Elisabeth Hobbes LA FIGLIA DEL MARE
Immagine di sfondo in copertina: tommasolizzul/iStock/Getty Images Plus/Getty Images Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Daughter of the Sea Avon Books An Imprint of HarperCollins Publishers © 2021 Elisabeth J. Hobbes Traduzione di Federica Isola Pellegrini Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con HarperCollins Publishers, LLC, New York, U.S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved. © 2022 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione I Grandi Romanzi Storici giugno 2022 Questo volume è stato stampato nel maggio 2022 da CPI Black Print, Spagna, utilizzando elettricità rinnovabile al 100% I GRANDI ROMANZI STORICI ISSN 1122 - 5410 Periodico settimanale n. 1309 del 10/06/2022 Direttore responsabile: Sabrina Annoni Registrazione Tribunale di Milano n. 75 dello 01/02/1992 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distribuzione canale Edicole Italia: m-dis Distribuzione Media S.p.A. Via Carlo Cazzaniga, 19 - 20132 Milano HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano
Dedica
Per Stanley, un cucciolo eccezionale che è sempre rimasto seduto ai miei piedi mentre terminavo questo libro... una breve ma felice esistenza. E per Missy, che si è unita a noi come cucciolo adottivo mentre lavoravo al testo e che adesso è diventata un membro permanente della nostra famiglia.
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Benché non fosse una donna religiosa, quando Effie Cropton scorse il cesto di vimini sospinto dalle onde, la prima cosa che le venne in mente fu la storia di Mosè salvato dalle acque del Nilo dalla sorella del faraone. Rimase talmente sbalordita dall'immagine che aveva evocato che quando udì lo strillo di un neonato, diede per scontato che si trattasse del frutto della sua immaginazione e decise di ignorarlo, tornando a concentrarsi nel raccogliere alghe brune e rossicce disseminate sugli scogli che si innalzavano a breve distanza dalla riva del mare. Quando udì il disperato vagito per la seconda volta, alzò lo sguardo in cerca di un gabbiano, ma non ne volteggiavano sopra di lei nel cielo plumbeo. Allorché lo strillo le giunse all'orecchio per la terza volta, non poté più dubitare che fosse stato emesso da un bambino. La spiaggia era deserta. Il giorno più corto dell'anno era anche il più freddo. Solo lei si era avventurata sulla spiaggia. Lo strillo non poteva che provenire dal cesto, che adesso veniva pericolosamente sballottato, scomparendo dietro le creste di schiuma. Senza soffermarsi sul perché un neonato potesse galleggiare alla deriva lungo la costa, Effie si tolse lo scialle e la cuffia, scalciò via gli zoccoli pesanti ed entrò nel mare. 7
L'acqua nera come l'inchiostro era gelida, come era logico aspettarsi nello Yorkshire il giorno del solstizio d'inverno, quando le ombre erano le più corte dell'anno e il pallido sole riusciva a stento ad aprirsi un varco fra le grosse nuvole per offrire una parvenza di tepore. I primi passi sul fondo pietroso furono oltremodo sgradevoli, e quando il mare le arrivò alle ginocchia il freddo divenne persino più pungente. Effie boccheggiò allorché il gelo le morse la carne e le intorpidì le membra. Anche se fu tentata di tornare indietro, il cesto si era avvicinato agli scogli scuri e frastagliati e il grido si levò ancora una volta, forte e pressante. E così continuò ad avanzare. La marea che si stava alzando sembrava spessa come la melassa, e le appesantiva le sottane. Aveva i piedi nudi... non avrebbe certo sprecato un paio di calze per andare a raccogliere delle alghe... e sassi aguzzi e frammenti di conchiglie le procuravano profonde escoriazioni sulle piante. In quel momento Effie apprezzò il gelo dell'acqua. Il dolore sarebbe venuto in seguito, quando fosse di nuovo riuscita a sentire le gambe, ma per