La moglie di un fonseca

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ABBY GREEN

La moglie di un Fonseca


Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: The Bride Fonseca Needs Harlequin Mills & Boon Modern Romance © 2015 Abby Green Traduzione di Anna Vassalli Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved. © 2016 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione Collezione Harmony febbraio 2016 Questo volume è stato stampato nel gennaio 2016 presso la Rotolito Lombarda - Milano COLLEZIONE HARMONY ISSN 1122 - 5450 Periodico bisettimanale n. 3054 dello 02/02/2016 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 22 del 24/01/1981 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Mondadori, 1 - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 045.8884400 HarperCollins Italia S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano


1 «Bene, bene, bene. Questo sì che è interessante. La piccola Darcy Lennox che viene da me in cerca di un impiego.» Darcy soffocò l'irritazione per essere stata definita, non del tutto impropriamente, piccola mentre cercava di arginare l'assalto ai sensi provocato dalla vicinanza di Maximiliano Fonseca Roselli, con solo una scrivania che li separava. Ma era dura, perché lui era di una bellezza devastante, com'era sempre stato. E forse adesso ancora di più perché era adulto, e non il diciassettenne che lei ricordava. Emanava sex appeal come un aroma che dava alla testa. Era per metà brasiliano e per metà italiano. I capelli biondi sempre scompigliati e lunghi a sufficienza per testimoniare che non gliene importava un bel niente di niente, men che meno delle convenienze, anche se era riuscito a diventare uno dei più giovani imprenditori di tutto rispetto d'Europa, come affermava uno dei più noti giornali finanziari. Darcy poteva immaginare quante donne sarebbero state felici di osservare ogni suo movimento sexy. Lei, tra l'altro, aveva notato qualcosa di diverso nei suoi tratti perfetti, e lo disse senza riflettere. «Hai una cicatrice.» Partiva dalla tempia, raggiungendo la mascella in 5


una linea sinuosa, rendendolo ancora più misterioso e interessante. L'uomo sotto il suo scrutinio aggrottò un sopracciglio biondo scuro, considerando poi con voce strascicata: «La tua capacità d'osservazione è sempre a dir poco eccezionale». Darcy arrossì penosamente. Possibile che fosse così priva di tatto da rilevare l'imperfezione fisica di qualcuno? Quando era entrata nel suo sfarzoso ufficio di Roma, Max si era alzato per accoglierla, ed era ancora in piedi, e lei cominciava a sentire caldo sotto lo sguardo di quegli occhi verdi che l'avevano ammaliata fin dalla prima volta che l'aveva visto. Lui si mise a braccia conserte e lei, impotente, non riuscì a distogliere lo sguardo da quei muscoli che premevano contro la camicia aperta sul collo, le maniche rimboccate. Benché indossasse un paio di pantaloni neri dal taglio perfetto, non aveva per niente un aspetto distinto. Lo sguardo era troppo acuto, troppo cinico per avere un'aria raffinata. «Allora, come mai una studentessa del Boissy le Château cerca lavoro come segretaria?» E prima che lei potesse rispondere, aggiunse con una nota di sarcasmo nella voce: «Immaginavo che a quest'ora fossi sposata con qualche aristocratico europeo, e avessi prodotto la giusta dose di eredi, come qualsiasi altra studentessa di quell'anacronistico istituto». Trafitta da quello sguardo dai riflessi dorati, Darcy rimpianse il momento in cui, dopo aver letto l'annuncio in una bacheca, aveva pensato fosse una buona idea presentarsi per quell'impiego. Per la verità, non voleva ammettere che una parte di lei era stata curiosa di rivedere Max Fonseca Roselli. «Dopo che tu te ne sei andato, sono rimasta al Boissy solo un altro anno...» S'interruppe, colta dal terribi6


