1048 - L'errore di Caroline - A. Everett 1049 - Cuori sotto assedio - N. Locke 1050 - Il vicario e la scrittrice - E. Leigh 1051 - Incontri proibiti con il visconte - J. Justiss 1052 - Una debuttante da sposare - V. Lorret 1053 - Per coraggio e per amore - M. Fuller 1054 - Pericolo a corte - J. Landon 1055 - Un bacio sconveniente - C. Kimberly 1056 - Una naufraga per lo sceicco - M. Kaye 1057 - Manuale per zitelle impenitenti - J. McQuiston 1058 - Il rapimento di Lady Fia - T. Brisbin 1059 - Il coraggio di Lily - J. MacLean 1060 - Storie di una lady - M. Rodale 1061 - Un cuore ferito - C. Kelly 1062 - Fra le braccia del guerriero - M. Styles 1063 - Lezioni di francese - B. Scott 1064 - Un amore inaspettato - A. Herries 1065 - Ballo con il libertino - E. Boyle 1066 - Il romanzo di Miss Mary - J. McQuiston 1067 - Il segreto di Tristan - C. Townend 1068 - La sposa veggente - G. Callen 1069 - Occasione d'estate - A. Gracie 1070 - Un principe in incognito - K. Hawkins 1071 - L'uomo venuto dal mare - M. Styles
GAYLE CALLEN
La sposa veggente
Immagine di copertina: Jon Paul Studios Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: The Groom Wore Plaid Avon Books An imprint of HarperCollins Publishers © 2016 Gayle Kloecker Callen Traduzione di Gabriella Parisi Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con HarperCollins Publishers, LLC, New York, U.S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. © 2017 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione I Grandi Romanzi Storici giugno 2017 Questo volume è stato stampato nel maggio 2017 da CPI, Barcelona I GRANDI ROMANZI STORICI ISSN 1122 - 5410 Periodico settimanale n. 1068 dello 01/06/2017 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 75 dello 01/02/1992 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Mondadori, 1 - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 045.8884400 HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano
Prologo
Scozia, 1717 Maggie McCallum aveva solo sedici anni e Owen Duff diciotto, nell'autunno che le loro famiglie trascorsero a Edimburgo. La madre di Maggie le aveva detto che era troppo giovane per essere corteggiata, ma la ragazza si faceva beffe di lei in segreto. Gli uomini la guardavano, ormai, e lei si concedeva di restituire sguardi civettuoli. E poi, a un ballo pubblico, aveva visto Owen, il Visconte Duncraggan, erede della contea di Aberfoyle. Lo aveva incontrato solo una volta prima di allora, a una cena con i genitori. In quell'occasione aveva avuto dodici anni e Owen quattordici, e lui l'aveva ignorata. Adesso un'amica ridacchiando lo aveva indicato. «È del clan Duff» disse la ragazza. «Perfino io so che i McCallum e i Duff si sono sempre detestati.» Maggie annuì senza ascoltarla davvero. Stava fissando Owen con occhi curiosi e spalancati. Lui non indossava un plaid, come facevano molti uomini della sua famiglia, ma una giacca e un panciotto di taglio costoso su calzoni al ginocchio. La spada lucente, portata in vita, brillò alla fiamma delle candele quando attraversò la sala da ballo per fare un inchino a una ragazza, 5
che arrossì. Aveva un viso magro e spalle ossute che suggerivano l'ampio vigore dell'uomo che sarebbe diventato. I capelli biondo scuro erano raccolti a caso in una coda sul collo, con ciocche ribelli che gli sfioravano le guance, come se fosse troppo impegnato per preoccuparsi di legarli meglio. «Tuo fratello non è promesso a sua sorella? In pratica sarete di famiglia.» Famiglia o meno, Maggie non avrebbe certo avvicinato un Duff in pubblico, davanti alla propria madre. Pensò all'infelicità di suo fratello, che avrebbe dovuto sposare una donna che non conosceva né amava, e alle cose stupide e avventate che aveva fatto quando, a tredici anni, aveva scoperto il suo destino. Maggie aveva avuto compassione per lui, ma si era anche sentita in colpa per essere stata segretamente contenta di non dover essere lei quella costretta a sposare un Duff. Il successivo incontro con Owen non fu più promettente. Maggie si limitò a superarlo lungo le scale fuori dal suo appartamento in High Street, mentre il crepuscolo si depositava in onde scure su Edimburgo. Gli alti edifici a dodici piani ospitavano ogni genere di persone, dallo spazzacamino nello scantinato al maestro di ballo in soffitta. I piani migliori erano riservati ai nobili, e malgrado il padre di Maggie non avesse un titolo, era il capo del clan McCallum. La madre, dunque, aveva preso in affitto un appartamento per essere vicina ai Duff, dal momento che il figlio stava per sposare una di loro; ma non voleva che la figlia fosse coinvolta al di là della comune cortesia. Nel vederla, Owen si fermò sulle scale e si aprì in un sorriso che sarebbe sopravvissuto nei sogni di Maggie per molti anni a venire. I suoi caldi occhi castani le fecero pensare alla cioccolata calda che le signore inglesi amavano bere di mattina, e mentre lui posava il suo sguardo su di lei e lo faceva scorrere sulle sue forme, si sentì surriscaldata alla stessa stregua della tazza che aveva tenuto tra le mani una sola volta 6