il momento ringraziava il cielo che fossero diventate insensibili. Le correnti contrarie minacciavano di trascinare il cesto in alto mare, gettandolo avanti e indietro fuori dalla sua portata con una perversa giocosità che le ricordò un gatto che si stesse trastullando con un piccolo pesce sul muro del porto. Era immersa fino alla vita quando riuscì ad afferrarne un'estremità e chiudere le dita intirizzite attorno al manico. Lottando contro la corrente impetuosa, tornò verso la riva, intralciata dalle sottogonne inzuppate che le si avvolgevano attorno alle gambe e congiuravano con le onde per trascinarla sott'acqua. Ansimando e battendo i denti a causa del freddo, uscì vacillando dai flutti. Con un grido di trionfo e di sollievo, si accovacciò accanto allo scialle e agli zoccoli, di cui si era sbarazzata nel punto in cui il pietrisco lasciava il posto alla sabbia, a una prudente distanza dalle onde, per esaminare ciò che aveva portato in salvo. Il cesto era ampio e poco profondo, e studiandolo da 8
vicino sembrava più un incrocio fra un nido e una zattera che qualcosa che avrebbe potuto essere usato per contenere i generi alimentari comprati al mercato. In ogni caso conteneva un poppante. Una femmina. Non poteva avere più di tre o quattro mesi. Appariva ben nutrita, con dei piccoli rotoli di grasso sulle gambe e sulle braccia, anche se la sua pelle era di una tonalità grigiastra. La bambina la fissò con i suoi occhi scuri bordati da pagliuzze verdi come una pozza di acqua marina intrappolata fra gli scogli. Le pupille grandi e nere davano l'impressione di appartenere a un viso antico di secoli. A Effie si drizzarono i capelli sulla nuca mentre osservava quegli occhi così vecchi. La piccola era avvolta in una pelliccia che aveva l'esatta tonalità della peluria castano scuro che le copriva la testa. Quando Effie la scostò, le parve la cosa più soffice che avesse mai toccato. Mentre abbassava la pelliccia, la bambina contrasse il piccolo viso e cominciò a piangere, uno strillo stizzito che non pareva facile da placare. Reazione giustificata, data la situazione. Era nuda sotto la pelliccia, senza nemmeno un pannolino che coprisse le sue pudenda. Era un miracolo che non fosse morta congelata, come Effie si rese conto di essere in procinto di fare lei stessa se non si fosse tolta le gonne bagnate. Sollevò la bambina e la strinse contro di sé, rimboccandole attorno la pelliccia. La neonata cominciò a urlare sul serio, e mentre rafforzava la stretta attorno a lei, gli strilli divennero addirittura più disperati e le minuscole mani presero a tirare la sua camicetta. Piangeva per la fame, non per la paura. Il figlio di Effie, Jack, aveva cinque mesi e il pianto della bambina, unito alla pressione del piccolo viso contro il suo petto, le fece sgorgare un fiotto di latte. Lei ignorò il freddo che le stava filtrando nelle ossa. Si avvolse lo scialle attorno alle spalle, si sbottonò la camicetta e guidò la piccola bocca verso il capezzolo. La neonata vi si attaccò con una forza che le procurò una sensazione quasi doloro9
sa e succhiò con un'avidità che Jack non aveva mai dimostrato. La minuscola testa scura appariva pallida e delicata, annidata nelle pieghe dello scialle di lana rossa. «Stavi morendo fame, non è vero, pulcino?» mormorò Effie. Mentre l'allattava, si diresse verso l'estremità della spiaggia sassosa e scrutò il mare in cerca di qualcosa che le indicasse la provenienza della bambina. Anche se non poteva essere venuta dal nulla, il mare era deserto. Le imbarcazioni da diporto non si sarebbero mai avventurate fuori da Whitby in quel periodo dell'anno e se lo avessero fatto perfino la più disattenta delle nutrici si sarebbe accorta se la bimba che le era stata affidata fosse caduta in mare molto prima che l'imbarcazione si allontanasse lungo la costa fino ad Allendale