AMORI, SEGRETI, TRADIMENTI. CHELSEA CAMERON È TORNATA ,
UN NUOVO TRAVOLGENTE APPUNTAMENTO CON LA SERIE BEHIND YOUR BACK VI ASPETTA. “Interrogativi, sospetti, amori, questo romanzo ha tutto… Chelsea Cameron non delude mai.” Goodreads Reviews Lui mi ha sottovalutato. La dolce ragazza dai capelli rossi e gli occhi verdi. Ma ammetto che anche io ho fatto lo stesso. Siamo entrambi molto bravi in ciò che facciamo e insieme siamo una bomba, nessuno è in grado di fermarci. Ma devo stare all’erta. L’ultima volta ho giocato e lui non è tipo da prendere il tradimento alla leggera. Dovrò guardarmi le spalle... ma anche preservare il mio cuore.
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E SE LA SECONDA IMPRESSIONE FOSSE QUELLA CHE CONTA? Il brutto anatroccolo si è trasformato in un’affascinante trentenne. ed è pronta a conquistare il suo primo amore (forse). “Assolutamente brillante.” The Sun
Aureliana non è mai stata la ragazza più popolare della scuola, era una sorta di brutto anatroccolo, schernita per le sue origini italiane. Oggi però, a trent’anni, è decisamente cambiata, una splendida donna che gli ex compagni di classe faticano a riconoscere. Ma è difficile fronteggiare l’adolescente timida che è stata un tempo… soprattutto di fronte a James, la sua cotta senza speranza.
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ANNE MCALLISTER
La sfida del greco
Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: The Return of Antonides Harlequin Mills & Boon Modern Romance © 2015 Barbara Schenck Traduzione di Maura Arduini Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved. © 2016 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione Collezione Harmony settembre 2016 Questo volume è stato stampato nell'agosto 2016 presso la Rotolito Lombarda - Milano COLLEZIONE HARMONY ISSN 1122 - 5450 Periodico bisettimanale n. 3117 del 30/09/2016 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 22 del 24/01/1981 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Mondadori, 1 - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 045.8884400 HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano
1 «Sposarsi è un vero stress.» Althea Halloran Rivera Smith Moore si accasciò sul sedile posteriore del taxi e chiuse gli occhi, esausta. «Ecco perché la gente, di solito, lo fa una volta sola» puntualizzò Holly, salendo accanto alla cognata. Chiuse la portiera e diede al tassista il proprio indirizzo di Brooklyn. L'auto si immise nel traffico congestionato del centro di Manhattan, nel tardo pomeriggio del sabato, e anche Holly si abbandonò contro il sedile. «Quei vestiti erano disgustosi.» Rabbrividì ripensando alle creazioni pastello che aveva provato per tutto il giorno. Era già stata damigella di Althea anche nei matrimoni precedenti, con abiti altrettanto orrendi! «Questa è l'ultima volta, lo giuro» promise Althea con la mano sul cuore. «È che sono troppo impulsiva.» Da quando Holly aveva sposato suo fratello Matt, otto anni prima, Althea era salita all'altare tre volte. Per divorziare subito dopo. «Ma questa volta è diverso» assicurò. «Stig è diverso.» Giocatore professionista di hockey, svedese, Stig Mikkelsen non aveva proprio niente in comune con il primo marito, un algido dottore, né con l'esuberante agente di borsa che lo aveva seguito, né tantomeno con il 5
