La scelta di alasdair

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VANESSA KELLY

La scelta di Alasdair


Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: How to Marry a Royal Highlander Kensington Publishing Corp. and Donzelli Fietta Agency srls © 2015 Vanessa Kelly Traduzione di Rossana Lanfredi Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved. © 2017 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione I Grandi Romanzi Storici dicembre 2017 Questo volume è stato stampato nel novembre 2017 da CPI, Barcelona I GRANDI ROMANZI STORICI ISSN 1122 - 5410 Periodico settimanale n. 1092 dello 01/12/2017 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 75 dello 01/02/1992 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Mondadori, 1 - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 045.8884400 HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano


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Londra, novembre 1815 Quello stava diventando il giorno peggiore della vita di Edie Whitney. La reazione dei suoi genitori agli sfortunati eventi del ballo di Lady Charlfort, la sera precedente, era stato il colpo finale. S'immobilizzò nel sentire un rumore di passi affrettati lungo il corridoio. Quando la porta della sua camera si spalancò e la sorella gemella Evie si precipitò dentro, Edie quasi svenne per il sollievo. Evie aveva lasciato la casa di famiglia dei Reese subito dopo essersi sposata, poche settimane prima, e quella camera deserta accanto alla sua pareva echeggiare il senso di vuoto che ora sentiva nella sua vita. Le due sorelle, infatti, oltre ai tratti fisici, condividevano pensieri, emozioni, segreti. Edie aveva sempre saputo che il matrimonio un giorno le avrebbe divise, ma non era preparata ad affrontare la separazione. E quando Wolf Endicott era rientrato nella vita di Evelyn, alcuni mesi prima, tutto era cambiato. Pur lieta che la sorella avesse infine trovato la felicità accanto all'uomo che aveva amato per anni, Edie non poteva fare a meno di sentire che aveva perduto l'elemento essenziale della sua vita. 5


«Cara, che cosa succede? Perché la mamma è tanto agitata?» chiese Evelyn, prendendole le mani. Poi aggrottò la fronte. «Hai le dita gelide e sei pallidissima. Stai male?» Edie lasciò che la pressione familiare delle dita della sorella la calmasse, e cercò d'incollarsi un sorriso coraggioso sul volto. «Sto bene. Sono gli altri a essere impazziti, non io.» La gemella la tirò verso il divanetto situato nel vano della finestra. «Sai che non puoi ingannarmi. Che cosa hai fatto questa volta?» Edie si lasciò cadere sul divanetto ed Evelyn si accomodò al suo fianco, impeccabile nel suo abito da passeggio e con gli occhiali che le davano un'aria un po' intellettuale. Ma brillava anche di felicità, e quella luce illuminava la sua non appariscente bellezza. «Ho combinato un pasticcio, come al solito» replicò Edie con un sospiro. «Persino la mamma è furibonda.» «Non posso crederci. La mamma non va mai in collera con te.» «Continua a ripetere che sono la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Sono sicura che ti avrà parlato della mia trasgressione fatale, come la definisce.» «No. Volevo vedere te prima d'incontrarla, così ho mandato Will nel salotto da lei.» Evelyn sogghignò. «Sembrava lo stessi spedendo ad affrontare un reggimento di dragoni francesi.» Edie non riuscì a trattenere un risolino all'idea del suo possente cognato, un tempo spia dell'esercito, tremante davanti alla loro madre. Wolf conosceva Lady Reese da quasi tutta la sua vita, tuttavia continuava a essere intimidito da lei, come d'altronde quasi tutti. Tutti meno Edie. Lei era sempre stata in grado di affrontarla nel modo migliore. Di recente, però, pareva avere perduto il suo tocco. «Oh, non ti preoccupare» rispose, «la mamma in questi giorni è innamorata di Wolf. Si riferisce a lui come al suo genero preferito.» 6


«È il suo unico genero» ribatté Evelyn, asciutta. «Ma non importa. Dimmi che cosa è accaduto.» Edie balzò in piedi, troppo tesa per stare seduta. Era esausta, e quella notte aveva dormito poco dopo l'incidente, per usare un'altra definizione melodrammatica della loro genitrice. Il panico l'aveva tenuta sveglia quasi tutto il tempo. Fece un veloce giro per la stanza e tornò a fermarsi davanti alla sorella. «Ecco, vedi...» Non le capitava mai di essere a corto di parole, ma in quel momento le sembrava di avere la lingua annodata. «Ieri sera, come sai, ero al ballo di Lady Charlfort e sono stata sorpresa in una situazione... imbarazzante.» Un sinistro presentimento s'impossessò di Evelyn. «Quanto imbarazzante?» «Ero andata a fare una passeggiata lungo il corridoio, quello che porta all'orangerie di Lady Charlfort che, come sai, è un po' appartata.» «Ti prego, dimmi che eri sola, o almeno con una persona rispettabile.» Edie arricciò il naso. «Ero con Sir Malcolm Bannister.» «No!» esclamò Evelyn, inorridita. «Sì» confermò Edie con un sospiro. «E siamo stati visti.» «A fare cosa?» Edie agitò una mano in un gesto d'impazienza. «Ma a baciarci, naturalmente. Per quale altro motivo si va in un posto appartato in compagnia di un noto libertino?» Evelyn si portò una mano al petto come se fosse una vergine scandalizzata, anche se ormai doveva essere molto più esperta di Edie in fatto di relazioni tra i sessi. «Baciavi Sir Malcolm nel corridoio?» «Per la precisione eravamo nella nicchia di una finestra. Dopotutto, per certe cose uno vuole un minimo di intimità, non credi?» A dirla tutta, quello che lei aveva voluto, dopo essersi immediatamente accorta di avere commesso un 7


