Natalie Anderson adora i lieto fine, che è poi la ragione per la quale quando deve cominciare a leggere un nuovo romanzo comincia a farlo dall'ultima pagina, tanto per essere sicura che faccia al caso suo. Per questo motivo, avrete già capito come potrà concludersi il libro che state stringendo in questo momento tra le vostre mani... Natalie, che vive a Christchurch in Nuova Zelanda insieme al suo splendido marito e ai loro quattro figli, oltre ai lieto fine adora i cioccolatini alla menta, il succo di frutta all'ananas e le lunghe docce sotto un forte getto d'acqua. Visita il suo sito natalie-anderson.com
NATALIE ANDERSON
La sposa perduta
Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: The Forgotten Gallo Bride Harlequin Mills & Boon Modern Romance © 2017 Natalie Anderson Traduzione di Giovanna Cavalli Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved. © 2018 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione Collezione Harmony gennaio 2018 Questo volume è stato stampato nel dicembre 2017 da CPI, Barcelona COLLEZIONE HARMONY ISSN 1122 - 5450 Periodico bisettimanale n. 3245 del 30/01/2018 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 22 del 24/01/1981 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Mondadori, 1 - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 045.8884400 HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano
1 Mi raccomando, digita in fretta il codice di sicurezza e oltrepassa il cancello prima che lui se ne accorga, altrimenti disabiliterà il sistema e ti chiuderà fuori. Non arrivarci con il buio o non avrai speranze. Sotto la pioggia torrenziale e con le dita semicongelate, Zara Falconer cercò di inserire la lunga combinazione sulla piccola tastiera incassata nel muro di cinta di Raxworthy House. Per via del temporale il cielo si era incupito anzitempo. E l'avvertimento di Jasper le risuonava ancora nelle orecchie. Compose l'ultimo numero e trattenne il respiro, ma la pesante recinzione di ferro battuto non si mosse di un millimetro. Zara fissò i tasti, chiedendosi se ribattere il codice da capo. Un improvviso rumore metallico le suggerì che non ce n'era bisogno. La cancellata si aprì cigolando, lentamente, segno che veniva azionata di rado. Zara si affrettò a risalire in auto, attenta a non scivolare sull'asfalto bagnato. Era appena entrata quando le ante cominciarono a richiudersi. Azionò i tergicristalli alla massima velocità e accese gli abbaglianti. La ghiaia scricchiolava sotto le ruote. 5
Lungo il viale, grossi rami intrecciati oscuravano ancora di più la visuale. In fondo, dopo la curva, Zara scorse la villa a due piani di mattoni rossi, in stile georgiano, con il tetto piatto e un doppio camino. Era immersa nell'oscurità, a parte un chiarore soffuso dietro una delle finestre all'inglese del pianterreno. Il cuore le batteva forte mentre accostava davanti all'imponente portone d'ingresso, in pietra bianca. Aveva guidato per ore e non le sembrava vero di essere arrivata. Da un anno fantasticava su come sarebbe stato questo momento. Chissà, magari lo incontrerò per caso, in strada, a una festa, oppure lui tornerà a cercarmi e... Non era successo niente del genere. Era stato Jasper Danforth, il suo avvocato, a rintracciarla. E si era praticamente buttato in ginocchio ai suoi piedi, supplicandola di andare da Tomas. Non che Zara avesse bisogno di incoraggiamento per rivedere l'uomo che le aveva cambiato la vita. Non sognava altro. E adesso eccola lì, con le scarpe piene d'acqua, i jeans fradici e i capelli arruffati. E in ritardo. Afferrò il borsone e scese dalla macchina. Fece una corsa fino alla porta, ma fu inutile, perché si bagnò ancora di più. Non le importava. Era troppo preoccupata a chiedersi come avrebbe reagito lui, rivedendola. Con brividi di paura mista a eccitazione che le correvano lungo la schiena, Zara suonò il campanello. Si morse un labbro ma non riuscì a reprimere il sorriso timido che le apparve sul viso. Il loro incontro era stato breve, troppo, eppure era cambiata tutta la sua vita. La sua rinascita era cominciata da lì. 6