terzo, un professore pomposo. Stig era comparso nella vita di Althea sei mesi prima, l'aveva affascinata, stuzzicata e aveva rifiutato di arrendersi ai suoi no. Così, era riuscito a farle rimangiare la promessa di non salire mai più su un altare e, cosa più importante, le aveva restituito l'allegria aiutandola a tornare la donna spumeggiante e gioiosa che era stata prima dei suoi tre disastrosi matrimoni. Anche solo per quello, Holly lo aveva benedetto. E quando Althea aveva cominciato a parlare di risposarsi e le aveva chiesto di farle da damigella – solo tu, ti prego, ti prego, ti prego! – Holly a denti stretti aveva accettato. Tra sé si era persino rassegnata a infilarsi, se necessario!, uno di quegli orrendi abiti meringa. Ma in due, fra tutti i tulle e i pizzi di Manhattan, non erano riuscite a scovare l'abito perfetto da damigella. «Stig saprà sicuramente che cosa ci vuole» disse Althea. «La prossima volta porto anche lui.» «Sì, è un uomo come si deve» ammise Holly. Sicuramente votato alla santità, se accettava di andare per vestiti con Althea. «E ha molti compagni di squadra...» Althea le lanciò un'occhiata. «Single, intendo.» «No» ribatté Holly, in automatico. «Non sono interessata.» Abbracciò la shopping bag davanti a sé come se fosse uno scudo. «Non sai neppure che cosa volevo dire!» Holly sollevò un sopracciglio. «Ah no?» Althea superò un attimo di imbarazzo, scrollò le spalle e alzò il mento. «Alcuni sono molto simpatici.» «Senza dubbio. Ma non mi interessano.» «Non hai ancora trent'anni! Hai tutta la vita davanti!» «Lo so.» Non c'era niente di cui avesse maggiore percezione, le restavano ancora moltissimi anni da vivere, una vita spenta e vuota. Strinse le labbra e fissò lo sguardo sul traffico. 6
D'un tratto sentì la mano di Althea sul ginocchio. «Lo so che ti manca» sussurrò sua cognata, commossa. «Manca a tutti.» Intendeva Matt. Fratello di Althea e marito di Holly. Il baricentro della sua vita. A soli trent'anni Matthew David Halloran aveva tutto quanto si potesse desiderare. Era brillante, arguto, bello e affascinante. Uno psicologo che lavorava essenzialmente con bambini e adolescenti, e amava il proprio lavoro. Come amava la vita. Gli piaceva camminare, sciare e stare in mezzo alla natura. Amava l'astronomia e i telescopi, e il basket e l'hockey. Adorava New York City, e il monolocale al quinto piano senza ascensore che avevano condiviso appena arrivati in città. E poi amava la veduta su Manhattan al di là del fiume dall'appartamentino che avevano acquistato insieme in un elegante grattacielo di Brooklyn. Ma soprattutto Matt amava sua moglie. Gliel'aveva detto anche quella mattina di due anni e quattro mesi prima. Si era chinato sul letto per baciarla, prima di andare a giocare a basket con gli amici. «Ti amo, Hol» aveva sussurrato. Lei gli aveva preso la mano. «Potresti dimostrarmelo» aveva suggerito con un sorrisetto assonnato. «Tentatrice» aveva risposto lui, complice. «Torno a mezzogiorno e ne riparliamo.» Era l'ultima cosa che le aveva detto. Due ore dopo un aneurisma lo aveva stroncato, all'improvviso. Era entrato nello spogliatoio dopo la partita e si era accasciato al suolo. A Holly era crollato il mondo addosso. All'inizio era rimasta muta, incredula. Impossibile. Matt non poteva essere morto. Non era mai neanche stato malato. Era forte, sano come un cavallo, instancabile. Aveva ancora tutta la vita davanti! 7
