BRONWYN SCOTT
La rivale di Lord Tresham
Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Lord Tresham's Tempting Rival Harlequin Mills & Boon Historical Romance © 2021 Nikki Poppen Traduzione di Anna Polo Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved. © 2022 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione I Grandi Romanzi Storici febbraio 2022 Questo volume è stato stampato nel gennaio 2022 da CPI Black Print, Spagna, utilizzando elettricità rinnovabile al 100% I GRANDI ROMANZI STORICI ISSN 1122 - 5410 Periodico settimanale n. 1294 del 17/02/2022 Direttore responsabile: Sabrina Annoni Registrazione Tribunale di Milano n. 75 dello 01/02/1992 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distribuzione canale Edicole Italia: m-dis Distribuzione Media S.p.A. Via Carlo Cazzaniga, 19 - 20132 Milano HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano
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Londra, novembre 1853 Il dottor Ferris Tresham non si sentiva affatto in uno spirito natalizio. Anzi, mentre percorreva di sera presto le strade di Knightsbridge, ribolliva di una rabbia furibonda. Nemmeno le lucenti vetrine piene di specialità attiravano la sua attenzione. Non era in vena di festeggiamenti, quando l'inverno si preannunciava difficile e per alcuni addirittura letale. E tutto perché il consiglio d'amministrazione del St. Erasmus Hospital aveva respinto la sua proposta di fornire cure a chi ne aveva più bisogno. Come osavano! L'andatura indignata gli faceva svolazzare le falde del pastrano di lana intorno agli stivali e il bastone da montagna gli sbatteva contro il fianco. Le parole del Giuramento di Ippocrate gli risuonavano nella mente infervorata. Mi asterrò dal recar danno e ingiustizia. Come si potevano proteggere le persone rifiutandosi di curarle? Quella non era forse un'ingiustizia? Dentro di sé inveiva ancora in silenzio, anche 5
se ormai non c'era più nessuno ad ascoltarlo. Quel giorno aveva posto le domande al consiglio d'amministrazione in dieci modi diversi. Quando quel tentativo era fallito, era ricorso alle parole di Maimonide. Se non intendevano rispettare il Giuramento di Ippocrate, aveva sperato di convincerli ricordando loro quello del medico ebreo: Che né l'avarizia, né l'avidità, né la sete di gloria o di fama mi distraggano dal nobile fine di giovare ai Tuoi figli. Eppure anche quelle esortazioni erano finite in orecchie sorde e occhi ciechi. Il consiglio d'amministrazione non sentiva di violare i giuramenti che legavano la professione medica. Sir Bentley Dandridge era arrivato addirittura a citargli le Scritture. «Gesù non ha forse detto: "Lasciate che i bambini vengano a me?". Non seguiamo forse gli insegnamenti dei Vangeli aprendo le nostre porte a tutti quelli che le varcano? Non concediamo forse a tutti la possibilità di avvalersi dei nostri servizi?» C'erano delle condizioni, però. Se chi si avvaleva dei servizi poteva pagare. Se aveva la possibilità di percorrere la distanza tra i bassifondi dove viveva e gli ospedali. Sir Bentley e il resto del consiglio d'amministrazione, tuttavia, preferivano ignorare quelle limitazioni. Offerta delle cure e accesso alle cure non erano la stessa cosa. Le luci a gas di Knightsbridge lasciarono il posto a quelle di Chelsea, mentre Ferris svoltava a sud verso il numero 14 di Cheyne Walk, la villetta a schiera che fungeva da ambulatorio e abitazione in una parte meno benestante di Londra. Quella sera era più consapevole che mai dei lussi che gli per6
mettevano di camminare per tre miglia protetto dagli elementi: gli stivali robusti, il pastrano e la sciarpa di lana, il cappello a cilindro di feltro nero e l'estremità appuntita del bastone, che in caso di necessità poteva costituire un'utile arma. Tutto questo lo teneva al caldo e al sicuro mentre percorreva le strade di Londra, mentre altri lo superavano frettolosi e tremanti di freddo. Era consapevole anche della possibilità di scelta datagli dalle monete che teneva in tasca. Invece di camminare avrebbe potuto prendere una vettura di piazza e ignorare la disperazione che lo circondava, come faceva il consiglio d'amministrazione dell'ospedale. D'altra parte, evitare del tutto la povertà di Londra era impossibile. Circondava