madornale errore, era stato tornare nella sala da ballo, ma Sir Malcolm, purtroppo, non era stato dello stesso avviso. Edie allora aveva fatto per appioppargli un calcio negli stinchi quando la loro rovina era comparsa sulla scena sotto forma di Lady Charlfort e di quella vecchia arpia pettegola della madre, Lady Morgan. Le due matrone, a quanto pareva, avevano anche loro deciso di fare una passeggiata lungo il corridoio. Evelyn scoppiò in una risata. «Suppongo che qualcuno vi abbia sorpreso.» «Naturalmente» replicò Edie, sarcastica. La gemella sussultò a quel tono. «Perdonami. Certo che vi hanno sorpreso.» «No, perdonami tu. Non avevo il diritto di essere brusca con te.» Edie sedette di nuovo sul divanetto e aggiunse: «È solo che sono molto stanca». Evelyn le prese la mano. «Oca che sei, non devi certo scusarti con me. Mi hai sempre difeso, ti sei sempre occupata di me.» Edie aveva davvero fatto del suo meglio per prendersi cura della sorella nel corso degli anni, proteggendola dalle incessanti critiche della loro madre e fermando chiunque tentasse di approfittarsi della sua timidezza. Tuttavia, in realtà, era stata l'affettuosa presenza di Evelyn a darle il coraggio di tener testa a tutti quelli che cercavano di manipolare la gemella. La gente credeva che la più forte tra loro due fosse lei, ma Edie sapeva che non era così. Il vero coraggio ce l'aveva Evelyn. «Chi vi ha scoperto?» volle sapere Evelyn, e quando Edie glielo disse, commentò: «Lady Morgan è la peggiore pettegola di Londra». «Come se non lo sapessi.» «Quanto era compromettente la vostra posizione?» «Purtroppo lui mi stava baciando con molto... ardore.» In effetti quell'uomo orribile le aveva cacciato la lingua fin nella gola. Sembrava un affamato che divorava una bistecca di manzo. 8


«Ma eravate vestiti?» insisté Evelyn, indicando il seno della gemella. Per fortuna Edie era riuscita a impedire alle mani di Sir Malcolm di raggiungerle quella parte del corpo. «Non avevo una forcina fuori posto. A differenza di qualcun altro che è stato sorpreso in una situazione simile.» Evelyn accettò la battuta con un sorrisetto e ribatté: «Grazie al cielo almeno quello. Quando accade diversamente, le conseguenze di solito sono fatali». Fatali come un'inevitabile passeggiata fino all'altare. Era accaduto a Evelyn e Wolf, alcuni mesi prima, ma loro due si amavano e tutto era finito nel migliore dei modi. «Nostra madre potrebbe pensarla nello stesso modo, non credi? In fondo si è trattato solo di uno stupido bacio. E nemmeno bello.» «Suppongo che non desideri sposare Sir Malcolm.» «Assolutamente no. E lui non desidera sposare me. È scappato dalla casa come se avesse le code della giacca in fiamme.» Edie guardò la sorella ed emise un sospiro rassegnato. «Evie, conosco quell'espressione, perciò tanto vale che mi dica cosa stai pensando.» La gemella le rivolse un sorriso di scusa. «Mia cara, sai che non ti criticherei mai, ma perché ti sei cacciata in una situazione tanto pericolosa? E con una canaglia come Sir Malcolm, poi.» Edie prese a giocherellare con uno dei nastri che guarnivano la vita del suo vestito. «Evie, hai mai desiderato baciare un uomo, prima di Wolf? Voglio dire, baciarlo davvero.» «Per me non c'è stato nessun uomo prima di Will.» Ed era la verità, giacché Evelyn si era innamorata di Wolf quando era una fanciullina. Edie però insisté. «Così non hai mai voluto baciare nessun altro? Nemmeno Michael? Sei stata quasi fidanzata con quel poveretto per due anni...» Tutti in famiglia si erano convinti che Evelyn a9


vrebbe sposato Michael Beaumont, un uomo gentile che l'adorava, ma il ritorno di Wolf dalla guerra aveva cambiato radicalmente la situazione nel giro di poche settimane. Evelyn rifletté. «Non detestavo il pensiero di baciare Michael, ma non saltavo nemmeno di gioia all'idea.» «E invece immagino che i baci di Wolf ti abbiano fatto saltare di gioia, non è così?» Evelyn arrossì. «Sì.» Edie sbuffò, poi balzò in piedi e ricominciò ad andare avanti e indietro. «Oh, è tutto così ingiusto. Ho venticinque anni e non so nemmeno cosa intendi con quelle parole.» «Ah, capisco. Tu con Sir Malcolm facevi un esperimento. Ebbene, allora comprendo perché hai scelto lui. E immagino che un attraente libertino sia bravo a baciare.» «E immagini male» replicò Edie, fermandosi accanto al letto. «So che il mio era un piano idiota, ma comincio a chiedermi se non ci sia qualcosa che non va in me. Non trovo nessuno che mi piacerebbe davvero baciare e con cui... fare tutte le altre cose.» «È solo che non hai ancora incontrato l'uomo giusto. Poi tutto diventa facile.» Evelyn studiò la sorella. «Anche se giurerei che qualcuno...» Edie sollevò una mano in un gesto imperioso. «Non osare nemmeno nominare quell'uomo.» «È evidente che non ho bisogno di farlo, non è vero?» replicò Evelyn con un sorrisetto. Edie arrossì. Non sapeva il perché, ma il capitano Alasdair Gilbride, l'uomo più attraente e più insopportabile che avesse mai conosciuto, la confondeva, ed era un fatto sconcertante giacché lei si faceva un punto d'onore di non confondersi mai. «Evie, ti avverto...» Il sorrisetto sulle labbra della gemella diventò irritante. «Certo, cara, come vuoi.» Qualcuno bussò alla porta, interrompendole, e un istante dopo la cameriera di Edie entrò nella stanza. 10


«Lady Reese desidera vedervi entrambe nel salotto, Miss Eden» annunciò Cora, poi lanciò un'occhiata di disapprovazione ai capelli di Edie. «I vostri capelli sembrano appena usciti da un cespuglio di rose. Vi avevo detto di non tirarvi i riccioli.» «Non l'ho fatto, e non occorre che mi parli come se fossi una bimbetta» protestò lei. La cameriera la guidò verso il tavolo da toletta e in due tocchi le sistemò le chiome. «Così va meglio» dichiarò alla fine. «Non vogliamo dare a Lady Reese un motivo per criticarvi, non è vero?» «Intendi oltre a tutti gli altri che già le ho dato?» Evelyn le si avvicinò. «Andrà tutto bene» la rassicurò. «La mamma non resta mai molto tempo in collera con te.» «Questa volta non credo» replicò Edie, alzandosi. «Ieri sera era furibonda. Si è messa persino a gridare.» Evelyn e Cora si guardarono, allibite, cosa che non fece sentire meglio Evie. Evelyn le prese la mano. «È meglio che andiamo e l'affrontiamo.» «Buona fortuna, signorina» dichiarò Cora, facendo una smorfia. Edie le rivolse un debole sorriso, poi lei ed Evelyn cominciarono a percorrere il corridoio. «Non sto andando al patibolo, sai» commentò Edie, guardando Evelyn che sembrava in preda all'ansia. «Vedrai che andrà tutto bene» ripeté la gemella. «Più che bene. Anzi, sarà splendido.» «Buon Dio» mormorò Edie, e scese la scala tenendosi forte alla ringhiera. Si era ormai abituata da anni a vivere con una vista mediocre e poiché non portava gli occhiali come la sorella, cercava di non correre mai rischi inutili. Arrivate in fondo, Parkins, il maggiordomo, aprì loro la porta del salotto e, raddrizzando le spalle, Edie seguì Evelyn nella stanza. La famiglia era sparsa nell'ampio ambiente; tutti naturalmente sedevano il più 11


