l'avrebbero guardata pensando a un limone marcio. 21


«In tal caso, immagino che dovrei scusarmi.» Ovviamente qualsiasi scusa le avesse offerto non sarebbe stata sincera. Si sentiva obbligato a farlo per l'amicizia che legava i loro padri. «Non devi fare o dire niente che non pensi davvero. Non devi farlo mai con me. Non è più necessario.» Stringendo nel palmo la bustina di fiammiferi, Imogen avanzò suo malgrado lungo il corridoio verso la porta, verso di lui, con grande compostezza. Era fiera di sé. Con indosso un vestito ridicolissimo, ancora ferita dalle sue parole, si avvicinò a Penning facendo finta di essere tranquilla. Quando lo raggiunse, si fermò e tese la mano. «Ecco qui.» Penning abbassò lo sguardo e girò la mano. Facendo in modo di non toccarlo, Imogen lasciò cadere la bustina sul palmo aperto. «Grazie» mormorò lui. La osservava attentamente, come se stesse cercando la prova che non era calma come sembrava. Che era turbata. Nel caso se ne fosse accorto, avrebbe avuto ragione, ma a Dio piacendo non sarebbe accaduto. Imogen non voleva che sapesse quanto si sentiva ferita. Penning sapeva quanto fosse stata irriverente la conversazione con i suoi amici. Sapeva che lei aveva il diritto di essere scandalizzata e offesa. E Imogen lo era. In realtà le stava bene che lui se ne rendesse conto, a patto che non capisse il suo sgomento. Non voleva fargli sapere che aveva il potere di farle del male. «Permesso.» Imogen fece un cenno con il capo verso la porta che lui stava bloccando per segnalare che voleva passare. «Certo.» Quando Penning fece un passo di lato, 22


lei ebbe l'impressione che volesse aggiungere qualcosa. Che Dio le risparmiasse le bugie e le insulsaggini che le avrebbe detto per confortarla! Non voleva le sue finte scuse. Non gli avrebbe creduto, comunque, e lui non poteva pretenderlo dopo ciò che lei aveva udito. Quando fu a debita distanza, fuori dalla serra, Imogen si fermò di colpo e lo guardò da sopra una spalla. Illuminato dal sole, Penning era sulla soglia dell'edificio, con una spalla appoggiata allo stipite e un sopracciglio inarcato con aria interrogativa. A quel punto, lei capì. Non era dispiaciuto, nemmeno un po'. Non c'era alcun rimpianto in quell'espressione arrogante. Imogen si umettò le labbra mentre sentiva montare l'indignazione dentro di sé. «Vorrei soltanto dire...» «Sì?» la incoraggiò lui. «Vorrei che sapessi...» Penning la fissava in paziente attesa, allora lei sbottò: «I parassiti del grano sono molto pericolosi e possono distruggere tutto il raccolto. I danni possono colpire un'intera contea». Detto ciò, si girò e se ne andò. Forse avrebbe dovuto aggiungere altro. C'erano tante parole più pungenti che avrebbe potuto rivolgergli, tuttavia quella era l'unica frase che le era uscita di bocca. Aveva udito Penning parlare senza alcun controllo. Adesso sapeva cosa pensava veramente. Non c'era alcun equivoco, nessuna incertezza. Quel mostro non si nascondeva più nell'oscurità. 23


Aveva visto il vero Penning e non avrebbe mai dimenticato le sue parole. E infatti non lo fece, anche quando riuscì a evitarlo nei giorni e negli anni che seguirono. Quando lo incontrava, Imogen si teneva a distanza. Lo salutava educatamente, senza aggiungere molto altro. Un estraneo non si sarebbe accorto di niente. Forse qualcuno avrebbe pensato che la figlia del pastore era riservata per natura con chi occupava una posizione sociale superiore alla sua. Solo il giovane Penning sarebbe stato in grado di capire la sua reticenza. Se mai ci avesse pensato. Se gli fosse importato. Forse si ricordava la festa in giardino di molti anni prima e la ragazzina con un vistoso abito rosa che lo fissava con uno sguardo addolorato. O forse no. Negli anni successivi Penning partecipò con la famiglia al funerale della madre di Imogen. Lei non poté fare a meno di notarlo, una sagoma alta con gli occhi grigioazzurri che stava in disparte, una presenza non desiderata nel suo immenso dolore. Due anni dopo, alla morte del padre di Penning, Imogen ricambiò il favore, si recò al funerale e gli porse le sue condoglianze. In seguito alla dipartita del vecchio duca, non ci furono molte occasioni per frequentarsi. Cinque anni trascorsero e si incontrarono solo rarissime volte. Imogen sentiva parlare delle sue prodezze, naturalmente. Il giovane, incensato Duca di Penning passava gran parte del suo tempo a Londra, confermando la sua reputazione di nobiluomo festaio24


