LORRAINE HEATH
La duchessa perfetta
Immagine di copertina: ILINA SIMEONOVA/Trevillion Images Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: The Duchess Hunt Avon Books An Imprint of HarperCollins Publishers © 2021 Jan Nowasky Traduzione di Graziella Reggio Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con HarperCollins Publishers, LLC, New York, U.S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved. © 2022 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione I Grandi Romanzi Storici Special marzo 2022 Questo volume è stato stampato nel febbraio 2022 da CPI Moravia Books I GRANDI ROMANZI STORICI SPECIAL ISSN 1124 - 5379 Periodico mensile n. 319S del 25/03/2022 Direttore responsabile: Sabrina Annoni Registrazione Tribunale di Milano n. 368 del 25/06/1994 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distribuzione canale Edicole Italia: m-dis Distribuzione Media S.p.A. Via Carlo Cazzaniga, 19 - 20132 Milano HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano
Dedica
Per Barbara Dombrowski, che è presente sin dal principio, partner critica e collezionista di fatti oscuri. E soprattutto grande amica.
1 Londra, 2 luglio 1874 Sei settimane prima del ballo di Kingsland Se al mondo esisteva un compito più sgradevole che selezionare la donna destinata a sposare l'uomo amato, Penelope Pettypeace non riusciva a immaginare quale fosse. Del resto, nel corso degli otto anni in cui aveva lavorato come segretaria del Duca di Kingsland, era sempre stata assillata da incarichi incresciosi. Ormai avrebbe dovuto esservi abituata. L'ultimo, però, superava ogni limite. Seduta alla scrivania del suo studiolo, nella residenza londinese del duca, utilizzò il tagliacarte dall'impugnatura in marmo verde – un suo regalo di Natale – per aprire in fretta e con efficienza l'ennesima busta, lasciando intatto il sigillo di ceralacca. Quindi estrasse e spiegò il foglio di carta pregiata, sistemò meglio gli occhiali e cominciò a scorrere le parole scritte con ordine meticoloso da una giovane ingenua e piena di speranze, in risposta all'incisivo annuncio pubblicato di recente da Kingsland per cercare una nobildonna di età adatta per il matrimonio e la procreazione, al fine di renderla sua duchessa. Aveva già tentato l'anno precedente, ma con risultati disastrosi. Ai tempi, il duca stesso aveva effettuato la selezione e annunciato la scelta durante un ballo tenuto in quella dimora, preparato e organizzato da lei. 7
Penelope era rimasta appostata nell'ombra, mentre un colpo del magnifico gong era risuonato in ogni angolo della sala per indicare che il duca era pronto a rivelare la decisione. Ignorava chi avesse preferito, finché l'intera Londra non l'aveva sentito pronunciare il nome: Lady Kathryn Lambert. L'aveva corteggiata per quasi un anno intero, ma alla fine era stato respinto dalla ragazza, a favore di un briccone privo di titoli nobiliari, con un retaggio che comprendeva un padre colpevole di alto tradimento. Kingsland avrebbe dovuto apprendere la lezione allora: non si poteva procedere in maniera così impersonale nella ricerca di una consorte adeguata. Invece no. Appena due giorni dopo il rifiuto di Lady Kathryn, aveva inserito un nuovo annuncio sul Times in cerca di una soluzione facile a un problema complicato: trovare una donna con la quale essere appagato. Senza neppure degnarsi di aprire una sola busta delle quasi sette dozzine ricevute e leggere le missive redatte con tanta cura, aveva affidato a lei il compito. Malgrado il fastidio, Penelope aveva preso sul serio il proprio dovere e disegnato una griglia su un foglio di carta da macellaio, che copriva quasi l'intero piano della scrivania in legno di quercia. La colonna nella quale elencava i nomi delle giovani dame era affiancata da varie altre, ciascuna per ogni qualità che, ne era abbastanza sicura, il duca avrebbe apprezzato in una moglie, benché non avesse espresso richieste specifiche, a parte una, la più importante: Cerco una duchessa tranquilla e silenziosa, presente quando ho bisogno di lei e assente quando non ne ho. Invece ogni donna sognava un uomo che fosse presente anche quando non si accorgeva di averne bisogno. Un uomo affascinante, gentile e dotato d'intuito. Che non si spazientisse quando lei desiderava qualcuno vicino semplicemente per rassicurarla e confermarle che valeva. 8
