La stagione dei veleni

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UN ROMANZO TRATTO DA UNA STORIA VERA, UNO SGUARDO INTENSO ALL’IRLANDA DEGLI ANNI SESSANTA.

Una storia forte di amore e redenzione: nessun segreto è per sempre.

”I segreti vengono a galla a poco a poco, tra colpi di scena e sentimenti, per culminare in un finale intenso, magistrale.” The Irish Times

Le sorelle Ella e Roberta O’Callaghan non si parlano ormai da decenni, ma ora è il momento di riunirsi per salvare l’antica dimora di famiglia, ed evitare la bancarotta. Il vecchio salone delle feste si trasforma in una caffetteria, il Ballroom Café, grazie a Debbie, arrivata in Irlanda dagli Stati Uniti per ritrovare la sua madre naturale. Le sue domande, però, costringeranno tutti a fare i conti col passato.

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MEGAN HART È TORNATA, CON UN ROMANZO TRAVOLGENTE E DELICATO ALLO STESSO TEMPO DIVISI SONO NIENTE, INSIEME SONO UNA COSA SOLA: A VOLTE LA SALVEZZA È TRA LE BRACCIA DELLA PERSONA CHE PUÒ FARTI PIÙ MALE.

Alcune persone ti lasciano cicatrici sul corpo, nell’anima. E lo chiamano Amore.

Effie e Heath hanno un passato tormentato. Segregati e abusati dallo stesso uomo per diversi anni, i due ragazzi hanno trovato conforto l’uno nell’altra sino a quando non sono riusciti a fuggire. Ora sono due adulti che cercano di andare avanti con le proprie vite… ma il loro legame, a volte, è solo un modo per tornare a vivere quell’incubo.

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TASHA ALEXANDER

La stagione dei veleni


Immagine di copertina: Lee Avison / Trevillion Images Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: A Poisoned Season William Morrow An Imprint of HarperCollinsPublishers © 2007 Anastasia Tyska Traduzione di Francesca Barbanera Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con HarperCollins Publishers, LLC, New York, U.S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. © 2016 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione I Grandi Romanzi Storici Special luglio 2016 Questo volume è stato stampato nel giugno 2016 da Grafica Veneta S.p.A. - Trebaseleghe (Pd) I GRANDI ROMANZI STORICI SPECIAL ISSN 1124 - 5379 Periodico mensile n. 225 del 13/07/2016 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 368 del 25/06/1994 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Mondadori, 1 - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 045.8884400 HarperCollins Italia S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano


A Xander, che preferisce sentir leggere i propri libri ad alta voce

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ALLA FINE IL SEGRETO VIENE FUORI Alla fine il segreto viene fuori, come deve succedere ogni volta, è matura la storia deliziosa da raccontare all'amico del cuore; davanti al tè fumante e nella piazza la lingua ottiene ciò che voleva; le acque chete corrono profonde, mio caro, non c'è fumo senza fuoco. Dietro il cadavere in fondo al serbatoio, dietro il fantasma sul prato da golf, dietro la dama che danza e dietro il signore che beve come un folle, sotto l'aspetto affaticato, l'attacco di emicrania e il sospiro c'è sempre un'altra storia, c'è più di quello che si mostra all'occhio. Per la voce argentina che d'un tratto canta dal muro del convento lassù, per il profumo che viene dai sambuchi, per le stampe di caccia nell'ingresso, per le gare di croquet in estate, la tosse, il bacio, la stretta di mano, c'è sempre un segreto malizioso, un motivo privato in tutto questo. W.H. Auden