lo in città, mentre lei era diventata l'assistente del padre. Si era adattata all'idea di restare zitella e si occupava del genitore, della canonica e degli abitanti del villaggio, dicendosi che era ciò che voleva. Quella era la sua missione. Le bastava. La sua vita era utile. Non aveva rimpianti, anche se, ogni tanto, le parole limone marcio si rincorrevano nella sua mente come un serpente. Tutte le volte che incontrava Amos Blankenship al villaggio, quel serpente strisciava ancora. La sua sola consolazione era il proverbio che sua madre citava spesso: Ognuno raccoglie quello che semina. Prima o poi sarebbe toccato al Duca di Penning. Lei non sapeva quando o come, tuttavia era certa che non avrebbe avuto pietà di lui.

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L'esplosiva Lady Sesily SARAH MACLEAN Londra, 1838 - Considerata per anni lo scandalo più eclatante di Londra, Lady Sesily Talbot ha deciso di godere della reputazione conquistata. Nessuno ormai si interessa più a lei se attira un uomo tra le ombre di un giardino. Nessuno, tranne Caleb Calhoun, che si sforza da troppo tempo di ignorare la sfacciata sorella della sua migliora amica!

Una scandalosa ereditiera MANDA COLLINS Inghilterra, 1867 - Come componente del duo che redige la più famosa rubrica di cronaca nera di tutta l'Inghilterra, Caroline ha una reputazione alquanto scandalosa. Una simile attività le è già costata un fidanzato, ma quando una cara amica viene rapita, lei non ha altra scelta che indagare con il Visconte Wrackham, lo stesso uomo che...

La caduta del duca SOPHIE JORDAN Inghilterra, 1848 - Il mondo di Peregrine Butler, futuro Duca di Penning, si sbriciola quando scopre che non sarà lui ad acquisire il titolo. L'unico modo per evitare la rovina, ora, è conquistare un'ereditiera e sposarla. Ma Imogen Bates, la figlia del pastore, decide di sabotare i suoi sforzi per proteggere quelle che considera ignare fanciulle.

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Il futuro di Thisbe Moreland CANDACE CAMP Londra, 1868 - Desmond Harrison lavora con il famigerato professor Gordon, un ex scienziato dedito allo spiritualismo. Quando questi gli affida il compito di recuperare un antico artefatto in grado di provare le sue teorie sui fantasmi, Desmond scopre che l'unico modo per impadronirsene è usare la donna che ama, Thisbe Moreland.

Uno scandalo italiano CECIL CAMERON Inghilterra-Italia, 1859 - Con la reputazione rovinata, Carina Temple si reca in Italia, in attesa che i pettegolezzi si sgonfino. Tuttavia in Sicilia la situazione è rovente e il popolo spaccato in due fazioni. Mentre Carina si muove goffamente in questa realtà di conflitti fa la conoscenza del capitano dei rivoluzionari Ben Mavrone, non sapendo...

La resa del libertino SOPHIE JORDAN Inghilterra, 1848 - Introdursi nella camera da letto di un uomo non è da Mercy Kittinger. Soprattutto se quell'uomo è Silas Masters, proprietario della più famosa casa da gioco di Londra. Mercy però non ha scelta, poiché deve distruggere il pagherò che prova che lui ha vinto al gioco i beni della sua famiglia. Ma le cose non vanno come aveva pianificato.

La maledizione del laird JEANINE ENGLERT Scozia, 1740 - La giovane Moira Fraser è vedova e, per volere del padre, deve risposarsi. Ma come desiderare un secondo matrimonio, se il primo si è rivelato una fonte di sofferenza? L'unica soluzione è scegliere un uomo destinato a morire presto. La risposta alle sue preghiere è Rory McKenna, colpito da una maledizione di famiglia.

Dal 13 luglio


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