lontano possibile dalla mamma. C'era anche il marito di Evelyn, il quale si nascondeva in fondo al salotto e sembrava un ragazzino intimidito, invece del vigoroso soldato che era. Ma Wolf Endicott non era un codardo, così venne incontro alla moglie con un sorriso innamorato sulle labbra. «Buongiorno» disse. «Perché non sedete entrambe sul sofà?» La mamma sbuffò, irritata, e Edie la ignorò, sedendosi sul divano accanto al fuoco insieme a Evelyn. Lady Reese sedeva invece su una delle eleganti poltroncine in stile Regina Anna di fronte a loro. Accanto aveva il marito. Quando il padre le rivolse un sorriso cupo, Edie si sentì mancare il cuore per una combinazione letale di mortificazione e senso di colpa. Lord Reese era il più gentile dei padri e un marito affettuoso. Tutto quello che chiedeva era vivere in una casa tranquilla e non essere coinvolto nelle questioni domestiche. Di solito la mamma lo accontentava, ma quella mattina evidentemente era stata di diverso avviso. Il fratello delle gemelle, Matthew, aveva sistemato la sua poderosa figura su una panchetta nella nicchia di una finestra, dall'altro lato della stanza, e faceva del suo meglio per rendersi invisibile. Per fortuna aveva avuto il buonsenso di lasciare a casa la sua arrogante moglie. Mary non perdeva occasione per criticare Edie ed Evelyn, e non avrebbe mancato di trattare tutti dall'alto in basso. Lady Reese aspettò che ognuno si fosse seduto. Come sempre era impeccabile, la figura alta e snella e le chiome castane evidenziate dal morbido abito da mattina verde bottiglia. Nessuno dei figli le somigliava, giacché tutti avevano preso i tratti ordinari del loro robusto e biondo padre, circostanza che lei aveva sempre deplorato. «Bene, ora che ci siamo tutti» esordì con una voce tetra, «è tempo di decidere che cosa fare dopo la fatale trasgressione di Eden.» 12


«Oh, madre, per l'amor del cielo!» esclamò Edie. «Il mio errore non è stato certo fatale.» Le labbra della madre divennero due pallide linee sottili, ma prima che potesse replicare, il marito le posò con gentilezza una mano sul braccio. Lei gli lanciò un'occhiataccia, ma restò in silenzio. «Sono pronto a sopportare molte cose dai miei figli» dichiarò Lord Reese in tono severo. «Ma non permetterò che manchino di rispetto alla loro madre. Le tue parole sono state alquanto sgradevoli, oltre che inutili, Eden. Mi aspetto di meglio da te.» Edie sussultò. Il rimbrotto del padre significava che la situazione era davvero grave. «Sono sicura che Edie non intendesse essere irrispettosa, padre» intervenne Evelyn, ma Edie le strinse una mano. «No, nostro padre ha ragione. Mi sono comportata male» affermò, e rivolse un sorriso di scusa alla madre. «Mi dispiace, madre.» Lady Reese socchiuse gli occhi, poi fece un gelido, impercettibile cenno di assenso. «Come stavo dicendo prima di essere interrotta» continuò, «dobbiamo trovare un modo per rimediare alle conseguenze dell'infelice comportamento di Eden, conseguenze rese ancora più disastrose dal fatto di aver scelto per la sua... bravata un compagno decisamente inappropriato. Se fosse stata sorpresa con un uomo rispettabile, avremmo potuto affrontare lo scandalo con le solite modalità. Sir Malcolm, però, non è rispettabile e non possiamo aspettarci che si comporti con onore.» Grazie al cielo. Se Edie fosse stata così stupida da farsi sorprendere con uno dei suoi veri corteggiatori, la madre l'avrebbe spedita all'altare nel giro di pochi giorni. Sir Malcolm, poi, non soltanto era un libertino, ma possedeva un patrimonio alquanto esiguo e ciò, agli occhi della mamma, rappresentava una colpa forse persino più grave della sua deplorevole reputazione. «Mia cara, sei sicura che la situazione sia tanto gra13


ve?» domandò il padre. «Lady Charlfort dopotutto è una delle tue migliori amiche, forse non diffonderà spiacevoli pettegolezzi.» «Lei no, ma sua madre non esiterà a farlo» replicò Lady Reese. «Lady Morgan sarà anche la vedova di un conte, ma si è sempre comportata con grande volgarità. Suppongo non ci si debba stupire di questo, giacché suo padre era un commerciante.» «Orrore!» bofonchiò ironicamente Edie, e la sorella le diede una gomitata nelle costole. «A dispetto di tutti i miei sforzi per impedirlo» proseguì la madre, «le voci peggiori si stanno già rincorrendo in città. Entro stasera la reputazione di Eden sarà a brandelli.» «Che disdetta» sbottò Matt. «Coraggio, Edie, ma che cosa avevi in mente? Sir Malcolm è un vero farabutto.» Edie fu tentata di reagire, ma il fratello aveva ragione. «Lo so, sono stata stupida. E in più non è nemmeno stato piacevole.» Edie pensò fosse profondamente ingiusto che, oltre a tutto il resto, baciare Sir Malcolm si fosse rivelato una vera delusione. Era stato come farsi leccare la faccia da un mastino. «I dettagli non ci interessano» sibilò la madre. «Certo che no» si affrettò a concordare il padre. «Ma sono sicuro che tu abbia un piano per risolvere questa imbarazzante situazione, non è vero cara?» Edie soffocò un sospiro. Non per la prima volta desiderò che il genitore fosse un poco più deciso in fatto di emergenze familiari. Dio solo sapeva che cosa aveva escogitato la mamma, agitata com'era. «C'è un solo, possibile piano» dichiarò Lady Reese. «Eden deve trasferirsi in campagna.» «Mi sembra perfetto, madre» assentì subito Matt. «Un po' di tempo in campagna dovrebbe risolvere le cose. Dopotutto, tra poche settimane, tutti andremo a Maywood Manor per le vacanze estive. E poi Edie a14


