GAYLE CALLEN
La scelta del cavaliere
Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Thrill of the Knight Avon Books An imprint of HarperCollins Publishers © 2007 Gayle Callen Traduzione di Anna Polo Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con HarperCollins Publishers, LLC, New York, U.S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved. © 2018 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione I Grandi Romanzi Storici gennaio 2018 Questo volume è stato stampato nel dicembre 2017 da CPI, Barcelona I GRANDI ROMANZI STORICI ISSN 1122 - 5410 Periodico settimanale n. 1096 dello 03/01/2018 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 75 dello 01/02/1992 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Mondadori, 1 - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 045.8884400 HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano
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Castello di Alderley Gloucestershire, Inghilterra, 1486 Lady Elizabeth Hutton era rannicchiata a letto, ancora mezza addormentata, quando venne disturbata da un rumore di passi sulla scala a chiocciola che portava alla sua camera nella torre. Spalancò gli occhi corrucciata e vide la sua domestica Anne Kendall che apriva la porta e la richiudeva dietro di sé. Poi si appoggiò al battente pallida e ansimante. Elizabeth si mise a sedere e il copriletto scivolò. «Anne? Cosa c'è?» «Il Visconte Bannaster.» «Non è ancora partito?» gemette Elizabeth. «Speravo che quando ieri mi sono finta malata per non incontrarlo, avrebbe capito l'inutilità di un corteggiamento.» «Forse avete finto troppo bene, visto che è ancora qui» rispose Anne. «Non gli importa di fare la figura dello stupido? Io sono già fidanzata.» Anche se non si sentiva affatto tale. Non vedeva il suo fidanzato da quando lui aveva tredici anni e lei undici e anche allora era suo fratello maggiore quello che avrebbe dovuto sposare. William però era deceduto cadendo da cavallo, l'altro fratello 5
era morto a sua volta e così era rimasto soltanto John, il terzogenito, che viveva da anni in Normandia. Sapeva di aver ereditato il titolo e le terre di famiglia, oltre a una sposa? Quel fidanzamento le aveva fornito una certa protezione, almeno fino a quel momento. Anne si sedette sul bordo del letto. Aveva gli occhi e i capelli neri e la pelle molto chiara. Vedendola ancora più pallida del solito, Elizabeth fu percorsa da un primo fremito di paura. «Pare che i suoi soldati fossero nascosti nella foresta e ora hanno invaso il castello.» «Oddio, è morto qualcuno?» proruppe Elizabeth. Scostò il copriletto e si alzò. La leggera camicia da notte non offriva una grande protezione contro il gelo del mattino. Anne le prese una mano. «No, grazie a Dio.» Elizabeth provò un enorme sollievo. La domestica le tese la vestaglia e lei la indossò grata. Non sopportava l'idea di altri morti. «È avvenuto tutto all'improvviso» raccontò la donna. «I vostri uomini stavano dandosi il cambio, nessuno prevedeva una manovra simile. Ora sono confinati nei loro alloggi, in attesa che Lord Bannaster trovi dei nuovi compiti da affidargli.» Esitò, poi riprese a parlare. «Stava ancora assegnando delle guardie alla base della torre, così sono riuscita a salire senza che mi vedessero. L'ho sentito dire che verrà a trovarvi tra un'ora.» «Pensa di essere ammesso nei miei alloggi privati?» chiese Elizabeth con una risata incredula e forzata. Mandava avanti il Castello di Alderley da quando i genitori erano morti di febbri, sei mesi prima e non intendeva cederne il controllo. Avrebbe desiderato tanto che il padre fosse ancora là. Il dolore era sempre presente, anche se ormai non aveva più lacrime da spargere. Niente di tutto questo 6
sarebbe successo se il Conte di Alderley fosse stato ancora vivo, o se lei avesse avuto dei fratelli pronti a ereditare titolo e terre. Gli unici parenti che le erano rimasti invece erano due sorelle di quindici e sedici anni, che al momento venivano educate presso un'altra famiglia, come era accaduto a lei. Aveva amici e servi disposti ad aiutarla e Anne non era solo una domestica fidata e leale, ma anche un'amica. Alla fine però il peso della responsabilità ricadeva solo sulle sue spalle. Per un momento si sentì disorientata e debole, una donna intrappolata in una situazione che non aveva scelto. I suoi genitori erano morti, così come il suo primo fidanzato, un uomo che aveva idolatrato fin da bambina. Era stata passata all'erede successivo e ora un nobile interessato solo alla Contea di Alderley cercava di