La rinascita dell'highlander

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SHARON CULLEN

La rinascita dell'highlander


Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: MacLean's Passion Loveswept, an imprint of Random House, a division of Penguin Random House LLC, New York © 2016 Sharon Cullen Traduzione di Laura Guerra Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. © 2017 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione I Grandi Romanzi Storici settembre 2017 Questo volume è stato stampato nell'agosto 2017 da CPI, Barcelona I GRANDI ROMANZI STORICI ISSN 1122 - 5410 Periodico settimanale n. 1082 del 15/09/2017 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 75 dello 01/02/1992 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Mondadori, 1 - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 045.8884400 HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano


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Fort Augustus, Scozia Giugno 1746 Se i suoi fratelli lo avessero visto, gli avrebbero urlato un bel: ÂŤTe l'avevamo detto!Âť. Certo, anche loro sarebbero rimasti sorpresi di vederlo imprigionato nelle segrete del Duca di Cumberland. O forse no. Non che facesse alcuna differenza, a quel punto. In quel momento infatti Colin MacLean, riluttante e impreparato capo del clan MacLean, aveva un problema ben piĂš grosso dell'opinione che i fratelli defunti avrebbero avuto di lui. Si trovava con le mani legate ai polsi tirate sopra la testa, le dita dei piedi che cercavano di toccare il pavimento di terra battuta. Aveva il torso nudo e per i suoi gusti c'erano troppe persone ad assistere alla sua fustigazione. Non era la prima volta che si trovava in simili condizioni, ma era sicuro che sarebbe stata l'ultima. Lo avrebbero impiccato il giorno successivo. In un certo senso era un sollievo. Era convinto che non gli rimanesse molto da vivere. Se non fosse morto per le frusta5


te, sarebbe morto per il male ai polmoni che combatteva da qualche tempo. Un uomo si staccò dalla folla ansiosa e gli si avvicinò. Era il capitano Richard Abbott, il bastardo inglese che aveva fatto della sua fine la propria missione. Aveva avuto la grande fortuna di arrestarlo un paio di settimane prima, ma la faida tra loro si protraeva da ben più tempo. Avevano giocato al gatto e al topo dal giorno in cui il capitano era stato assegnato nella costa occidentale, proprio nel mezzo delle sue operazioni di contrabbando. La missione personale dell'uomo era stata quella di catturarlo, mentre la sua era stata di evitare la cattura e seminare quanto più scompiglio nella vita del nemico. E vi era riuscito in maniera egregia, almeno finché Abbott non lo aveva raggiunto. Si era fatto arrestare di proposito quando si era reso conto che l'amico e compagno d'armi Brice Sutherland rischiava di incappare nel medesimo destino. Sapeva infatti che Sutherland agiva alle spalle degli inglesi e che se le sue missioni fossero state scoperte molti scozzesi sarebbero morti. Non si era però reso conto che sarebbe stato proprio Abbott ad arrestarlo, né avrebbe potuto immaginare l'inferno che ne sarebbe derivato. Il capitano aveva una vena malvagia in confronto alla quale quella del Macellaio, altrimenti noto come il Duca di Cumberland, impallidiva. L'ufficiale gli si fermò davanti e con uno sguardo tagliente osservò come fosse tirato al massimo, come i suoi piedi toccassero a malapena il pavimento, le sue mani legate sopra la testa. Colin usò come scudo quel poco di orgoglio che gli rimaneva. Il capitano non era riuscito a schiacciarlo, come si era aspettato che accadesse, e ciò chiaramente lo infastidiva, il che era quantomeno fonte di una certa soddisfazione. «Non avete ancora imparato, vero, ragazzino?» Colin strinse i denti sentendosi chiamare in quel mo6