in una fredda mattina d'inverno nelle Highlands. Avrebbe voluto rimproverarlo per lo sguardo ardito, ma poi vide la custodia a cilindro nelle sue mani. «È un telescopio?» gli chiese. Gli occhi di Owen si illuminarono con più ardore. «Sì, sto uscendo a osservare le stelle. Avete mai guardato attraverso uno di questi strumenti?» Maggie scosse il capo. Non aveva fatto nulla di intellettuale fuorché leggere dei passi dalla Bibbia. Non le era stato consentito di più, e non aveva accesso ad altri libri. Sapere che, là fuori, esisteva un intero mondo di conoscenza che le era precluso la riempiva di rammarico e frustrazione. Lui le tese una mano. «Sono Owen. Volete venire?» Maggie esitò, rendendosi conto che non l'aveva riconosciuta. In quel momento pensò che i nonni si stavano già preparando per andare a letto, che aveva appena visto salire la madre su una portantina per incontrarsi con le amiche e che il fratello abitava nel proprio appartamento vicino all'università. Dunque, era sola. Owen si trovava un paio di gradini sotto di lei, e questo li collocava quasi alla stessa altezza. Lo fissò di nuovo negli occhi, e l'ammirazione e la curiosità la fecero schiudere come un bocciolo in primavera. Ma doveva essere onesta. Facendo un profondo respiro, disse: «Sono Maggie McCallum. Mio fratello sposerà vostra sorella». Lui la fissò per un lungo istante, e la ragazza cominciò a provare rimpianto e rassegnazione. Ma Owen non fuggì via. Avvicinò ancor più la mano tesa. «Lieto di conoscervi, Maggie. Volete ancora venire con un temuto Duff?» Lei si morse le labbra per impedirsi di ridacchiare come una stupida. Aveva sedici anni, era una donna, ormai. Era evidente che lui non ricordasse di averla incontrata quattro anni prima. Forse era meglio così. Mettendo la mano in quella del ragazzo, lasciò che lui la conducesse fuori nel crepuscolo. 7
Nel corso delle settimane successive, Owen portò eccitazione a giornate che di solito erano tetre e ripetitive. Sgattaiolare via per cavalcare fino alla spiaggia del Firth of Forth, andare in barca, esplorare i terreni del castello di Edimburgo, o anche vagabondare per negozi sembravano folli avventure quando era al fianco di Owen. Anziché scoraggiarla, era proprio il gusto proibito dell'amicizia tra loro a rendere Maggie fin troppo imprudente. Owen era così diverso dagli altri uomini che conosceva. Discuteva di fisica, chimica e astronomia come se lei fosse intelligente quanto lui. Poteva cogliere il suo stupore davanti al mondo, ma quando gli chiese se sarebbe diventato uno scienziato, il giovane mostrò un'espressione dura e disse che suo padre lo aveva proibito. Era l'erede di una contea, e sarebbe stato istruito in quel senso. Se non avesse studiato i classici, il padre gli avrebbe proibito di frequentare l'università l'anno successivo. Maggie mostrò comprensione e lo distrasse dai suoi pensieri tristi e rabbiosi, ma non poté fare a meno di indugiare nella propria confusione. Ogni istante che trascorreva in compagnia di Owen, lo sentiva sempre più vicino, come se si fossero conosciuti tempo prima, durante l'infanzia, sebbene lui giurasse che fosse impossibile. A volte era come se il fantasma di un sogno la tormentasse dalle ombre, facendola rabbrividire. Non poteva sottovalutare le proprie visioni. Più di una volta si erano rivelate veritiere. Come quando la famiglia di un ragazzino scomparso del suo clan aveva creduto che fosse annegato, ed era stata sul punto di abbandonare le ricerche, ma un sogno l'aveva condotta fino al piccolo, infangato e rannicchiato sotto la scogliera. Un'altra visione aveva predetto il suicidio di una giovane donna violentata dal padre di Maggie. La ragazza, come spesso accadeva, non comprendeva quanto aveva visto fino a quando il fatto non si realizzava. E così era stato troppo tardi per aiutare la donna. La 8
madre, dopo quella vicenda, aveva portato Maggie a Edimburgo, lontana da Larig Castle, per tenerla al sicuro dal padre. Ma Owen? Poteva aver fatto parte di un sogno che non riusciva a ricordare? L'enigma le occupava la mente quando era lontana da lui, ma le ore in cui erano insieme erano piene di allegre risate, discorsi intelligenti e attimi infiniti in cui gli fissava il volto mentre lui non la guardava e si immaginava sposata con lui. Forse la sua mente stava semplicemente cercando di dirle che erano destinati a stare insieme. Avrebbe voluto che lui la baciasse, ma o era un vero gentiluomo oppure supponeva che la faida centenaria tra i loro clan avrebbe impedito che condividessero una relazione più intima. Sembrava essere un argomento proibito tra loro. Tuttavia Owen non evitava il contatto, e ogni volta Maggie avrebbe potuto sciogliersi di piacere. Le prendeva la mano per correre su un prato, la guidava afferrandole il gomito, le cingeva con delicatezza la vita mentre restavano a guardare il sole che tramontava tra bellissime nuvole arancio e rosa che lo adornavano come scialli fluttuanti. Dopo due settimane di amicizia, muniti di un cestino col pranzo, andarono lungo il fiume Water of Leith, era una splendida giornata d'autunno e Owen aveva suggerito di cercare mitili e perle di fiume scozzesi. Non fu un semplice vagabondaggio nelle acque fino al ginocchio, e presto si trovarono entrambi gocciolanti, senza perle e scossi dai brividi mentre si trascinavano sulla sponda del fiume, allegri. Owen si stese al sole e, sentendosi ardita, lo fece anche lei e lo fissò con audacia, dal momento che lui aveva gli occhi chiusi. La coda era sciolta, e lunghi ciuffi di capelli, scuriti dall'acqua, gli coprivano le guance. Senza pensarci, Maggie si puntellò su un gomito e usò un dito tremante per spostargli le ciocche dal viso. Owen aprì gli occhi di scatto, la ragazza credette che 9