approfittare di lei. Elizabeth però era abituata a prendere in mano la situazione. Dopo la morte dei genitori aveva scritto una lettera al fidanzato, spiegandogli come stavano le cose: anche se non rientrava nei suoi piani, a quel punto lui doveva tornare a casa per sposarla. Aveva dei vaghi ricordi di un ragazzino goffo sempre in secondo piano, messo in ombra dal brillante fratello maggiore, ma ora il barone era lui. Elizabeth non aveva ricevuto risposta. Era considerata una delle più grandi ereditiere del regno, possibile che questo non fosse un incentivo sufficiente per John Russell? «Lascerò parlare Lord Bannaster e poi prenderò ogni decisione necessaria» dichiarò Elizabeth risoluta. «Il re non tollererà di sicuro un simile oltraggio.» «Lord Bannaster è cugino di Re Enrico» le ricordò Anne tetra. Elizabeth raddrizzò le spalle. «Non me ne importa. Io sono nel giusto. Non può costringermi a sposarlo, non quando un fidanzamento è vincolante come una cerimonia di matrimonio.» «A meno che il re non decida altrimenti.» 7
«Anne, non ho bisogno di tutto questo pessimismo!» protestò Elizabeth. «Scusatemi. So solo quello che mi avete detto: il re comincia a spazientirsi all'idea che siate ancora nubile ed è preoccupato perché la questione della vostra eredità dev'essere risolta.» Elizabeth le lanciò uno sguardo corrucciato. La domestica si alzò per versare dell'acqua in una bacinella. «Lasciate che vi aiuti a prepararvi.» Cominciò a raccogliere pezzuole e sapone, poi si interruppe all'improvviso. La sua espressione divenne distante e quindi risoluta. «A cosa stai pensando?» chiese Elizabeth. «Non avete mai incontrato Lord Bannaster e io neanche» rispose Anne lentamente. «Lo avete avvertito della vostra malattia tramite un'altra domestica.» «Forse non ha apprezzato la cosa» replicò Elizabeth. «No, non intendevo questo. Mi è venuta un'idea: se Lord Bannaster dovesse assumere il controllo di Alderley, voi restereste intrappolata qui nella torre, alla sua mercé.» «Il re non permetterà che...» Anne sollevò una mano. «Ci vorrà un po' di tempo prima che venga a sapere cosa sta succedendo. Pensate che Lord Bannaster lo informerà? Certo che no: sa che quello che sta facendo è illegale e conta di mantenere il segreto per qualche giorno per portare a termine il suo piano, qualsiasi esso sia.» «È un bene che tu sia stata educata insieme a me» osservò Elizabeth ironica. «Una di noi deve mostrare un po' di intelligenza.» «L'unico modo di contrastarlo è indurlo a credere che tutto stia andando secondo i suoi desideri. Diventerà troppo sicuro di sé. Secondo i servi è un uomo tronfio e presuntuoso.» «Dunque dovrei fingermi intimidita e sottomessa?» chiese Elizabeth inorridita. 8
«No» rispose Anne. «Voi non ci sarete, perché io prenderò il vostro posto.» Elizabeth la fissò a bocca aperta. «Che cosa stai dicendo?» «Fingerete di essere me e uscirete di soppiatto dal castello. Faremo in modo che tutti i servi siano al corrente dell'inganno, così nessuno vi tradirà.» «Vuoi che vi lasci tutti qui, alla mercé della sua ira?» chiese Elizabeth indignata. «Lui non lo saprà. Non vi ha mai incontrato.» Anne accennò un sorriso cupo. «Dovrei riuscire a mostrarmi testarda e dispotica quanto voi.» In una situazione più rilassata Elizabeth le avrebbe tirato un cuscino, ma ora riuscì solo a scuotere la testa. «Non posso farlo, Anne. Quando Bannaster scoprirà la verità, pensi che permetterò alla mia gente di soffrire per me?» «Ma...» «Ssh. Dammi un momento per riflettere.» Elizabeth aprì le imposte e guardò fuori. Era stranamente tranquillo e le persone si muovevano con aria impaurita e furtiva. Dipendevano da lei per le necessità della vita e non intendeva abbandonarle. Si rese conto che poteva gestire la situazione e riprese la calma, poi si voltò verso la domestica. «Anne, sei un genio!» esclamò. «Non capisco. Avete detto che non avreste...» «Ho detto che non avrei lasciato il castello, ma noi due ci scambieremo di posto. Io sarò libera di muovermi e trovare una soluzione a questo dilemma.» Anne sbatté le palpebre. «Capisco. E se necessario potrete anche fuggire.» «Io non fuggirò.» «Ma...» cominciò Anne. «Dobbiamo sbrigarci» la interruppe Elizabeth. «Per fortuna sei alta come me.» Un'ora dopo Elizabeth e Anne scendevano di un piano la scala a chiocciola, fino al solario privato un 9