Hugh Brinsley-Norton, nono Duca di Kingsland, non era di sicuro così. Eppure Penelope Pettypeace se ne era innamorata lo stesso. Dannazione al suo cuore poco realistico! Il duca non aveva mai incoraggiato i suoi sentimenti e lei non si era resa conto di provarli finché non l'aveva sentito declamare il nome di un'altra e aveva avuto l'impressione di ricevere un colpo al petto. A dire il vero, si era sorpresa per la scoperta della profondità del proprio affetto per lui. Magari era dovuta alla fiducia che le dimostrava, incaricandola di occuparsi dei suoi affari mentre era lontano. Viaggiava spesso in cerca di opportunità d'investimento, un obiettivo centrale nella sua vita, che lasciava poco tempo per altri impegni, compreso un corteggiamento ben fatto. Era responsabile di quattro tenute – il ducato, due contee e una viscontea – nonché del benessere di tutti coloro che dipendevano da esse per mantenersi. Finché non aveva iniziato a lavorare per Kingsland, Penelope aveva sempre giudicato gli aristocratici una massa di fannulloni viziati, invece lui le aveva mostrato la verità: spesso erano gravati da obblighi e doveri. Il rispetto che provava per il duca non aveva limiti, e lo stesso valeva per i sentimenti. «Miss Pettypeace?» «Cosa diavolo c'è?» Penelope alzò di scatto la testa per fulminare con lo sguardo il povero lacchè che l'aveva interrotta. Subito se ne pentì, poiché lo vide sgranare gli occhi sbalordito e con un certo orrore, quasi fosse incappato in un grosso ragno velenoso e si fosse accorto in ritardo di averlo innervosito disturbandolo mentre tesseva la sua tela. «Scusatemi, Harry. Come vi posso aiutare?» «Sua Grazia ha appena suonato per chiedervi di raggiungerlo in biblioteca.» «Grazie. Sarò là tra un attimo.» «Molto bene, signorina.» Appena il domestico se ne fu andato, in fretta e in silen9
zio, lei ripose la lettera che elencava una moltitudine di talenti: suonare il pianoforte, cantare, giocare a croquet e tirare di scherma. Questa era una capacità della quale, fino ad allora, nessuna si era ancora vantata e richiedeva l'aggiunta di una nuova colonna. Tuttavia rischiava di procurare lesioni al duca, quando la giovane signora avesse compreso che lui non aveva tempo per apprezzare le sue molteplici abilità. Penelope afferrò il fermacarte in marmo nero, sul quale era inciso in lettere dorate il proverbio Il mattino ha l'oro in bocca – un regalo di Kingsland a un anno dalla sua assunzione – e lo mise sopra la missiva, per indicare che non aveva ancora finito di prendere in esame l'autrice come potenziale duchessa. Infine spinse indietro la sedia, si alzò e si tastò i capelli per accertarsi che nemmeno un ciuffo fosse sfuggito alla stretta crocchia. Approfittava al massimo di ogni minuto di ogni giornata, svolgendo svariate attività nel medesimo tempo, quando possibile. Soddisfatta del proprio aspetto, anche senza curarsi di darsi un'occhiata allo specchio, si diresse alla meta a passo di marcia, lungo il corridoio che portava alle cucine, oltre la parete a cui erano appese le file parallele di campanelli – uno per la servitù e uno per lei – con indicate le stanze nelle quali era stato tirato il cordone. Superata la scala che conduceva alla sua piccola camera da letto, negli alloggi del personale, Penelope proseguì per un altro passaggio, fino ai gradini consumati utilizzati dai lacchè per servire i pasti, dal maggiordomo per andare ad aprire la porta principale, dalla cameriera al servizio della duchessa vedova – quand'era a casa – e dal valletto del duca. Le era permesso salirli per recarsi nell'area principale della dimora perché anche lei offriva assistenza al duca, anche se in maniera meno personale del valletto. Tuttavia era piuttosto convinta che le proprie mansioni fossero molto più importanti. Senza dubbio l'avrebbe confermato la totalità dei domestici, poiché la sua presenza fa10