do. Si sforzò di mantenere un'espressione neutra, di non permettere che le parole dell'uomo lo turbassero. Abbott si sporse in avanti, annusò e arricciò il naso. «Avete saputo?» gli domandò poi con leggerezza. Si rifiutò di rispondergli. Avrebbe voluto dirgli tante cose, ma le ringoiò tutte. «Vi impiccheranno domani» proseguì l'altro con finta comprensione. In realtà provava un piacere estremo nel comunicargli quella notizia, anche se sembrava dispiaciuto all'idea che nel giro di poche ore avrebbe perso il suo trastullo. Si allontanò e lo guardò pensoso. «Credevate davvero che sareste uscito vivo di qui? Pensavate onestamente che vi avrei lasciato vivere?» Ridacchiò, e Colin si irrigidì. Arrivato a quel punto non gli importava di morire, anche se avrebbe preferito vivere solo per infastidire quel maledetto. Con le labbra tirate, il capitano indietreggiò e fece un cenno di assenso al soldato che brandiva la sferza. Colin udì il rumore della frusta che gli colpiva la schiena, ma il dolore impiegò alcuni istanti per arrivare. Quei secondi li odiava più di ogni altra cosa, perché l'attesa del dolore era quasi peggiore del dolore stesso. Quasi. Ma non proprio. Si rifiutò di abbassare lo sguardo che aveva fisso su Abbott. Al sibilo della frusta, il corpo di Colin si tese. Avrebbe preferito che non fosse accaduto, quando vide il sorrisetto sulle labbra del capitano, ma come poteva, un corpo, non trasalire, durante quella tortura? La frusta lo sfregiò sulla spalla destra. Il sangue gli colò lungo il fianco e gli imbrattò i calzoni. Abbott impallidì a ogni sferzata, finché non distolse lo sguardo. Colin avrebbe voluto sorridere. Benché si trattasse di una piccola vittoria, gli bastò. Il capitano si girò e si allontanò. La folla si aprì per lasciarlo passare e poi si richiuse. 7


Qualcuno gli slegò le mani e gli ci volle tutto se stesso per non cadere ginocchioni. Sarebbe rimasto in piedi anche se Abbott non era più lì a vederlo. Si sforzò di mettere un piede davanti all'altro finché non raggiunse la cella, che puzzava di liquami putridi, di muffa e di corpi non lavati da una vita. La divideva con un ragazzino che trascorreva la maggior parte del tempo seduto in un angolo buio, senza mai parlare, ma a osservare tutto con attenzione. Quando sentì la chiave girare nella serratura, tirò un sospiro di sollievo. Lentamente si infilò la camicia sopra le ferite aperte, quindi si sedette per terra. Si appoggiò alla fredda parete di pietra, con una smorfia dovuta al dolore alla schiena e alle spalle. Aveva sopportato percosse peggiori. Lo preoccupava di più il male che sentiva nei polmoni e in testa. Temeva che gli stesse venendo la febbre. Che fosse per il cappio del boia o per la febbre violenta, era certo che il mattino dopo sarebbe morto. Stranamente il pensiero non era deprimente quanto avrebbe dovuto. Il compagno di cella lo fissò dal suo angolo, da dietro una folta ciocca di capelli scuri che gli ricadeva sul viso. Colin lo ignorò e chiuse gli occhi. Non avrebbe saputo dire quanto tempo fosse passato prima che sentisse dei passi lungo il corridoio che lo misero subito all'erta. Era troppo presto per la cena. Dei passi a quell'ora: non era un buon segno. Sollevò lo sguardo verso le sbarre della porta e imprecò fra sé. «Siete venuto a gongolare della mia sfortuna, vero?» Dall'altra parte della porta Iain Campbell, capo del potente clan Campbell, lo fissava con occhi privi di emozioni. «Vi siete cacciato proprio in un bel guaio.» Colin sbuffò e girò la testa. Detestava quel capoclan scozzese, che si era schierato con gli inglesi. 8