Invece, la vita davanti era rimasta solo a lei. Una vita senza Matt. Una vita che lei non aveva scelto. I primi mesi non avrebbe fatto altro che piangere, ma i suoi alunni gliel'avevano impedito. Loro contavano sul suo aiuto. Tutti conoscevano Matt, che al sabato accompagnava Holly per le uscite della classe in canoa e kayak. Tutti condividevano il suo dolore e guardavano a lei per un modello di comportamento. Matt, da psicologo, sarebbe stato il primo a dirglielo. Così, per loro, Holly aveva smesso di commiserarsi, si era asciugata le lacrime, si era stampata in faccia un sorriso e aveva messo un piede davanti all'altro. Alla fine, la vita aveva ripreso una parvenza di normalità, anche se niente sarebbe mai più stato lo stesso, senza Matt con cui condividerlo. Certo, aveva imparato ad andare avanti, ma non era pronta ai tentativi di amici e familiari che le proponevano nuove conoscenze maschili. Lei non voleva un altro uomo! Voleva il suo, quello che aveva prima. Aveva incominciato Althea, fin dall'estate precedente. Poi Greg, il fratello di Holly che faceva l'avvocato a Boston, le aveva detto che gli sarebbe piaciuto farle conoscere un collega. Persino sua madre, che pure era divorziata da tempo, le aveva suggerito una crociera per cuori solitari. A Natale i genitori di Matt avevano incominciato a ripeterle che doveva rifarsi una vita, perché anche Matt lo avrebbe voluto. Il problema era che per lei, da sempre, ogni desiderio di Matt era legge. «Meno male che almeno esci con Paul.» «Già.» Alcuni mesi prima, Holly aveva capito che il modo migliore per rintuzzare i tentativi di amici e familiari era quello di seguire in apparenza i loro consigli. Paul McDonald era psicologo come Matt, bello e affascinante come lui. Ma non era lui. Quindi non rappresentava un problema, serviva solo come copertura. E 8
Paul non ne avrebbe sofferto. Divorziato da tempo, considerava il matrimonio una iattura. «Se tu sposassi Paul» continuò Althea, ignara, «non avresti bisogno di andare a seppellirti su un atollo in capo al mondo.» Gettò un'occhiata indignata a Holly. «Non posso credere che tu ci stia pensando davvero!» Si riferiva al servizio nei Corpi di Pace. In autunno, stanca di una vita vuota e senza più scopo, Holly aveva fatto domanda. Le avevano offerto di insegnare per due anni in una sperduta isoletta del Pacifico. Avrebbe iniziato l'addestramento alle Hawaii nella seconda settimana di agosto. «Non ci sto pensando, è già deciso» replicò. «Paul non ha provato a farti cambiare idea?» «No.» «Qualcuno dovrebbe farlo» borbottò Althea. «Avresti bisogno di un uomo che non usi mezzi termini, Paul è troppo gentile.» Di colpo si raddrizzò, con un sorriso sulle labbra. «Uno come Lukas Antonides.» «Chi?» A Holly sembrò che d'un tratto l'aria fosse stata succhiata via. Fissò Althea sconcertata. Come le era venuto in mente? «Ti ricordi di Lukas, no?» Sua cognata si riappoggiò al sedile. Lei si sentì le guance in fiamme. «Sì, me lo ricordo.» «Lo seguivi dappertutto» puntualizzò Althea. «Non è vero! Io seguivo Matt!» Era Matt, accidenti, che seguiva Lukas dappertutto. Per Matt e Holly, che all'epoca avevano nove anni, Lukas Antonides era diventato una specie di pifferaio magico dal momento in cui si era trasferito lì. «Lui sì che era un fusto.» La voce di Althea si fece sognante. «Lo è ancora.» «Come lo sai?» chiese Holly. «Vive dall'altra parte del globo.» Lukas aveva trascorso gli ultimi cinque anni, o forse 9