Non sentì nemmeno il rumore dei passi. Sembrò che la porta si fosse aperta da sola. Se lo trovò davanti di colpo. Visibilmente contrariato. Tomas Gallo. Restò a fissarlo ammutolita. Era più alto di come ricordava. E più magro, con i jeans neri délavé e il maglioncino dello stesso colore. I capelli neri non erano più corti e ordinati, da serio uomo d'affari, ma spettinati, appena ondulati, lunghi sul collo. Era pallido, nonostante la carnagione olivastra. Niente abbronzatura caraibica, stavolta. Non si radeva da un paio di giorni e l'ombra scura della barba accentuava la linea squadrata della mascella. Sembrava incattivito, infelice. I suoi occhi invece erano gli stessi, scuri, profondi e impossibili da decifrare. Indimenticabili, come lui. «Che cosa vuoi?» le domandò brusco. Il timido sorriso di Zara appassì. «E come sei entrata?» Incapace di parlare, Zara attese invano di scorgere un lampo di riconoscimento nel suo sguardo ostile. Ma vide solo diffidenza. E fastidio. «Non so come sei riuscita a superare il cancello, ma ti informo che i giardini non sono più aperti al pubblico da quasi un anno.» «Non... non sono qui per visitare il parco» riuscì a balbettare lei, alla fine. «E allora che ci fai qui?» Continuava a scrutarla con distacco. Non c'era un briciolo di gentilezza in lui. Tanto meno affetto. Jasper le aveva consigliato di presentarsi senza preavviso. Ma davvero Tomas non si ricordava di lei? Sì, 7
certo, Zara aveva un altro stile nel vestirsi e i capelli erano più lunghi, però non credeva che dettagli così superficiali potessero fare la differenza. «Qualunque cosa tu venda, sappi che non mi interessa» chiarì lui e fece per chiudere la porta. Questo la spinse ad agire. Non aveva guidato per tutte quelle ore e con quel tempaccio per farsi dare il benservito in due secondi. In quel senso sì, era cambiata. «Non sono qui per venderti proprio niente» disse, mettendo un piede avanti per impedirgli di sbatterle la porta sul naso. «Sono venuta per aiutarti.» Per una frazione di secondo Tomas sembrò impreparato. «Non ho bisogno di nessun aiuto» sibilò poi. Zara non si mosse, incurante della pioggia che la inzuppava sempre di più. «Sì invece» ribatté avanzando di un altro passo. «Mi ha mandato Jasper.» Da quanto le aveva spiegato, Tomas non si era ancora ripreso del tutto dall'incidente. Lei gli doveva molto. E intendeva sdebitarsi. «Non mi serve niente, non sono interessato alle tue prestazioni» ribadì lui con tono sferzante, allusivo. Era dura, ma Zara cercò di non offendersi. «Non sai nemmeno che cosa posso fare per te.» «Risparmia le tue lusinghe, tesoro, con me non attacca.» Un sorriso amaro gli incurvò le labbra mentre la squadrava da capo a piedi, come se la pioggia l'avesse spogliata e lui potesse vederla nuda. Un desiderio misto a imbarazzo la travolse mentre lo sguardo di lui indugiava sul suo seno pieno. «Pr... prego?» «Cosa volevi offrirmi? Un massaggio speciale?» 8
«Tu credi che io sia qui per farti un massaggio?» gli domandò Zara, sbigottita. «Quello e... poi tutto il resto.» Le stava fissando la bocca con un lampo pericoloso negli occhi. Lei arrossì, come se potesse leggergli nel pensiero. Sapeva esattamente dove Tomas stava immaginando di sentire le sue labbra. E la cosa incredibile era che una volta aveva sognato proprio quella scena. Ma sarebbe morta, prima di ammetterlo, persino con se stessa. «Perché, di solito Jasper ti manda delle ragazze per assolvere a questi... ehm... compiti?» «No.» Tomas si rabbuiò. «In effetti è inconsueto persino per lui.» Zara raddrizzò testa e spalle, guadagnando al massimo due centimetri. Ma adesso non aveva più paura di farsi valere. Non sarebbe scappata. «Non sono qui per fornirti un intrattenimento sessuale.» «Insomma, che cosa ti ha detto Jasper, si può sapere?» la interrogò lui, ancora più stizzito. «Che questo fine settimana saresti stato solo.» «E ritiene che sia un problema? Crede che non sappia cavarmela senza aiuti?» «Questo dovresti domandarlo a lui. Io sto solo facendo quello che mi ha chiesto.» «Bene, Jasper si è sbagliato. Mi scuso per la mia supposizione inopportuna. Ora puoi pure andare.» Come scuse non erano molto sentite. Zara si sentì ribollire di rabbia. Possibile che fosse così villano? E davvero l'aveva dimenticata? Comunque Tomas stava benone. Jasper si era preoccupato senza motivo. E lei non vedeva l'ora di andarsene. Però non riusciva ad accettare che non la riconoscesse. «Sul serio non sai chi...» 9