ceva andare tutto liscio. Nemmeno una volta il maggiordomo aveva obiettato quando si era offerta di affrontare Sua Grazia nei momenti di cattivo umore. Penelope avrebbe preferito avere lo studio più vicino al locale dove lavorava lui, però Kingsland non si era mai informato sulle sue preferenze. Purtroppo era assai improbabile che lo facesse con la futura moglie. Aveva interessi molto specifici e si avventurava di rado al di fuori dell'impero che aveva costruito. In realtà gli importava quasi soltanto di accumulare soldi e assicurarsi il successo a ogni costo. Eppure l'accortezza, l'abilità e l'inflessibilità con la quale gestiva gli affari erano sbalorditivi. Era un uomo davvero ammirevole, e Penelope aveva imparato molto da lui, al punto che era riuscita, come tante donne, a investire i guadagni in imprese private e titoli di Stato con risultati sorprendenti. Mai più, nella vita, sarebbe stata costretta a fare l'impensabile per sopravvivere. Mentre si avvicinava alla biblioteca, ricevette un rapido cenno di saluto da un lacchè in attesa, che si affrettò ad aprirle la porta. Con le spalle all'indietro, la schiena diritta e le emozioni sotto controllo, Penelope entrò a passi decisi, senza rivelare in alcun modo che la semplice vista di Sua Grazia le indeboliva ogni volta le ginocchia. Non tanto a causa dei lineamenti perfetti. Le era infatti capitato d'incontrare altri uomini di bell'aspetto. Era piuttosto per l'atteggiamento sicuro, la fermezza dello sguardo, il potere e l'autorità che esercitava con disinvoltura. E per il modo in cui la guardava senza nulla di lascivo. Il duca la trattava al pari di un uomo che rispettava, della cui opinione teneva conto. E per lei, che non aveva mai conosciuto niente del genere in passato, era un afrodisiaco. I capelli neri, più lunghi di mezzo pollice rispetto ai dettami della moda – forse era il caso di discuterne con il valletto – la invitavano a scostargli dalla fronte il ciuffo che pareva sempre pronto a ribellarsi. E che ricadde sugli oc11
chi d'ossidiana quando lui si levò in piedi, raddrizzando il corpo alto e snello. Per qualunque indumento sarebbe stato un vero onore coprirlo, ma l'attenzione estrema del sarto, che provvedeva a rendere perfetto ogni singolo punto, contribuiva a rendere il duca di un'avvenenza straordinaria. Come ovvio, si erano già visti a colazione. Kingsland, infatti, insisteva per averla con sé a tavola, poiché idee, riflessioni e ambiti da indagare gli venivano spesso in mente durante il sonno, oppure appena sveglio, e a volte determinavano come Penelope avrebbe passato quel giorno. Anche a lei capitava di destarsi in piena notte e concepire soluzioni a problemi che avevano tentato di risolvere insieme, e in questo caso gliele comunicava mentre mangiavano. Era un modo assai gradevole di dare inizio alla giornata, anche quando non avevano niente da dirsi e ciascuno si limitava a leggere il proprio quotidiano, stirato e lasciato dal maggiordomo accanto ai rispettivi coperti. Il duca era convinto che lo avvantaggiasse tenerla il più possibile informata. «Pettypeace, ottimo, siete arrivata.» La voce profonda e vellutata le accese nel ventre un tepore simile a quello generato dal brandy che gustava la sera, prima di ritirarsi. «Vorrei presentarvi Mr. Lancaster.» Lei rivolse un cenno al gentiluomo in giacca di tweed della misura sbagliata. «Signore.» «Lancaster, Miss Pettypeace, la mia segretaria.» «Piacere, signorina.» Dimostrava un paio d'anni più di Penelope, che ne aveva ventotto. C'era un che di famelico in lui, una sorta di brama negli occhi grigi, quasi si credesse sul punto di fare fortuna. Tuttavia lasciava trasparire anche una certa cautela, poiché era consapevole che le sue speranze rischiavano di essere infrante da tre semplici parole da parte del duca: Non sono interessato. «Miss Pettypeace prenderà appunti, così potrò riflettere 12