più, in Australia. Prima aveva vissuto in Europa, Grecia, Svezia, Francia... Era stato Matt a seguirne le tracce, non lei. Holly non sapeva più dove fosse, dopo la morte di Matt. Aveva ricevuto un laconico biglietto di condoglianze. Il che per lei andava bene. Non si era aspettata di vederlo al funerale, Lukas viveva troppo lontano. Grazie a Dio. Non aveva pensato a lui per quasi dodici anni. E allora, perché Althea lo nominava, pur sapendo che se ne stava ancora a estrarre opali chissà dove o a domare canguri, mosso dal suo inesauribile entusiasmo? «È tornato» disse Althea. «Non hai visto l'articolo su Chi?» Holly sentì lo stomaco contrarsi. «No.» La scuola stava per finire e lei non aveva tempo per leggere altro che compiti in classe. «Che articolo?» Tra l'altro, quello non era esattamente il genere di rivista che acquistava. Althea, invece, da quando era fidanzata con Stig non solo lo leggeva ma spesso vi compariva anche. Annuì. «Un articolo fantastico.» Sogghignò. «Con la fotografia centrale a doppia pagina, e tutta la storia di lui, della fondazione e della galleria che sta per aprire.» «Una galleria? Ma dove?» «Qui a New York. Con opere provenienti da Australia, Nuova Zelanda e isole del Pacifico. Un grande evento nel mondo dell'arte. E lui è a capo di una fondazione che la sponsorizza a titolo gratuito.» «Lukas?» L'idea che lui fosse a capo di un'organizzazione che non metteva al centro il profitto era come il segno di un'imminente apocalisse. «È in copertina, nel numero di questa settimana» continuò Althea. «Mi sorprende che tu non l'abbia notato. La galleria aprirà a Soho, con opere di grande impatto. Farà scalpore.» Sogghignò. «Il che è normale, trattandosi di Lukas.» 10
Holly incrociò le mani. «Mi fa piacere.» «Insomma!» sbuffò Althea. «Che cos'hai contro di lui? Eravate amici, no?» «Era amico di Matt» precisò lei. L'arrivo di Lukas nel quartiere aveva sconvolto il suo mondo. Fino a quel momento lei e Matt erano stati inseparabili e poi di colpo lei era diventata un'appendice. Matt non l'aveva esclusa, certo. Lui era affidabile e leale, e aveva giurato che erano amici come prima. Ma quando il padre di Lukas aveva deciso di portare i ragazzi in barca lei non era stata invitata. «Vai a giocare con Martha» le aveva suggerito Lukas. Da allora era diventato un ritornello. Martha, la sua gemella, passava ore a disegnare e schizzare ogni cosa che vedeva. Holly non sapeva neppure tirare una riga senza il righello. A lei piaceva nuotare, giocare a pallone, andare in bicicletta e dare la caccia alle rane. Le piaceva tutto quello che piaceva a Matt. Eccetto Lukas. Se Matt era sempre stato comodo come una vecchia pantofola, Lukas era irritante come camminare sui chiodi. Pericoloso e imprevedibile. Affascinante, come può esserlo una tigre del Bengala. E, quanto peggio, lei non era mai riuscita a ignorarlo. Se Lukas era tornato, lei aveva una ragione in più per essere felice di partire. «A quanto pare, ha guadagnato una fortuna con le miniere di opale» disse Althea. «E adesso fa affari in tutto il mondo, il tuo Lukas.» «Non è il mio Lukas» ribatté Holly, seccata. «Be', dovresti pensarci» ribadì Althea, seria. «Con tutto quel magnetismo animale.» Si fece vento con la mano. «Una festa per gli ormoni.» «Più di Stig?» «Nessuno batte Stig» sogghignò Althea. «Ma Lukas ha certamente sex appeal da vendere.» 11
«E lo sa, ci scommetto» insinuò Holly. Una volta che si era accorto dell'esistenza dell'altro sesso, Lukas non aveva fatto altro che passare da una donna all'altra. «Be', dovresti sentirlo, in onore dei vecchi tempi» tornò a insistere Althea. «Io non credo.» Holly cercò un nuovo argomento, poi si accorse con sollievo che non ce n'era bisogno. Il taxi aveva appena girato nella sua strada. Althea si strinse nelle spalle. «Tu fai come ti pare. Ma io lo preferirei a Paul sette giorni su sette.» «Prego, fai pure.» Holly raccolse il maglione e la borsa. «Io ho già il mio uomo.» Althea sorrise. Anch'io avevo il mio, pensò Holly. Ma non lo disse. Non c'era motivo di far sentire in colpa Althea perché aveva trovato l'amore