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Personaggi LADY EMILY ASHTON (KALLISTA): figlia del Conte di Bromley, vedova del Visconte Philip Ashton e studiosa di greco e arte. COLIN HARGREAVES: gentiluomo benestante che viene spesso incaricato da Buckingham Palace di indagare su questioni che richiedono particolare discrezione. CÉCILE DU LAC: attempata nobildonna francese, mecenate e iconoclasta. IVY BRANDON: amica d'infanzia di Emily e tipica bellezza inglese. ROBERT BRANDON: marito di Ivy, giovane politico emergente e gentiluomo di vedute tradizionaliste. MARGARET SEWARD: figlia di un magnate delle ferrovie americano e latinista laureata al Bryn Mawr College che mal sopporta le regole della buona società . LADY CATHERINE BROMLEY: madre di Emily, moglie del Conte di Bromley ed ex dama di compagnia della Regina Vittoria. CHARLES BERRY: gentiluomo arrivato da poco a Londra che sostiene di essere un discendente diretto di Maria Antonietta e Luigi XVI. JEREMY SHEFFIELD, DUCA DI BAINBRIDGE: a7


mico d'infanzia di Emily che ha due soli obiettivi nella vita: evitare il matrimonio ed essere l'uomo più inutile d'Inghilterra. DAVID FRANCIS: gentiluomo e mecenate. BEATRICE FRANCIS: moglie di David Francis. LADY FRIDESWIDE: temibile matrona dell'alta società, determinata a fare sposare la figlia con il Duca di Bainbridge. LETTICE FRIDESWIDE: figlia di Lady Frideswide, per nulla interessata a sposare il Duca di Bainbridge. LORD BASIL FORTESCUE: il consigliere più fidato della Regina Vittoria, considerato da molti l'uomo più potente dell'impero. MRS. REYNOLD-PLYMPTON: signora che si interessa molto di politica. LADY ELINOR ROUTLEDGE: amica di vecchia data della famiglia di Emily e vedova del Cancelliere dello Scacchiere (ministro delle finanze). ISABELLE ROUTLEDGE: figlia di Lady Elinor e ragazza fin troppo sentimentale. LORD THOMAS PEMBROKE (TOMMY): il Visconte Langley, primogenito del Conte di Westbrook. LADY ELLIOTT: fedele amica di Lady Bromley, nonché una delle rappresentanti dell'alta società più critiche e severe. 8


MICHAEL BARBER: scultore. JANE STILLEMAN: cameriera di Beatrice Francis. MOLLY, BRIDGET E GABBY: cameriere del Savoy Hotel. MEG: cameriera di Emily. DAVIS: insostituibile maggiordomo di Emily.

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Pagina Bianca


1 Ci sono diverse circostanze che caratterizzano ogni Stagione londinese: si viene sommersi da una raffica inarrestabile di inviti, si inizia a dubitare della lealtà di qualche amico e si ricevono le attenzioni di almeno un corteggiatore troppo insistente. Quest'anno non avrebbe fatto eccezione. Essendo appena uscita dal periodo di lutto per il mio defunto marito, Philip, Visconte Ashton, ero determinata ad affrontare il ritorno in società con un approccio edonistico, il che consisteva grossomodo nel rifiutare qualunque invito non mi sembrasse all'altezza delle mie aspettative e nell'eliminare le conoscenze poco limpide. Questo mi avrebbe consentito di godermi i mesi estivi anziché trascinarmi da un ricevimento all'altro come un'ombra esausta e ritrovarmi oggetto di maldicenze e pettegolezzi, che sono il principale intrattenimento dei giovani avventori dell'alta società. Tuttavia, presto capii che il mio piano aveva delle falle. Rifiutare gli inviti non ebbe l'effetto sperato. Anziché eliminarmi dalla lista degli ospiti, i padroni di casa diedero per scontato che rifiutassi i loro inviti perché avevo molte altre richieste e preferivo eventi più esclusivi dei loro e non c'è niente di meglio della presunta popolarità per aumentare la quantità di inviti che si ricevono. Di conseguenza, per un breve periodo – brevissimo, a dire 11