più a fondo sulla questione. Mi piace meditare a lungo sulle possibilità d'investimento, capite.» Un modo cortese per dire che avrebbe scavato nel passato di Mr. Lancaster, fino a scoprire in che giorno preciso e con chi avesse perso la verginità e, decenni prima, per quanto tempo fosse stato allattato dalla madre. Con la maggior discrezione possibile, lei estrasse dalla tasca della gonna la matita e il taccuino rilegato in pelle che portava sempre con sé, si diresse alla poltrona ai margini dell'area salotto, inforcò gli occhiali e prese posto. I due gentiluomini tornarono a sedersi. «Bene, Lancaster, convincetemi che il vostro progetto mi renderà ancora più ricco di quanto non sia già.» King aveva l'invidiabile capacità di concentrarsi su più di una cosa alla volta, quindi, mentre Lancaster si dilungava nel descrivere la propria invenzione – un orologio che emetteva uno squillo a un'ora precisa, stabilita dal proprietario – sembrava dedicargli completa attenzione, invece, con la coda dell'occhio, ammirava il nuovo vestito di Pettypeace. Era blu scuro, come ovvio; la segretaria indossava sempre quel colore. Tuttavia, poiché aveva anche il dono di una memoria notevole, lui notava che, anche se non lasciava in mostra neppure la fossetta tra le clavicole, aveva due bottoncini in meno degli altri. Inoltre le maniche, lunghe fino ai polsi, erano un po' più aderenti e il sellino più ridotto. King si domandò come avesse trovato il tempo di farlo confezionare, però sapeva che la donna era un modello d'efficienza. Una volta le aveva chiesto come mai si vestisse sempre di blu, anziché di colori più allegri, e lei si era subito offesa. Domandate forse al vostro legale perché non si pavoneggia con giacche dalle tinte vivaci? Certo che no. King se ne infischiava dell'abbigliamento di Beckwith, comunque aveva compreso il messaggio. Pettypeace prendeva sul serio il proprio lavoro e non indossa13
va nulla che potesse farla apparire frivola. Eppure, secondo lui, un verde bosco avrebbe raggiunto lo stesso risultato, mettendo però in risalto il verde degli occhi, tanto acuti e intelligenti. E che rappresentavano il motivo per cui l'aveva assunta. Una dozzina di uomini si era candidata per il posto, rispondendo al suo l'annuncio. Lei era stata l'unica donna. Nonché la sola a guardarlo dritto in faccia, a non distogliere mai lo sguardo e a non battere ciglio... nemmeno quando aveva mentito. Se Pettypeace era figlia di un parroco, lui era figlio di un mendicante. King aveva assoldato gli investigatori, i poliziotti e le spie migliori, eppure nessuno era riuscito a scoprire una sola informazione sul suo passato. Era come se non fosse esistita fino al momento in cui si era presentata per il colloquio. Proprio lui, dalla mente accorta, che valutava con attenzione ogni eventualità, che era disposto a soffrire una perdita per ottenere un guadagno maggiore e soppesava ogni rischio, ne aveva corso uno enorme... e le aveva offerto l'impiego. Senza saperne nulla, tranne quello che gli aveva detto lei stessa quel pomeriggio di tanto tempo prima. Eppure non se ne era ancora pentito. Quella donna era una meraviglia. Forse la persona più intelligente che avesse mai conosciuto. E anche questo era riflesso dagli occhi color smeraldo. Al presente li concentrava su ciò che andava annotando mentre Lancaster parlava. Aveva una grafia perfetta, non contava a quale velocità scrivesse. Anche se al momento utilizzava, ne era certo, quello che definiva il metodo Pitman, una serie di ricci, barre e punti che non avevano alcun senso per lui, però non importava. Capitava molto di rado che lui dimenticasse qualcosa, ma preferiva avere comunque un promemoria. Inoltre Pettypeace coglieva spesso dettagli minimi che lui rischiava di trascurare, op14
pure di considerare irrilevanti al momento, e scoprire in seguito che erano invece cruciali. Loro due insieme formavano una vera squadra. A parte i tre migliori amici dai tempi di Oxford, il duca non riponeva una simile fiducia in nessun altro. Tuttavia non era sicuro che lei potesse affermare lo stesso per quanto lo riguardava. Altrimenti perché non gli aveva raccontato niente della propria vita, oltre a quanto gli aveva riferito quel primo pomeriggio? D'altro lato, però, King aveva l'impressione di conoscerla bene quanto se stesso. Eppure non poteva ignorare le lacune, che parevano approfondirsi con il passare del tempo. Si ripeteva che il suo passato non