si sarebbe messo a ridere, ma lui sembrò concentrarsi con attenzione sul volto che lo sovrastava. Tutto intorno a loro sembrò zittirsi mentre si scambiavano uno sguardo ardente, carico di significato. Maggie si concentrò sul suono del proprio respiro irregolare, sulle perle di sudore sulla pelle di Owen, sul modo in cui gli sentì pulsare il cuore nel petto quando vi posò sopra la mano tremante. E poi lui le prese il viso e l'attirò giù per un bacio. Le labbra erano fredde per l'acqua, ma più morbide di come avesse mai immaginato le labbra di un uomo. Una simile audacia le fece girare la testa, o era solo la vicinanza di Owen? Con la mano ancora sul suo petto, Maggie sollevò il capo e lo fissò incerta, ma lui unì di nuovo le loro bocche. Il giovane dischiuse le labbra, e l'impatto della lingua che scivolava tra le proprie la fece trasalire, sorpresa e meravigliata. La pelle fresca e bagnata sembrò scaldarsi, il calore si diffondeva dalla bocca lungo il petto. Non tremava più per il freddo, ma non riusciva a capire come mai i suoi arti fossero tanto irrequieti. Voleva essere toccata, sentiva un bisogno disperato che le era nuovo. Ma aveva paura di fare qualcosa di più che stare aggrappata al suo torace, mentre lui le esplorava la bocca e le insegnava a fare altrettanto. Il mondo si capovolse quando la fece rotolare sulla schiena. Era il suo turno di stare sopra di lei, il volto intenso incorniciato dal cielo azzurro e dagli alberi tinteggiati dai colori dell'autunno. Non ebbe tempo di pensare perché lui la stava baciando di nuovo e cominciava ad accarezzarla. La mano sul suo corpo era una presenza calda e benvenuta, e a ogni tocco Maggie sentiva sempre più l'impossibilità di restare ferma. Le carezze risalivano gli abiti bagnati, dal fianco in su. E quando infine le toccò il seno, spinto in alto dal corsetto, gemette contro le sue labbra e rabbrividì a ogni delicato tocco sul capezzolo, come se lei fosse uno strumento di piacere. 10
La passione condivisa fu subito irrefrenabile, e Maggie lo spinse via prima che fosse troppo tardi per fermarsi. Owen sollevò il capo e la fissò, il respiro irregolare come il suo. «Non possiamo farlo» disse lei con voce tremante. Non che rimpiangesse nulla, anzi, si rese conto, fissandogli la bocca, che desiderava provare di nuovo il piacere che lui le aveva appena dato. Anche Owen le guardava le labbra, e quasi ringhiò: «Sapevo che lo avreste scoperto. Non sapevo come dirvelo». «Che avrei scoperto cosa?» domandò Maggie. Lui fece una smorfia. «Owen Duff, adesso me lo dovete dire.» «Mio padre mi ha promesso alcuni anni fa alla figlia del capo di un clan delle Lowlands. In questo momento, stanno venendo qui per farci incontrare.» L'ultimo residuo di calore del bacio abbandonò Maggie. Rabbrividendo, si mise a sedere e si allontanò da lui, coprendosi il petto come se fosse nudo. «Perché non me lo avete mai detto?» chiese. Si era lasciata trasportare nella favola della loro amicizia, e dei sentimenti che credeva stessero sbocciando. Adesso capiva di essere stata solo una sciocca. Owen legò i capelli in una coda, come se avesse bisogno di tenere le mani occupate. Non la guardava, e aveva il viso arrossato come di sicuro era anche il suo, ma Maggie non provò comprensione per lui. Le parole vennero fuori all'inizio piano, prima di cominciare a sovrapporsi l'una all'altra, rapide come l'acqua gorgogliante dietro di loro. «All'inizio credevo che fossimo soltanto amici, e sapere che voi eravate una McCallum lo rendeva una sfida. Ma il bisogno di baciarvi ha dominato i miei pensieri sempre più.» Infine la guardò negli occhi, e Maggie pensò che non avrebbe mai dimenticato l'ardore che vi aveva scorto, la passione che aveva dimostrato proprio a lei. Ma lui era fidanzato, e un nodo le salì alla gola, 11
chiudendo fuori ogni parola. Si rimise in piedi a fatica e si allontanò prima di mettersi ancora più in imbarazzo piangendo davanti a lui. «Io... devo andare.» «Lasciate che vi accompagni» disse Owen. Non cercò di farle cambiare idea, né promise di rompere il fidanzamento. La prima lacrima cadde, e Maggie la asciugò con rabbia. Sollevò una mano. «No, io... non voglio vedervi più, Owen.» L'espressione del ragazzo si contorse di dolore, e Maggie capì di averlo ferito. Non si fidava con facilità, non col padre ubriacone che aveva, e si sentiva ancora più stupida per essersi fidata di uno sconosciuto, di un Duff. Si erano detti così tante cose sulle loro vite nelle ultime settimane, ma non il dettaglio più importante, almeno agli occhi di una donna. A malapena ricordava come fosse tornata a casa, dal momento che aveva corso, ed era persino inciampata nelle gonne, ferendosi i palmi a sangue. Aveva evitato la cena con la madre, dichiarando di avere l'emicrania, poi si era rannicchiata nel letto e aveva pianto come non si era ancora concessa di fare. L'ultimo pensiero coerente era stato di tacciarsi di stupidità. Non sapeva se stava piangendo più la perdita dell'amicizia o della storia d'amore, quello che sapeva era di non potersi più fidare di lui. Come se la chiusa delle sue emozioni avesse aperto l'accesso a un luogo più profondo dentro di lei, quella notte sognò, e fu uno dei sogni vividi che sentiva così reali. Vide Owen, ma non stava guardando lei. C'era un'altra ragazza al suo fianco, coi capelli rossi e le lentiggini. Adorabile. Venivano presentati l'uno all'altro. La luce si rifletté in modo strano su un anello e sembrò trafiggere gli occhi di Maggie mentre lo guardava. Poi la scena scomparve e Maggie vide di nuovo la rossa che la fissava con intensità. Ma il volto della ragazza era cereo, gli abiti erano fradici e l'acqua formava delle pozze tutt'attorno a lei. 12