il vero – i membri dell'alta società mi tennero in grande considerazione. Fu proprio durante questa parentesi che andai a casa di Lady Elinor Routledge, una delle nobildonne più raffinate d'Inghilterra, nonché amica di vecchia data di mia madre. Inutile dire che anche per Lady Elinor, come per mia madre, la posizione sociale di una persona era l'unica cosa che contava. Nonostante questo, avevo deciso di andare al suo ricevimento in giardino per due ragioni. Innanzitutto, volevo vedere le sue rose che, stando a quanto si diceva, erano le più belle di tutta l'Inghilterra. Inoltre, speravo di incontrare Mr. Charles Berry, un giovane la cui presenza in città aveva mandato in subbuglio tutta l'aristocrazia. Le rose superarono ogni mia aspettativa. Purtroppo non posso dire lo stesso del gentiluomo. Entrando nello splendido giardino di Meadowdown, si veniva trasportati dal calore polveroso delle strade di Londra a una vera oasi, verde e rigogliosa. In occasione del ricevimento, erano stati allestiti dei deliziosi tendoni con il tetto a punta, circondati da siepi, alberi e aiuole fiorite, in modo che gli ospiti avessero sempre un punto di ristoro a pochi passi di distanza. Una piccola orchestra riempiva l'aria di musica. Le giovani si spostavano leggiadre per il giardino nei loro abiti dalle tinte accese, che gareggiavano – e, perlopiù, vincevano – con i colori vivaci dei fiori per attirare l'attenzione degli altri ospiti. Gli uomini, elegantissimi nelle loro redingote scure, si assicuravano che alle signore non mancassero mai il sorbetto, le fragole o qualunque altra squisitezza desiderassero. Et in Arcadia ego. Non c'era bisogno di molta fantasia per immaginare di veder comparire in quella scena idilliaca un autentico principe, tutto cortesie e buone maniere, che dispensava attenzioni a chi aveva intorno. Ma quel giorno non c'erano gentiluomini del genere nel giardino di Lady Elinor. L'unico principe 12


presente – se così si può dire – fu una grande delusione. L'immagine idealizzata che spesso precede un erede al trono sopravvive di rado dopo aver conosciuto più a fondo il nobiluomo in questione. Nel caso di Charles Berry, fu sufficiente un'occhiata da lontano per dissipare ogni dubbio. Non era sgradevole d'aspetto, ma aveva dei modi terribili. Affermare che fosse incline a bere più di quanto si conviene a un uomo del suo rango sarebbe un eufemismo. Molte giovani lo seguivano ovunque con cieca ammirazione, ignorando del tutto il suo comportamento indegno, tanto erano infervorate dalla prospettiva di conquistare un membro di una famiglia reale. La situazione era resa ancor più patetica dal fatto che il trono a cui Mr. Berry aspirava non esisteva più. «Speravo fosse più bello.» Cécile du Lac era molto rapida nel farsi un'opinione di chi aveva di fronte e raramente cambiava idea. Ci conoscevamo da meno di un anno, ma era diventata subito una delle mie amiche più fidate, malgrado fosse più vicina a mia madre che a me per età. Continuò a osservare Charles Berry per un po' e aggiunse: «Gli manca del tutto l'animo generoso che ci si aspetta di trovare in un monarca. Se non potesse vantare una linea di discendenza diretta da Luigi XVI e Maria Antonietta, la buona società non avrebbe tanti riguardi nei suoi confronti». Negli anni della Rivoluzione Francese, quando si era saputo che il figlio di Luigi XVI, nonché suo erede, era morto in prigione, si era sparsa la voce che in realtà il ragazzo fosse riuscito a evadere. Ecco perché, a distanza di quasi un secolo, c'erano ancora delle persone che affermavano di discendere da Luigi Carlo. Charles Berry era solo l'ultimo di una lunga serie, ma la sua versione era talmente dettagliata che aveva convinto gli ultimi Borbone superstiti a riconoscerlo come pronipote del Delfino di Francia. 13