tempo usato da Elizabeth per ricamare insieme alle dame della madre. Ormai erano tutte sposate e lontane e lei doveva difendersi da sola. Anne era un po' a disagio nella sontuosa veste di broccato rosso di Elizabeth, troppo stretta per contenere il suo seno prosperoso, ma la stoffa ricamata metteva in risalto i lunghi capelli neri, che teneva sciolti come tutte le fanciulle nubili. Elizabeth portava un soggolo per nascondere i capelli di un biondo ramato e un semplice abito marrone dalla scollatura quadrata, da cui spuntava la camiciola bianca allacciata sul collo. In quella tenuta modesta si sentiva quasi invisibile. Il loro piano avrebbe funzionato, a condizione di riuscire ad avvertire gli altri domestici, prima che rivelassero per sbaglio la sua identità. Nel tentativo di rincuorarsi sorrise ad Anne. «Mi conosci da anni e sai che cosa direi in questa situazione. Forse riuscirai a far intendere ragione al visconte. Deve sapere che il suo piano è irrealizzabile.» «Siamo a molti giorni di viaggio da Londra» le ricordò Anne. «Probabilmente si sente libero di agire come vuole.» «Tu gli dimostrerai il contrario» replicò Elizabeth cingendole le spalle con un braccio. Non dovettero aspettare a lungo. Poco dopo sentirono un suono di passi pesanti. Elizabeth ricordò il suo nuovo ruolo e da brava domestica scivolò dietro ad Anne. La porta si aprì e uno sconosciuto vestito in modo semplice si fece avanti, tenendola aperta per un secondo visitatore. A giudicare dagli indumenti eleganti, doveva essere il Visconte Bannaster. Sotto il corto farsetto un'aderente brachetta ricamata metteva in risalto i suoi attributi virili. Un cappello morbido con una piuma era posato sui capelli scuri. Quando vide Anne, la tensione venne sostituita dal sollievo. Temeva che non 10
fosse abbastanza graziosa per lui, era chiaro. Lord Bannaster si tolse il cappello e rivolse ad Anne un inchino elaborato. «Lady Elizabeth, è un piacere fare finalmente la vostra conoscenza.» Per un momento Anne rimase in silenzio. Presa dal panico, Elizabeth le diede un colpetto da dietro. «Non ci siamo ancora conosciuti, signore» replicò Anne con freddezza. «Chi siete voi per invadere il solario privato di una dama?» Elizabeth soffocò un moto di gioia. Da dove veniva quella creatura coraggiosa e gelida? L'uomo del visconte strinse gli occhi e Lord Bannaster arrossì, poi si limitò a un sorriso tirato. «Lady Elizabeth, sono Thomas, Visconte Bannaster. Sono venuto per conto del re a occuparmi della vostra protezione.» «Vi ha mandato il re?» chiese Anne. L'altro esitò un attimo. «No, ma sono suo cugino e visto che passavo da queste parti mi è sembrato giusto curare i suoi interessi. In questa zona del paese ci sono fazioni che non si sono schierate apertamente dalla parte di Re Enrico e lui ha bisogno che la situazione si stabilizzi. La vostra gente vi ha informata delle scorrerie avvenute di recente?» Elizabeth trattenne il respiro. Anne era vicina, quando lei aveva ascoltato il rapporto del capitano delle guardie? Anne inclinò la testa. «Se vi riferite al furto di qualche decina di pecore sulle migliaia che possediamo, sì, ne sono al corrente. I miei uomini se ne stanno occupando. Come mai ve ne interessate, milord?» «Avete bisogno di un uomo al comando, in modo che queste cose non succedano più.» «Non sono gli uomini a rubare le pecore?» replicò Anne ironica. Ben detto, pensò Elizabeth. Lord Bannaster le scoccò un'occhiata di disapprova11
zione. «Avete bisogno che qualcuno vi protegga dai corteggiatori troppo insistenti. Chiederò al re di nominarmi vostro tutore.» Tutore, pensò Elizabeth con riluttante ammirazione. Lord Bannaster non era così stupido da chiederla subito in sposa, ma intendeva muoversi con astuzia e cautela. Le sue motivazioni potevano andare da un'improvvisa povertà alla semplice avidità. Il suo contratto di fidanzamento era piuttosto raro, visto che comprendeva un ghiotto bottino come Alderley e lui doveva essere un uomo ambizioso. «Apprezzo la vostra offerta, ma non ho bisogno di un tutore» rispose fredda. «Il mio fidanzato è stato informato della situazione.» «Perdonatemi se vi appaio crudele, ma per quel che ne sapete potrebbe anche non sapere di essere diventato l'erede dei Russell. Potrebbe non tornare mai dai pericoli del Continente. La protezione di questo castello è troppo importante per essere ignorata.» Anne intrecciò le dita dietro alla schiena ed Elizabeth notò preoccupata il tremito che le scuoteva. «Ho un'armata ben addestrata.» «Ma i boschi sono pieni di ladri, come avete appena ammesso voi stessa. I vostri soldati sono richiesti là, ma i miei uomini saranno ben felici di difendere il Castello di Alderley da corteggiatori ambiziosi e pericolosi.» Dunque lui non si riteneva tale? «Spiegherò la situazione ai vostri uomini» continuò il visconte. «Sono vostra prigioniera?» chiese Anne. Lord Bannaster scoppiò in una sonora risata. «Milady, certo che no! Ma diversi uomini hanno cominciato a litigare per aggiudicarsi tutta questa ricchezza.» Indicò la stanza con un ampio gesto. «E vostro marito erediterà la contea.» Dunque aveva avuto ragione sui suoi motivi. Eliza12