contava, poiché eseguiva quanto le veniva richiesto e lo faceva in maniera impeccabile. Inoltre Pettypeace aveva ogni diritto di custodire segreti. In fondo lui era bravissimo a tenere i propri. Tuttavia a volte si domandava... Divenne all'improvviso consapevole del silenzio carico d'aspettative. Era strano, ma aveva smesso di ascoltare con attenzione, anche se aveva colto il succo della proposta di Lancaster. «Interessante. La vostra invenzione manderebbe in rovina gli svegliatori.» I ragazzi pagati per bussare alle finestre e destare dal sonno i lavoratori a ore stabilite. Lancaster si mostrò sorpreso dal commento, come se non avesse riflettuto a fondo sulle conseguenze della propria idea. «Detto questo, ogni progresso determina una perdita di qualche genere. Pensate alle ferrovie. Le diligenze vengono usate sempre più di rado e le locande lungo le strade, un tempo battute, hanno meno clienti. In compenso si presentano nuove opportunità altrove. Per esempio ci si può recare con maggior facilità nei luoghi di villeggiatura in riva al mare, che di conseguenza stanno prosperando. Dunque vi occorre una fabbrica. Ed è proprio questo che mi chiedete in quanto investitore, o almeno così ho capito.» «Esatto, Vostra Grazia.» 15
«Ci rifletterò, Mr. Lancaster, però innanzitutto dovrò svolgere qualche ricerca per conto mio. Ci rivediamo tra due settimane nel mio ufficio in città.» Preferiva quell'ambiente austero e impersonale, quando si prospettavano trattative d'affari. «Vi darò una risposta allora.» King si levò in piedi e porse il biglietto da visita all'inventore, che si alzò a sua volta. «Lasciate il vostro a Miss Pettypeace. Mi metterò in contatto con voi per stabilire la data e l'ora esatte del nostro prossimo appuntamento.» «Vi ringrazio, Vostra Grazia.» Lancaster si avvicinò all'istante alla segretaria e le consegnò il cartoncino. Lei sorrise. «Ben fatto, signore.» La risposta non diede a King nessuna indicazione riguardo al suo parere, poiché Pettypeace diceva le stesse parole, nel medesimo tono allegro, a chiunque proponesse un'idea, per quanto ridicola o atroce fosse. A quanto pareva, sapeva fin troppo bene che cosa significasse non ricevere mai incoraggiamenti e voleva offrire speranza a un mondo che ne era privo. Dopo che Lancaster se ne fu andato, King si sedette di nuovo in poltrona, la guardò negli occhi e si preparò a godersi la parte che preferiva di ogni nuova opportunità d'investimento. «Cosa ne pensate, Pettypeace?» Come sempre, quando comunicava le sue prime impressioni, la segretaria si tolse gli occhiali e si massaggiò con delicatezza il naso. Alcuni fili chiari, che si erano impigliati nella montatura di metallo ed erano riusciti a evadere dalla prigione della crocchia severa, pendevano sciolti lungo i lati del viso. Subito attrassero l'attenzione di King, poiché non gli capitava quasi mai di notare in lei un aspetto in disordine. Questo la rendeva un'impiegata esemplare, tuttavia lui si chiese se rimanesse così abbottonata anche dopo essersi ritirata nella propria stanza, la sera, oppure nelle giornate libere. Quella che gli mostrava ogni giorno era una semplice facciata o la sua vera personalità? Nessun 16
fronzolo inutile. Un atteggiamento ammirevole, certo, eppure lo infastidiva rendersi conto d'ignorare il suono della sua risata. «Dovreste escogitare un sistema per rendere questi orologi economici. Le persone che ne avrebbero bisogno hanno poco denaro da spendere per quelle che considerano merci di lusso.» Rimise a posto gli occhiali. «Sono d'accordo e stavo pensando più o meno lo stesso.» King appoggiò il gomito al bracciolo della poltrona e posò il mento sul palmo. Poi, con lentezza, si passò il pollice sul labbro inferiore. «Avevo visto qualcosa di simile in Francia, ma si poteva regolare lo squillo soltanto su una determinata ora in punto.» «Mentre l'invenzione di Mr. Lancaster permette di stabilire anche i minuti esatti. Quindi chi non deve svegliarsi fino alle sei e mezza, può godersi mezz'ora di sonno in più.» «Quando mai vi è capitato di non alzarvi allo scoccare dell'ora, Pettypeace? Vi è successo, qualche volta, di dormire fino a