un uomo dovunque andasse, perfino nel West End o a Mayfair. Il quartiere di Chelsea non ne era di certo immune; per questo aveva aperto là il suo ambulatorio. Gli operai della fabbrica di porcellana e dei mattonifici vivevano accanto agli scrittori e agli artisti delle villette a schiera, i cui mutevoli guadagni non costituivano una garanzia di sicurezza economica. E c'era anche il vantaggio della vicinanza al Royal Hospital Chelsea alla fine della strada, cosa che gli permetteva di curare facilmente i soldati in pensione. Ferris lo sentiva come un dovere nei riguardi del fratello minore Fortis, che serviva il Paese all'estero, lungo il Danubio. Eppure avrebbe voluto fare di più. I suoi miseri sforzi non bastavano certo a soddisfare i bisogni dei poveri e dei malati, soprattutto in inverno, una stagione nota per la perdita di vite umane... la stagione in cui l'aveva persa. 7
Ferris allungò il passo, cercando di scacciare i ricordi. Non poteva permetterseli e li allontanò pensando al lavoro della serata. Aveva degli appunti da scrivere e varie cartelle di pazienti da aggiornare. Il lavoro era un antidoto efficace contro la disperazione. Stava calando il buio, la famosa nebbia londinese si levava spettrale e lui era impaziente di arrivare a casa. Svoltò un ultimo angolo, con i vicoli bui in cui si nascondevano i borseggiatori da una parte e il Tamigi profondo e letale dall'altra. Era successo che un uomo si perdesse nella nebbiosa oscurità e finisse nel fiume. Tra il freddo, la nebbia e i ricordi, non c'era da stupirsi che l'inverno non fosse certo la sua stagione preferita, quella che si era portata via Cara mentre lui era alla scuola di medicina, troppo lontano per salvarla. Ora tutto ciò che poteva fare era salvare altri. D'inverno un dottore aveva molto lavoro. Da novembre ad aprile la sua sala d'attesa era piena di gente affetta da catarro e malaria. Per i poveri l'estate non era comunque molto migliore, dato che portava febbre e colera. Per chi non godeva della protezione data dalla ricchezza e abitava in quartieri derelitti, Londra era come una fogna in cui dilagavano inevitabili malattie. Non poteva fare niente contro la nebbia e il freddo, ma avrebbe potuto fare di più per chi ne era colpito, se solo l'ospedale lo avesse sostenuto, il che rendeva ancora più deludente il rifiuto del consiglio d'amministrazione. Esistevano soluzioni per aiutare i poveri, ma non c'era la volontà di attuarle. 8
In un impeto di frustrazione batté di nuovo il bastone contro le falde del pastrano. Come osava, chi aveva i mezzi, chiudere gli occhi davanti a chi non li aveva? Quella non era forse la stagione dell'altruismo? Ferris odiava con tutte le sue forze quel senso di impotenza. La medicina e la scienza erano i migliori antidoti per superarlo. Grazie a esse poteva curare i malati, salvare i deboli, prevenire le malattie ed evitare la morte. Poteva fare per altri ciò che non aveva potuto fare per Cara. E in effetti negli otto anni trascorsi dal ritorno dal Grand Tour con suo fratello Frederick aveva fatto proprio quello. Santo cielo, era davvero passato tanto tempo? In gennaio sarebbero stati dodici anni da quando aveva perso Cara. Il tempo volava e lui aveva pochi progressi di cui vantarsi. Era arrivato a poca distanza da Cheyne Walk quando sentì provenire da un vicolo oscuro il suono straziante del pianto di un bambino. Provò un immediato sospetto: poteva essere una trappola. Quel tipo di inganni era frequente come le cadute accidentali nel Tamigi. I criminali di strada non avrebbero esitato a usare un bambino per attirare un cittadino di buon cuore in un angolo buio, solo per privarlo dei suoi beni terreni e a volte della vita. D'altra parte il suo giuramento di medico gli imponeva di indagare, nel caso non fosse un agguato. Ferris avanzò verso il punto da cui proveniva quel suono lamentoso, tenendo pronto il bastone con la punta metallica. Le precauzioni si rivelarono inutili. Rannicchiati contro un muro di mattoni, trovò un ragazzino che 9