beth si chinò in avanti. «Solo l'erede dei Russell...» suggerì in un bisbiglio. «Solo l'erede dei Russell erediterà la contea, come decretato dal re» ribadì Anne risoluta. «Il documento è stato redatto da Re Edoardo, che è morto da tempo. Siete una donna indifesa. Se continuate a girare libera per il castello chiunque potrà sedurvi con parole lusinghiere, o portarvi via per compromettervi. Dovete restare al sicuro in queste stanze fino a quando questa situazione non si sarà risolta.» «Dunque per quanto tempo pensate di tenermi prigioniera, milord?» «Questo è un termine un po' troppo duro. Una volta a Londra, non impiegherò molto a convincere il mio caro cugino che diventando vostro tutore potrò essergli d'aiuto. Nell'attesa vivrete in queste stanze comode e familiari, facendo quello che vi piace. La vostra domestica si occuperà di voi e vi terrà informata su ciò che succede al castello.» Si interruppe un momento, poi riprese a parlare. «Purtroppo devo annunciarvi che il vostro castaldo è rimasto sconvolto vedendo i miei uomini entrare pacificamente nel cortile. Ho cercato di spiegargli la situazione, ma lui ha sguainato la spada. Doveva avere un cuore debole, perché è morto prima che ci scontrassimo. Vi faccio le mie condoglianze.» Elizabeth si irrigidì: la situazione stava diventando sempre più pericolosa. Royden era stato un caro amico e un devoto servitore di suo padre. Era un uomo robusto, appena entrato nella mezza età e Bannaster lo aveva ucciso. Chi altri sarebbe morto nel tentativo di proteggerla? «Era un buon uomo» sussurrò Anne. Lord Bannaster assentì con un cenno del capo. «Infatti. E io mi sento responsabile. Quindi vi offro i servigi del mio castaldo, Mastro Arthur Milburn.» Accennò all'altro uomo, alto, snello e impassibile e lui le rivolse un rigido inchino. 13
Elizabeth sperimentò una paura crescente. Niente stava andando come si aspettava e gli antichi incubi in cui veniva inseguita per corridoi bui tornarono ad assalirla. Il castello era fuori dal suo controllo, almeno per il momento, dunque era ancora più importante scoprire cosa stava succedendo e fino a che punto erano vulnerabili. «Temo che perfino le mie truppe si lascino tentare dalle vostre ricchezze, dunque ho dato disposizioni perché ci siano sempre due soldati a guardia della torre, uno dei miei uomini e uno dei vostri» continuò Lord Bannaster. «Non potrò ricevere visite?» chiese Anne. Per la prima volta l'ira trapelò dalla sua voce. «Nemmeno del prete? Come potrò assistere alla messa tutti i giorni?» Il visconte scrollò le spalle con aria di scusa. «Quando tornerò da Londra valuteremo la situazione. Nel frattempo vi consiglio di leggere la Bibbia, Lady Elizabeth. Là il posto della donna viene spiegato con chiarezza.» Elizabeth trasalì. «Fino ad allora Milburn si occuperà dei vostri affari e della vostra sicurezza. Vi auguro una buona giornata, milady.» Si inchinò. «Fino al nostro prossimo incontro.» Uscì dalla stanza. Milburn le rivolse uno sguardo freddo, lo seguì e chiuse la porta. Elizabeth la raggiunse di corsa e vi appoggiò l'orecchio. Riuscì a sentire solo un rumore di passi che si allontanava e diverse voci maschili provenienti dal basso. Probabilmente erano le guardie di cui aveva parlato Lord Bannaster. Si girò cupa verso Anne. «Ha pianificato molto bene le cose. Vuole tenermi rinchiusa e ha ucciso il povero Royden per assicurarsi che nessun altro tenti di fermarlo.» Era livida dalla rabbia e addolorata per quella morte assurda. 14
Anne l'abbracciò e pianse insieme a lei. Dopo un po' Elizabeth si tirò indietro e si asciugò le lacrime. «Non abbiamo tempo da perdere. Ci sono troppe persone da proteggere. Devo vedere come vanno le cose nel grande salone.» «Ma i servi vi riconosceranno! Se Lord Bannaster dovesse scoprire che l'abbiamo ingannato...» «Non lo scoprirà. Per prima cosa andrò in cucina e chiederò alla cuoca e ai suoi aiutanti di diffondere la notizia prima del mio ingresso nel salone. La nostra gente è sveglia e fiera e non accetterà che un uomo simile decida il suo destino.» «E poi?» sussurrò Anne. «Poi penserò a un piano. Mi rifiuto di credere che il mio fidanzato sia morto. È la fuori, da qualche parte, ne sono sicura.»