le ricordo di Max che picchiava un ragazzo nella neve, e la macchia rossa che si allargava su quel manto candido. Lo affossò. «Mio padre ha subito gli effetti della recessione, quindi sono tornata in Inghilterra a terminare le scuole.» Max finse commiserazione. «Quindi non sei stata la bella del ballo delle debuttanti a Parigi?» Lei sbuffò, non era stata la bella di nessun ballo. Sapeva che Max aveva passato dei brutti momenti al Boissy, ma lei non gli era stata nemica. Provò una stretta al cuore quando riaffiorò un altro ricordo, di poco dopo che lui era arrivato. Darcy aveva visto due giovani che lo bloccavano, mentre un terzo lo prendeva a pugni. Senza neppure riflettere, si era intromessa. Fu sommersa da un'ondata di calore al pensiero che lui lo ricordasse. «No» rispose secca, «non ho partecipato al ballo a Parigi. Ho conseguito una laurea in lingue ed economia alla London University, come puoi vedere dal mio curriculum.» Che era sulla sua scrivania. Ed era stato un errore madornale. «Senti, ho letto su una bacheca che hai bisogno di una segretaria. Probabilmente non avrei dovuto presentarmi.» Darcy prese la ventiquattrore che aveva posato sul pavimento. Max la fissò aggrottando la fronte. «Vuoi l'impiego o no?» Darcy s'irritò con se stessa per essere stata così precipitosa, e con Max per essere affascinante al punto da distrarla. Ancora. «Certo che voglio l'impiego. Ne ho bisogno.» Max aggrottò ancor più la fronte. «I tuoi genitori hanno perso tutto?» 7


Non le piaceva che la ritenesse in cerca di lavoro perché i suoi genitori non erano più in grado di mantenerla. «No, grazie al cielo mio padre si è ripreso.» E poi aggiunse secca: «Che tu lo creda o meno, mi piace essere indipendente». Dall'espressione di Max si intuiva che non le credeva, così Darcy si morse il labbro, imponendosi di non replicare. Non poteva biasimarlo per la sua deduzione, ma a differenza di tutte le altre alunne della sua scuola, non si aspettava che ogni cosa le piovesse dal cielo. Quegli occhi ipnotici la fissavano troppo da vicino, e Darcy fu penosamente consapevole dei propri capelli legati in una coda di cavallo, della statura sotto la media e della figura poco piacente che ormai aveva imparato ad accettare, cercando di mettere in risalto ciò che aveva a disposizione. A quel punto Max le chiese nella lingua di sua madre: «Parli italiano?». Darcy sbatté le palpebre, ma rispose prontamente nella stessa lingua: «Sì. Mia madre è romana. Sono sempre stata bilingue, e parlo anche spagnolo, tedesco e francese. Me la cavo anche con il cinese». Lui gettò uno sguardo al suo curriculum poi tornò a fissarla, passando all'inglese. «C'è scritto che sei stata a Bruxelles negli ultimi cinque anni. È lì che abiti?» Darcy si sentì stringere il cuore a quella domanda diretta. In verità non aveva più avuto una residenza fissa da quando, a otto anni, i suoi genitori si erano separati e avevano venduto la casa di famiglia. L'avevano sballottata da una scuola all'altra, e da una casa all'altra, che ognuno dei genitori cambiava in continuazione; il padre per impegni di lavoro, la madre per le diverse relazioni. Aveva appreso che l'unica costante della vita era lei stessa e l'abilità di costruirsi una solida carriera, guar8


dandosi bene dall'intrecciare relazioni passeggere. «Al momento non ho una residenza fissa» rispose. «Sono libera di spostarmi dove mi chiama il lavoro.» Ancora una volta quello sguardo penetrante era fisso su di lei. Darcy non sopportava l'insicurezza che temeva di lasciar trapelare al pensiero di come lui la valutasse, dopo tutti quegli anni, paragonandola alle modelle con le quali era spesso fotografato. Al loro fianco, lei sarebbe apparsa un piccolo elefante. Nel corso degli anni, in momenti di debolezza, aveva guardato le foto di Max sui settimanali di gossip e letto i commenti, solitamente salaci. Quando aveva letto di una sua avventura in un albergo, a letto con due modelle russe, aveva gettato la rivista nel cestino della carta straccia, disgustata con se stessa. All'improvviso Max le porse la mano. «Ti do due settimane di prova, a partire da domani mattina. Hai un alloggio?» Darcy impallidì. Le offriva l'impiego? Aveva ancora la mente ricolma d'immagini scandalose di Max avvinghiato a corpi femminili. Reagendo d'istinto, mise la mano nella sua e, all'improvviso, provò l'ennesima ondata di calore. Ma subito lui gliela lasciò, per controllare l'orologio, e quindi rivolgerle uno sguardo impaziente. Darcy si ridestò. «Mmh... sì. Ho una sistemazione per qualche giorno.» Represse una smorfia al pensiero del modesto albergo in una delle zone di Roma frequentate da turisti. Max annuì. «Bene. Se sarai confermata, ti troveremo qualcosa di permanente. Adesso ho un impegno. Ci vediamo domani alle nove e ti spiegherò il tutto.» Rapidamente Darcy raccolse la ventiquattrore e arretrò di un passo. «D'accordo, allora a domani.» Si av9