della sua vita e lei aveva perso il suo. «Tienilo stretto» suggerì invece, e tirò fuori il portafoglio per dividere la corsa. «Lascia stare, faccio io. Mi dispiace che non abbiamo trovato il vestito. Magari sabato...» «Il prossimo sabato non posso. Vado in kayak con i bambini della scuola.» Aveva rinunciato a malincuore quel giorno solo perché Althea l'aveva pregata. «Allora andrò con Stig. Ti fidi del mio gusto?» Fidarsi di lei? Dopo che già altre tre volte l'aveva vestita da meringa? Holly si stampò sul viso il miglior sorriso da damigella perfetta. «Certo che mi fido. È il tuo matrimonio. Indosserò quello che vuoi.» Althea la strinse forte. «Sei una vera amica, Holly. Mi hai sopportato già per tre volte.» Si scostò e la guardò con gli occhi color nocciola identici a quelli di Matt. «Lo so che è dura per te, e che sono stati due anni terribili. Che la vita non sarà più la stessa, come non lo è per nessuno di noi. Ma Matt vorrebbe vederti di nuovo felice, e lo sai anche tu.» 12
Lei sentì gli occhi velarsi di lacrime, e la gola stretta in un nodo... perché sì, accidenti, sapeva che Matt l'avrebbe voluta felice. Lui aveva stretto i denti davanti alle avversità della vita, che fosse un brutto voto o una gamba rotta, come quella volta per colpa di Lukas. Si sarebbe aspettato che lei facesse lo stesso. «Vedrai che arriverà la persona giusta» l'assicurò Althea mentre Holly apriva la portiera. «Proprio come è successo a me con Stig, quando avevo ormai perso le speranze.» «Certo» concesse Holly. Scese e si girò con un sorriso. Althea fece una smorfia divertita. «Non si può mai dire. Potrebbe anche essere Lukas.» A New York City, un tempo, Lukas Antonides si era sentito a casa. Ne aveva amato i colori, i suoni, il ritmo di vita. La velocità gli aveva dato energia. Adesso, invece, il risultato era solo un gran mal di testa. Forse non era la città a procurarglielo, ma il resto. Non si era mai spaventato di fronte al lavoro duro e alle responsabilità, eppure fino a quel momento aveva sempre saputo di poter dire basta e andare via. Non era più così: non poteva abbandonare la galleria, né lo avrebbe voluto. Sapeva di essere diventato l'unico punto di riferimento per artisti e artigiani che contavano su di lui, anche se per anni aveva accettato di essere responsabile soltanto di se stesso, e questo gli rendeva la testa pesantissima. Gli piaceva la parte fisica del lavoro e gettarsi anima e corpo in quel che faceva gli dava soddisfazione. Ecco perché aveva accettato non solo di ristrutturare la galleria, ma anche tutti gli uffici e gli appartamenti del grande edificio di Soho che aveva acquistato tre mesi prima: uno splendido esempio di architettura del ferro dei primi del Novecento. I lavori alla galleria gli avevano preso 13
più tempo del previsto, ed essere indietro sulla tabella di marcia gli dava l'ansia. E poi c'era sua madre. Da quando era tornato dall'Australia non aveva fatto altro che chiedergli: È quella giusta?, ogni volta che lui nominava una donna. Moriva dalla voglia di avere un'altra nuora. Finora era stata tranquilla perché aveva altri figli da tormentare, ma adesso erano tutti sposati. Era rimasto soltanto lui. «Mi sposerò quando sarò pronto» le aveva detto seccamente Lukas. Non che lo ritenesse in qualche modo possibile. Lui aveva perso la sua occasione da tempo. Ma soprattutto, il mal di testa, quel pulsare feroce dietro agli occhi che non se ne andava, era causato senz'altro da quelle maledette domande per i finanziamenti della Fondazione MacClintock, di cui era a capo, per l'espiazione dei suoi