«Venite qui» gli ordinò Campbell. «Andate al diavolo.» «Venite qui» ripeté l'altro con tono più pacato. «Domani mi impiccheranno» lo informò Colin. Sollevò un ginocchio con un certo sforzo e vi appoggiò il gomito. Impiegò tutta la propria forza per apparire come se non avesse un pensiero al mondo. «Lo so.» «Scusate la maleducazione, ma non ho niente da dirvi alla vigilia della mia dipartita.» «Io credo di sì.» «Davvero?» Campbell esitò. «Mi manda Sutherland.» Colin rimase immobile. Brice Sutherland. Il suo migliore amico non odiava Campbell tanto quanto lui, ma non gli era nemmeno particolarmente vicino. Perché diavolo aveva mandato proprio lui? Si alzò lentamente finché non si resse sulle gambe deboli. Stringendo i denti si avvicinò alle sbarre, infastidito dal fatto che Campbell lo stesse vedendo in quello stato. «Sono sicuro che vi secchi essere il galoppino di Sutherland.» Le labbra dell'uomo si curvarono in un sorrisetto. «Sutherland non ha lo stesso accesso al campo di Cumberland che ho io.» «Intendete dire che non è un traditore.» Ah, il bagliore di un'emozione! Una leggera tensione delle labbra. Colin pensò che, dopotutto, tormentare Campbell fosse un'ottima maniera di trascorrere la sua ultima nottata sulla terra. «Parole forti, per uno che è sul punto di morire per mano degli inglesi.» Colin si rifiutò di mostrare che quelle parole lo avevano colpito dritto allo stomaco. Non aveva paura di morire, ma non sopportava il pensiero che sarebbero stati gli inglese a mettere fine alla sua vita. 9


«Stanotte» cominciò Campbell abbassando la voce in modo che non lo udisse nessuno, «la porta della vostra cella verrà aperta. Girate a sinistra. Alla fine del corridoio c'è una finestra, che sarà aperta. Usatela per uscire e poi dirigetevi di corsa verso il bosco. I miei uomini vi attenderanno lì.» Colin ebbe un capogiro e sentì un fuoco bruciargli nel petto. «Mi state aiutando a evadere?» gli domandò, incredulo. Un Campbell non avrebbe mai aiutato un MacLean. I primi sostenevano gli inglesi, gli altri proprio no. «Sì.» «Perché?» «Preparatevi a correre, MacLean.» E con quelle parole l'uomo si girò e se ne andò. Colin rimase a fissare le sbarre, allibito. Si girò e vide il compagno di cella che lo osservava. Tornò a sedersi. Il tempo passò, e lui si appisolò. Sentì le gambe e le braccia pesanti, e la morsa al petto si intensificò. Di tanto in tanto il suo compagno cambiava posizione. L'ennesima giornata in mano alle giubbe rosse. Forse il suo ultimo giorno sulla terra. O forse no. Di sicuro il suo ultimo giorno da prigioniero. Non sapeva se credere o meno a Campbell. Voleva, ma sapeva che non poteva sperarci troppo. Perché mai Iain avrebbe dovuto accettare di aiutarlo? Non si piacevano. Quello dei MacLean era un clan piccolo, mentre quello dei Campbell era uno dei più grandi della Scozia. Gli aveva detto che stava facendo un favore a Sutherland. Era possibile. Brice poteva aver chiesto aiuto a Campbell, anche se gli dispiaceva che l'amico fosse in debito per colpa sua. Venne portata la cena. Un'altra ciotola di brodaglia 10


quasi immangiabile. Non la guardò nemmeno. Il pensiero di ingoiare qualcosa gli rivoltava lo stomaco. La spinse verso il compagno di cella, che la ingollò. Calò l'oscurità e l'unica luce rimase quella delle torce sul corridoio esterno. A Colin cominciarono a chiudersi gli occhi, ma si sforzò di tenerli aperti. Era tardi quando sentì dei passi. Di norma le guardie non passavano di ronda dopo cena. La chiave girò nella serratura e poi quei passi si allontanarono veloci. Non era ancora convinto che stesse accadendo davvero. Campbell lo stava forse attirando in una trappola? Ma a quale scopo? Sarebbe morto comunque. Essere catturato durante un'evasione avrebbe solo accelerato la sua fine, ma, oh, come sarebbe stato bello sfuggire alle grinfie di Abbott! Si alzò lentamente, ma fu costretto ad appoggiarsi alla parete per raccogliere le forze. Maledizione, la malattia lo stava davvero indebolendo. Raggiunse la porta e l'aprì senza fare alcun rumore. Nel corridoio si muovevano solo le ombre proiettate dalle torce e si udivano i suoni che provenivano dalle altre celle. Uscì, ma poi si guardò alle spalle. Il compagno di cella lo stava fissando. Era esile e troppo giovane per essere condannato a morte in una prigione inglese. Colin trasalì quando udì uno scoppio di risate dal piano superiore. «Vieni» lo esortò a bassa voce. Il ragazzino non si mosse. «Forza, non abbiamo molto tempo.» Allora lui si alzò con l'agilità che solo i più giovani possedevano. «Non far rumore» gli ordinò Colin, dubitando di quella scelta impulsiva. Forse era la malattia che gli 11