Head. Inoltre, quale neonata sarebbe stata portata in mare per fare una gita vestita in modo così insolito perfino nel più caldo pomeriggio estivo, e figurarsi nel cuore dell'inverno? Al largo della sicurezza del porto di Whitby, i naufragi erano frequenti, specialmente in inverno. Se la neonata si fosse trovata a bordo di una nave, probabilmente sua madre non avrebbe avuto il tempo di radunare degli abiti prima che le onde la inghiottissero. Era possibile che la piccola fosse stata gettata in fretta e furia nel cesto per tentare di salvarla. Un brivido le serpeggiò lungo la spina dorsale ed Effie si sforzò di accantonare il brutto presentimento. Quel mattino, suo marito John aveva lasciato Whitby a bordo di un bastimento mercantile, il Serenity, diretto verso i porti della Norvegia. Sarebbe rimasto via per circa due mesi e finché non fosse tornato lei sarebbe stata in ansia. Tuttavia, niente dimostrava che fosse avvenuto un naufragio ed era altamente improbabile che un piccolo cesto fosse stato in grado di superare le ondate, quando niente altro aveva raggiunto la riva, senza subire dei danni. Nondimeno, qualcuno aveva messo di proposito la bambina nel cesto e molto probabilmente in fretta e furia. Una lieve bruma stava iniziando ad alzarsi, ammantando 10
l'acqua di un velo grigio e risalendo verso la riva, dove si sarebbe trasformata in nebbia. Effie non avrebbe trovato le risposte che stava cercando fissando le onde che stavano scomparendo e nel frattempo lei e la bambina avrebbero corso il rischio di buscarsi un malanno. Non serviva a nulla trattenersi troppo a lungo sulla spiaggia. Ignorando le proteste della piccola, se la staccò dal seno. Doveva allattare Jack quando fosse tornata a casa, dopo essere andata a recuperarlo al cottage di sua nonna, e non intendeva privarlo della cena. Avvolse la bambina nella pelliccia e la legò davanti a sé con lo scialle. Poi si infilò a un braccio il cestino che conteneva le alghe. Dopo un'ultima occhiata al mare, percorse con passo deciso la spiaggia pietrosa, arrovellandosi sul mistero della sua provenienza, fastidioso come un'unghia spezzata. Il vento divenne più impetuoso. Le gambe le si trasformarono in due colonne di ghiaccio mentre arrancava faticosamente tra i ciottoli con le gonne incollate a esse. Era senza fiato quando raggiunse la cima dei gradini intagliati nella scogliera. Si sedette sull'erba per riposarsi un momento e volse ancora una volta lo sguardo sul mare. Le onde erano grigie e sempre più alte. Delle grandi nuvole tempestose avevano oscurato il cielo in lontananza. Anche se lei scorse un lampo argenteo all'orizzonte, fu troppo fugace per consentirle di capire di che cosa si trattava. Era ancora seduta sull'erba umida, intenta a massaggiarsi i piedi per riattivare la circolazione del sangue, quando si sentì interpellare da una voce ben nota. «Buon pomeriggio, Mrs. Cropton.» Come faceva quasi ogni giorno a quell'ora, Walter Danby stava camminando sul sentiero che costeggiava la scogliera, facendo oscillare un bastone da passeggio e fischiettando in tono sommesso. Avvicinandosi, si tolse il cappello di feltro marrone e si ravviò gli ondulati capelli biondi. Le rivolse un sorriso che a onor del vero era un po' troppo caloroso per essere rivolto da un giovane celibe a una donna sposata, ma si conoscevano da così tanto tempo 11