peccati. «Solo qualcuna in più» annunciò Serafina, la sua segretaria, con sottile ironia, scaricandogli sulla scrivania un pacco di carte alto almeno venti centimetri. Lukas gemette. Il mal di testa si acuì. Non era tagliato per quel genere di cose: lui era un uomo d'azione, non un passacarte... e Skeet MacClintock lo sapeva! Questo però non gli aveva impedito di piazzarlo lì, a capo della sua fondazione. Alexander "Skeet" MacClintock, eccentrico amico di Lukas e suo mentore in questioni di opali e miniere, sapeva che lui non sarebbe mai riuscito a voltare le spalle a un'organizzazione nata per dare un'opportunità a ragazzi, e ragazze, che inseguivano un sogno. Infatti, una volta era stato Skeet a dare una mano a Lukas. E questo, maledizione, aveva un peso. Lukas sospirò e sorrise a denti stretti. «Grazie, Sera.» «Ne stanno arrivando altre» ribatté lei. Lui gemette. Avrebbe voluto essere ovunque tranne che lì, ma aveva un debito con Skeet. 14
Proprio lui, sei anni prima, aveva offerto al Lukas di allora, giovane testa calda con l'argento vivo addosso, la stabilità che gli serviva. Non che all'epoca lui se ne fosse reso conto. Piuttosto, aveva pensato che condividevano una scomoda baracca in una sperduta area mineraria australiana. Skeet avrebbe potuto buttarlo fuori in ogni momento. Lui in ogni momento avrebbe potuto andarsene. L'aveva anche fatto, accettando lavori da marinaio su golette e yacht, se n'era andato per mesi, senza mai promettere il ritorno. Ma nonostante avesse l'anima da vagabondo e la tendenza a saltare da un'esperienza a un'altra, c'era qualcosa nelle miniere di opale – leggi: il duro lavoro e le straordinarie possibilità di guadagno – che gli davano un'energia speciale e al tempo stesso placavano la sua inquietudine. Per la prima volta da anni era riuscito a dormire la notte. Alla miniera si sentiva bene. Andava d'accordo con Skeet, che non faceva mai richieste. O meglio, ne aveva fatta solo una, dopo che si era ammalato. «Voglio nominarti esecutore testamentario» aveva detto a Lukas, con voce rauca, uno degli ultimi giorni. «Sarai tu a prenderti cura di tutto... dopo.» Lui avrebbe voluto negare che si fosse a quel punto, ma Skeet era lucido e realista. «Allora?» Il vecchio gli aveva puntato addosso il suo sguardo penetrante. Che altro poteva fare, Lukas, se non accettare? Skeet era stato quasi un padre per lui, e si trattava solo di distribuire le sue proprietà. Ce n'erano parecchie, nonostante il vecchio avesse vissuto in modo così spartano. Del resto, era stato grazie all'acume di Skeet che anche lui aveva messo insieme un considerevole patrimonio. In ogni caso, mai avrebbe immaginato che Skeet avesse avviato persino una fondazione in grado di offrire finanziamenti a giovani newyorkesi di belle speranze. 15
Un accenno alla fondazione era comparso nell'articolo su Chi? e da quel momento erano stati sommersi dalle domande. Era stato allora che Serafina aveva dimostrato tutto il proprio valore. Cinquantenne, madre di sette figli e con un gran senso pratico, Serafina Delgado era in grado di mettere in riga un intero battaglione di artisti e scultori, e di accogliere le loro domande mentre rispondeva al telefono con il sorriso sulle labbra. Lukas, negato per il multitasking, guardava ammirato. «Fai tu una selezione» l'aveva istruita. «Passami solo le domande di chi, secondo te, va preso in considerazione.» A lui sarebbe spettata la decisione finale. Skeet aveva lasciato direttive molto chiare. «Come diavolo farò a capire chi ha davvero bisogno di aiuto?» aveva chiesto Lukas. «Dovrai