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John, Barone di Russell, era seduto su una panca in una decrepita taverna a un giorno di viaggio dal Castello di Alderley, la dimora di Lady Elizabeth Hutton. Solo da poco aveva scoperto che era diventata la sua fidanzata. Risate rauche e grida da ubriachi gli assalirono le orecchie e il fuoco sfrigolò, ma lui non vi prestò attenzione, preso com'era dallo sforzo di trovare una soluzione ai propri problemi. Come figlio terzogenito aveva passato anni a farsi strada da solo nel mondo. A sedici anni era partito per il Continente come scudiero di suo cugino, trasformandosi da ragazzino timido e goffo, sempre all'ombra del fratello maggiore, in un uomo capace di badare a se stesso. Era stato felice nel Continente, dove la sua abilità sul campo di battaglia gli era valsa l'unico riconoscimento di cui sentiva il bisogno. I tornei e il lavoro di mercenario avevano riempito le sue giornate. John era fiero di mantenersi da solo, senza chiedere nulla a una famiglia che certo non si aspettava che se la cavasse cosÏ bene, ma la morte dei due fratelli maggiori lo aveva reso un barone e ora gli aveva procurato anche una moglie nobile. Prese un sorso di birra annacquata e strinse forte il manico del boccale. Ormai erano tutti morti: i suoi ge16
nitori, il secondogenito Robert, che aspirava a diventare uno studioso e il primogenito William, l'immagine stessa del cavaliere. Bello, poetico e affascinante, con i suoi modi seducenti William si era guadagnato l'ammirazione di decine di fanciulle, pur essendo promesso a Lady Elizabeth. Da ragazzino John era impacciato e grasso e suo padre lo aveva sempre paragonato a William, senza mai trovarlo all'altezza. Ora il matrimonio era un dovere nei confronti della sua famiglia. John era tornato vari giorni prima dalla Normandia. Si aspettava che il Castello di Rame, l'orgoglio del padre e ora la sua eredità, lo accogliesse come nuovo signore e invece l'aveva trovato in uno stato pietoso. I campi erano incolti e la maggior parte dei soldati e dei fittavoli se n'era andata. William si era goduto la vita a Londra, in attesa di un matrimonio che lo avrebbe reso ricco e nel frattempo aveva dilapidato le proprie sostanze. «Non riesco ancora a credere che William abbia fatto una cosa simile al nome di famiglia» borbottò John, lo sguardo perso. Sir Philip Clifford, amico e compagno d'armi, smise di contemplare la sua birra. «Tuo fratello ha trascurato il suo diritto di nascita, ma questo non si riflette per forza su di te.» «Sì, invece. Mi sento responsabile.» John sbatté il boccale sul tavolo e la birra traboccò, bagnandogli la mano. Abbassò la voce. «Mio fratello ha prosciugato la nostra tenuta e il castaldo ha raccontato a tutti che William doveva mantenere il mio costoso stile di vita in Europa.» Le parole gli si strozzarono in gola. «Io non credo che sia stato William a diffondere una bugia del genere, John. Il castaldo era un uomo disperato. Non voleva ammettere che la situazione fosse dovuta alla sua cattiva gestione e a quella del suo signore.» John avrebbe tanto voluto crederlo. Sarebbe sempre 17
rimasto con quel dubbio? «Comunque il resto del paese, compresa la corte di Re Enrico, è convinto che io sia un incapace come mio fratello.» Si scolò il resto della birra. «Ogni mia risorsa deve andare nella ricostruzione del Castello di Rame.» «Devi pur mangiare» gli ricordò Philip con un sorriso. «È importante che ti mantenga presentabile per la tua fidanzata. È carina?» «Ho ricevuto solo la sua lettera, senza un ritratto. Non la vedo da oltre dieci anni e allora era una bambina. Potrebbe rifiutarsi di sposarmi. Dopotutto doveva sposare mio fratello William, che secondo l'opinione generale era la personificazione degli ideali della cavalleria.» «I tuoi genitori hanno combinato questo matrimonio molti anni fa e lei non si sottrarrà» replicò Philip con fermezza. «Il re voleva unire le vostre famiglie quando ha acconsentito a dare Lady Elizabeth in sposa all'erede dei Russell. Tu le porti un castello che difende la costa della Cornovaglia e un grande cavaliere, il prossimo Conte di Alderley, proprio come voleva il re. Quale donna non cadrebbe ai tuoi piedi? Comunque è carina?» ripeté. «Sì.» I ricordi lo sommersero. Guardava spesso la graziosa ragazzina dai capelli di un biondo ramato che faceva pensare ai colori del tramonto, ma lei aveva occhi solo per William, la cui bellezza aveva sempre attirato tutti gli sguardi. John non si aspettava niente di diverso, eppure la seguiva ammirato, osservandola come un dipinto raro appeso in una chiesa. Era un ragazzino goffo e bizzarro e l'anno che Elizabeth aveva passato presso la sua famiglia non lo aveva migliorato. «Vorrei che mi ascoltassi» sospirò Philip. «Questo sarebbe il momento ideale per chiedere aiuto all'Ordine della Spada.» «Non ricominciare con quella storia» gemette John. 18