«Non dovreste essere così severa nel giudicarlo» commentò Lady Elinor con un gesto elegante della mano che non era fatto per enfatizzare le sue parole, bensì per mettere in mostra lo splendido rubino che portava al dito. «Ha avuto una vita difficile.» «Lo conoscete bene?» le chiesi. «Ha studiato a Oxford con mio figlio George, ma non frequentavano la stessa cerchia. George è sempre stato molto serio. È tutto suo padre.» Il marito di Lady Elinor, John Routledge – un uomo posato, anche se poco dotato di senso dell'umorismo – aveva lavorato per il governo come Cancelliere dello Scacchiere fino alla morte, avvenuta qualche anno prima. George, molto più grande di sua sorella, aveva ottenuto un posto nei corpi diplomatici ed era di stanza in India da così tanto tempo che a malapena ricordavo il suo volto. «Lasciate che ve lo presenti. Sono sicura che resterete incantate dal fascino di Mr. Berry.» Il gentiluomo in questione si trovava a poca distanza da noi, circondato da giovani ereditiere in cerca di marito. Le madri delle ragazze, a distanza di sicurezza, osservavano la scena come falchi con una preda, tentando di capire quale delle loro figlie ricevesse maggiori attenzioni dal sedicente erede del casato dei Borbone. Mi chiesi se qualcuna di loro si fosse soffermata anche un solo istante a riflettere su cosa avrebbe significato sposare un uomo del genere. Le signore non tentarono in alcun modo di nascondere il fastidio quando Lady Elinor si avvicinò alle figlie e portò via con sé Charles Berry. «Cosa ne pensate di Londra?» gli domandai, dopo le consuete presentazioni. «È una città meravigliosa, ma devo ammettere che Parigi mi manca. Sapete, nutro grandi speranze di riprendere il trono che mi spetta.» 14


«Dite davvero, Monsieur Berry?» gli domandò Cécile, incredula. «Non avevo idea che la Terza Repubblica rischiasse di essere rimpiazzata dalla monarchia.» «La vostra guida sarebbe una benedizione per la Francia» gli assicurò Lady Elinor. «Non è impossibile, vi dico. Naturalmente, non oserei mai tentare una cosa del genere, ma se il popolo dovesse esprimere la sua approvazione...» Lasciò la frase in sospeso e mi guardò, come se stesse valutando quanto valevo. «Voi, Lady Ashton, fareste una figura incantevole in qualunque corte.» «Mi lusingate.» Vidi uno sguardo infastidito balenare negli occhi di Lady Elinor e capii che anche lei era caduta vittima della stessa febbre che affliggeva le altre madri: voleva che sua figlia sposasse un reale. Isabelle era una ragazza molto dolce e quella era la sua seconda Stagione. Non era bella, almeno non nel senso tradizionale del termine, ma aveva grandi occhi luminosi e un sorriso vivace che compensavano ampiamente qualunque imperfezione dei tratti. Confesso che rimasi molto sorpresa nel vedere quanto fosse maturata rispetto all'anno precedente. La bambina che mi seguiva ovunque dopo il mio debutto e che mi implorava di raccontarle com'erano i balli e i ricevimenti era scomparsa. Se ancora conservava le idee romantiche di quando era ragazzina, presto avrebbe ricevuto una cocente delusione, a meno che non fosse riuscita a convincere sua madre che Mr. Berry non era un buon pretendente. Decisi di distogliere l'attenzione da quell'uomo e mi rivolsi alla padrona di casa. «Avete visto Mr. Bingham, oggi pomeriggio?» «È arrivato mezz'ora fa» rispose Lady Elinor. «Ma vi avviso: le buone maniere non sono il suo forte.» «Lo so bene. Possiede una phiale d'argento, il piatto da libagione che gli antichi greci utilizzavano per offrire 15


doni agli dei. Ha delle raffigurazioni splendide: Atena, Ermes, Dioniso e Ares su delle bighe guidate da Nike alate.» «Cos'è una Nike?» mi chiese Lady Elinor. «La vittoria. Forse avete visto anche voi la Nike di Samotracia al Louvre.» «Ah, sì. Davvero... interessante che sappiate tutte queste cose.» «Sono tre mesi che tento di convincere Mr. Bingham a vendermi il piatto, ma non sono ancora riuscita a ottenere una risposta civile da parte sua.» «Siete una collezionista?» mi chiese Mr. Berry. «Il mio defunto marito lo era, ma spesso faceva importanti donazioni al British Museum e io cerco di portare avanti questa sua abitudine. Tuttavia, devo ammettere che non è sempre facile separarmi dagli oggetti che acquisto. In questo caso, però, non ho dubbi: la phiale deve stare in un museo. È troppo bella per lasciarla rinchiusa in casa di un privato. Speravo di convincere Mr. Bingham a effettuare in prima persona la donazione, ma non ha voluto sentire ragioni.» «Che ragazza intelligente!» esclamò Lady Elinor, poi si rivolse a Mr. Berry. «Lady Ashton è una grande studiosa.» «Di certo avrete accantonato i vostri studi, ora che la Stagione è iniziata» osservò lui. «In verità, Mr. Berry, studiare il greco è proprio ciò che mi consentirà di sopportare la Stagione.» Lui replicò con un mezzo grugnito di disapprovazione e Lady Elinor sorrise, certa che etichettarmi come studiosa bastasse a impedire che il gentiluomo si interessasse troppo a me. Io speravo che Lady Elinor avesse ragione. «Parlate quasi come un inglese, Monsieur Berry» disse Cécile. «Mi aspettavo che foste più... francese.» «Ho trascorso gran parte della mia infanzia negli Stati 16