dora la campagna, non è così, vecchia mia?» Sentendosi quasi svenire dal sollievo, Edie sorrise. Non le piaceva molto l'idea di lasciare la città in disgrazia, ma c'erano cose molto peggiori che tornare a casa per un po'. E suo fratello aveva ragione; a novembre tutta la famiglia si sarebbe comunque trasferita in campagna. «Mi dispiace deluderti, Matthew» replicò la mamma, «ma Eden non andrà a Maywood Manor.» Edie sollevò di scatto la testa. «No? E perché?» chiese. La madre tornò a posare su di lei uno sguardo da basilisco. «Perché non ricompenserò il tuo pessimo comportamento» dichiarò. «E in ogni caso non si risolverebbe il problema. Maywood Manor non è certo un luogo fuori mano, c'è sempre molta vita sociale in questo periodo dell'anno. A meno di chiuderti in soffitta, tu continueresti a essere oggetto di... attenzione.» «Ebbene, non possiamo certo chiuderti in soffitta. I vicini parlerebbero ancora di più» intervenne il padre, cercando di fare dell'umorismo. La moglie lo fulminò con lo sguardo. «Eden passerà l'inverno con Lady Torbeck, nello Yorkshire. Zia Eugenia non si è sentita molto bene di recente e sono sicura che gradirebbe un po' di compagnia. Inoltre a Eden gioverà per una volta rendersi utile, invece di svolazzare per Londra come una farfalla impazzita.» Edie fissò la madre, inorridita. L'idea di trascorrere l'inverno nel selvaggio Yorkshire, e per di più sotto il naso di una vecchia acida come Lady Torbeck la sgomentava. Tanto valeva mettersi un cappio al collo e farla finita. «Santo cielo, madre!» esclamò Evelyn. «La state seppellendo viva.» Quella cupa immagine indusse Edie ad alzarsi, andare presso la sedia della madre e accovacciarsi ai suoi piedi. «Madre, mi dispiace per ciò che ho fatto, davvero» supplicò, posando le mani sul grembo della geni15


trice come faceva quando era piccola e voleva placare la sua ira. Di solito però quella collera era diretta contro Evelyn, e in quel momento si rese conto di quanto dovesse essere stato terribile per la gemella trovarsi a doverne sempre essere il bersaglio. «Giuro che farò quello che volete e non creerò più nessun problema» continuò. «Cambierò, vedrete. Ma non mandatemi via, lontano da tutti.» Lei per prima detestò il tono querulo della sua voce e capì che anche sua madre lo avrebbe detestato. Non era tipo da eccessive manifestazioni emotive e senza dubbio avrebbe pensato che la figlia stava cercando di manipolarla. Ma non era così. Il fatto era che la prospettiva di passare l'inverno in solitario esilio la faceva sentire come se il mondo le stesse crollando addosso. Per diversi secondi la mamma restò impassibile, poi il suo volto si ammorbidì e un sospiro le uscì dalle labbra. «Mia cara, io non faccio questo solo per punirti» disse. «Tu credi che la tua popolarità ti permetterà di uscire indenne dai pettegolezzi, ma ti sbagli. L'alta società in certi casi è implacabile. Le tue amiche ti eviteranno, i corteggiatori, quelli rispettabili, t'ignoreranno. La gente mentirà su quello che hai fatto e a nessuno importerà che mentano. Insomma, la tua reputazione sarà irrimediabilmente distrutta.» «Ma io vorrei tentare» insisté Edie. «Vorrei affrontare tutti a testa alta e cercare di uscirne bene.» Ogni comprensione svanì dallo sguardo della madre. «Non permetterò che t'imbarchi in questa rovinosa impresa, e che metta a repentaglio il buon nome della famiglia. Peggioreresti soltanto le cose.» Edie sentì un frusciar di gonne alle sue spalle e un momento dopo la mano di Evelyn si posò sulla sua spalla. Evelyn c'era sempre, pensò, gli occhi colmi di lacrime, e l'idea di una separazione tanto lunga dalla gemella le straziò le viscere. «Madre, deve proprio essere lo Yorkshire? Di certo ci sarà un'alternativa» intervenne la sorella. 16


Il rumore di una gola che si schiariva con discrezione indusse Edie a voltarsi. Wolf era stato così silenzioso fino a quel momento che ci si erano dimenticati della sua presenza. «Non intendo interferire» dichiarò il cognato, «ma avrei un'idea» aggiunse, con un sorriso di scusa alla mamma, fatto alquanto ridicolo, giacché Wolf era stato una spietata spia al servizio della Corona. La mamma si era affezionata a lui quando era rientrato nella vita di Evelyn, in parte forse perché era figlio del Duca di York, sia pure illegittimo, e lei trovava alquanto prestigioso avere un genero con del sangue blu nelle vene. «Sì, William?» chiese la mamma. «Che cosa suggerite?» Quando Wolf guardò Edie e sorrise, un orribile presentimento calò su di lei. «Che ne pensate di passare l'inverno in Scozia?»