Ma fu in quell'istante che il cielo si aprì come se fosse arrivata la fine del mondo. E la pioggia torrenziale divenne grandine. I chicchi scendevano giù con tale violenza, rimbalzando sulla ghiaia e sulla carrozzeria dell'auto, che Zara non sentiva più nulla. Lo vide borbottare qualcosa, di certo una frase sgarbata, e poi tirarsi indietro. La stava forse invitando a entrare? Furiosa, non si mosse. Tomas allora l'afferrò per un braccio, trascinandola dentro e sbattendo la porta. Ma in casa c'era quasi più freddo che fuori. Il cuore di Zara accelerò i battiti quando si ritrovò faccia a faccia con lui. Sentiva il suo respiro caldo sul viso. Nella penombra non riusciva a vedere bene la sua espressione, intuiva solo che era astiosa. Di colpo lui la lasciò andare. Per sbaglio le sfiorò una mano e Zara avvertì una scossa elettrica. «Puoi aspettare qui, finché non smette di grandinare» le concesse rigido, allontanandosi di un altro passo, per poi accendere la luce. Lei sbatté le palpebre. Ancora scossa per la propria reazione, decise che era meglio restare in silenzio. Tomas non l'aveva invitata a sedersi, non le aveva offerto qualcosa di caldo da bere. Le aveva solo dato riparo dal temporale. Era evidente che non aveva nessuna voglia di trattenersi lì con lei, ma non voleva lasciarla sola nella sua dimora tanto grande quanto inospitale. Anche un anno prima Tomas era altero e sicuro di sé, ma almeno sorrideva. Adesso invece ogni centimetro del suo corpo irradiava fredda disapprovazione. Chiaro: non gradiva l'intrusione. Non la voleva. Be', se è per questo non l'aveva mai voluta e Zara se 10
n'era fatta una ragione. C'era stato solo un momento in cui le si era avvicinato e... le sue guance avvamparono al ricordo. «Come hai detto che ti chiami?» Interruppe i suoi pensieri, riportandola al presente. «Non mi hai dato il tempo di dirtelo.» «Te lo do ora.» «Falconer.» Gli diede il suo nuovo nome. «Zara Falconer.» Non notò alcun segno di reazione. Ma Tomas sembrava perfettamente in grado di badare a se stesso. Eppure Jasper aveva insistito sino allo sfinimento. Sostenendo che aveva bisogno di lei. E Zara non era riuscita a resistere. «Jasper mi ha chiesto di venire a occuparmi della tua casa per qualche giorno» disse infine. «Sei un po' troppo piccola per certe responsabilità, o sbaglio?» Quante volte se l'era sentito dire nella vita? Sì, in effetti dimostrava meno della sua età, ma non era mica stupida e sapeva il fatto suo. «Sembro più giovane di quello che sono.» Tomas la fissò con aria scettica. Jasper forse era riuscito ad abbindolare quella ragazza, ma lui sapeva benissimo quali erano le sue vere intenzioni. Da mesi quel vecchio intrigante insisteva perché si distraesse un po' con qualche bella figliola. Rilassati e vedrai che tutto tornerà a posto. Si sbagliava. Niente sarebbe mai tornato com'era. Il tempo di liberarsi di lei e gli avrebbe telefonato per chiarire il concetto una volta per tutte. Strano però che Jasper avesse mandato una ragazza così diversa dal genere bambolona sexy con cui si ac11