Uniti. Non parlavamo mai francese, nemmeno in casa. Mio padre mi mandò a studiare all'università di Oxford e da allora vivo in Inghilterra. Mio padre era un uomo molto riservato e non ha mai voluto rivelare pubblicamente la sua vera identità. Quando era vivo ho sempre rispettato la sua decisione, ma ora che non c'è più credo sia giunto il momento di rivendicare la mia eredità.» Si avvicinò a Cécile e aggiunse a bassa voce: «Sono profondamente commosso dalla vista dei vostri orecchini. So che appartenevano alla mia arrière-grand-mère». «Proprio così, monsieur. Mi è sembrata una buona idea sfoggiarli il giorno in cui avrei incontrato il pretendente al trono dei Borbone. Marie Antoinette li indossava quando venne arrestata, durante la Rivoluzione.» «Vorrei tanto poterli toccare.» Mr. Berry si avvicinò ancora di più a Cécile e, per un attimo, pensai che avrebbe allungato una mano per sfiorare gli orecchini. Isabelle, che nel frattempo ci aveva raggiunto su richiesta della madre, corrugò la fronte. «Li indossava quando la arrestarono?» chiese. «Non temete che vi portino sfortuna?» «No, affatto» replicò Cécile. «Sono proprio i tipici oggetti che potrebbero portare con sé una maledizione: la tragica sorte di un precedente proprietario che perseguita tutti i successivi possessori» commentò Isabelle in tono drammatico. «Vi assicuro, mademoiselle, che non sono affatto preoccupata» le disse Cécile, scrollando le spalle. «Come li hai ottenuti, Cécile?» le chiesi. «Mio fratello li ha comprati per la sua fidanzata. Purtroppo lei è morta prima delle nozze, così li ha regalati a me.» «È morta prima delle nozze?» ripetei. «È evidente che la povera ragazza è stata vittima della maledizione.» «Oh, nient'affatto. Claudette incominciò a stare male 17


molto prima che Paul le regalasse gli orecchini.» Sebbene Cécile fosse una delle mie più care amiche, questa storia del fratello e le voci secondo le quali i suoi antenati simpatizzassero per la monarchia durante la Rivoluzione erano le uniche notizie che avevo della sua famiglia. Come me, anche Cécile era vedova, ma suo marito era morto da più di trent'anni ormai. Era proprio questo che ci aveva fatto avvicinare all'inizio: non tanto il fatto che entrambe avessimo perso il marito, quanto quello che nessuna delle due avesse sofferto granché per il lutto. «Io esiterei a indossarli» disse Isabelle. «Siete molto coraggiosa.» «Ci vuole ben più di una maledizione a fermare Madame du Lac» commentò Colin Hargreaves, avvicinandosi al nostro gruppo con passo sicuro e un sorriso smagliante sulle labbra. «La vista mi inganna, o Lady Ashton ha davvero abbandonato le bellezze della Grecia per godersi la Stagione?» «Colin!» esclamai, attraversata da un inequivocabile senso di piacere mentre lui mi sfiorava la mano inguantata con le labbra. I nostri occhi si incontrarono e io arrossii. «Nella vostra lettera dicevate di dover restare a Berlino fino alla prossima settimana.» «Ho sbrigato i miei affari più in fretta del previsto. Sono passato a farvi visita a Berkeley Square meno di un'ora fa e il vostro maggiordomo mi ha detto che vi avrei trovato qui. Lady Elinor è stata così gentile da farmi entrare anche senza invito.» Il suo volto era già abbronzato per le numerose cavalcate sotto il sole. «Siete sempre il benvenuto in casa mia, Mr. Hargreaves» dichiarò la nostra ospite, sollevata dal fatto che un altro gentiluomo mi dedicasse tante attenzioni di fronte a Mr. Berry. «Conoscete già Mr. Berry?» «Sì, milady, abbiamo trascorso un po' di tempo in18