stringeva una bambina in un abbraccio protettivo. Al buio era difficile capire la loro età. Erano magri, infreddoliti e spaventati, come tutti i bimbi che si trovavano per strada a quell'ora di notte. «Non abbiamo fatto niente di male, signore.» La voce del ragazzino aveva una nota combattiva, un buon segno. Non poteva avere più di otto anni. Ferris sentì una stretta al cuore. A quell'età i maschi erano spesso spavaldi – ricordava bene quanto fossero stati scatenati lui e i suoi fratelli – ma nelle strade era diverso. A otto anni un bambino era un cane bastonato o un cane rabbioso. L'unica differenza tra le due condizioni consisteva nella sua determinazione. «Non siete nei guai.» Ferris si guardò intorno un'ultima volta per accertarsi di essere al sicuro e poi si inginocchiò accanto a loro. «Dove sono i vostri genitori? Cosa fate qui fuori?» Immaginava le ragioni, ma preferiva sentirle dal bambino, prima di decidere cosa fare, e non voleva esprimere giudizi affrettati. Negli anni passati a occuparsi dei poveri aveva imparato che non tutti potevano scegliere, genitori compresi. «Non abbiamo un altro posto dove andare, signore» rispose il bambino. «Almeno non stanotte, mentre papà sta usando la paga per bere» aggiunse in fretta nel timore di finire in un orfanotrofio o in un ospizio per i poveri. «È meglio non farsi trovare a casa quando tornerà.» Ferris annuì. Ormai erano le sette passate e i due piccoli avevano davanti a loro una notte lunga e fredda. Non c'era stato nessun accenno a una madre e lui preferì non indagare. La bambina tossì con un 10
suono secco che le scosse tutto il corpo. Non gli piaceva e ancora meno gli piaceva ciò che dimostrava: quella non era la prima volta che passavano la notte fuori vestiti di stracci, e non sarebbe stata l'ultima. Si alzò e si tolse il pastrano, sentendo subito l'aria fredda e umida penetrargli nella pelle. I due bambini dovevano essere congelati. Parte della rabbia nei confronti dell'ospedale si trasferì al padre sconosciuto che si ubriacava invece di tenere i figli al sicuro. Consegnò il pastrano al ragazzino con precise istruzioni. «Stanotte questo vi terrà al caldo.» Purché nessuno glielo rubasse. Scacciò subito quel pensiero. «Domattina portalo in un negozio di abiti di seconda mano, vendilo e prendi due cappotti, uno per ciascuno di voi.» Si fermò a riflettere. «Prima togli i bottoni di ottone» aggiunse. «Potrai venderli più tardi uno alla volta.» Così sarebbero rimasti al caldo e con qualche moneta per un po'. «Nascondi bene il denaro e non farlo trovare a tuo padre.» Altrimenti lo avrebbe speso per bere. Gli venne in mente un'altra cosa ed estrasse delle monete dalla tasca del panciotto. «Comprati qualcosa di caldo da mangiare e da bere.» «Grazie, signore.» Il ragazzino sembrava disorientato da quel colpo di fortuna. La sorellina tossì ancora. Quel suono non gli piaceva proprio, ma i bambini non erano suoi. L'ultima cosa di cui aveva bisogno era un ubriacone che lo accusava di rapimento, se si fosse accorto che i figli erano scomparsi. «Nella tasca del pastrano c'è un biglietto da visita con il mio nome e l'indirizzo» aggiunse Ferris. «Se 11
la tosse peggiora, venite da me. Il mio ambulatorio al numero 14 di Cheyne Walk non è lontano da qui» precisò, colto da un pensiero improvviso: forse il bambino non sapeva leggere. Per il momento non poteva fare di più. Almeno per quella sera i due piccoli avrebbero avuto calore, cibo e un po' di soldi. Quando giunse a casa, Ferris era gelato. Grazie alla sua governante, Mrs. Green, lo attendeva sulla stufa una cena calda, una certezza rassicurante che quei bambini non avevano. Al numero 14 una lampada brillava accogliente nella finestra affacciata sulla strada, un faro nella nebbia per ricordare a chiunque la vedesse che l'aiuto era vicino. Bastava bussare. L'insegna dell'ambulatorio appesa sopra la porta prometteva che qualcuno avrebbe risposto, giorno e notte. Ritrovarsi dentro fu un sollievo. Ferris chiuse la porta e avvertì subito i vantaggi di una casa calda, pervasa dall'odore delizioso dello stufato di Mrs. Green. Si augurò che anche i bambini avessero trovato del cibo caldo. Entrò nella stanza che gli faceva da sala d'attesa e ufficio e si fermò stupito: aveva un ospite inatteso. «Fratello, cosa fai qui? I bambini e Helena stanno bene?» Una morsa di preoccupazione gli strinse lo stomaco. Frederick Tresham, Lord Brixton, l'erede del Duca di Cowden, si voltò dalla libreria con l'anta di vetro con un sorriso disinvolto. Sotto le falde del pesante pastrano era vestito da sera. «I bambini stanno bene, o almeno era così l'ultima volta che li ho visti. 12