viò alla porta, poi si voltò. «Non mi assumi solo perché ci conosciamo, vero?» Max, le mani sui fianchi, cominciava a dare segni d'impazienza. «No, Darcy. È un puro caso. Tu sei la persona più qualificata per questo impiego, le tue referenze sono impeccabili, e dopo colloqui con giovani che ritenevano che sedurre il principale fosse un requisito implicito per ottenere l'impiego, è un sollievo avere a che fare con una persona che conosce i limiti.» A lei non piacque quel senso di fastidio provato al pensiero che Max sottovalutasse a tal punto la sua abilità di sedurre, ma prima di rendersi conto di quanto fosse inappropriata quella riflessione borbottò qualcosa d'incomprensibile e uscì prima di rendersi ridicola. Max osservò la porta chiusa. Darcy Lennox. Il suo nome nell'elenco delle candidate era stato un fulmine a ciel sereno, così come lo era stato il preciso ricordo del suo viso nel momento in cui aveva letto il suo nome. Dubitava di rammentare così bene qualcun altro dei suoi compagni, inoltre Darcy non era neppure nel suo corso. Ma per quanto fosse piccola e del tutto comune, e di qualche anno più giovane rispetto a lui, pareva aver avuto un impatto notevole. E questa non era una riflessione piacevole per chi regolarmente tagliava fuori dalla propria vita le persone, senza il minimo scrupolo, sia che fossero amanti o conoscenze occasionali. Aveva ancora impresso in mente i suoi occhi, azzurri e immensi, in sorprendente contrasto con la pelle di un pallido color oliva, evidentemente ereditata dalla madre italiana. Max imprecò. Sorprendente? Si passò una mano nei capelli, scompigliandoli. Provava ancora i postumi del faticoso viaggio in Brasile, dal quale era tornato 10


due giorni prima, e francamente era un sollievo avere a fianco qualcuno che lavorasse per lui senza sentire la necessità di impegnarsi per conquistarlo. Darcy Lennox emanava buonsenso e razionalità. Affidabilità. Il fatto che avesse studiato al Boissy, anche se per breve tempo, significava che sapeva stare al proprio posto e non avrebbe mai oltrepassato i limiti. Non come l'ultima segretaria, che una mattina l'aveva aspettato, seduta alla sua scrivania, indossando soltanto una delle sue camicie. Per un attimo cercò di immaginare Darcy in quella situazione, ma tutto ciò che riuscì a vedere fu un viso serio e l'impeccabile gonna e camicetta, i capelli raccolti. Provò un senso di sollievo. Finalmente una segretaria che non l'avrebbe distratto dall'impegno di diventare un importante membro del competitivo mondo della finanza mondiale. Era proprio una delle cose migliori che gli fosse capitata da settimane. Darcy sarebbe stata quasi invisibile nello svolgere con efficienza il proprio lavoro. Su questo non aveva dubbi. Il suo curriculum era una dimostrazione delle sue capacità. A quel punto prese il telefono e ordinò secco: «Mandi via tutte le aspiranti. La signorina Lennox comincia domani mattina». Non si era neppure preso la briga di precisare che si trattava di due settimane di prova, tanto era certo di aver preso la decisione giusta. Tre mesi dopo «Darcy, vieni qui, subito!» All'ordine che pareva un ringhio, Darcy alzò gli occhi al soffitto alzandosi dalla scrivania, mentre si riassettava la gonna. Quando, aperta la porta, vide Max 11