sieme sul Continente giusto la scorsa primavera.» Rimasi molto sorpresa dalla sua risposta. In tutte le lettere che mi aveva mandato negli ultimi mesi, Colin non aveva mai nominato Mr. Berry, che, peraltro, non mi sembrava un tipo d'uomo di cui Colin potesse apprezzare la compagnia. «Lady Elinor, potreste mostrarmi dove si trova il punch di vino rosso?» domandò Cécile con un sorriso sornione. «Volete che ve ne porti un bicchiere, Madame du Lac?» si offrì Colin. «Non, merci, Monsieur Hargreaves. Vanificherebbe del tutto il mio intento» disse Cécile, dandogli qualche colpetto affettuoso con il ventaglio, poi si rivolse a Mr. Berry. «E voi, signore, venite con me. Vorrei sapere di più sui vostri progetti per la Francia.» Isabelle esitò, ma la madre le lanciò un'occhiata eloquente che la convinse a seguire il resto del gruppo. «Non potrò mai ringraziare abbastanza Cécile per la determinazione con cui insiste a lasciarmi da solo con voi» commentò Colin, baciandomi di nuovo la mano, non appena gli altri si furono allontanati. «Tuttavia preferirei incontrarvi in privato. Vorrei tanto stringervi tra le braccia.» «Non osereste mai fare una cosa del genere» ribattei, anche se un po' speravo che lo facesse. La mia mano era ancora calda nel punto in cui le sue labbra mi avevano toccato. «Ma immagino sia meglio non scatenare uno scandalo a Stagione appena cominciata. Siete libero stasera per cena?» «Purtroppo no, ho già un impegno.» «Un impegno?» «Sono uno scapolo molto ambito, Emily. Vi avviso fin d'ora che la mia agenda sarà fitta di eventi nei prossimi mesi.» 19


«Be', voglio sperare che prima di chiedere la mano a una delle numerose debuttanti che cadranno ai vostri piedi vi fermerete a considerare i miei sentimenti. Sarei persa se vi rifiutaste di aiutarmi con lo studio del greco.» «Molto gentile da parte vostra trovarmi un'occupazione utile» scherzò lui, stringendomi la mano. «In realtà stasera non potrò unirmi a voi perché ho un impegno di lavoro.» «Qualcosa che potrebbe interessarmi?» chiesi. Colin veniva spesso incaricato da Buckingham Palace di indagare in faccende che, per dirlo con parole sue, richiedevano molta discrezione. «Assolutamente no.» Mi prese per mano e, senza aggiungere altro, mi condusse con una certa decisione in un angolo isolato del giardino dove, pur non avendo l'intimità della mia biblioteca, potemmo salutarci in maniera più soddisfacente. Avrei preferito trascorrere la serata in compagnia di Colin, ma dato che non era possibile mi dedicai alla traduzione di qualche passo dell'Odissea di Omero. Portai tutto il materiale a letto e lì continuai a leggere finché non mi assopii. Mi risvegliai molto prima dell'alba, infastidita dalla copertina rigida del libro che mi premeva contro la schiena. Mi tirai su, radunai tutti i miei fogli, ora stropicciati, e li appoggiai sul comodino. Mentre sistemavo il poema di Omero sopra i miei appunti, vidi qualcosa muoversi vicino alla parete opposta al mio letto. Esitai qualche istante, poi mi alzai silenziosamente e andai verso quel punto per capire cosa fosse stato, ma era troppo tardi. Non c'era più niente lì. Avrei pensato che fosse stato un sogno se, subito dopo, non avessi visto le tende ondeggiare. Le spalancai di colpo, quasi certa che avrei trovato qualcuno nascosto lì dietro, inve20