«Passi ogni ora libera nel tentativo di scoprire le imprese che gli vengono attribuite e cosa hai ottenuto?» «Altri indizi da approfondire» rispose Philip ostinato. Poi arrossì e distolse lo sguardo. «Altri miti, altre leggende. Niente di sicuro» sbottò John con più durezza di quanto intendesse. Philip lo guardò impassibile. «Nascondono bene le loro azioni, ma questo non significa che non esistano. Mia nonna ha giurato fino alla fine dei suoi giorni che sarebbe stata uccisa per il suo denaro, se un membro dell'Ordine della Spada non l'avesse salvata. Io non sarei neanche nato!» John addolcì il tono. «Non dubito di tua nonna, ma non voglio essere salvato da una leggenda. Intendo risolvere da solo i miei problemi. Dimostrerò a Lady Elizabeth che posso essere un marito degno.» Philip sorrise. «Se è per questo hai già cominciato. Hai destinato tutto il tuo denaro alla ricostruzione delle fortune dei Russell. Il prete farà un buon lavoro come castaldo fino a quando non nominerai qualcun altro. I tuoi genitori sono morti sei anni fa. Se ti guardassero dal cielo, non se la prenderebbero di certo con te.» John non fiatò. Suo fratello si era fatto beffe di ciò che per i genitori era stato più importante, la prosperità delle loro terre e il buon nome della famiglia, ma lui non intendeva seguire le sue orme. Si era goduto la vita eccitante e avventurosa sul Continente, senza mai immaginare di poter fare un buon matrimonio. A volte si chiedeva preoccupato se la vita coniugale e la nobiltà non fossero di una noia mortale, ma poi scacciava subito quel pensiero. Un gruppo di uomini seduti a un tavolo vicino al focolare scoppiò di nuovo in una risata sguaiata, senza preoccuparsi di abbassare la voce. «Non ci credo» sbottò un uomo con la barba cosparsa di avanzi di cibo. Si appoggiò al muro e rovesciò quasi la panca. 19
Un altro uomo si alzò con aria offesa, ma rovinò l'effetto barcollando. «Come sarebbe a dire, non ci credi? Sono appena tornato da là. I suoi soldati sono stati mandati via e ora il Castello di Alderley è nelle mani di Lord Bannaster.» John si irrigidì. Il Castello di Alderley era la dimora della sua fidanzata. Era sotto attacco? Si alzò seguito da Philip e si avvicinò al focolare con una mano sull'elsa della spada. Il gruppo di uomini li guardò e smise di sghignazzare. «Cosa vuoi? Fatti gli affari tuoi» gli ingiunse Barba Sporca, sputando ai piedi di John sui giunchi sparsi sul pavimento. John inarcò le sopracciglia, lo ignorò e si concentrò sul suo compare barcollante. «Che altro sai sul Castello di Alderley?» chiese. Questi prese un altro sorso di birra e gli urtò il petto con il boccale. «Perché ti interessa?» «Questo non ti riguarda. Sto solo chiedendo un'informazione che hai già fornito liberamente.» Barba Sporca balzò in piedi all'improvviso, cercando a tentoni il fodero. John sguainò la spada e tagliò la cintura che lo reggeva. L'arma cadde per terra e i sei uomini si alzarono tutti insieme, trovandosi davanti le spade di John e Philip. «Non andiamo in cerca di guai» chiarì John in tono amabile. «Vogliamo solo delle risposte. Se tenete alle vostre spade – e alla vita – vi conviene parlare. E ora raccontatemi che cosa sta succedendo al Castello di Alderley.» Barca sporca e Barcollante si scambiarono un'occhiata, mentre i loro quattro compagni si agitavano a disagio. Per quanto ubriachi, si erano resi conto che i due erano avversari temibili. Barcollante mantenne la mano sull'elsa della spada ed emise un sonoro rutto. «Il visconte lo sta tenendo per il re» spiegò poi riluttante. 20
«E perché?» «Lady Elizabeth è ancora nubile. La contea ha bisogno della guida di un uomo.» «Quella pensa di potersela cavare da sola» borbottò Barba Sporca con aria risentita. «È ora che un uomo le mostri il fatto suo.» Il suo compare si sporse in avanti con aria confidenziale, come se John fosse diventato un amico. «L'ha rinchiusa nella torre ed è andato a Londra a chiedere al re il permesso di...» Scoppiarono tutti a ridere sguaiati, come se avessero capito le mire del visconte. John si sentì gelare all'idea di una giovane donna trattata in quel modo e solo perché lui non era tornato in tempo. Rinfoderò la spada e gettò una moneta sul loro tavolo. «Grazie dell'informazione.» Barcollante lo ignorò mentre lui chiamava il padrone della taverna. «John, ti leggo in faccia quello che pensi» lo ammonì Philip mentre tornavano a sedersi al tavolo. «Non è colpa tua. Hai appena saputo del fidanzamento.» John sollevò una mano. «Non so se avrei potuto evitare questo disastro, ma devo trovare il modo di risolverlo. Il mio castello e le mie terre sono in rovina e non ho soldati se non te, Ogden e Parker. Non posso chiedervi di seguirmi verso morte certa.» «Ma siete fidanzati legalmente!» protestò Philip. «Possiamo andare dal re e...» «Se anche andassi a Londra, probabilmente le false voci sparse sul mio conto mi hanno preceduto. Non posso presentarmi al Castello di Alderley e chiedere che mi consegnino Lady Elizabeth, soprattutto trovandomi contro un visconte imparentato con il re. Sono un barone senza esercito. Potrei perdere il diritto di sposarla.» Il futuro appariva incerto, ma John non era più il ragazzino smarrito e vulnerabile di un tempo. «Non lo permetterò» concluse. 21