compagnava. Questa Zara era fin troppo acqua e sapone, con quelle scarpe da ginnastica, i jeans bagnati e la giacchetta leggera inadatta alla stagione. Le gocce di pioggia sembravano rugiada sulla sua pelle luminosa. I capelli di un bel castano caldo, legati dietro la nuca, avevano cominciato a sciogliersi e qualche ciocca fradicia le pendeva intorno al bel viso, in cui spiccavano quegli incredibili occhioni verde mare e le labbra a cuore. Accidenti, quando sorrideva le si formavano persino le fossette sulle guance. Era il ritratto dell'innocenza e della gioia di vivere. Tutto ciò che non era lui. Gli era bastata un'occhiata per provare un desiderio irresistibile di stringerla e baciarla e si era reso ridicolo equivocando lo scopo della sua visita. Ne aveva una voglia pazzesca anche in quel preciso momento. Non ricordava nemmeno l'ultima volta che aveva baciato una donna. O che ne aveva avuto la tentazione. Del resto non ricordava quasi più niente. Adirato, fece un passo minaccioso verso di lei, che sussultò e spalancò gli occhi per la sorpresa. Non voleva desiderarla. Voleva solo che se ne andasse. «Come mai conosci Jasper?» Aveva la voce roca di chi non parla con nessuno da due giorni, nemmeno per una telefonata veloce. La ragazza sembrò a disagio e non rispose. Cosa nascondeva? Era forse l'ultima amichetta di Jasper? Tomas provò un moto irrazionale di rabbia. Si costrinse a fare un lungo respiro e riesaminare i fatti con calma. No, visto com'era arrossita poco prima, quando aveva frainteso il motivo della sua presenza lì, non era proprio il tipo che poteva piacere a quel marpione. 12
«Mi ha dato una mano per una certa faccenda qualche tempo fa» rispose infine, evasiva. E cambiò argomento. «Hai cenato?» «Non sono affari tuoi.» Piuttosto, chissà se lei aveva mangiato. E da dove era partita. E perché. Zara si guardò intorno nella hall di Raxworthy House. «Questa casa è buia e fredda.» Era solo una constatazione, ma Tomas era in vena polemica. «E allora? Mi piace così.» «Quindi ti piace renderla meno accogliente possibile?» Riecco quel sorriso sbarazzino. «Per caso hai paura della gente?» «Diciamo che lavoro molto e non gradisco essere interrotto» la corresse, rifiutando di farsi catturare dalla sua innocenza seducente. La guardò di traverso, furioso per la propria reazione istintiva fuori controllo. «E non ho bisogno di una babysitter con la faccia da bambina. Adesso è davvero arrivato il momento di salutarci.» Un lampo rischiarò il verde mare degli occhi. «Non sono così ragazzina come credi» ribadì alzando il mento, imbronciata. «Sono anche stata sposata.» «Ah, sì?» Perché saperlo mi dà tanto fastidio? «E non lo sei più?» Zara abbassò lo sguardo. «No. Non era destino.» «Mi spiace.» Non era così innocente, allora. Qualcuno l'aveva fatta soffrire. Questo pensiero lo innervosì ancora di più. In silenzio maledisse Jasper per avergliela mandata. Tornò risoluto alla porta d'ingresso, ma quando la aprì si accorse che, sebbene avesse smesso di grandinare, in compenso aveva ripreso a piovere forte. Era quasi buio e mettersi al volante sarebbe stato un azzar13
do. Non poteva lasciarla uscire con quel brutto tempo. Imprecò di nuovo dentro di sé. «Non è prudente che tu riparta questa sera» bofonchiò brusco. «Dovrai restare qui.» La guardò e qualcosa si risvegliò nei recessi annebbiati della sua mente. Detestava quella sensazione sfuggente di dejà vu. Un ricordo sospeso che non riusciva ad afferrare. Gli capitava nei momenti più impensati. Aspettava speranzoso che il frammento di memoria si ricomponesse nel suo cervello, ma non succedeva mai. La frustrazione infiammò la sua collera. La raggiunse a grandi passi, lo sguardo astioso. «Ma io per caso ti conosco?» La domanda esplose come uno sparo. Detestava doverglielo chiedere. Mostrarle la propria debolezza. «No» rispose Zara, con la gola chiusa dalla delusione. Evidentemente, ciò che era successo fra loro un anno prima era stato così poco importante che Tomas lo aveva scordato. E soprattutto aveva dimenticato lei. Si sentì sciocca e insignificante. Cosa ti aspettavi, del resto? Questa non è una favola. Non lo è mai stata e non lo sarà mai. In fondo si era trattato soltanto di un pomeriggio, una notte e una mattina. Neanche ventiquattro ore. Che evidentemente per lui non avevano contato nulla. Zara non gli aveva mentito. Tomas non la conosceva, in effetti. Anche se questo non gli aveva impedito di sposarla.