che Effie gli perdonò quella eccessiva familiarità. Walter viveva ad Allendale Hall, situata sulla sommità delle scogliere alle spalle del villaggio. Suo padre era uno dei soci dello stabilimento per la lavorazione dell'allume, a un miglio di distanza nell'entroterra, in cui lavorava la maggior parte degli abitanti del villaggio che non svolgevano attività legate al mare. La defunta madre di Effie era stata la figlia di una maestra di scuola e il suo defunto padre un impiegato di banca di un certo livello, due cose che avevano indotto Mrs. Danby a interessarsi a lei. Almeno finché non si era disonorata agli occhi dell'intero villaggio, che la considerava già una forestiera. Effie si alzò, stringendo contro di sé la bambina, e ricambiò il sorriso di Walter. A volte, quando non si mostrava troppo serio, desiderava che lui avesse terminato gli studi universitari all'Owens College di Manchester in tempo per chiedere la sua mano prima che lei sposasse John Cropton, ma teneva quel pensiero sepolto nel profondo del suo cuore. «Come sta quest'oggi il piccolo Jack?» domandò Walter, allungando il collo per guardare la minuscola creatura annidata contro il suo petto. «Diventerà un uomo attraente come suo padre?» Un guizzo di desiderio le si accese nel ventre. John era molto attraente, con un viso amabile e aperto, capelli di un castano chiaro che il sole aveva schiarito e un corpo reso vigoroso da tanti anni di lavoro fisico. Era stato considerato un buon partito dalle famiglie di pescatori del villaggio e il fatto che fosse stata lei a conquistarlo non aveva contribuito a procurarle l'amicizia delle altre giovani. «Me lo auguro, ma questo non è Jack.» Effie scostò lo scialle per rivelare la piccola testa. La bambina aveva un colorito più roseo ora che si era scaldata ed era stata nutrita, e i capelli, che nel frattempo si erano asciugati, avevano assunto l'esatta tonalità della pelle di foca. Walter studiò Effie un istante e boccheggiò, allungando una mano e subito affrettandosi a ritirarla. «Ma siete bagnata fradicia!» 12
Lei gli spiegò come aveva trovato la bambina e lui si accigliò. «Entrare in mare per soddisfare un capriccio! Avete corso un enorme rischio e non è così che si comportano le donne rispettabili.» «Sembrate anziano come vostro padre quando parlate della rispettabilità delle donne» replicò Effie, stizzita. Walter parve ferito da quell'accusa e lei provò una fitta di rimorso. In fondo lui era più indulgente degli altri uomini di sua conoscenza, benché non comprendesse la sua abitudine di vagare da sola lungo la riva del mare per placare lo spirito. Il metodo usato da Walter per rilassarsi consisteva nell'immergersi in un trattato scientifico seduto in una comoda poltrona. «Non si è trattato di un capriccio, com'è poi risultato» continuò lei. «Se non fossi entrata nell'acqua, chissà che cosa sarebbe accaduto a questo povero pulcino. Non c'era nessuno sulla spiaggia che potesse aiutarmi.» «Il che costituisce un motivo ancora più serio per cui non avreste dovuto mettere a repentaglio la vostra vita» dichiarò Walter, tornando ad accigliarsi, anche se questa volta lei sospettò che la contrarietà fosse dovuta alla paura per la sua incolumità più che alla disapprovazione. Lei gli posò una mano sulla manica della redingote. «Walter, vi prego, non adesso.» Lui abbassò lo sguardo sulle sue dita e un lieve rossore gli salì alle guance a quel tocco confidenziale. Effie si raddrizzò la cuffia e gli sorrise. «Mi rendo conto che siete animato da buone intenzioni, ma ho freddo e devo andare a prendere Jack al cottage di mia nonna. Non posso stare qui a chiacchierare per tutto il pomeriggio nella speranza di asciugarmi e questa povera creatura deve stare al caldo, all'interno di una casa.» Walter parve contrito. «Ovviamente. Mi dispiace tanto, non stavo pensando. Dovete essere mezza congelata.» Si sfilò la giubba pesante, restando unicamente in camicia e panciotto. La porse a Effie con un cenno deciso del capo. 13