Spinse via il boccale e si alzò. Un uomo seduto da solo a un altro tavolo gli lanciò uno sguardo, poi tornò a dedicarsi alla sua birra. John era sicuro che quell'impresa gli avrebbe portato tutta l'eccitazione e il pericolo che poteva desiderare. «Merito di sposarla e lo dimostrerò, Philip» dichiarò. «La convincerò della mia sincerità e lei starà al mio fianco quando andrò dal re a nome nostro.» Anche Philip si alzò. «E come farai?» gli chiese mentre uscivano insieme dalla taverna. Ogden e Parker, che erano rimasti con i cavalli, si diressero verso di loro. «Milord, abbiamo sentito delle voci che dovreste conoscere» annunciò Ogden, mordicchiandosi un lungo baffo. «Se riguardano Lady Elizabeth, allora so già tutto. Entrate a mangiare qualcosa e sbrigatevi. Dobbiamo partire subito per il Castello di Alderley.» I due soldati entrarono in fretta nella taverna e John lanciò un'occhiata a Philip. «Mi hai chiesto come faremo a liberare Lady Elizabeth. Semplice: dobbiamo trovare i suoi soldati. Dammi un po' di tempo e penserò al resto. Lo faccio sempre, no?» Si misero in marcia non appena i due soldati tornarono. C'erano ancora molte ore di luce e John impose un'andatura sostenuta. Quando calò la sera i cavalli erano esausti. Si accamparono in un boschetto a poca distanza dalla strada principale. Mangiarono carne secca e biscotti intorno al fuoco, mentre John si chiedeva come aiutare Lady Elizabeth. Un piano cominciava a formarsi nella sua mente, ma prima di poterlo esporre i cavalli si misero a nitrire agitati. Parker, rimasto di sentinella, arrivò attraverso gli alberi dalla direzione della strada. Tozzo, basso e robusto, era un ottimo guerriero. John aveva accolto lui e Ogden quando nessun altro li voleva e non se ne era mai pentito. 22
Parker gettò un'occhiata al di sopra della spalla. «Io non sento niente, milord, ma i cavalli non mentono mai.» Un uomo avvolto in un mantello emerse dall'ombra, le mani alzate in segno di pace. John strinse l'elsa della spada, ma non la sguainò. «Chi siete?» L'uomo abbassò lentamente il cappuccio, mostrando un viso sbarbato e un ampio sorriso. «Buonasera, miei signori. Posso condividere il vostro fuoco?» Non faceva freddo, ma forse un uomo solo si sentiva più sicuro in compagnia di altri. «Potete, signore, ma in cambio vorrei sapere il vostro nome.» «Mi dispiace, ma non posso accontentarvi, Lord Russell» rispose lo sconosciuto. John si irrigidì. «Voi mi conoscete, ma non mi consentite di conoscervi?» «Vi conosco di fama e non è la stessa cosa.» Lanciò un'occhiata agli uomini di John. «Possiamo parlare in privato?» «Io non me ne vado» dichiarò Philip teso. Lo sconosciuto lo esaminò. «Non vi conosco, signore. Lord Russell, desiderate che rimanga?» «Sì. È Sir Philip Clifford.» John fece un cenno agli altri due uomini, che scomparvero tra gli alberi e si avvicinò al fuoco. Lo sconosciuto si sedette e sfregò le mani. «Il caldo fa bene alle mie vecchie ossa.» John lo studiò. «Non sembrate anziano, signore.» «Si vede che nascondo bene la mia età» rispose l'altro con un sorriso. «Ci sono giorni in cui ci sentiamo vecchi come il mondo, non è vero?» Il sorriso scomparve. «Sono qui a nome dei miei confratelli, Lord Russell. Vi abbiamo notato molti anni fa e da allora abbiamo seguito le vostre imprese.» John aggrottò la fronte, ma con sua sorpresa Philip si sporse in avanti interessato. 23
«Quali confratelli, signore?» chiese John. «L'Ordine della Spada» sussurrò Philip in tono reverente. Lo sconosciuto lo guardò con lieve divertimento, ma John non era dell'umore adatto per quelle sciocchezze. «Philip spera in un'assistenza miracolosa, ma io sono più cauto» tagliò corto. «Chi rappresentate, signore?» «Non credete nell'esistenza dell'Ordine della Spada?» chiese l'uomo con voce sommessa. «Ci credo come alle storie raccontate ai bambini» rispose John. «Solo che questa viene raccontata agli scudieri e ai giovani cavalieri. Non mi piace incoraggiare false speranze.» «Gli uomini scettici possono essere grandi guerrieri» osservò lo sconosciuto. Il sorriso di Philip scomparve. John scosse la testa. «Signore, spiegatevi o state zitto, così che io possa