tardi?» Lei incurvò le labbra in un sorrisino. «Mi concedo sempre di rimanere a letto la mattina di Natale. Un regalo a me stessa.» King sentì l'addome contrarsi in un nodo quasi doloroso. Questo gli giungeva nuovo. Provava un desiderio tanto intenso di scoprire qualche brandello d'informazione in più su di lei da reagire come se si fosse alzata in piedi e denudata davanti ai suoi occhi? Oppure era perché l'aveva subito immaginata sotto le coperte, che si destava, si stirava, si ricordava che era festa, si girava sull'altro fianco e si abbandonava di nuovo al sonno con un sorriso beato? O magari perché il dono che si concedeva era così semplice, al punto che avrebbe potuto goderne ogni giorno dell'anno, eppure se lo negava poiché, proprio come lui, si sentiva in dovere di realizzare grandi cose, quale che fosse il sacrificio personale? 17
Il pensiero lo indusse a chiedersi cosa diavolo la spronasse. «Siete troppo avara con voi stessa, Pettypeace. Per Natale dovreste piuttosto comprarvi un bene costoso.» «In genere i regali migliori non hanno alcun costo» replicò lei con un sorriso sognante, come smarrita nei ricordi, e King fu tentato di domandarle quale fosse il dono più bello che avesse mai ricevuto. Diamine, in realtà voleva sapere chi gliel'avesse dato. Passò mentalmente in rassegna tutti i regali che le aveva fatto, tipici oggetti che si offrivano alla segretaria per consentirle di svolgere meglio le proprie mansioni, o almeno gradirle di più: una penna con il pennino d'argento, un calamaio di cristallo, il taccuino rilegato in pelle che aveva appena usato e molto altro. Niente, però, di natura personale. Non aveva idea di cosa apprezzasse per se stessa, cosa la facesse sorridere con lo stesso calore che aveva riservato a Lancaster. Di colpo gli parve fondamentale porgerle un dono che suscitasse in risposta qualcosa di più di un semplice: Vi ringrazio, Vostra Grazia, ne farò buon uso. Un omaggio che non avesse la benché minima utilità pratica. Mentre si alzava, Pettypeace assunse di nuovo un'espressione professionale. Le buone maniere, inculcate in lui sin dalla culla, lo costrinsero a levarsi in piedi a sua volta, cosa che avrebbe evitato se ad assisterlo negli affari fosse stato un uomo. «Stenderò gli appunti e ve li porterò nel pomeriggio. Chiamo i vostri soliti segugi e li metto sulle tracce di Mr. Lancaster?» Gli mostrò il biglietto da visita. C'erano parecchi motivi per cui era stato importante chiedere all'inventore di lasciarlo. Innanzitutto, alcuni investigatori al suo servizio avrebbero saputo indicare con precisione dove erano stati stampati. «Certamente.» 18
«Desiderate procedere domandando preventivi a fabbriche esistenti e confrontarli con i costi per la costruzione di uno stabilimento nuovo?» «Mi conoscete davvero bene, Pettypeace.» Lei sorrise quasi a quel commento. King colse il lieve fremito delle sue labbra. «C'è altro, Vostra Grazia?» «Sì. Stasera ceneremo al club, insieme agli Scacchisti.» «Ceneremo, Vostra Grazia?» «Avrò bisogno di voi. Bishop ha un progetto da presentare e desidero che prendiate appunti.» «Ma è un circolo riservato agli uomini.» «Ho prenotato una saletta privata, con ingresso riservato. Ordinate di preparare la carrozza per le sette e mezzo.» «Sì, Vostra Grazia» confermò lei con un rapido cenno. Si girò per andarsene. «Pettypeace?» Senza lasciarle il tempo di fermarsi, King venne avanti. Gli bastarono sei passi per raggiungerla, poiché aveva le gambe molto più lunghe di lei, che superava i cinque piedi appena di un quarto di pollice. Con delicatezza, prese tra le dita i capelli che le carezzavano la gota e glieli portò dietro l'orecchio. «Ci abbiglieremo da sera. Se avete qualche vestito meno... severo, non esitate a indossarlo.» Pettypeace sbatté le palpebre, deglutì e annuì. «Comunque si tratta di lavoro.» «Certo, senza alcun dubbio.» Lei si tastò i capelli, poi gli elargì un sorriso. Caldo e radioso. «Mi incuriosisce vedere l'interno di un club per gentiluomini.» Mentre usciva, King si rese conto, a sorpresa, che sarebbe stato pronto a sborsare un patrimonio per poter ammirare sempre quel sorriso ammaliante.