che camminava nervosamente avanti e indietro, imprecò per quella fitta al plesso solare che la colpiva sempre quando lo guardava. Intorno a lui aleggiava un'energia virile e maschia. Darcy attribuì la propria fastidiosa reazione al fatto che qualsiasi donna avrebbe reagito in quel modo al suo carisma. Lui la fissò negli occhi. «Be'? Non stare lì.» Darcy aveva imparato che l'unico modo di trattare Max Fonseca Roselli era quello di considerarlo come un arrogante, impetuoso stallone, naturalmente con tutto il rispetto e le cautele del caso. «Non c'è bisogno che urli» gli disse con calma, «sono qui fuori dalla tua porta.» Entrò e si appollaiò sulla sedia di fronte a lui, in attesa di istruzioni. Doveva ammettere che anche se i suoi modi, talvolta, lasciavano a desiderare, lavorare con lui era l'esperienza più esilarante della sua vita. Solo stare al passo con la sua mente pronta era una sfida, e aveva già imparato più da lui in quei pochi mesi che non in tutti gli altri lavori svolti. Poco dopo aver iniziato quel lavoro, Max l'aveva sistemata in un lussuoso appartamento vicino all'ufficio a un affitto ridicolo. Alle sue proteste, lui aveva replicato: «Non voglio dovermi preoccupare per te se abitassi in una zona malfamata, inoltre talvolta dovrai lavorare oltre l'orario, quindi torna comodo anche a me che tu abiti qui vicino». E con questo l'aveva zittita. Aveva fatto in modo che la sistemazione fosse comoda soprattutto per lui, eppure lei non poteva lamentarsi e si godeva quell'appartamento fantastico. Tuttavia Max era stato di parola. Diverse sere aveva dovuto lavorare fino a tardi, e anche mezza giornata qualche sabato. La mole di la12


voro che lui svolgeva era a dir poco spaventosa. «Cos'ha risposto Montgomery?» ringhiò Max. Darcy non ebbe bisogno di consultare gli appunti. «Vuole che la settimana prossima, quando sarà qui con sua moglie, andiate a cena insieme.» L'espressione di Max s'irrigidì. «Accidenti a lui. Scommetto che quel vecchio fa di tutto per tirarla per le lunghe.» Osservando le sue mani, posate sui fianchi sottili, Darcy per un attimo ebbe qualche difficoltà a concentrarsi, ma si riprese subito e dovette ammettere che sì, era un comportamento abbastanza insolito. La maggior parte delle persone con le quali Max trattava non gli rifiutava niente. Max aveva le labbra ridotte a una fessura mentre parlava quasi a se stesso. «Montgomery ritiene che non sia adatto a gestire il suo denaro. Sono un emerito nessuno, non provengo da una famiglia importante e, peggio di tutto, ai suoi occhi non sono un rispettabile marito.» No, non lo sei di certo, osservò gelida tra sé Darcy, pensando al recente weekend che Max aveva trascorso in Medio Oriente con la sua bellissima amante esotica, una nota modella. Li immaginò con una schiera di bellissimi bambini esotici, con occhi castani, capelli scuri e gambe lunghe. «Darcy.» Colta sul fatto, lei arrossì. «Si tratta di una cena, Max, non è un test» precisò con calma. «Certo che è un test» ribatté lui irritato. «Perché credi che voglia farmi conoscere sua moglie?» «Forse Montgomery vuole solo conoscerti meglio. Dopotutto, potenzialmente, ti sta affidando una delle più grandi fortune d'Europa.» 13