riposare.» «Avete percorso una notevole distanza, soltanto per scoprire che le cose non sono come le avevate lasciate.» John si sentì gelare. La storia del suo castello trascurato aveva già cominciato a diffondersi. «Se siete a conoscenza di tutto questo, allora saprete anche che John è innocente e non ha fatto niente di male» intervenne Philip rigido. «Alcuni sostengono il contrario» replicò lo sconosciuto. «Bugie diffuse dagli uomini di suo fratello!» proruppe Philip indignato. John sollevò una mano. «Lascialo parlare.» «Il giudizio sul valore della vostra famiglia non è stato ancora pronunciato» espresse lo sconosciuto con una certa solennità. «E sarete voi e i vostri confratelli a farlo?» chiese John a denti stretti. 24
«No, ma tocca a noi giudicare quando è il caso di offrire la nostra assistenza.» Philip sorrise e fece per intervenire, ma lo sconosciuto lo precedette. «E quel giudizio è ancora in sospeso» aggiunse. John lo guardò con freddezza. «Dunque parlate di assistenza, ma poi non intendete offrirla. Perché?» «Per avvertirvi della nostra presenza e farvi capire che anche se non abbiamo ancora deciso se aiutarvi o meno, comprendiamo la difficile situazione in cui si trova Lady Elizabeth Hutton. È una donna sola e merita il nostro aiuto.» «Lei è una mia responsabilità. È sola perché non sono tornato in tempo dalla Normandia.» Lo sconosciuto scrollò le spalle. «Non è tutta colpa vostra. Non potevate prevedere la morte dei suoi genitori e di vostro fratello e l'arroganza di Lord Bannaster.» «Non posso fidarmi che aiutiate davvero Lady Elizabeth. Non so nulla di voi o dei vostri confratelli» dichiarò John. «Ma John...» cominciò Philip. «Nessuno controllerà il mio destino» continuò John con fermezza. Poi si rivolse allo sconosciuto. «Domattina tornate dai vostri confratelli e dite loro che risolverò da solo i miei problemi.» L'altro annuì. «Rispetto la vostra posizione, Lord Russell. Continueremo a tenervi d'occhio.» «Non posso impedirvelo. Buonanotte.» John si avvolse nella coperta e si addormentò. Quella notte il turno di guardia toccava a Ogden e Parker e lui si fidava di loro. La mattina seguente lo sconosciuto se ne era andato, anche se i due uomini giuravano di non aver sentito niente. «È naturale che non abbiano sentito niente, John» commentò Philip ripiegando la sua coperta. «I membri dell'Ordine della Spada sono famosi per l'abilità di ap25
parire e scomparire nel silenzio più assoluto.» «Gli uomini come te diffondono voci che poi diventano leggende» osservò John in tono scherzoso. «Non sono voci. È la verità!» John si limitò a scuotere la testa e continuò a fare i bagagli. Quando ebbero finito, gli altri tre lo guardarono con aria d'attesa. «Ho un piano» annunciò con calma. «Senza un esercito non possiamo esigere la liberazione di Lady Elizabeth. Ogden e Parker, dovete trovare i soldati di Alderley. Insieme potremo salvare la loro signora, ma per farlo dobbiamo conoscere la situazione. Dobbiamo travestirci per entrare nel castello.» «E come faremo? Gli uomini di Bannaster guarderanno con sospetto dei nuovi arrivati, visto che tengono una donna rinchiusa nella torre.» «Non possono nemmeno comportarsi come se fossero in guerra. Lord Bannaster vuole di certo dimostrare al re che con lui al comando il Castello di Alderley si trova in buone mani.» «Possiamo entrare come viaggiatori e fermarci a mangiare» suggerì Philip. «Poi però si aspetteranno che ce ne andiamo.» «Esatto. Dunque dovrà essere chiaro che non possiamo andarcene.» I tre uomini aggrottarono la fronte confusi. John sospirò, come se lo avessero deluso. «Arriveremo al castello pesti e feriti per via di un attacco di banditi lungo la strada.» Philip sbatté le palpebre sbalordito. «Un attacco?» «Visto il nostro stato, non potranno mandarci via» spiegò John. «Ma...» «Ogden e Parker, ho bisogno che vi accampiate qui vicino e troviate gli uomini di Alderley. Se succedesse qualcosa a me e a Philip, dovete andare dal re. A quel punto sarete l'ultima speranza di Lady Elizabeth.» 26
I due uomini annuirono solenni. «E noi due ci fingeremo feriti» osservò Philip scettico. «Quanto pensi che durerà?» «Hai ragione» convenne John, cercando di nascondere un sorriso. «Non inganneremo nessuno con delle ferite finte, quindi dovranno essere vere.» Tornò a rivolgersi a Ogden e Parker. «Dobbiamo apparire malconci. Io potrei avere una gamba gonfia, così da poter sostenere che è rotta. Niente fratture reali, però, visto che forse dovremo combattere.» I tre uomini lo fissarono sbalorditi. John scoppiò a ridere. «Non aspettavate l'occasione di sfogare la vostra ira su di me? Be', ora l'avete.» «Ma non sono arrabbiati con me» protestò Philip. «Così credete voi» borbottò Ogden.
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