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2 Era durato meno di un giorno, una totale follia. Ma si erano sposati sul serio. Zara era troppo mortificata per ricordarglielo apertamente. Un anno passato a immaginare di poterlo rivedere, sperando di mostrargli che non era più la creatura spaventata e debole che aveva bisogno di essere soccorsa. Che era cresciuta ed era diventata un'altra. Più sicura di sé, più serena. Così magari Tomas l'avrebbe guardata con altri occhi... Che stupida. Doveva allontanarsi da lui, da quel posto. Subito. Ma Tomas aveva appena chiuso la porta e le si parò davanti, bloccandole la via di fuga. «Resterai qui per la notte e ti metterai in viaggio domattina, quando il tempo sarà migliorato.» Il tono autoritario le fece perdere slancio. Ma durò pochi secondi. «E se non migliorerà?» «Se non altro ci sarà più luce.» «La mia auto ha ottimi fari. È meglio se vado via ora.» Restare era l'ultima cosa che desiderava. «No.» Tomas non ammetteva discussioni. Una volta che aveva deciso una cosa, era quella, Zara se lo ricordava molto bene. 15
«D'accordo» accettò con freddezza. «Se vuoi mostrarmi la cucina, il minimo che posso fare è preparare una zuppa calda per tutti e due.» Appena rimasta sola avrebbe telefonato a Jasper. «Io non voglio niente, ma tu fai pure» le rispose lui, altrettanto distaccato. «Devi essere affamata dopo il lungo viaggio.» Zara lo seguì lungo il corridoio gelato, notando che zoppicava lievemente. «Il mio ufficio è al primo piano, la cucina invece è da questa parte. Da dove arrivi?» «Da nord» rispose lei, vaga e guardinga. Tomas era più ombroso e sorrideva molto meno, però era bello da togliere il fiato, proprio come se lo ricordava. Impossibile resistere al suo fascino. Per fortuna non si rendeva conto dell'effetto che aveva su di lei. Grazie al cielo non se n'era mai accorto. Non avrebbe dovuto dare retta a Jasper. Oltretutto Tomas non aveva alcun bisogno di lei. «Mi dispiace arrecarti tanto disturbo» disse per educazione, cercando ancora di superare lo shock di non essere stata riconosciuta. «Figurati. Intanto vado ad assicurarmi che ci sia una stanza pronta» rispose lui e se ne andò. Non era di molte parole. Zara lo guardò allontanarsi. La cucina era bella, moderna e in perfetto ordine. Zara realizzò che aveva fame. Inoltre avrebbe pensato meglio, con qualcosa di caldo nello stomaco. Nella credenza però c'erano giusto l'olio, il sale e lo zucchero. Aprì il freezer e trovò una pila di contenitori monoporzione. Sull'etichetta era segnata la data in cui la pietanza era stata preparata e quella in cui andava consu16
mata. Secondo Jasper, la governante di Tomas se n'era andata da un giorno all'altro. E allora chi è che aveva cucinato per lui? Nel frigo non c'era granché. Solo del latte. Zara si tolse la giacca e frugò nella borsa. Trovò la tavoletta di cioccolato fondente che grazie al cielo non aveva sgranocchiato durante il viaggio. La spezzettò dentro una padella di rame e la mise a sciogliere sul fornello con il latte. Mentre mescolava i ricordi ripresero a tormentarla. «Questo tizio è ricchissimo ed è qui per investire nel mio casinò, quindi cerca di non rovinare tutto. Fatti vedere il meno possibile» le aveva ordinato lo zio Charles. Il suo carattere era peggiorato, con gli anni. E lei era la sua vittima preferita. Perciò Zara aveva imparato a diventare invisibile, all'occorrenza. I suoi adorati genitori erano morti quando lei aveva appena dodici anni. Charles Madison, un cugino di sua madre, l'unico parente che le era rimasto, si era precipitato a consolarla. E a incassare l'eredità. Viveva con Sharon, la sua seconda moglie, su un lussuoso yacht a Antigua, nei Caraibi, dove gestiva un casinò. Come prima cosa aveva venduto la casa in cui Zara era cresciuta. Vedrai, ti piacerà stare con noi. Ma Sharon se s'era andata dieci mesi dopo, stanca delle sue continue prepotenze. E l'adolescente Zara si era ritrovata sola con suo zio, vizioso e collerico, dedito all'alcol, alle donne e al gioco d'azzardo. Dispotico e pieno di rancore. Era colpa di Zara se sua moglie lo aveva lasciato, se gli incassi delle sale da gioco erano crollati. Tutto era sempre colpa di Zara. Non era mai contento di lei, non faceva che ripeterle che era un essere inutile, una buona a nulla. 17