«Morirete di freddo mentre tornate a casa» protestò lei. «Non tanto quanto accadrebbe a voi. Vi prego, permettetemi di fare ammenda per avervi trattenuta qui così a lungo.» «Grazie. Siete un caro amico.» «Infatti.» Le posò la giacca sulle spalle e gliela sistemò attorno come meglio poté. L'effetto di protezione dal vento gelido fu immediato. Effie tornò a coprire la testa della bambina con lo scialle, rallegrandosi che lo spesso tweed la proteggesse dalle intemperie. «Che altro posso fare per aiutarvi?» domandò Walter. «Desiderate che vada a Whitby e chieda se l'ospizio dei poveri può accogliere la bambina? Sono sempre disposti ad accogliere dei trovatelli.» Malgrado le sue buone intenzioni, lei rafforzò la stretta attorno alla piccola, ribellandosi alla prospettiva di affidarla ai severi sovrintendenti che dirigevano quel cupo istituto circondato da alti muri. «La porterò a casa con me finché qualcuno non verrà a reclamarla.» «In tal caso, domani mi recherò a Whitby e vi riferirò se qualcuno ha perduto una bambina.» Walter proseguì rivolgendole un ultimo sorriso, che lei ricambiò. Effie non era una strega, anche se quando era arrivata ad Allendale Head alcuni degli abitanti più anziani del villaggio avevano sentenziato che, considerato chi era sua nonna, un giorno avrebbe potuto dimostrare di possedere delle capacità che non si erano ancora manifestate. Effie, che all'epoca aveva quattordici anni ed era appena rimasta orfana, non aveva il tempo di prestare ascolto a quelle chiacchiere e non degnava nemmeno di una risposta pettegolezzi così superstiziosi. Un gruppo di ragazzini del villaggio si era radunato fuori dalla porta di Alice Millbourne per sfidarsi a bussare. Effie li scacciò e loro corsero via, ridendo con l'allegria dei bambini che attendevano l'arrivo del giorno di Natale. Scosse la testa e sorrise, quindi varcò la soglia. 14
«Effie, sei tu?» le giunse la voce di Alice dalla dispensa. «Avvolgi le alghe in un panno umido, ti spiace?» Lei obbedì, tenendone alcune per sé. Alice le usava per preparare impiastri e unguenti vari. Lei per dipingerle. «Come mai indossi la giacca di Walter Danby?» domandò Alice mentre entrava in cucina. Socchiuse gli occhi con aria sospettosa mentre osservava la nipote. «Tuo marito è assente e non credo che tu sia il tipo da avere una tresca con un altro.» «Non ho una tresca con Walter, e lo sapete benissimo» replicò lei indignata. «Sono sempre stata fedele a John durante il nostro matrimonio.» John Cropton aveva dieci anni più di lei ed era rimasto scapolo più a lungo di quanto molte persone ritenessero che dovesse rimanere, considerato il suo aspetto attraente. Era timido ed esigente, e aveva stupito tutti quando aveva chiesto a Effie di sposarlo. La gente si era probabilmente stupita molto meno che lo avesse fatto quando lei aveva dimostrato chiaramente di essere incinta dopo troppo pochi mesi di vita coniugale perché i conti tornassero. Se Effie avesse intrappolato John o John avesse intrappolato Effie era oggetto di molte discussioni fra coloro che amavano spettegolare. Sebbene forse nessuno dei due avesse intenzione di intrappolare o di essere intrappolato, il risultato era lo stesso. L'uomo che tutto il villaggio aveva creduto sarebbe sempre rimasto scapolo aveva trovato una moglie, e lei era scesa dalla classe media a quella operaia. Malgrado gli inizi del loro matrimonio, Effie e John erano soddisfatti l'uno dell'altra, in modo particolare quando John si imbarcava sul Serenity. Sebbene a lei piacesse il proprio marito e gradisse le notti che trascorrevano nel loro letto, non aveva tardato a scoprire che la sua fama di essere timido era dovuta in parte al fatto che aveva poche opinioni da esprimere ed era piuttosto ottuso. Lei stava attenta a tenere per sé quei pensieri, sapendo che pareri troppo audaci sarebbero stati malvisti in una giovane moglie. I viaggi del marito le procuravano due mesi di piace15