ce c'era solo la finestra. Ero sicura di averla chiusa prima di andare a dormire, ma ora era aperta e la pioggia entrava nella stanza. Mi affrettai ad accendere tutte le lampade della mia camera, seguita da ombre fugaci che mi spaventavano a morte ogni qualvolta ne notavo una. Era piena estate, eppure provavo uno strano senso di freddo che non voleva andarsene. Le tende di seta erano zuppe di acqua e rovinate, ma, a parte questo, sembrava tutto in ordine. Malgrado ciò, suonai la campanella per chiamare il maggiordomo e attraversai il corridoio per raggiungere la stanza in cui dormiva Cécile. Ero convinta di aver avuto una reazione eccessiva finché Cécile non aprì i suoi cofanetti portagioie. I lucchetti erano stati forzati, ma, fra tutti gli splendidi gioielli che i cofanetti contenevano, mancavano solo gli orecchini di diamanti a goccia appartenuti a Maria Antonietta, gli stessi che la mia amica aveva indossato quel pomeriggio. Davis, il mio maggiordomo, mandò a chiamare la polizia e le ricerche confermarono ciò che avevo sospettato immediatamente quando avevo visto i cofanetti portagioie di Cécile: non era stato rubato niente, a parte gli orecchini. Gli inestimabili reperti antichi esposti nella mia biblioteca, i preziosi dipinti dei grandi maestri del passato che ornavano le pareti della mia residenza e i miei gioielli erano ancora tutti al loro posto. Non era scomparsa nemmeno la collana di diamanti e smeraldi da duecento carati che Cécile teneva accanto agli orecchini rubati. Evidentemente il ladro sapeva bene che cosa voleva. «Fatico ad arrabbiarmi con qualcuno che dimostra tanto buongusto» commentò Cécile, mentre facevamo colazione. «È chiaro che non ha agito per avidità.» «È un vero peccato che i tuoi cani non abbiano abbaiato per avvertirci della presenza di un intruso.» Céci21


le si era rifiutata di lasciare la sua casa, a Parigi, senza i suoi adorati cagnolini. Non sarebbe mai venuta a trovarmi a Londra se non avessi acconsentito a ospitare anche le due bestiole. Cesare e Bruto erano due animaletti piccoli, più inclini a scappare di fronte a un gatto che ad abbaiare a un ladro. «Se mi fossi svegliata prima, forse lo avrei visto» dissi, accigliata. La polizia aveva trovato delle orme in giardino, proprio sotto la mia stanza e, sebbene la pioggia avesse lavato via qualunque tratto distintivo, gli agenti avevano stabilito con certezza che il delinquente si era introdotto in casa passando dalla finestra della mia camera. Davis era rimasto piuttosto turbato da questa scoperta e aveva rimproverato tutto il personale, assicurandomi che avrebbe controllato personalmente ogni singola serratura della residenza tutte le sere. In realtà io non ce l'avevo con nessuno per quanto era accaduto. Se quella sera non avesse piovuto, avrei dato istruzioni alla mia cameriera di lasciare la finestra aperta e lo dissi subito a Colin, che arrivò mentre io e Cécile stavamo ancora facendo colazione. «Sarà meglio tenere le finestre ben chiuse e bloccate, in futuro. Sono davvero sollevato di trovarvi entrambe illese dopo quanto è accaduto. Mi spiace avervi disturbato a un'ora così inopportuna, ma ero preoccupato per voi.» Cécile sorrise. «Ho sempre desiderato fare colazione con voi, Monsieur Hargreaves. Vi assicuro che stiamo bene entrambe, ma sospetto che se foste rimasto a cena con noi, ieri sera, i miei orecchini non sarebbero scomparsi. Davvero un peccato che aveste altri programmi per la serata.» «Se anche fossi passato da voi, ieri sera, non mi sarei comunque trattenuto qui fino a un'ora tanto tarda.» Cécile mi guardò insistentemente. «Questo, naturalmente, non spetta a me dirlo» ribatté. 22