19
I fantasmi di Lord Darlington ANNA BRADLEY Inghilterra, 1795 - Indagare sotto le mentite spoglie di una cameriera è un'esperienza del tutto nuova per Cecilia Gilchrist, che tuttavia è intenzionata a portare a temine la missione che le è stata assegnata. Ma una volta che si stabilisce al Castello di Darlington, scoprire se il misterioso marchese ha davvero assassinato la moglie si dimostra più complicato di quanto avesse immaginato. Per quanto sia evidente, infatti, che lui nasconde più di un segreto, come credere che dietro ai suoi bellissimi e sconvolgenti occhi azzurri si celi un gelido assassino? Seguire ogni sua mossa, poi, non fa altro che avvicinarla sempre di più a lui, e se il cuore la ingannasse, Cecilia potrebbe pagare quell'errore con la vita...
La duchessa perfetta LORRAINE HEATH Londra, 1874 - Hugh Brinsley-Norton, il Duca di Kingsland, deve trovare con urgenza una duchessa. Tuttavia, riportare al suo antico splendore il ducato, ormai in rovina, è un'impresa che richiede tutto il suo impegno e che di certo gli lascia poco tempo per occuparsi di sentimenti. Decide così di pubblicare un annuncio invitando le giovani donne del ton a scrivergli, spiegando perché dovrebbero essere le prescelte, e affida a Penelope, la sua segretaria, il compito di selezionare la futura sposa. Ma quando tra le risposte compare un messaggio minatorio, Hugh si rende conto con stupore di essere disposto a rischiare tutto, compreso il cuore, per tenere al sicuro tra le sue braccia proprio la coraggiosa e bellissima Penelope.
L'esplosiva Lady Sesily SARAH MACLEAN Londra, 1838 - Considerata per anni lo scandalo più eclatante di Londra, Lady Sesily Talbot ha deciso di godere della reputazione conquistata. Nessuno ormai si interessa più a lei se attira un uomo tra le ombre di un giardino. Nessuno, tranne Caleb Calhoun, che si sforza da troppo tempo di ignorare la sfacciata sorella del suo migliore amico!
Una scandalosa ereditiera MANDA COLLINS Inghilterra, 1867 - Come componente del duo che redige la più famosa rubrica di cronaca nera di tutta l'Inghilterra, Caroline ha una reputazione alquanto scandalosa. Una simile attività le è già costata un fidanzato, ma quando una cara amica viene rapita, lei non ha altra scelta che indagare con il Visconte Wrackham, lo stesso uomo che...
La caduta del duca SOPHIE JORDAN Inghilterra, 1848 - Il mondo di Peregrine Butler, futuro Duca di Penning, si sbriciola quando scopre che non sarà lui ad acquisire il titolo. L'unico modo per evitare la rovina, ora, è conquistare un'ereditiera e sposarla. Ma Imogen Bates, la figlia del pastore, decide di sabotare i suoi sforzi per proteggere quelle che considera ignare fanciulle.
Anime ribelli EVIE DUNMORE Inghilterra, 1880 - Lady Lucinda rappresenta tutto ciò che una giovane di buona famiglia non dovrebbe essere, poiché è orgogliosa, brillante e impegnata politicamente. Anche Lord Tristan non è proprio un modello di virtù. Non si sono mai piaciuti, eppure adesso qualcosa è cambiato. Da anime ribelli ad anime gemelle il passo è breve!
Dal 12 maggio