Maggie si svegliò trasalendo, ansimando. Tutto il corpo era scosso da brividi, come se anche lei fosse bagnata fradicia e congelata. Sapeva cosa preannunciava quel sogno: la promessa sposa di Owen sarebbe annegata. Coprendosi il volto, Maggie si cullò nel letto, dicendo a se stessa di essere ridicola. Ma quella non era la prima volta che sognava una morte prima che accadesse. La prima volta era stata incerta e spaventata, e aveva guardato con orrore quando si era avverato tutto. Questa volta, non avrebbe nascosto l'evidente avvertimento. Dopo una notte agitata, scivolò fuori dall'appartamento e uscì. Non poteva bussare alla porta di Owen, così lo aspettò finché, a metà mattinata, lui apparve. Era solo, per fortuna. Lo raggiunse alla fine dell'isolato. «Owen!» Lui si girò trasalendo, e si limitò a fissarla, l'espressione impassibile, non felice, ma neanche a disagio. Maggie era così confusa da non sapere cosa desiderava che lui provasse. Forse tristezza, perché era ciò che provava lei. Intrecciò le mani mentre lo affrontava; non si era resa conto di quanto sarebbe stato difficile rivelargli il suo segreto, esporsi al suo scherno, o persino alla sua pietà. Quasi scappò via, finché non ricordò il volto cereo della ragazza nel sogno, e i suoi occhi afflitti. «Io... non volevo avvicinarmi a voi... dopo tutto quello che è accaduto ieri» disse. Lui le rivolse un formale cenno col capo, come se fossero sconosciuti. «Non vi biasimo. Non vi ho rivelato una verità che ancora non sembra vera neanche a me.» «Come si chiama?» Lui aggrottò la fronte. «La ragazza che dovete sposare. Come si chiama?» «Non capisco che importanza potrebbe mai avere, ma si chiama Emily.» 13
Maggie annuì, perché sentire il nome faceva sembrare Emily più reale. «Posso parlare con voi in privato di lei?» Owen esitò, e infine sembrò davvero a disagio. «Maggie, cosa c'è da dire? Avrei dovuto dirvelo, sì, ma...» Lei agitò le mani per interromperlo. «Non è quello. È...» Si guardò attorno, sentendosi tutti gli sguardi puntati addosso. «Non posso dirlo qui e adesso.» Indicò il wynd, lo stretto vicolo che conduceva tra le case. «Venite con me, allontaniamoci dagli occhi indagatori. Vi prego, Owen.» Con suo sollievo, lui non protestò nuovamente. Camminarono in silenzio finché non si lasciarono alle spalle l'area recintata sul retro dell'edificio e furono su un sentiero che conduceva in campagna. Infine, Maggie si fermò sotto un alto albero di larice. Era nervosa adesso, e la sua aria di impazienza non era d'aiuto. Si era adirata quando lui non le aveva detto del fidanzamento ma, dopo tutto, neanche lei gli aveva parlato dei suoi sogni. Tuttavia, come si può confidare una cosa simile senza essere considerati folli? La Scozia aveva sempre avuto i suoi veggenti, ma lei non voleva essere considerata un'emarginata del genere. E sentire solo mormorare la parola strega poteva essere la fine per una donna. Poteva fidarsi a rivelare il suo segreto a un uomo che si era già dimostrato inaffidabile? Tuttavia, non aveva scelta. Maggie gli fissò il petto, il panciotto ricamato da visconte. Le ricordava che erano molto diversi. «Io... è dura per me dirvi questo. Non lo sa molta gente, ma...» Le parole le morirono sulle labbra e la gola si serrò quando si rese conto che stava rischiando il proprio futuro. «Maggie, adesso parlate e basta» sbottò Owen, esasperato. Come se avesse già chiuso con lei e desiderasse solo farla finita. 14
Maggie fece un respiro tremante. «Io... sogno delle cose. E quando mi appaiono vivide e reali queste si... si avverano.» Infine lo guardò negli occhi, e lui la scrutò con crescente divertimento. «Oh, Maggie, anch'io sono stato molto nervoso» disse lui, scuotendo il capo. «Ho trascorso tutta la notte a domandarmi come potevo scusarmi con voi.» «Owen, questo non ha niente a che fare con le scuse!» gridò lei. «Non vi sto raccontando storie. Ho fatto un sogno terribile la scorsa notte, e voi ed Emily ne facevate parte.» Lui socchiuse gli occhi castani. «Non potete averla vista. Non sono ancora arrivati.» Con un gemito, Maggie spalancò le braccia. «Non l'ho vista, Owen, non davvero. Ma l'ho sognata mentre ve la presentavano. Ho visto un anello.» «C'è sempre un anello. Perché state facendo questo, Maggie? State facendo del male a entrambi senza motivo.» «Voglio che nessuno si faccia del male, è questo il punto. Non ho visto soltanto voi, Owen; l'ho vista bagnata, con pozze d'acqua attorno a lei, il volto pallido come una morta. E mi fissava, come se avesse bisogno che io facessi qualcosa.» Owen incrociò le braccia sul petto. «Quello che dite non ha senso.» Maggie trasalì, percependo il suo scetticismo come il freddo gelido in una serata d'estate inoltrata, il respiro dell'imminente inverno. La sua voce si fece aspra. «Quando vedo una persona bagnata, Owen, significa che morirà annegata.» Lui non disse nulla in principio. Maggie udiva i polli in lontananza, il muggito di una mucca, ma nessuna voce umana. Nessuno era in ascolto per sentire il suo segreto, solo Owen. E lui adesso la stava guardando con compassione, e anche con un po' di disgusto. La ragazza chiuse gli occhi per non doverlo vedere. 15
«Questo non è degno di voi, Maggie» disse. «Non credevo che avreste lasciato che la gelosia vi facesse mentire.» «Non è gelosia! Owen, vi prego, dovete credermi nell'interesse di Emily.» La sua voce divenne un sussurro, perché sapeva che era troppo tardi. Lui non le credeva, la riteneva una patetica bugiarda e una sciocca. «Addio, Maggie.» Si girò e tornò indietro lungo il wynd verso High Street. «Owen, avvertitela, vi prego» gridò lei, facendo diversi passi come per seguirlo prima di fermarsi, incapace di proseguire nell'imbarazzante situazione. Lui non si voltò a guardarla; non si fermò. Maggie si strinse le braccia attorno al corpo, e si sentì più sola che mai. Passarono due settimane, e Maggie non incontrò più Owen sulle scale. Viveva nel suo stesso edificio, ma avrebbe anche potuto essere a Londra. A un altro ballo pubblico lo vide danzare, ma non con la rossa del suo sogno. Maggie pregò di essersi sbagliata, che nessuno sarebbe morto. Lui non guardò mai dalla sua parte. E la rabbia che aveva tenuto sepolta fino a quel momento si risvegliò, e ci volle ogni sforzo per restare calma. Non meritava quel trattamento. E poi sentì le chiacchiere al negozio della modista prima che sul giornale apparisse qualsiasi annuncio. Nel corso di una gita in barca con la famiglia, Lady Emily Douglas era annegata nell'insenatura.