Max abbozzò una smorfia. «Montgomery deve avermi già giudicato adatto o inadatto... Un uomo del suo stampo non ha nient'altro da fare nella vita che muovere le persone come pedine.» Si passò una mano nei capelli arruffati. Un gesto familiare, e per un attimo Darcy rimase senza fiato. Poi, irritata per quella reazione, disse esasperata. «Allora conduci...» S'interruppe per un attimo, decidendo come definire la sua amante, e sistemarla nell'opzione migliore. «Conduci Noor a cena con voi, e convincilo che la vostra è una relazione stabile.» Max era inorridito. «Condurre Noor al-Fasari a cena con Montgomery? Ma sei impazzita?» Darcy aggrottò la fronte, e non le piacque per niente la sensazione di sollievo alla reazione di Max al suo suggerimento. «Perché no? È la tua amante, ed è bellissima...» Con un gesto brusco, Max la interruppe. «È viziata, petulante, avida e poi non è più la mia amante.» A quella notizia, Darcy dovette imporsi di mantenere il viso inespressivo. Evidentemente i giornali non ne erano ancora al corrente. «Peccato. Mi sembrava deliziosa.» Lui abbozzò di nuovo una smorfia e quando parlò nella sua voce c'era una punta di acredine. «Scelgo le mie amanti per molte ragioni, Darcy, e mai perché sono deliziose.» No, le sceglieva perché erano le donne più belle del mondo, e perché poteva avere tutte quelle che voleva. Per un attimo Darcy non riuscì a distogliere lo sguardo da Max, attratta da qualcosa di inesplicabile, mentre un'ondata di calore le risaliva lungo il corpo. E poi squillò il telefono. A quel punto lei spezzò l'intenso, fastidioso contatto occhi e allungò la mano per premere il pulsante. 14


«Parla il sultano di Al-Omar.» Max allungò la mano. «Prendo la comunicazione.» Sospirando di sollievo, Darcy si alzò e uscì dall'ufficio. Chiuse la porta e, per un attimo, si appoggiò al battente. Che significato avevano quelle occhiate? Aveva colto lo sguardo di Max diverse volte su di sé, l'espressione imperscrutabile, e ogni volta il suo polso era impazzito. Si sedette alla scrivania, convinta di essere una povera pazza pensando, anche solo per un attimo, che Max l'avesse guardata con qualcosa di più di un mero interesse professionale. Non che lei lo desiderasse. Non avrebbe messo a rischio la carriera, spasimando per lui, come aveva fatto a scuola, quando era afflitta da una cotta disperata per lui. Inquieto, Max concluse la telefonata con l'amico e si avvicinò alla finestra. Godeva di un panorama ineguagliabile, e di solito questa vista lo rasserenava. Ma non in quel momento. Il sultano Sadiq di Al-Omar era uno dei pochi amici di Max che aveva rinunciato alla libertà accasandosi. Aveva interrotto la conversazione quando sua moglie l'aveva raggiunto in ufficio con il figlioletto. Sadiq gli aveva confidato che erano in attesa del secondo figlio e la voce dell'amico aveva tradito una grande felicità. In un altro momento, Max si sarebbe preso gioco di lui, ma qualcosa in quella felicità quasi tangibile gli aveva causato un inconsueto senso di vuoto. Ripensò al recente matrimonio di suo fratello a Rio. Lui e suo fratello non erano affiatati. Impossibile dopo una vita trascorsa separati, a causa della decisione dei loro genitori di vivere in continenti diversi. Ma Max era andato al matrimonio, più per una questione di af15


fari che aveva con il fratello che per un tentativo di rappacificazione. L'unica cosa che aveva in comune con il fratello, oltre al sangue, era un radicato cinismo. Un cinismo che era scomparso dagli occhi del fratello mentre fissava la moglie con sguardo adorante. Sospirò, cercando di seppellire le memorie. Dannazione all'introspezione. Da quando si era sentito vuoto e aveva accordato al fratello e alla sua nuova moglie un momento di considerazione? Aggrottò la fronte. Era un solitario, e lo era stato fin da quando, bambino, si era assunto le proprie responsabilità, rendendosi conto di non poter contare su nessuno, se non su se stesso. Eppure doveva ammettere, con una certa irritazione, che vedere i conoscenti che, a uno a uno, mettevano su famiglia, cominciava a provocargli una sorta di disagio. La prospettiva di cenare con Montgomery e sua moglie diventava sempre più fastidiosa, ed era certo che il vecchio intendesse servirsi di quest'opportunità per dimostrare la sua inadeguatezza per quanto riguardava la gestione del suo immenso patrimonio. Pensò al suggerimento di Darcy di condurre a cena l'ex amante. Per qualche strano motivo si ritrovò a pensare non tanto a Noor, ma agli immensi occhi azzurri di Darcy, e alla vampata di calore che le era salita alle guance quando le aveva detto cosa pensasse del suo suggerimento. Si ritrovò a paragonare le due donne: non potevano essere più diverse. Noor al-Fasari era senza dubbio una delle donne più belle del mondo, eppure quando cercava di visualizzare il suo volto scopriva che era qualcosa di amorfo, difficile da ricordare. E Darcy... Max aggrottò la fronte. 16