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Il capitano Alasdair Gilbride, appartenente al Reggimento di fanteria scozzese della Black Watch, guardò Aden St. George con disgusto. «Così se non torno in quel decrepito castello, Dominic Hunter trascinerà il mio deretano davanti a Prinny e mi risbatterà nelle Highlands, ho capito bene?» Il cugino sollevò il bicchiere di scotch, ammirandone il colore ambrato. «Sì. Oh, e tra l'altro, Alec, questo è davvero un ottimo whisky.» «Lo credo bene. Proviene da una delle più antiche distillerie scozzesi.» Alec omise di precisare che la sua famiglia possedeva la distilleria. «Ma stai evitando la mia domanda. Mi rifiuto di credere che tu non possa spedirmi lontano, in qualche missione. Ci sarà pur bisogno di spie, anche dopo che abbiamo distrutto il piccoletto francese.» Il sospiro che sfuggì dalle labbra di Aden fu di comprensione più che di esasperazione. Non che la comprensione potesse portare Alec là dove voleva, ossia in qualunque posto tranne la Scozia. La biblioteca della magione di suo nonno, a Londra, era un ambiente elegante e nobile, se si prediligevano gli stili di arredamento che andavano di moda oltre cinquant'anni prima. Sebbene la dimora fosse costan18


temente pulita e lucidata da un piccolo esercito di domestici, non era una vera casa da anni. Alec non riusciva nemmeno a ricordare l'ultima volta che il nonno era stato a Londra. La sola ragione per cui il Conte di Riddick aveva tenuto quella casa era che Alec, di tanto in tanto, vi aveva soggiornato in occasione delle sue rare incursioni dal Continente durante la guerra. Ora perciò sembrava che in quelle stanze il tempo si fosse fermato. «Ci sarà sempre bisogno di spie» rispose Aden, «ma ciò non significa che abbiamo bisogno che tu vada in giro sotto mentite spoglie a sventare cospirazioni e smascherare assassini. Abbiamo molti agenti e non vogliamo che l'erede di un conte rischi la vita in missioni pericolose. E poi stai diventando troppo vecchio per certe cose.» Alec sbuffò. «Santo cielo, ho solo ventisei anni. Sono molto più giovane di te.» «Allora è tempo che tu ascolti chi è più anziano. E chi ti è superiore sul lavoro, aggiungerei. Il mio è un ordine, Alec. Voglio che tu torni a casa.» Alec fissò torvo il cugino. Quando Dominic Hunter, il migliore capo di una rete di spie che lui avesse mai conosciuto, si era ritirato, Aden St. George aveva preso il suo posto, e ora dirigeva una parte significativa dei Servizi Segreti. Era perciò lui a decidere se Alec doveva restare o partire. Aden allungò le gambe davanti a sé e posò pigramente una mano sul bracciolo di una delle poltrone di pelle che fronteggiavano la scrivania di Alec. A un osservatore superficiale sarebbe sembrato un libertino che poltriva nel suo club, ma Alec sapeva quanto falsa fosse questa impressione. Il cugino era una delle spie più abili d'Inghilterra, e né il matrimonio né il fatto che fosse stato promosso capo della rete, lo avevano cambiato. «Alec, ti sei meritato un poco di riposo» dichiarò Aden. «Hai passato dieci anni a combattere, ma sei e19


rede di uno dei titoli più prestigiosi dell'Unione. Hai un posto e un ruolo nel mondo, ed è tempo che tu te ne renda conto. Forse, per esempio, potresti goderti i privilegi che derivano dalla tua posizione, invece di fuggirli. La maggior parte degli uomini ucciderebbe per essere al tuo posto.» Al pensiero di godersi gli obblighi che lo aspettavano a Blairgal Castle, Alec quasi si soffocò con il whisky. E per quel che riguardava i suoi privilegi, ebbene, quelli restavano tutti da vedere. «Qualcuno potrebbe non concordare sul fatto che il titolo di conte al momento sia mio.» «Intendi dire che tu potresti non concordare» ribatté il cugino. «Per tutte le persone che contano, tu sei il figlio legittimo di Walter Gilbride e di sua moglie, Lady Fiona, unica figlia del Conte di Riddick. E poiché il titolo di conte in Scozia può essere trasmesso anche attraverso la discendenza femminile, tu sei anche l'erede di Riddick. Chiunque affermi il contrario dovrà vedersela non solo con tuo nonno, ma con il Principe Reggente.» Era vero. Il nonno aveva sempre sostenuto la figlia, anche dopo la breve relazione adulterina che lei aveva avuto con il fratello di Prinny, il Duca di Kent. E lo stesso aveva fatto Walter Gilbride, suo marito nonché, a tutti gli effetti, padre di Alec. Walter insisteva nell'affermare che Alec era davvero suo figlio, e il vecchio conte era irremovibile nel dichiarare che il nipote era il legittimo erede di Riddick. I familiari erano sempre stati molto decisi nel supportare Alec e il buon nome di Lady Fiona, negando qualunque pettegolezzo suggerisse che lui fosse illegittimo. Peccato che quella lealtà facesse sentire lui in colpa. «Alec, è tempo di tornare a casa» insisté Aden. «Potresti trovarlo più piacevole di quanto credi.» «Facile dirlo per te» replicò Alec senza riflettere, ma quando sollevò lo sguardo e incontrò quello ironico del cugino, sussultò. «Perdonami.» 20


In verità, non era stato facile per Aden St. George uscire dall'ombra e riunirsi alla sua famiglia. Tutti sapevano che era figlio illegittimo di Prinny, così come sapevano che il marito di sua madre aveva detestato quell'uccellino nel suo nido. Aden era stato tenuto lontano dalla madre per lungo tempo e soltanto la morte del patrigno aveva permesso loro di ristabilire un rapporto. «Tu sai quanto sia difficile» proseguì Alec. «Le famiglie sono una reale seccatura.» Aden rise e si alzò. «Sottolineando la parola reale. Tuttavia ho scoperto che ne vale la pena.» Anche Alec si alzò. «E come sta tua moglie? Spero che Lady Vivien non continui ad avere bisogno di un catino ogni dieci minuti.» Il cugino sogghignò. «Per fortuna quel periodo sembra essere passato. Ora ha solo sempre fame.» «Sono lieto di saperlo. Spero che il resto della sua gravidanza trascorra senza problemi.» «Ne sono sicuro, ma fammi sapere quando pensi di lasciare Londra. Io e Vivien vorremmo vederti ancora.» «Sarai il primo a saperlo» ribatté Alec, asciutto. Non partirò mai, sarebbe stata la sua risposta se avesse potuto scegliere, ma ormai era inutile rimandare. La salute del vecchio conte era in declino e Alec non si sarebbe mai perdonato se il nonno fosse morto prima che lui potesse rivederlo. Per dieci anni aveva rinviato l'inevitabile, ora doveva tornare a casa e affrontare tutto ciò che lo aspettava, compreso un problema in particolare, che per troppo tempo gli era pesato sulle spalle. Un bussare discreto alla porta li interruppe. Dailey, il silenzioso maggiordomo, entrò nella stanza. «Perdonatemi l'interruzione, capitano, ma avete un visitatore alquanto insistente» annunciò in tono di disapprovazione. «E chi sarebbe?» domandò Alec. 21