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Dieci anni dopo Owen Duff, il nuovo Conte di Aberfoyle, scortava con riluttanza la donna che si era offerto di sposare a Castle Kinlochard. Le prese doverosamente il braccio snello e la sentÏ irrigidirsi, ma non gli si oppose apertamente. Aveva acconsentito al matrimonio, dopotutto, anche se non nascondeva la propria ritrosia. Era un'ironia, considerando quante donne, sia scozzesi che inglesi, lo avevano adulato e avevano civettato con lui nel corso degli anni, nella speranza di diventare sua moglie. E lui aveva pensato di poter scegliere, e si era preso del tempo. Tutto inutile. La cena era già finita da un po', e una manciata di servitori stava sparecchiando i tavoli, chiacchierando. Sua sorella Catriona lo seguiva, stanca, ma ancora capace di rivolgergli uno sguardo d'avvertimento nel vedere Harold Duff, lo zio, in piedi accanto al gigantesco camino, sotto un'esposizione di spadoni e scudi che dichiaravano il suo ruolo di comandante in capo delle truppe del clan. Sbadigliando, Cat agitò solidale la mano in segno di saluto e si diresse a letto. Vedendo il gruppo di Owen, Harold abbassò piano il boccale da cui era stato sul punto di bere. 17
Nessun momento è migliore di questo, pensò Owen. Quindi sospinse la futura moglie davanti a sé, e la formalità del gesto non sfuggì ai servitori, che si zittirono e sgranarono gli occhi, in attesa di ciò che Owen avrebbe detto. Harold, un uomo dalle spalle ampie con una folta barba, scrutò il nipote con aria d'attesa. «Zio, posso presentarvi la mia promessa sposa, Lady Margaret McCallum?» Sbuffi e mormorii si diffusero per tutta la sala principale quando i servitori reagirono a quel cognome. I Duff e i McCallum erano antichi nemici. Owen disse: «Maggie, questo è mio zio, Harold Duff, comandante in capo delle truppe del Clan Duff». Owen scrutò Harold e Maggie che si osservavano a vicenda e, come al solito, Maggie non sembrò impacciata o intimidita. Quello non era cambiato in quei dieci anni. Owen aveva pensato a lei di tanto in tanto, la ragazza ridente che un tempo lo aveva ascoltato rapita mentre parlava a ruota libera della sua ossessione per le scienze. Quell'autunno aveva ignorato di proposito il proprio futuro, pieno di obblighi e responsabilità, come se desiderasse poter avere una vita diversa. Era stato facile far divertire Maggie, innocente e ardita, entusiasta di discutere, dibattere e imparare. I suoi incredibili occhi, uno azzurro e l'altro verde, lo avevano studiato solenni e appassionati, facendolo sentire importante, anche se solo per lei. La maturità aveva aggiunto dignità e saggezza alla bellezza del suo volto. I capelli scuri erano tirati sulla nuca, mettendo in risalto il viso a forma di cuore, le labbra piene che attiravano i baci, come lui ricordava bene. Harold si schiarì la voce e chinò il capo. «Madama McCallum.» «Potete chiamarmi Maggie, signore» disse lei. Aveva parlato con la consueta fredda cortesia. Non aveva quasi mostrato alcuna reazione negli ultimi giorni dal loro fidanzamento. Sua sorella Cat era stata ansiosa di monopolizzare allegramente Maggie, quasi 18
percependo che le cose sarebbero potute andare storte. Lo sguardo acuto di Harold tornò a posarsi su Owen. «E com'è avvenuto questo fidanzamento?» Anche Maggie studiò Owen, gli occhi brillanti di malizia, come se fosse curiosa di sentire cosa avrebbe detto. «È una lunga storia» disse Owen. «Forse, Maggie, preferite rinfrescarvi prima di cena?» Lei si guardò attorno. «Abbiamo già perso la cena, e se tarderò ancora, perderemo qualsiasi pasto. No, i domestici potranno portarmi qui un catino per lavarmi. Sono fin troppo affamata per aspettare oltre.» «Come desiderate.» Owen fece un cenno alla governante, Mrs. Robertson, che era in attesa di un suo segnale. Presto lui e Maggie furono fianco a fianco sulla pedana. La sua guardia del corpo, Fergus Balliol, rimase in piedi dietro di loro, una mano posata sulla spada, l'altra sulla pistola, come se la sala vuota costituisse una minaccia. Maggie spezzò una focaccia d'avena appena sfornata, chiuse gli occhi e inspirò con soddisfazione. Owen fu sorpreso di scoprire che quello sguardo così intenso gli aveva provocato una fitta di anticipazione, che respinse. Era un bene essere attratti dalla donna che si doveva sposare, dopotutto. O almeno, era quello che diceva a se stesso. Aveva combattuto una dura battaglia contro il padre per conquistarsi il diritto di scegliere la propria moglie... per poi perderlo a causa dei McCallum. Quando la fame si fu attenuata, Owen bevve un sorso di whisky. Maggie lo studiò con quegli occhi affascinanti. «È il whisky che fate sfruttando le nostre terre?» Lui inarcò un sopracciglio. «Le vostre terre?» «Sì, le terre della mia famiglia. Il contratto di matrimonio tra le nostre famiglie vi permetteva non soltanto di possedere i terreni, ma anche di condividerne l'abbondanza dei raccolti.» 19
Owen sapeva che non vi era alcun motivo di lanciarsi in una discussione sul contratto. La decisione era stata presa, e non si poteva tornare indietro. «Il whisky viene da...» «Non fate caso alla mia domanda» disse lei. «Vedrò se le mie supposizioni sono esatte.» E Maggie gli tolse il bicchiere dalla mano e bevve un sorso. Non tossì o starnutì, né storse le labbra, come facevano molte donne assaggiando l'acquavite. «Suppongo che non beviate con regolarità» chiese Owen, caustico. Ignorandolo, Maggie socchiuse gli occhi mentre valutava il sapore sulla lingua. «Sì, questo proviene dalle nostre terre. Ma avete fatto qualcosa di... diverso.» «Davvero?» Come se non l'avesse udito, la ragazza studiò il bicchiere. «Avete cambiato la proporzione della torba, credo. Il fumo del fuoco di torba serve per asciugare il malto.» La voce era un po' lenta, come se lo stesse spiegando a uno sciocco. Maggie sospirò, poi parlò con orgoglio soddisfatto. «Ah, be', dovevate cambiarlo in qualche modo, altrimenti avrebbero pensato tutti che era il nostro. Noi distilliamo il meglio delle Highlands.» «Distillavate.» Maggie fece roteare il liquido e annusò. «Credete quel che preferite, milord.» Owen riprese il bicchiere. «Mi chiamavate Owen non molto tempo fa.» «Dieci anni sono un periodo molto lungo, Owen» disse lei in modo brusco. Dopo la distanza circospetta a cui si era tenuta durante il matrimonio del fratello, lui fu sollevato che avesse comunque ritrovato il proprio buonumore. Non voleva essere sposato a una martire. «Sembra che siate già in confidenza» li interruppe Harold. «È per questo che avete deciso di sposarvi?» 20