solo scegliere quelli che ti ricordano me» aveva risposto Skeet con un sogghigno, dal suo letto di ospedale. La fondazione era nata proprio per questo, come Lukas aveva saputo. A vent'anni, Skeet era un ragazzo che non credeva in se stesso. Innamorato di una ragazza che apparteneva al fior fiore della società newyorkese, non aveva neppure osato dichiararsi perché non aveva niente da offrirle. L'aveva raccontato a Lukas durante l'ultimo inverno, mentre setacciavano la ghiaia alla ricerca di opali. E siccome le loro conversazioni vertevano di solito su argomenti come il lavoro, il calcio, la birra, e si tenevano rigorosamente alla larga dal privato, già lì lui avrebbe dovuto capire che stava accadendo qualcosa. «Mai dubitare di se stessi» aveva continuato Skeet. Insomma, dopo aver lavorato come un matto e fatto fortuna, era ritornato per fare la sua proposta di nozze e aveva trovato la ragazza già sposata. 16
«Succede» aveva replicato lui. «Già.» Skeet aveva sogghignato. «La maggior parte della gente si trova davanti qualcosa che desidera e non ha il fegato di prendersela.» Il suo sguardo si era fissato su Lukas. «Immagino che tu ne sappia qualcosa.» Lui aveva distolto lo sguardo, per non dover ammettere quanto Skeet fosse andato vicino alla realtà... Ora, con determinazione, Lukas spazzò via i ricordi e si impose di leggere le domande. Mancavano ormai solo due settimane al termine ultimo per la presentazione, il 20 di giugno, e le domande erano migliaia, anche dopo la scrematura di Sera. Doveva leggerle più in fretta. Fissò il foglio che aveva davanti, finché la vista non si annebbiò... «Ha chiamato Grace.» Lukas rialzò la testa di scatto. «Prego?» Sera, sulla soglia, lo fissò dubbiosa. «Ha detto di andarla a prendere dalla nonna alle otto. Dormivi?» «Certo che no.» O forse sì? Lukas soffocò uno sbadiglio. Poi trasalì, perché si era del tutto dimenticato di Grace. Lei era la nipote di quella famosa ragazza di New York che non aveva sposato Skeet. Chissà se lui, dall'aldilà, ci aveva messo lo zampino. Lukas si passò una mano tra i capelli. «Potevi passarmela.» «Ha detto che non era necessario.» Sera lo studiò di nuovo, con attenzione. «Va tutto bene?» «Sì...» sbuffò lui. «Se le domande ti annoiano vai da Grace» suggerì lei con una smorfia divertita. «Non posso. Voglio finire questo pacco.» Lukas guardò l'orologio. «Tu, piuttosto. Sei già oltre l'orario.» «Altre tre o quattro domande e vado» ribatté Sera, sbrigativa. E richiuse la porta. Lukas si alzò e stirò le braccia, fece due passi per la stanza. La cena con Grace non gli procurava entusiasmo. Oh, lei era meravigliosa. Piaceva a sua madre. Piaceva 17
a Sera. Piaceva a tutti. Grace Marchand parlava cinque lingue, era laureata in Storia dell'Arte e Conservazione dei Beni Culturali. Coordinava le Mostre e gli Eventi Speciali di uno dei più rinomati musei della città. Aveva i capelli biondi e gli occhi azzurri, ed era bella proprio come sua nonna cinquant'anni prima. Skeet l'avrebbe adorata. Forse era proprio per quello che Lukas l'aveva invitata più volte fuori, a cena, a un concerto, ad alcune manifestazioni di beneficenza, e anche a un paio di cene familiari. Grace era una compagna gradevole. Sapeva quale forchetta usare, a differenza sua. Era un bene, considerato il nuovo ruolo sociale di Lukas, e lui gliene era grato. Ma nonostante le speranze di sua madre e il possibile zampino di Skeet, Lukas non l'avrebbe sposata. E anche questo c'entrava con il mal di testa. La porta dell'ufficio si aprì di nuovo e Sera mise dentro la testa. «Non dovevi