«La moglie di William Endicott, signore. Da sola.» Alec e Aden si guardarono stupiti. Da quando aveva sposato Wolf, Evelyn Whitney era diventata come una sorella per Alec, tuttavia non era molto appropriato che venisse a fargli visita senza essere accompagnata. Significava che c'era qualche problema con Wolf di cui lei voleva parlargli in privato. «Non preoccupatevi, Dailey, non ho una relazione con la moglie del capitano Endicott, e ora toglietevi dalla faccia quell'espressione da matrona oltraggiata e fate entrare la signora.» «Stiate pur certo che non avrei mai fatto una simile, offensiva assunzione, capitano Gilbride» rispose Dailey, esibendosi in un impeccabile quanto indignato inchino. «Eccellente. E portateci del tè» aggiunse Alec. «Se non siete troppo scandalizzato dai miei modi oltraggiosamente inappropriati.» Dailey, in quella famiglia da tempo immemore, non si curò di rispondere. Alec sapeva di essere un po' meschino, ma a volte proprio non riusciva a resistere alla tentazione di punzecchiare il vecchio domestico. Tendenza, questa, che dimostrava ancora di più quanto fosse inadatto alla vita del ricco aristocratico. Ormai si era abituato all'esistenza essenziale della spia militare e trovava difficile adeguarsi alle inutili, stupide costrizioni della nobiltà britannica. Aden lo guardò, perplesso. «Santo cielo, sei tedioso come Dailey» sbottò Alec. «Non ho idea del perché Evie trovi necessario venire a farmi questa visita clandestina.» «Non mi sembra tanto clandestina, considerato che siamo a metà pomeriggio.» «In ogni caso non è nel suo stile.» Un momento più tardi, Dailey condusse Evelyn nella stanza. Quando vide Aden lei si fermò, ma si riprese in fretta e un caldo sorriso le curvò le labbra sensuali. Alec fu percorso da un fremito che gli attraversò il 22


cervello e anche il bassoventre. Quest'ultimo fu una irrefutabile indicazione di ciò che provava quando gli veniva in mente una particolare persona. Maledizione. La magnifica, giovane donna che era appena entrata nella sua biblioteca era la moglie di Wolf Endicott come lui era il Re di Spagna. «Mrs. Endicott, che piacere vedervi» la salutò Aden, inchinandosi. La finta Mrs. Endicott sorrise e fece una breve, aggraziata riverenza. «E io sono lieta di vedere voi, capitano St. George, anche se mi rendo conto di avere interrotto un vostro incontro. Vi prego di perdonarmi» rispose, lanciando quello che senza dubbio doveva pensare fosse uno sguardo timido e di scusa ad Alec, il quale per tutta risposta inarcò un sopracciglio e incrociò le braccia sul petto. Lei allora rivolse un incantevole sorriso a Aden, il quale sembrò del tutto conquistato da quella ridicola messinscena. «Non occorre che vi scusiate, Mrs. Endicott» dichiarò Aden, poi fece un cenno ad Alec. «Parleremo più tardi.» Alec sorrise al cugino, godendosi la prospettiva di prenderlo in giro, di lì a poco. Quando però Aden arrivò alla porta, si voltò e lo guardò, inarcando le sopracciglia e con una luce divertita negli occhi. La piccola strega, dopotutto, non aveva ingannato nemmeno lui. La donna che stava diventando il tormento di Alec gli rivolse quello che con ogni probabilità riteneva fosse un sorriso pudico e innocente, ma che innocente e pudico non era per nulla. Da Eden Whitney trasudava una sensualità inconsapevole che avrebbe steso un uomo a venti passi di distanza. «Sono sicura che siate sorpreso di vedermi» esordì con voce flautata, e Alec dovette riconoscere che il tono era proprio quello di Evie. 23


«Smettetela, Miss Whitney» sibilò, prendendola per un gomito e tirandola verso una delle poltrone. «Non ingannate nessuno.» Lei lo guardò a bocca aperta. «Accidenti, ma come avete fatto? Sono in questa stanza da un minuto appena.» Non era la prima volta che Edie si faceva passare per la sorella, ma Alec non si era mai fatto imbrogliare. C'erano almeno una dozzina di differenze tra le due sorelle. Prima di tutto Edie si comportava con una sicurezza e un'energia che mancavano alla gemella. Lei si faceva largo nell'alta società come un falcetto affilato in un campo di grano maturo. C'erano poi altri segni, meno evidenti; per esempio i suoi vestiti erano sempre un po' più aderenti di quelli della gemella, e fasciavano con grazia le sue generose curve. Insomma, per Miss Eden Whitney la vita era una sfida e un gioco da godersi fino in fondo. «Non ha importanza come ho fatto, sciocca che siete» replicò Alec. «Ma non vi curate della vostra reputazione?» Lei emise un suono di scherno. «Reputazione? Buffo sentirlo dire da voi, considerato che vi comportate di continuo in modo oltraggioso.» «Io sono un uomo e posso. Voi no.» «Ed è così ingiusto» borbottò Edie. Alec prese posto dietro la scrivania. Quando Edie era nei pressi, trovava sempre più sicuro mettere fra loro qualche grosso mobile. In caso contrario si sarebbe arreso alla tentazione di scuoterla perché si comportava in modo tanto sciocco, oppure avrebbe fatto qualcosa di ancora più stupido, per esempio baciarla. E se l'istinto non lo tradiva, lei avrebbe risposto con entusiasmo a quel bacio. O forse gli avrebbe staccato la testa. Sì, perché sebbene Alec non dubitasse che Edie fosse attratta da lui, gli aveva anche fatto capire con chiarezza che lo trovava ottuso, fastidioso e arrogante. 24