«No, nessuna confidenza» disse Maggie con tono ironico. «O almeno, niente di importante. Credo che mi abbia fatto la proposta perché era l'unica cosa onorevole da fare per mantenere la pace.» Owen si irrigidì. «Onorevole? Non è possibile che mettiate in dubbio me, dopo quel che ha fatto vostro fratello.» Il sorriso di Maggie svanì, e i due giovani si fissarono con aria bellicosa. Con voce bonaria Harold disse: «Dovrò svolgere il ruolo di arbitro oltre a quello di comandante in capo?». «Non sarà necessario, zio» disse Owen. «Mi avete chiesto di spiegare com'è successo e lo farò. Sapete che il fratello di Maggie, Hugh, era promesso a mia sorella fin dalla nascita. Fu un tentativo di mio padre di portare la pace tra i due clan, offrendo una dote ai McCallum e condividendo le terre in cui distillavano il loro whisky. Dopo che Hugh divenne capoclan, andò a reclamare la moglie, e mio padre si comportò in maniera disonorevole, nascondendola e mettendo al suo posto nostra cugina Riona.» Harold si irrigidì, ma la sua espressione rimase impassibile. Conosceva bene la crudeltà del fratello. «Hugh prese la sposa sbagliata e si innamorò di lei» finì Owen. Maggie alzò di scatto lo sguardo e lo fissò, senza nascondere la propria sorpresa. Aveva immaginato che Owen avrebbe continuato a condannare le scelte di suo fratello, e il modo in cui aveva rapito Riona, senza accettare la verità. Gli errori di Hugh erano nel passato e, dopotutto, il padre di Owen aveva fatto la propria parte. Ma il vecchio conte era morto, ed era diventato compito del nuovo mettere le cose a posto. Suo padre riusciva a controllarlo persino dalla tomba. «E così il contratto di matrimonio è stato rotto» disse piano Harold. «Maggie e io abbiamo deciso di mettere tutto a posto» rispose Owen. «Ci sposeremo e suggelleremo il 21
legame tra i nostri clan. Non voglio che scoppino nuove ostilità.» Harold guardò prima lui, poi Maggie, poi di nuovo il nipote. Maggie stava spingendo il cibo nel piatto con espressione pensierosa, forse anche triste. Erano stati costretti a un matrimonio che non volevano a causa di azioni mal organizzate da entrambe le parti. Owen stava facendo del proprio meglio; anche Maggie avrebbe dovuto impegnarsi da parte sua. «Quando celebrerete le nozze?» chiese Harold. Prima è, meglio è, pensò Owen. Che motivo c'era di ritardare l'inevitabile? «Tra quattro settimane. Il tempo di far sistemare Maggie a Castle Kinlochard e di leggere le pubblicazioni.» Maggie si alzò, spingendo via la sedia con violenza. «Vorrei ritirarmi, adesso. Mrs. Robertson, vorreste mostrarmi la mia camera?» E, senza guardarsi indietro, Maggie lasciò la sala principale. Owen la fissò finché non fu andata via, rabbia e frustrazione lottavano in lui. «Rincuorati, figliolo» disse Harold. «Molti matrimoni sono cominciati peggio.» «Affermò l'uomo che non ha mai trovato la sposa giusta» ribatté Owen. Lo zio gli rivolse uno dei suoi rari sorrisi. «Non ho mica detto chi di noi due è più intelligente, no?» Owen sospirò in fretta. «Prima che vada a letto, ditemi cosa è accaduto da quando sono andato via.» Parlarono per un'altra ora prima che Owen augurasse la buonanotte e si ritirasse, dopo aver insistito che Fergus andasse a dormire nel proprio letto. Un piano più su nella torre principale, Owen attraversò l'atrio, oltrepassando la stanza che era stata assegnata a Maggie senza rallentare, fino a quando non udì un urlo acuto, terrorizzato, perforante che proveniva dall'interno. Maggie lottò per tornare cosciente, contro il peso delle mani che la tenevano giù. Si sentiva istupidita dal 22
terrore e dalla nitidezza del sogno, perché era da anni che una visione non le si insinuava in modo così furtivo e profondo nella mente e nell'anima. Era bloccata dal panico e dalla chiarezza con cui aveva visto Owen disteso, coperto di sangue e moribondo il giorno delle loro nozze. «Maggie! Maggie, cara, svegliatevi.» Si dimenò per sfuggire, per rimanere nel sogno e scoprire la verità su cosa avrebbe potuto accadergli, sapere se il matrimonio con lei avrebbe significato la sua morte. Ma una voce insistente continuava a chiamarla, e grandi mani sembravano volerla tirare fuori dalle profondità della polla. Spalancò gli occhi e vide Owen; le ombre della notte proiettate dalla luna avevano l'aspetto di sangue sul suo volto. Maggie urlò di nuovo, poi gli afferrò la giacca e lo attirò più vicino. «State bene? C'è tanto sangue!» Gli passò la mano sul petto con frenesia, cercando l'umidità calda e appiccicosa. Non trovò nulla oltre al forte battito del cuore. Gli toccò il viso non rasato, e il dorso della propria mano divenne parte dei disegni delle ombre. Non era sangue. Owen prese entrambe le mani nelle proprie e parlò con risoluzione. «Maggie, era un incubo. Siete sveglia, adesso.» La ragazza inspirò tremando. Lui era troppo vicino, sospeso su di lei, possente e minaccioso. Si allontanò con uno strattone e si mise a sedere, appoggiandosi alla spalliera del letto a baldacchino e tirandosi il copriletto fino al mento, come a proteggersi dalla malvagità cui aveva appena assistito. Non riusciva a dimenticare l'immagine del volto insanguinato, e si coprì gli occhi, gemendo. «State bene?» chiese lui. «Volete che mandi a chiamare un dottore?» Maggie rabbrividì. La sua voce dall'inflessione colta aveva perso la cadenza gaelica e l'accento della loro 23