andartene?» sbuffò Lukas. Sera annuì. «Vado, infatti. Ho dato un'occhiata alle ultime. Ce n'è una che dovresti vedere.» Sventolò la busta che aveva in mano. «Non voglio vedere altro per stasera.» Lui agitò la mano per mandarla via. «Ne ho fin sopra i capelli. Ogni persona a New York vuole avere da me un milione di dollari.» «Questa tizia no.» Sera sventolò di nuovo la busta. «Lei vuole solo la metà di una barca.» Fu come ricevere un pugno nello stomaco. «Metà... di cosa?» Sera si strinse nelle spalle, sogghignò e lanciò la busta sulla scrivania. «La metà di una barca. Roba da non credere.» In tre falcate Lukas attraversò la stanza e prese la lettera. Solo una persona al mondo poteva fargli una richiesta del genere... Holly. 18
Holly. Dopo tutti quegli anni. La noia venne spazzata via all'istante. Gli batté il cuore nel vedere la firma in calce alla lettera scritta a macchina su carta color avorio. Holly Montgomery Halloran. Una firma decisa, appuntita e senza fronzoli, come la donna che l'aveva scritta. Gli mancò il fiato solo a guardare il suo nome. La lettera aveva l'intestazione della St. Brendan School. Brooklyn. New York. La scuola dove insegnava. Matt gliel'aveva detto anni prima. La lettera era breve, ma prima che lui potesse leggerla, dalla busta sfuggì la fotografia di una barca a vela. Lukas la prese al volo prima che cadesse sul pavimento e, guardandola, sentì un'ondata di dolore e di rimpianto uscire dall'angolo del cuore dove l'aveva rinchiusa dal giorno in cui aveva visto quella barca dal vivo per l'ultima volta. Un'ondata gigantesca. Qualcuno, forse Matt, aveva riparato lo scafo. Ma l'albero non era ancora stato sostituito e si vedeva che c'era bisogno di molte riparazioni. Un formicolio alla base del collo e un ronzio nelle orecchie gli ricordò che doveva respirare. Si lasciò cadere sulla sedia. «È tua?» indagò Sera. «Solo a metà.» La risposta venne dal profondo, come un segreto custodito da anni. Sera sorrise. «Quella davanti o quella dietro?» Lui non sentì. Scrollò la testa. «Ho pensato che dovevi conoscerla» ribatté lei, in tono gentile. «Già.» La segretaria attese qualche istante, poi annuì. «Bene» disse, spiccia. «Te la vedi da solo con Holly e la barca. Io vado.» Lukas non alzò lo sguardo. Aspettò di sentire la porta che si chiudeva, poi sollevò la lettera, senza vedere altro che la firma. E chiuse gli occhi. 19
Non aveva bisogno di tenerli aperti per vedere Holly. Nella sua mente c'era tutto un caleidoscopio di immagini tra cui scegliere. Holly a nove anni, tutta ossa e spigoli. Holly a tredici, sempre con un carattere impossibile, ma di colpo più rotonda, che correva sulla spiaggia. Holly a quindici anni, con una cascata di capelli scuri dai riflessi color rame. Holly a diciassette, con gli occhi azzurri pieni di luce mentre guardava Matt. Holly a diciotto, furiosa con lui, perché era colpa sua se Matt si era rotto una gamba. E poi, due settimane dopo, Holly nella notte della festa per il diploma, bellissima e nervosa. Poi più gentile. Holly che sorrideva, a lui, finalmente. E infine Holly quella notte, nella barca di suo padre, con l'espressione dubbiosa, poi inquieta e via via meravigliata e... Lukas si lasciò sfuggire un gemito strozzato. Lasciò cadere la foto sulla scrivania e raccolse la lettera, per leggere le prime parole che Holly Halloran gli rivolgeva da allora, passati dodici anni.
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C’è un angolo di Toscana baciato dal sole dove è facile innamorarsi e dire: “Lo voglio!”
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