Lei si sistemò gli occhiali della sorella sul naso e lo studiò, irritata. «Potete anche togliervi quei ridicoli occhiali, specie perché sono storti e fanno sembrare che sbandiate da un lato.» Lei gli fece una linguaccia e Alec non riuscì a trattenere una risata. «Credo che li terrò, invece. È bello per una volta poter vedere oltre dieci passi. E poi non voglio sconvolgere il vostro altezzoso maggiordomo più di quanto abbia già fatto. Anche se ho un'ottima ragione per essere qui.» «Almeno avete portato la vostra cameriera?» «Volevo farlo, ma non ero sicura che non lo avrebbe detto a qualcuno. Per esempio a mia madre» rispose Edie con voce lugubre. «Santo cielo, Miss Whitney, avete idea dei problemi che ci troveremmo ad affrontare se qualcuno venisse a sapere di questa vostra visita?» Alec si aspettava che lei s'irrigidisse, come faceva di solito; invece la vide abbassare le spalle e sospirare. Dietro le lenti gli occhi erano stanchi, le labbra rosa segnate agli angoli da profondi solchi. «Sono disperata» mormorò. «E dovevo vedervi prima che vi parlasse qualcun altro, specie Wolf.» «Mi racconterete tutto dopo che Dailey ci avrà portato il tè. Credo di sentire i suoi passi nel corridoio e, come voi stessa avete notato, non sarebbe opportuno che capisse il vostro piccolo inganno.» «Preferirei un brandy» replicò Edie. Un istante dopo il maggiordomo entrò nella stanza, seguito da un valletto con il vassoio del tè. «Servirà Mrs. Endicott. Dailey, grazie» disse Alec. «Vi chiamerò se ci occorre qualcosa.» «Come desiderate, capitano» replicò il domestico, emanando ondate di disapprovazione. E, con un rigido inchino, si congedò, non prima di avere lanciato un'occhiataccia al valletto che fissava imbambolato Edie. 25


Lei aveva qualcosa... qualcosa che in genere faceva finire un uomo nei guai. Mentre Edie versava il tè, Alec si diresse verso una piccola scansia e prese una bottiglia di brandy, versandone un goccio in ciascuna delle due tazze da tè. Edie fece una smorfia. «Santi numi, devo avere un aspetto orribile se provate tanta pena per me.» «Niente affatto, anche se credo vi troviate in una situazione davvero brutta per avere deciso di venire a cercare aiuto da me.» Le guance di Edie si colorarono di un rosa acceso. Alec non l'aveva mai vista arrossire, e gli venne in mente una morbida torta bianca con una deliziosa glassa rosa. Poi gli occhi di lei tornarono freddi e calcolatori, e quella fugace impressione di vulnerabilità scomparve. Ora era tornata la giovane donna che cercava di controllare tutto e tutti intorno a lei. Ad Alec quella Evie piaceva molto, ma dovette riconoscere che non gli sarebbe dispiaciuto vedere un po' più spesso anche la dolce fanciulla che a volte faceva capolino da dietro la facciata di donna raffinata e sempre padrona della situazione. «Avete ragione» ammise lei con la usuale franchezza. «Naturalmente avrei preferito non venire da voi, e non crediate abbia dimenticato il modo orribile in cui voi e Wolf avete trattato il povero Michael Beaumont. Siete stati terribili con lui... e anche con me ed Evie.» Alec aggrottò la fronte. «Siete pazza? Noi abbiamo salvato il fondoschiena del vostro Mr. Beaumont. Senza di noi, sarebbe finito con il cappio al collo.» Edie sollevò il nasino in un atteggiamento che Alec trovò adorabile. «Le cose sarebbero andate molto meglio se aveste detto a me e a Evie la verità.» Alec la fissò, incredulo. Lui e Wolf avevano avuto ordine dal Duca di York in persona d'indagare su Michael Beaumont per tradimento. Il fatto che al tempo l'uomo fosse fidanzato con Evelyn aveva reso le cose 26


più difficili, ma alla fine tutto si era risolto bene. Beaumont era stato scagionato ed Evelyn aveva sposato Wolf, e anche se Beaumont non era stato molto felice di quell'ultimo risvolto, era sembrato un piccolo prezzo da pagare per avere salva la vita. «Potrà sorprendervi, Miss Whitney, ma di solito le spie non divulgano i dettagli delle loro missioni alle persone su cui stanno indagando.» «Mi piacerebbe molto ridiscutere il passato con voi» replicò lei in tono sarcastico, «ma preferisco spiegarvi perché ho bisogno del vostro aiuto. E giusto per essere precisi, anche voi avete bisogno del mio. Questa situazione è un problema per entrambi.» Ebbene, la cosa si faceva interessante... e anche un po' allarmante. «Vi prego, proseguite.» Per la prima volta da quando era entrata nella stanza, Edie parve a disagio. «Coraggio, piccola» la incalzò con gentilezza lui, «non mi scandalizzerò.» Lei lo guardò con un sorriso riluttante. «Molto bene. L'altra sera, al ballo di Lady Charlfort, mi sono cacciata in un guaio e mia madre ora è furiosa con me.» Fece una smorfia e aggiunse: «I miei genitori si sono convinti che debba passare un po' di tempo in campagna». Alec non fu sorpreso del fatto che lei fosse finita nei guai. Per quel che lo riguardava, Edie Whitney era un guaio ambulante, ma lo lasciò allibito sentire che Lady Reese fosse in collera con lei. La madre l'aveva sempre adorata, ritenendola una creatura perfetta e incapace di errori. «Mi sbaglio a pensare che in questo guaio sia coinvolto un uomo?» Lei arrossì di nuovo, ma questa volta Alec non restò affascinato. L'idea che Edie fosse nei guai gli fece stringere i pugni. «Chi è lui?» domandò in tono brusco. «Sir Malcolm Bannister, anche se in realtà questo non vi riguarda.» 27