gente, facendolo sembrare ancora più uno straniero. «Sto bene. Sto bene. C'è acqua nella brocca? Sto morendo di sete.» Owen andò a versargliene un bicchiere, e Maggie fu sollevata che non la fissasse più. Doveva controllarsi, mandare via il sogno, per ora. Perché non avrebbe avuto scelta se non analizzarlo quando si fosse trovata da sola. Owen le portò l'acqua, e con sua grande costernazione, la ritrovò ancora scossa da fremiti, tanto da dover prendere il bicchiere con entrambe le mani. Maggie mandò giù un lungo sorso, poi lo posò sul grembo mentre si imponeva di smettere di tremare. Owen aveva le sopracciglia aggrottate dalla preoccupazione. «State bene davvero?» «È stato solo un incubo» rispose lei, fissandolo con audacia e sfidandolo a contraddirla. Erano dieci lunghi anni che non aveva un sogno vivido che prediceva il futuro. Dopo il colpo della morte di Emily e l'incredulità ironica di Owen, aveva desiderato di non sperimentare più tali visioni. Le poche volte in cui si era resa conto che una di esse stava diventando reale, aveva imparato a svegliarsi, finché non si era trasformata in una donna normale, che affrontava ogni giorno fiduciosa il futuro, ignara di ciò che davvero sarebbe accaduto. Non aveva più paura che la gente la scoprisse e la chiamasse strega, o facesse allontanare da lei i bambini. In quel modo, però, non si sentiva mai completa, come se le mancasse una parte di sé. Ma quella notte il sogno l'aveva travolta come l'onda di un oceano, più potente a causa della lunga costrizione, flagellando le sue emozioni contro l'esile stabilità delle rocce che aveva eretto per proteggere se stessa. Vedere Owen in punto di morte... Sarebbe morto davvero? Il modo in cui l'aveva derisa e la morte di Emily l'avevano portata a cambiare tutto di sé. La ragazza felice e ben consapevole che esistessero eccitanti misteri al 24
mondo era stata sostituita da una donna che voleva dimenticare certe cose. Ma un sogno si era di nuovo manifestato, e lei era tornata a essere un'emarginata. Non aveva nessuno con cui confidarsi, perché aveva insistito che Hugh e Riona celebrassero il loro matrimonio e non la accompagnassero alla cittadella dei Duff come se fosse una bambina. Probabilmente Maggie aveva ferito la madre, tenendo lontana anche lei. «Vi sentite meglio?» chiese Owen con voce bassa e fredda. Maggie sobbalzò e lo guardò. La collera verso di lui non si era mai davvero dissipata da quando lui l'aveva spinta a odiare una parte di sé e poi a dimenticare la sua esistenza. Tuttavia fece un cenno di assenso col capo. «Non sembrate star meglio.» Owen si mosse verso il camino e, usando un accenditoio, attizzò diverse candele nella stanza, compresa quella accanto al letto di Maggie. Le ombre si ritrassero, calmandola un po' e dandole una visione più chiara di Owen. Era ancora sconvolgente vedere quanto lui fosse cambiato in quei dieci anni, ma allo stesso tempo quanto fosse rimasto lo stesso. Si aspettava che crescesse brutto e deforme? Era abbastanza in collera da averlo desiderato. Il suo viso era ancora magro e attraente, con zigomi sporgenti e una mascella squadrata ben delineata. I capelli biondo scuro erano legati in una coda anziché essere nascosti sotto una parrucca. C'era maturità in lui adesso, l'autorevolezza delle sue spalle e della parte superiore del corpo rivelava che non si era limitato a ballare e a fare la corte alle signore per tutti quegli anni a Londra. Ma non era solo il suo aspetto fisico a logorarla; era la sua stessa presenza, e un'attrazione che non immaginava potesse ancora esistere dopo tutto quello che lui le aveva fatto. Eppure sembrava essersi accresciuta col passare del tempo. Così, quando lui si era offerto di sposarla dopo solo 25
pochi attimi che si erano rivisti, era stata tanto sbalordita, offesa e piena di un nascente senso di vanità da non riuscire a decidere quale sentimento provare. «Cosa ci fate qui?» chiese. «Ho gridato così forte?» «Sì.» Owen oscillò portando il peso sui tacchi e scrutandola. «Stavo passando per andare a letto quando vi ho sentita. Ho pensato che foste stata attaccata.» «E così siete corso a salvarmi» disse Maggie con tono freddo. Facendo spallucce, lui si appoggiò alla struttura del letto, le braccia incrociate sul petto in un modo che sembrava così virile, così consapevole del fatto che erano una coppia che presto si sarebbe sposata. Lei rabbrividì all'improvviso ricordo di se stessa con l'abito da sposa tutto spruzzato di sangue. Owen aggrottò la fronte. «Tremate per il freddo. Ci deve essere un'altra coperta da qualche parte.» Si piegò su uno dei bauli allineati lungo il muro. «No, va tutto bene...» Ma lui la ignorò, stendendo una coperta di lana sul copriletto. Era proteso verso di lei, e quando incontrò il suo sguardo fu come se la sfiorasse. «Meglio?» chiese, la voce all'improvviso roca. «Sì» rispose Maggie in fretta, augurandosi che andasse via. Si sentiva più calda. Forse perché era arrossita, o aveva ricordato il bacio e le mani di Owen che destavano il suo corpo prima che lo fermasse, quel giorno sull'erba. Da allora c'erano state notti solitarie in cui Maggie aveva abbassato la guardia e aveva osato desiderare di essersi spinta oltre, solo per sapere cosa significasse stare con un uomo. Il corpo provava fitte di desiderio al ricordo. Era stato difficile rammentare che lui l'aveva derisa quando gli aveva detto la verità sulle sue visioni, accusandola di essere gelosa. Non si era fidato, e Maggie non poteva permettere che un'attrazione inopportuna le facesse dimenticare ciò che Owen pensava davvero di lei. 26