Non si sa mai cosa può succedere, con quattro maschietti scatenati di meno di sei anni.» Ogni parola era carica di orgoglio. Suo fratello adorava la moglie e i figli. «Ti sei dimenticato? La mamma ne era sicura.» Frederick scoppiò a ridere. «Per questo mi ha mandato a prenderti.» Gli lanciò uno sguardo penetrante. «Dov'è il tuo pastrano?» chiese. «Non dirmi che sei uscito senza con questo tempo gelido.» Poi sorrise con aria d'intesa. «Lo hai dato via, vero?» Ferris scrollò le spalle. «L'ho dato a due bambini mentre tornavo a casa dal St. Erasmus» tagliò corto lui, mentre cercava di ricordarsi dove doveva andare. Trovò la risposta nascosta tra gli eventi di quella densa giornata: la riunione all'ospedale, i bambini nel vicolo, i pazienti del mattino, il parto imminente di Mrs. Fitzsimmons e un centinaio di altre cose. «È stasera, vero?» gemette. «Il ballo annuale di beneficenza della mamma per l'orfanotrofio e l'ospedale femminile.» La duchessa e le altre patronesse avrebbero passato la serata a chiedere favori e donazioni agli invitati, in cambio della possibilità di danzare nel grande salone da ballo adorno di sempreverdi dei Duchi di Cowden, con i suoi famosi lampadari veneziani. L'evento segnava l'inizio non ufficiale della stagione festiva londinese. «Esatto.» Frederick inarcò le sopracciglia con aria critica. «E siamo in ritardo. Forza, ti aiuto a cambiarti. Dobbiamo sbrigarci.» Anne aveva bisogno di affrettarsi per compiere l'ultima tappa della giornata e arrivare a casa in tem13
po. Era già in ritardo. Aveva promesso alla sorella di partecipare alla raccolta fondi per l'ospedale di quella sera. Trovò l'ultimo speziale della lista, un negozietto senza pretese in Webber Street. Tirò indietro il cappuccio ed entrò nel locale in penombra, esaminò gli scaffali semivuoti e notò la mancanza di clienti. Il negozio, però, era pulito e ordinato, segno che qualcuno stava facendo uno sforzo per renderlo tale. Forse si trattava della donna dietro al bancone. Anche questa faceva del suo meglio per mantenersi in ordine, ma i suoi vestiti erano logori e il viso e le mani mostravano i segni di un duro lavoro e di una vita difficile. Meglio così. Anne preferiva parlare con una donna piuttosto che con un uomo, magari convinto che la medicina non fosse cosa da femmine. Essere un'erborista era già abbastanza difficile e il suo sesso rendeva le cose ancora più complicate, ma lei era un tipo determinato. Le due settimane passate dal suo arrivo in città avevano messo a dura prova la sua risoluzione. I progressi erano stati lenti. Anne si avvicinò al bancone con un sorriso. «Sono Miss Anne Peverett, un'erborista dell'Hertfordshire. Ho dei rimedi che mi piacerebbe condividere con voi, nella speranza che vogliate offrirli ai clienti disponendoli sui vostri scaffali.» Posò il cestino sul bancone e scostò il panno che lo copriva, mettendo in mostra una serie di vasetti, pacchetti di radici per tisane legati da un grazioso nastro verde chiaro e fiale ambrate di tinture e oli, tutti con una piccola etichetta scritta con la sua grafia nitida e precisa. 14
«Io sono Sally Borroughs» rispose la donna cauta. Poi, però, non riuscì a fare a meno di lanciare uno sguardo al cestino. «Oh, che carini!» esclamò interessata, sporgendosi in avanti per guardare meglio. Anne si chiese quanto tempo fosse passato da quando aveva visto da vicino qualcosa di grazioso, o si era comprata qualcosa di carino per sé. «Hanno anche un buon odore» commentò, incoraggiando la donna ad annusare una boccetta di olio di lavanda. Lasciò che il profumo riempisse lo spazio tra di loro. «La lavanda è ottima per rilassare i dolori e fare passare il mal di testa. Molto migliore del laudano: crea meno dipendenza ed è più a buon mercato.» Allungò una mano verso un pacchetto avvolto in un panno. «Ho anche della radice di mora per i problemi intestinali. È molto efficace e sicura, soprattutto per i bambini piccoli.» «Avete qualcosa per i crampi alle mani?» chiese la donna esitante. «D'inverno, per via del freddo e dell'umidità, non riesco quasi a stringere la penna abbastanza a lungo da scrivere una ricetta.» «Posso vedere le vostre mani?» Anne prese nelle sue le mani ruvide della donna. Le girò, notando il dorso rosso e screpolato, e mosse con delicatezza i polsi, studiando le dita che mostravano i segni di reumatismi precoci. Dimostrava cinquant'anni, ma probabilmente ne aveva quaranta. La dura vita cittadina faceva invecchiare presto le persone. Anne cercò nel cestino una boccetta di unguento, aprì il coperchio e lo spalmò sul dorso delle mani di Mrs. Borroughs. «Questo è fatto con radice di angelica, ippocastano e gusci di noci verdi. Gli ultimi due 15