confondeva le idee, ma non poteva certo lasciare quel ragazzo lÏ a difendersi da solo. Sebbene avessero parlato a malapena, avevano vissuto un vero calvario insieme, e non poteva voltargli le spalle. Il ragazzino lo seguÏ lungo il corridoio, i piedi silenziosi sul pavimento duro, poi si arrampicò sulla finestra come un gatto. Nemmeno cinque minuti dopo essere usciti dalla cella, si ritrovarono ad attraversare di corsa il tratto di terra e ghiaia che portava al limitare del bosco. A Colin il cuore batteva all'impazzata, sicuro com'era che gli avrebbero sparato alla schiena. Aveva i piedi pesanti. Faticava a riempire i polmoni dell'aria necessaria per correre. La schiena e le spalle gli dolevano da morire e sentiva il sangue colargli lungo il fianco. Il giovanotto tenne facilmente il passo, il suo respiro per niente in affanno. Raggiunsero il bosco nel momento stesso in cui dalla prigione si levò un grido e i cani presero ad abbaiare.

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Ritratto d'artista JULIANNE MACLEAN EUROPA-AMERICA, 1892 - Dopo tredici anni di silenzio, Annabelle riceve una lettera dall'uomo che le ha rubato il cuore e l'innocenza da fanciulla. Magnus Wallis vuole infatti...

Il riscatto di Aden VANESSA KELLY LONDRA, 1814 - Figlio illegittimo del Principe Reggente, Aden St. George deve ritornare in società per proteggere Lady Vivien. Ma tale vicinanza sarà una deliziosa agonia.

La rinascita dell'highlander SHARON CULLEN SCOZIA, 1746 - Catturato dagli inglesi, Colin MacLean viene liberato dal silenzioso compagno di cella, che è in realtà una donna bellissima! Diviso tra l'attrazione e il dovere...

Schiava del vichingo MICHELLE STYLES SCOZIA, 873 - Eilidith viene venduta a un cupo guerriero vichingo, accanto al quale non si sente una schiava, bensì una donna finalmente desiderata e benedetta dal destino.


Un eroe per Bella CAROLINE KIMBERLY GIAMAICA-LONDRA, 1820 - Isabella ha bisogno di un eroe e il capitano Ashford, mercenario arrogante, ubriacone e incredibilmente avvenente, è l'unica scelta a sua disposizione!

La nuova strada di Lady Sybil MARGARET MALLORY SCOZIA, 1522 - La bellissima Sybil Douglas, ostaggio della regina, viene salvata da un guerriero scozzese, che pretende di essere vincolato a lei da un contratto di matrimonio.

L'occasione di Griffin VANESSA KELLY LONDRA, 1815 - Noto libertino proprietario di case da gioco e di piacere, l'ultima cosa che Griffin si aspetterebbe è di trovarsi affidato un neonato. Chiede quindi aiuto a Justine...

Il guerriero solitario NICOLE LOCKE GALLES, 1290 - Figlio di padre inglese e di madre gallese, Teague non appartiene a nessuno dei due popoli. Il bizzarro incontro con una sconosciuta mette fine ai suoi giorni solitari. Dal 4 ottobre




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