E adesso era fidanzata con lui per porre fine alla faida che era costata così tante vite umane, ma Owen avrebbe incontrato la propria fine se fossero andati fino in fondo con le nozze. «Questa è la prima volta che siamo soli dal fidanzamento.» disse lui. La calma nella sua voce sembrò solo un'ostentazione, come se sotto la superficie ci fossero sentimenti più profondi. Maggie smise di respirare, sorpresa dall'ardente intensità degli occhi castani. Aveva dimenticato il loro potere, forse lo aveva fatto di proposito, per rabbia. Adesso, però, quegli occhi la costringevano a ricordare la novità della passione, l'eccitazione di condividerla. Ma allora erano stati poco più che bambini che non comprendevano le regole del mondo e le responsabilità che avevano verso i rispettivi clan. Con voce rauca Owen disse: «C'è molto di cui dobbiamo discutere». Maggie fece appello a tutta la propria razionalità e parlò con freddezza. «Non avete discusso con me quando era importante. Non avete chiesto la mia mano. Avete detto che mi avreste sposata per onorare il contratto, un facile rimpiazzo, come una ruota di ricambio per un carro. Non è molto lusinghiero. Vedo che siete diventato un uomo pratico.» «Vi aspettavate di essere corteggiata in un momento così teso?» chiese Owen con un sottile sarcasmo. «Intendete dire un momento in cui voi e mio fratello eravate sul punto di uccidervi a vicenda senza prima discutere in modo razionale? Avete convenientemente tralasciato di dirlo a vostro zio.» Owen si mosse, come per sedersi sul letto. «No, non voglio che lo facciate» lo fermò con tono aspro. «Se qualcun altro ha sentito le mie urla e dovesse entrare vi troverebbe così vicino...» «Potrebbe credere che fossi io il motivo delle vostre urla, e costringermi a sposarvi» disse Owen caustico. «Molto divertente» ribatté lei, altrettanto sarcastica, 27
poi aggrottò la fronte. «Andate, Owen. Sono esausta, e di certo dovete esserlo anche voi.» Lui si sporse verso di lei, facendola irrigidire quando le carezzò un lato del viso. La sua mano era calda, ma Maggie sentiva tanto freddo. «Possiamo avere un matrimonio soddisfacente, Maggie. Vi renderò felice di essere mia.» La ragazza rimase a bocca aperta per l'arroganza, ma lui non attese una sua risposta. Dopo che Owen si fu chiuso la porta alle spalle, Maggie saltò giù dal letto e corse a premervi contro l'orecchio. Sentì i passi che si allontanavano verso l'atrio. Perplessa, fissò i muri rivestiti di legno con i bellissimi paesaggi che di rado i McCallum si erano potuti permettere. Ovunque in quel castello vi erano prove del fatto che i Duff erano ricchi, dal mobilio elegante e ben tappezzato ai candelabri d'argento sulla mensola del camino. Owen era un conte, con un titolo e delle proprietà, di cui diverse anche in Inghilterra. E adesso Maggie era fidanzata con lui. Al pensiero delle nozze, cominciò a riflettere sul sogno e poi si fermò. Si concesse un attimo di autocommiserazione, chiedendosi perché fosse stata maledetta da qualcosa che qualcuno avrebbe potuto chiamare un dono, mentre lei sapeva essere tutt'altro. Un tempo aveva creduto di essere diversa, speciale. Ma Owen le aveva dimostrato il contrario. Non si era mai sentita così completamente sola, malgrado si trovasse in un castello pieno di gente. Ma loro erano Duff, e le imprecazioni da ubriaco di suo padre contro il clan rivale le riecheggiavano nella memoria. Ricordò storie di guerra nel corso dei secoli, scorrerie nei castelli, furti di bestiame, incendi di stalle e di cottage. Oltre cento anni prima il capoclan dei McCallum e sua moglie erano stati uccisi dopo aver accettato l'ospitalità dei Duff. Ma dal momento che non era mai stata capace di fidarsi del padre, una parte di lei aveva sempre messo da parte quelle storie ed era 28
stata affascinata dagli odiati nemici del proprio clan; quello spiegava la sua attrazione proibita per Owen di dieci anni prima. Poteva essere sola, ma non era una codarda. Alla fine lasciò che il sogno prendesse di nuovo il controllo della sua mente e osservò con crescente orrore la scena mentre si svolgeva. Poté vedere solo se stessa che correva al fianco di Owen, il viso pallido, il sangue che formava una pozza sotto di lui, il proprio abito che si macchiava mentre lo afferrava e lo teneva tra le braccia, gridando. Quello che era terribile e frustrante era che non aveva idea di cosa li avesse condotti a una simile tragedia. Per quanto ci provasse, non riusciva a vedere altro, nessun barlume o indizio che le fosse sfuggito. C'erano solo lei e Owen in una stanza buia, e la sua morte imminente. Andò avanti e indietro nella stanza a lungo, troppo vigile per cercare di dormire. Non sapeva cosa avrebbe potuto fare con quell'informazione che il fato le aveva concesso. La sua famiglia e tutto il suo clan dipendevano dal fatto che quel matrimonio funzionasse, oppure avrebbero perso la terra che amavano, e non sarebbero più stati in grado di produrre il whisky che li aveva aiutati a sopravvivere negli anni di magra. Per non parlare della ripresa di una faida che aveva provocato troppe morti nel corso dei secoli. Ma come poteva sposare Owen se quello gli sarebbe costato la vita? Tuttavia, non era certa che sarebbe morto, e la confusione e la paura continuavano a rincorrersi nella sua mente. Doveva soltanto dirgli la verità. Quasi subito cominciò a prevedere la sua reazione, perché ricordava bene la sua incredulità sprezzante, quando gli aveva parlato del suo sogno. Ma non poteva certo dirgli che non sarebbe diventata sua moglie senza offrirgli una ragione plausibile. Sarebbe stata onesta e lo avrebbe convinto che ci doveva essere un altro modo per rispettare il contratto, perché non lo avrebbe 29
sposato sapendo di essere responsabile della sua morte. Infine si trascinò nel letto e rimase rannicchiata lì. Gli occhi non volevano chiudersi, e all'alba rinunciò a dormire e andò a sedersi davanti alla finestra da cui osservò il cortile che si animava. Sentendo la necessità di essere vicina alle persone che amava, sedette al delicato scrittoio e cominciò a comporre una lettera alla propria famiglia. La scrisse a Hugh, sapendo che l'avrebbe condivisa con gli altri. Gli parlò in modo superficiale della sua prima visita a Castle Kinlochard, della gentilezza e sollecitudine di Owen e di come sembrassero amichevoli i residenti del castello. In silenzio, si chiese quanto sarebbero stati amichevoli se avessero saputo che faceva sogni che si avveravano.
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La sposa veggente GAYLE CALLEN SCOZIA, 1727 - Maggie è tormentata da visioni che annunciano la morte di Owen, suo futuro sposo. Decisa a salvargli la vita, fa di tutto pur di convincerlo a non sposarla.
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