Stava per considerare che non era bella, ma si sorprese nel valutare che pur non condividendo la bellezza eclatante di Noor, Darcy era qualcosa di più di graziosa o attraente. E per la verità il lavoro non le permetteva di mettere in luce le qualità estetiche. All'improvviso si domandò come sarebbe stata con abiti di sartoria e con un trucco che mettesse in risalto gli occhi immensi e le labbra ben delineate. Con un senso di inquietudine, si rese conto che la sua figura voluttuosa gli veniva in mente facilmente come se stesse uscendo dal suo ufficio in quel momento. Aveva cercato di convincersi di essere immerso nella conversazione telefonica con l'amico, ma in realtà gli occhi erano fissi sulla gonna che le aderiva ai fianchi, sulla cintura che metteva in evidenza una vita sottile. Si sentì pizzicare la pelle. Era come se negli ultimi mesi la consapevolezza di lei fosse sbocciata nel suo subconscio. E quasi a conferma di quella fastidiosa rivelazione, il sangue cominciò a bollire e ad affluire verso il basso, in quella parte dell'anatomia che si stava comportando in modo non conforme al suo abituale controllo. Quasi scioccato, Max si sedette, con il timore che Darcy potesse entrare e coglierlo in quel momento di confusione. Era il ricordo dell'ex amante ad averlo precipitato in quella perdita di controllo. Doveva essere così. Ma quando cercò di mettere di nuovo a fuoco il viso di Noor, tutto ciò che riuscì a ricordare furono le grida acute che gli aveva lanciato, insieme a un costoso vaso, dopo che le aveva detto che la loro storia era finita. Un lieve bussare. Darcy non aspettò la risposta prima di entrare. «Vado a casa. Ti serve qualcos'altro?» 17


Il sangue accelerò il fluire. Era stata aperta una chiusa e adesso tutto ciò che Max poteva vedere erano i suoi lucenti capelli castani, accuratamente raccolti, e le sue curve provocanti. Il seno generoso che premeva contro la camicetta, i fianchi solidi e le caviglie sottili. E il tutto in un'altezza ridotta, quando lui non aveva mai trovato attraenti le donne che non erano alte. Non era neppure vestita per sedurre. Era l'emblema dello stile classico. Non poteva incolparla... assolutamente. Eppure tutto ciò che pensava in quel momento era di stringerla a sé. Stava forse impazzendo? Darcy aggrottò la fronte. «Qualcosa non va, Max?» «Non va?» abbaiò, sentendosi al limite della disperazione. «Non c'è niente che non vada.» «Oh» replicò lei, «allora perché stai urlando?» Max pensò alla prossima cena con Montgomery e sua moglie, e si immaginò seduto tra loro a reggere il moccolo. Un attimo, e prese la decisione. «Stavo pensando alla cena con Montgomery...» Darcy aggrottò un sopracciglio. «Sì?» «Tu verrai con me.» «Oh...» Per un attimo lei parve sconcertata, poi replicò. «Pensi che sia appropriato?» Finalmente Max aveva ripreso il controllo del suo corpo recalcitrante, quindi si alzò, le mani in tasca. «Sì, è appropriato. Hai lavorato a questo progetto con me, e mi serve che tu segua la conversazione e che sia gentile con la moglie di Montgomery.» Darcy era palesemente riluttante. «Non credi che qualcun'altra potrebbe essere più...» Max estrasse una mano dalla tasca e la alzò. «Non voglio più discutere. Verrai con me. Ecco tutto.» Lei lo fissò con quegli immensi occhi azzurri, e per 18