vole solitudine, durante i quali era libera di passeggiare lungo la riva del mare, di raccogliere conchiglie e alghe marine da dipingere, di decidere quando e cosa mangiare, e non doveva sopportare occhiate perplesse quando divorava i libri e le riviste che le prestava Walter. Accoglieva sempre John con un bacio al suo ritorno ed era ragionevolmente sicura che lui non sospettasse affatto che gradiva la sua assenza quanto la sua presenza. «Ho incontrato Walter per caso sul sentiero della scogliera, se proprio desiderate saperlo.» Un lieve rossore le imporporò le guance. Benché fosse stato indubbiamente un caso per lei, non avrebbe potuto giurare che lo fosse stato anche per lui. Si avvicinò al figlio. Jack stava dormendo nella culla posta accanto al fuoco, la stessa culla in cui era stata cullata lei e suo padre prima di lei. La vista del figlio disteso in essa le procurò un piacevole senso di calore, venato dalla tristezza al pensiero che entrambi i suoi genitori fossero stati uccisi dall'influenza prima di aver avuto la possibilità di conoscere il loro primo nipotino. Anche John aveva perduto il padre durante un naufragio e la madre poco dopo a causa del dolore, prima che lui la sposasse. Accarezzò la testa di Jack e decise di lasciarlo dormire un po' più a lungo per godersi in pace una chiacchierata. «Walter mi ha prestato la sua giacca per scaldarmi, dal momento che non potevo usare lo scialle.» Effie scostò le pieghe dello scialle e le mostrò la bambina. Stava dormendo, le braccia e le gambe piegate, e la testa premuta contro il suo petto, una postura che le ricordò un topolino rannicchiato nella sua tana. Lei le accarezzò la testolina come aveva fatto con Jack e percepì un sentore di salmastro. La piccola si mosse, sul punto di svegliarsi. Alice socchiuse gli occhi. «Prepara il tè e raccontami tutto.» Effie le riferì ciò che era accaduto quel pomeriggio mentre la nonna ascoltava in silenzio, senza mai distogliere lo sguardo dalla testa scura della bambina. 16
Quando lei ebbe terminato il racconto, Alice mise giù la tazza del tè. «Mostramela bene.» Effie slegò lo scialle e la depose sul tappeto posto di fronte al fuoco, ancora avvolta nella pelle di foca. Alice tenne la mano sospesa al di sopra del corpicino e la fece scorrere lentamente dalla testa ai piedi e viceversa. «Esistono modi più semplici per liberarsi di un neonato» mormorò. «E tu dici di non aver visto nessuno in acqua?» «Non sono riuscita a scorgere la benché minima traccia che mi indicasse da dove era venuta. Non c'erano imbarcazioni di alcun genere.» «Non mi riferivo a delle imbarcazioni.» Alice fissò la nipote con i suoi perspicaci occhi scuri. «Forse viene direttamente dal mare.» Effie mise giù la propria tazza. «Dal mare? Credete che le sirene gettino via i loro figli?» Scosse la testa e scoppiò in una risata. Alice non sorrise. «Credevi nella loro esistenza quando eri più giovane» dichiarò fissandola con grande serietà. Alzarono entrambe lo sguardo verso la mensola sulla quale erano allineati gli unici quattro libri di Alice. Una Bibbia, una copia piuttosto malconcia del Libro di Mrs. Beeton, Idilli del re di Alfred Tennyson e Rapporti con le Fate di George MacDonald. «Non sono più una bambina e questa non è una fiaba. Mancano circa venti anni all'inizio del ventesimo secolo.» Alice rimase in silenzio, limitandosi a osservare la bambina, che le stava fissando con quei suoi inquietanti occhi scuri. Effie rabbrividì. Se avesse trascorso altro tempo in compagnia di sua nonna, avrebbe potuto iniziare a credere a ciò di cui lei sembrava convinta, ossia che quegli strani occhi indicassero che la bambina era stata lasciata al posto di un'altra, rapita dalle fate. «È stata abbandonata in mare di proposito» dichiarò. «E chiunque lo abbia fatto, e intendo una persona e non una ninfa, un folletto o una sirena, si è preso la briga di tenerla al caldo con la pelliccia e al sicuro nel cesto.» Accarezzò la mano della piccola, che emise un gorgoglio. «È 17