Non l'aveva mandata a scuola e le aveva impedito persino di frequentare corsi per corrispondenza. Zara non poteva e non osava ribellarsi. Come una specie di Cenerentola, si era rifugiata sottocoperta e non usciva quasi mai. Len, lo chef scozzese, era diventato il suo unico amico. Nei cinque anni successivi le insegnò tutto quello che sapeva. Ma poi lo zio Charles l'aveva licenziato, ordinando a Zara di occuparsi anche della cucina. Sul momento aveva pensato che volesse farle un dispetto, soltanto dopo aveva realizzato che era uno dei primi segni dell'imminente disastro finanziario. A quel punto però aveva ormai perso ogni contatto con i vecchi compagni di scuola. Non aveva nessuno al mondo. Era isolata, in trappola. Il passaporto era nelle mani di suo zio, che era anche l'unico amministratore delle sue finanze. E i soldi che le avevano lasciato i genitori erano già spariti. Non sai quanto mi sei costata, brutta ingrata che non sei altro. Si vergognava di lei. La considerava scialba e stupida. Non voleva nemmeno che servisse in tavola, quando aveva ospiti importanti. Non era abbastanza decorativa, magra e raffinata. Tanto meno per il guru della finanza Tomas Gallo e per il suo avvocato, Jasper Danforth. Ma non poteva più permettersi personale di servizio. Perciò Zara aveva dovuto fare da cameriera e da cuoca, durante il loro incontro di lavoro sullo yacht. Aveva preparato una torta al limone da servire con il caffè. Davanti a Tomas per poco non le era caduto a terra il vassoio: era l'uomo più bello che avesse mai visto. Mentre i tre uomini discutevano di affari, lei era rimasta seduta in un angolo, a soffrire in silenzio. Ogni 18
tanto lo zio Charles, per rendersi simpatico, faceva battute impietose su di lei. Tomas e Jasper sembravano divertiti. Ridevano. Era terribile che un uomo così giovane e affascinante potesse essere tanto spietato, aveva pensato Zara. Si era sbagliata. Dopo quasi un'ora Tomas aveva lanciato la bomba. «Mi spiace, caro Charles, non credo che il suo casinò rientri tra le nostre priorità, al momento.» Furioso all'idea di aver perso l'investimento e incapace di contenere la rabbia, Charles si era sfogato con Zara di sotto, nella cambusa, mentre i due ospiti si preparavano ad andarsene. «Vali meno di niente. Se almeno fossi attraente l'avresti potuto sedurre, ma non ti vorrebbe nessuno, scialba come sei. Sei solo di peso, una scansafatiche, non sai nemmeno servire il caffè come si deve.» Il ceffone era arrivato all'improvviso. Forte. E poi un altro, ancora più pesante. A quel punto Zara era corsa via. Nel corridoio era andata a sbattere contro Tomas Gallo. Non si aspettava di trovarlo là. E forse aveva sentito tutto... Sembrava fuori di sé dalla rabbia. L'afferrò con forza, trascinandola in uno stanzino adiacente e chiudendosi la porta alle spalle. «Non avere paura» le intimò. La luce minacciosa nei suoi occhi scuri rivelava che era molto più pericoloso di suo zio. Poi però Tomas cercò di sorridere. E fu allora che Zara capì che la sua collera non era diretta verso di lei. «Quel bastardo ti ha picchiato, vero?» Le sollevò il mento per osservare la guancia rossa. «Non importa.» Pregava che se ne andasse prima che li scoprisse suo zio. 19
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