un attimo Max ebbe l'impressione che gli leggesse tutto il suo travaglio interiore. Ma poi il momento si spezzò quando Darcy alzò le spalle. «D'accordo. Serve altro per questa sera?» Lui ebbe l'improvvisa immagine di aprirle la camicetta, di scorgere i seni inguainati nella seta, ed emise un suono strangolato. «No, puoi andare.» Con suo gran sollievo, lei uscì subito. Frustrato, Max si passò entrambe le mani nei capelli. Di solito avrebbe inteso il tutto come il segnale di aver bisogno di una nuova amante, ma sapeva che in quel momento della delicata trattativa con Montgomery l'ultima cosa di cui aveva bisogno era di apparire nei titoli dei giornali di gossip, che speculavano sulla sua vita amorosa. Così era bloccato a sbavare dietro la sua efficiente segretaria, una situazione impossibile che, immaginò, qualche dio malvagio aveva architettato per divertirsi alle sue spalle.

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3054 - La moglie di un Fonseca di A. Green Darcy sa quanto possa essere esigente il suo capo, il ricchissimo Maximiliano Fonseca... Seconda parte della miniserie I FONSECA.

3055 - In fuga tra le sue braccia di A. Oliver Il suo fidanzato l'ha scaricata e il suo volo è stato cancellato, ma per fortuna in suo soccorso è arrivato l'affascinante Dominic. Torna FATTA PER LUI.

3056 - Sfida allo sceicco di M. Yates La principessa Samarah ha sempre saputo che prima o poi sarebbe giunto per lei il momento della vendetta... Ecco a voi I PRINCIPI DEL DESERTO!

3057 - San Valentino col conte di A. Brock Il conte Raffaele Revaldi ha vissuto ogni istante della sua vita come fosse l'ultimo, ma ora... Non mancare l'appuntamento con UN NUOVO INIZIO.

3058 - Un milionario in prima pagina

di T. Pammi Da sempre seria e controllata, sembra quasi che all'improvviso Kimberly Stanton abbia deciso di seguire le orme della sua gemella Olivia...

3059 - La promessa sposa del principe

di M. Blake Nell'ipotetica lista delle possibili spose del principe Reyes, Jasmine Nichols è di certo all'ultimo posto. Però... Non perdere il tuo CONTRATTO D'AMORE.

3060 - Il gioiello del greco di S. Kendrick Come volto della società di preziosi di proprietà di Loukas, Jessica non può far altro che seguire i suoi voleri. Continua ad ardere il FUOCO GRECO.

3061 - Guidami al tuo cuore di K. Hardy Enrico è un uomo di successo, da sempre riluttante a lasciarsi coinvolgere dalle donne, ma quando Ella lo scambia per un altro...


Dall'8 marzo

3062 - Inattesa proposta di C. Crews La vita non ha regalato nulla a Theo, tutto ciò che ha ottenuto se l'è guadagnato col sudore. Ora però... Non perdete il nuovo SELF-MADE MAN!

3063 - La donna del greco di K. Hewitt Sette soli giorni erano bastati a Lindsay per innamorarsi di Antonios e accettare di diventare sua moglie... Goditi un po' di FUOCO GRECO.

3064 - Dolce inganno di T. Pammi Riya ha sempre vissuto all'ombra dello sfuggente Nathaniel, il ricchissimo figlio del suo padre adottivo. Pensi di essere FATTA PER LUI?

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3066 - Sedotta dal milionario

di J. Wood Bo, magnate dell'industria vinicola, non pensava di rivedere Remy. Quella notte con lei era stata unica... Tornano gli INTERNATIONAL TYCOON.

3067 - La maschera del playboy

di M. Blake Narciso Valente ha finalmente la possibilità di distruggere per sempre il suo peggior nemico. Prima puntata della nuova miniserie Q VIRTUS.

3068 - La sposa del re di J. Porter Hannah ha accettato di aiutare una principessa, e in poche ore si è ritrovata fidanzata con un re... Prima parte di SCANDALO R EALE.

3069 - Confessioni sul red carpet di M. Conder L'ultima cosa che Tristan vorrebbe fare è correre in soccorso di Lily... Chi non vorrebbe potersi concedere UN NUOVO INIZIO?


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