stata amata, fino a un certo punto, se non altro.» Non poterono proseguire la conversazione poiché Jack si svegliò e cominciò a piangere con quell'urgenza che Effie aveva imparato ad attribuire alla fame. All'istante anche la bambina distesa sul tappeto si mise a strillare. Portò con sé Jack sulla sedia, ma non fu in grado di ignorare le grida della neonata. Se l'accostò all'altro seno e si sforzò di sorreggere entrambi con le braccia per allattarli simultaneamente. Osservò le due teste, quella scura della bambina e quella molto più chiara di Jack. La prima succhiava con maggiore energia, e lei continuò a nutrire entrambi finché Jack, ormai sazio, non lasciò andare il capezzolo un attimo prima che lo facesse la bambina. Effie ebbe l'impressione che avesse aspettato che Jack finisse di poppare prima di decidere di imitarlo. I bambini possedevano un intuito particolare per quel tipo di cose? Molto probabilmente non si trattava che di una coincidenza. «La porterò a casa con me questa sera» disse ad Alice. «Dovrà essere allattata di nuovo.» Alice le versò un'altra tazza di tè. «Sì, senza dubbio, e tu ti sei addossata un grosso peso. Mi auguro che non scoprirai di esserti assunta un compito più gravoso di quanto avessi immaginato.» Effie scosse la testa a quel tono sinistro. Non c'era da stupirsi che gli abitanti del villaggio pensassero ciò che pensavano di Alice con tutti i suoi discorsi su prodigi ed esseri soprannaturali. «Walter Danby ha promesso che avrebbe tentato di scoprire da dove può essere venuta. E non sarà direttamente dal mare.» La tempesta che aveva oscurato l'orizzonte quando lei aveva lasciato la spiaggia aveva raggiunto la costa e lei evitò per miracolo un acquazzone, anche se la luce stava già svanendo quando raggiunse il suo cottage a una certa distanza dal villaggio. Sbarrò la porta, accese un lume a olio e gettò una palata di carbone nella stufa di ferro per alimentare il fuoco. 18
John aveva trascorso tutta la vita in quel cottage ed Effie lo amava. Era costruito su un solo piano, con una grande stanza che fungeva da sala da pranzo, da cucina e da salotto. Infine c'erano una piccola dispensa e una camera da letto nella parte posteriore. Il tutto più che sufficiente per una coppia e un bambino piccolo. Quando il gelo cominciò ad abbandonare la stanza, Effie depose i due bambini sul tappeto mentre tagliava una fetta di pane e una di formaggio. Consumò la sua cena accanto ai bambini, osservandoli divertita allorché il loro scalciare non li portò in contatto l'uno con l'altra e sgranarono gli occhi per la meraviglia rendendosi conto di non essere soli. Quando divennero più irrequieti e chiaramente stanchi, lei sistemò entrambi nella culla di Jack. Le fiamme non avevano tardato a divampare e la stanza era diventata piacevolmente calda. Effie appese i diversi tipi di alga ad asciugare sulle cordicelle che sormontavano la stufa. Ondeggiarono mosse da una corrente d'aria, le lunghe estremità che proiettavano ombre danzanti sul tavolo e sulle pareti. Intendeva disegnarle prima che si asciugassero del tutto, e in seguito colorarle quando ne avesse avuto il tempo. Nondimeno, mentre sedeva al tavolo con dei fogli di carta e dei carboncini, la sua mente non smetteva di tornare al cesto e alla pelliccia. Mise giù il carboncino che aveva in mano e spiegò la pelle di foca che si era completamente asciugata. Era così soffice mentre la stendeva sul tavolo che lei provò l'impulso di affondarvi il viso. Fece scivolare le mani sull'intera forma e se l'accostò al naso. Emanava lo stesso sentore di salsedine della testa della neonata. Era uno strano tipo di protezione in cui avvolgere una bimba di pochi mesi. Prima di coricarsi, la piegò accuratamente e la ripose nel cesto, che si era praticamente disintegrato. Li sistemò sullo scaffale più alto dell'armadio della propria camera da letto, accanto alle lenzuola, e si dimenticò di entrambi.
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