curano la pelle screpolata e la radice di angelica attenua i dolori. Come vi sentite?» La donna fissò le proprie mani come se non le avesse mai viste prima. «Benissimo!» Piegò le dita. «La pelle è così morbida.» «Ci vorranno alcuni giorni per avere dei risultati duraturi» spiegò Anne. «Se volete che l'unguento faccia il massimo effetto, dovete usarlo regolarmente.» A volte la gente non lo capiva. La negoziante cambiò espressione. «Quanto viene la boccetta?» Pareva già intenta a contare le monete, a chiedersi quanto potesse costare, a pensare che essendo così piccola forse il prezzo non era troppo alto e magari con un po' di economia avrebbe potuto permettersene una sola per sé. Quella era una donna abituata a risparmiare, in genere anteponendo i bisogni altrui ai propri. «È un regalo» rispose Anne tendendole la boccetta. Non era venuta a Londra per fare soldi, ma per aiutare la gente. Chi poteva pagare lo faceva, chi non poteva non veniva respinto. Quello era il motto di suo padre e sarebbe stato anche il suo. «Un regalo? Siete sicura?» La donna sembrava scettica; temeva che la boccetta fosse un'esca per acquisti più sostanziosi, era chiaro. «Non so se mio marito vorrà acquistare qualcosa. Prepariamo le nostre scorte nel retrobottega.» Indicò uno spazio dietro a una tenda. «Questi non sono farmaci» rispose Anne con calma. «Sono erbe, rimedi naturali, diversi dai preparati chimici. Non voglio vendervi niente, ma solo lasciare alcuni prodotti sugli scaffali. Magari potete racco16
mandarli ai vostri clienti. Ho anche delle istruzioni da lasciare.» In fondo al cestino, aveva opuscoli e ricette per chi sapeva leggere. «Pensate a come appariranno graziosi sugli scaffali» aggiunse con un sorriso. Erano quasi vuoti; il marito non doveva essere uno speziale molto ambizioso. Anne tirò fuori i preparati più semplici come la lavanda, che aveva moltissimi usi. La mano indugiò sul pacchetto di radice d'angelica, lo stesso ingrediente dell'unguento. «Vostro marito beve, signora?» Era una domanda delicata, ma dato lo stato del negozio e della donna le pareva probabile. «Un po'» confessò l'altra. «Come tutti gli uomini» aggiunse in fretta, come per scusarlo. «Naturalmente.» Anne le mise in mano il pacchetto con forza e abbassò la voce in un sussurro complice e amichevole. «Un infuso di radice di angelica attenua la voglia di bere. Forse potrebbe essere utile anche ad altre donne.» Sorrise, consapevole che in quella parte della città c'erano di sicuro delle donne bisognose del suo aiuto, se solo fosse riuscita a raggiungerle. Le venne un'idea. «Magari potreste radunare delle donne? Io potrei mostrare i miei prodotti e spiegare come usarli. Non prenderebbe più di mezz'ora nel pomeriggio, o nella tarda mattinata.» Scelse un orario in cui gli uomini erano fuori a lavorare e non avrebbero impedito la partecipazione alle mogli, a meno che anch'esse non stessero lavorando. Probabilmente a quell'ora il marito di Sally non sarebbe stato presente per interferire. «Porterebbe delle persone nel vostro negozio» aggiunse. Una scintilla si accese negli occhi della donna al17
l'idea di gente nel suo negozio e di un prodotto da comprare in seguito. Gli affari ne avrebbero tratto giovamento. «Va bene. Venite dopodomani. Vedrò cosa riesco a fare.» Anne uscì invasa da un caldo senso di trionfo. Era venuta a Londra proprio per quello, per raggiungere persone come Sally Borroughs, insegnare loro a curarsi da sole e a mantenere le famiglie in buona salute senza pagare gli alti prezzi dei dottori e delle medicine della città, anche se questo significava che lei e la sorella sarebbero arrivate in ritardo al ballo.
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