«Bannister? Siete pazza? Quell'uomo è un noto libertino.» Edie posò la tazza sulla scrivania, poi incrociò le braccia sull'ampio seno e gli scoccò un'occhiata ironica. Che silenziosamente, ma in modo alquanto evidente, lei rimarcasse la sua reputazione di libertino non migliorò l'umore di Alec. Sì certo, le donne gli piacevano, ma non molestava mai vergini innocenti. «Forza» ringhiò, «ditemi con esattezza che cosa è successo.» «Niente. È quello che ho cercato di dire a tutti.» «Allora perché questa decisione tanto drastica?» «Ecco, quasi niente» si corresse lei di malavoglia. «Ero quasi riuscita a sfuggirgli quando Lady Charlfort e quella strega di sua madre ci hanno sorpreso.» Alec chiuse gli occhi, cercando d'ignorare la furia che colorava di rosso la sua visione. Quando li riaprì lei lo fissava come se fosse stato lui a perdere il contatto con la realtà. E forse era così. Il pensiero di Edie fra le braccia di un altro gli faceva venire voglia di commettere qualche follia. «Vi ha fatto male?» ruggì. Lei batté le palpebre, parve sorpresa da quella domanda, poi fece un gesto d'indifferenza con la mano. «Credete forse che non sia in grado di tenere a bada una canaglia come Bannister? State sicuro che non si azzarderà più a venirmi vicino.» Tanta ingenuità, tanta dissennata sicurezza rasentavano la pazzia, ma sarebbe stato inutile puntualizzarlo. «Dunque, in conseguenza di questo sfortunato incontro con uno dei più famigerati libertini della città» osservò, «voi ora vi trovate in una situazione... difficile. Lady Reese senza dubbio si preoccuperà dei pettegolezzi.» «Sì» replicò Edie, irritata da quella descrizione. «Mia madre è convinta che la mia reputazione sia stata seriamente danneggiata. Una valutazione peraltro che non mi vede concorde con lei.» 28


«Sono sorpreso. E tuttavia i vostri genitori vogliono spedirvi in campagna. A Maywood Manor, suppongo.» Ma in tutto questo lui cosa c'entrava? Lei serrò le labbra in una linea sottile. «Miss Whitney?» la incalzò Alec. «A dire il vero, Wolf ha suggerito una destinazione diversa, che sono certa voi troverete sgradevole quanto me.» Un senso di premonizione solleticò i nervi di Alec. «E sarebbe?» «Vogliono che vada in Scozia con voi» sbottò Edie. «Per tutto l'inverno. Ve lo immaginate? Con ogni probabilità mi ucciderò gettandomi da qualche cima delle Highlands più vicina. Oppure ci uccideremo a vicenda, scenario che ritengo più probabile.» Edie si alzò, poi si costrinse a tornare a sedere. «Ebbene» scattò alla fine, esasperata, «non restate lì a fissarmi come un idiota. Dovete fermare subito questa cosa. Direte a Wolf e a mia madre che non ne volete sapere.» Le rotelle nel cervello di Alec, sempre più lente quando era nei pressi di Eden Whitney, si misero in moto. Una vaga idea cominciò a prendere forma. «Dunque è stato Wolf a suggerire questo?» domandò, cercando di prendere tempo. «Sì, quel mascalzone.» «E vostra madre ha approvato?» Lei roteò gli occhi. «Per qualche incomprensibile ragione, sembra che gli piacciate. O forse gli piacciono i vostri soldi.» Alec cercò di mostrarsi addolorato. «Mi ferite, Miss Whitney.» «Oh, avete la scorza di un rinoceronte. E poi, che importanza ha? Non dovete certo acconsentire.» «Sto soltanto cercando di farmi un'idea chiara della situazione. Suppongo che voi viaggereste con me verso la Scozia con una chaperon adeguata. Avete parlato di questo?» Alec pregò che non fosse Lady Reese. L'idea di tra29


scorrere l'inverno con la madre di Edie avrebbe terrorizzato qualsiasi uomo sano di mente. «Che importa?» protestò lei, agitando le braccia, e la stoffa dell'abito da carrozza si tese sui suoi seni generosi; particolare, questo, che non mancava mai di distrarlo. «Voi non mi volete in Scozia e io non intendo venirci. Che cosa mai potrei fare lassù per tutto l'inverno?» Aiutarmi con la mia dannata famiglia. Alec la fissò. Era appollaiata sul bordo della sedia, gli occhiali sbilenchi sul naso. No, non poteva chiedere di botto il suo aiuto. Era impossibile, considerata la delicata natura del problema che lui si trovava ad affrontare in Scozia. Inoltre aveva poche speranze di riuscire a convincere Edie a fare qualcosa, senza un lungo lavoro di manipolazione. E per far questo doveva passare tempo, molto tempo con lei. Ora che ci pensava, quella di portarla in Scozia con sé era un'idea allettante. «Ebbene?» lo incalzò Edie. «Non avete nulla da dire?» «Sì» rispose lui con un sorrisetto. «Nessuno vi ha mai detto che l'inverno è il periodo migliore per visitare le Highlands?»

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La scelta di Alasdair VANESSA KELLY INGHILTERRA-SCOZIA, 1815 - Alastair deve condurre con sé nelle Highlands la bellissima Eden Whitney, costretta ad allontanarsi da Londra per scongiurare un terribile scandalo.

Per ordine della regina AMANDA MCCABE GREENWICH-LISBONA, 1588 - Chi è Sir John Huntley? Dopo averlo conosciuto con tre identità diverse, Alys teme che sia una spia, eppure è unita a lui da un pericoloso legame...

La sorella sbagliata CHRISTINE MERRILL INGHILTERRA, 1817 - Belle è la moglie ideale per l'ambizioso Benjamin Lovell. Peccato che anche solo per avvicinarla debba prima fare i conti con l'acida sorella della giovane!

Ostaggio per vendetta JULIET LANDON INGHILTERRA-DANIMARCA, 993 - Lady Fearn viene rapita dal vichingo Aric lo Spietato. Durante il viaggio verso la Danimarca, però, l'uomo risveglia in lei il desiderio e la passione...


La scelta del cavaliere GAYLE CALLEN INGHILTERRA, 1486 - Sir John Russell eredita la casata e le terre, nonché la promessa sposa del fratello scomparso. Ma non è lei che lo mette sottosopra, bensì la sua incantevole domestica!

La figlia dello storico BRONWYN SCOTT West Sussex, 1821 - Ora che l'uomo che ama è tornato in paese, Evie è intenzionata a farsi notare. Ma lui ha portato con sé un ospite, il Principe Dimitri Petrovich, che da subito...

Il viaggio di India VICTORIA ALEXANDER Londra-Parigi, 1889 - Alla ricerca della cugina, India segue la sospetta Società delle Viaggiatrici con l'affascinante Derek Saunders, che si rivelerà un pericolo. Per il suo cuore.

L'ultimo scandalo DIANE GASTON Inghilterra, 1818 - Rimasta vedova, Lorene Summerfield non può ancora coronare il suo sogno, perché Dell, l'uomo che ama da sempre, è accusato dell'omicidio di suo marito! Dal 3 gennaio




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