«Come avete saputo del furto?» gli domandai. «Me l'ha riferito un amico che lavora per Scotland Yard.» «E vi occuperete voi delle indagini?» «No, Emily. Non sono un investigatore.» «Siamo davvero sfortunate, Monsieur Hargreaves» commentò Cécile. «Eppure è un caso piuttosto strano» aggiunse Colin. «Tre settimane fa qualcuno si è introdotto in casa di Lord Grantham per rubare solamente una scatola di porcellana di Limoges. La settimana seguente è scomparso un calamaio d'oro dalla residenza di Mrs. Blanche Wilmot. Entrambi gli oggetti sono appartenuti a Maria Antonietta.» «Nutro grandi speranze per il nostro ladro, Monsieur Hargreaves» disse Cécile. «Non è facile incontrare un uomo con le idee tanto chiare.» «Non c'è ragione di temere che si introduca di nuovo in questa casa, a meno che una di voi non possieda altri oggetti appartenuti alla sventurata regina.» «No, nessuno, perciò dovremmo essere al sicuro» dissi, sfregandomi le tempie con la punta delle dita, assalita da un improvviso senso di stanchezza. «Devo ammettere che sono un po' provata dall'accaduto.» «Incaricherò l'ispettore Manning, che si occupa del caso, di far pattugliare i dintorni della vostra casa. Non avete di che preoccuparvi.» «Non conosco l'ispettore, ma voi, Monsieur Hargreaves, mi ispirate grande fiducia» commentò Cécile. «Sono nelle vostre mani.» Gli diede qualche colpetto amichevole sul braccio mentre gli passava accanto. «Non trattenete troppo a lungo Kallista, per favore.» Cécile non aveva perso l'abitudine di utilizzare il nomignolo che il mio defunto marito aveva inventato per me. «Sembra che i guai non vogliano proprio lasciarvi» 23


disse Colin, accettando la tazza di tè che gli porgevo. «È Cécile la sfortunata. Io non ho mai posseduto oggetti appartenuti a Maria Antonietta.» «Ne sono felice.» Un lampo guizzò nei suoi occhi scuri. «Se penso che quel criminale è entrato nella vostra stanza... Sarei dovuto venire da voi ieri sera.» «Il commento di Cécile non era un rimprovero. Voleva soltanto indurmi a considerare la possibilità che vi tratteneste con me fino a tarda ora. Fa del suo meglio per corrompermi in tal senso.» «Le sarò eternamente grato per questo.» «Ed è giusto così.» «E voi, invece, avete davvero considerato la possibilità di trattenervi con me fino a tarda ora?» «Sì, l'ho fatto e ho trovato l'idea di mio gradimento.» I nostri occhi si incontrarono. Di colpo tutta la stanchezza svanì mentre l'angoscia per la violazione subita veniva sostituita da un piacevole senso di calore. «Forse dopo la Stagione potreste venire in Grecia con me.» Avevo trascorso gran parte della primavera a esplorare la Grecia, utilizzando la villa che avevo ereditato da Philip come punto di partenza. «Viaggiare insieme da soli sarebbe oltremodo sconveniente.» «Credevo che approvaste la mia disponibilità a lasciarmi corrompere.» «Oh, la approvo con tutto il cuore, ma non voglio che arriviate a tanto.» Si alzò, venne da me e mi prese le mani. Io chiusi gli occhi, in trepida attesa del suo bacio, ma proprio in quel momento Davis entrò nella stanza, per portarmi la posta del mattino su un piccolo vassoio d'argento. Colin si accontentò di darmi un piccolo bacio sul dorso della mano e tornò al suo posto. Feci del mio meglio per nascondere il disappunto e mi concentrai sulle buste chiuse che avevo di fronte. Durante la Stagione 24


si ricevevano quotidianamente inviti a due o tre balli e ad altrettante cene, per non parlare dei tè, delle feste in giardino e dei pranzi, tanto che spesso capitava di sentirsi sopraffatti dalla mole di impegni da gestire. Senza considerare poi eventi come le corse dei cavalli – in particolare il Derby di Epsom o la Royal Ascot – o la grande mostra estiva alla Royal Academy, ai quali era assolutamente vietato mancare. Passai in rassegna la pila di inviti per verificare che non ci fossero lettere personali. «Notizie interessanti?» mi domandò Colin. «Lo ritengo improbabile, a meno che voi non mi abbiate spedito qualcosa.» Gettai immediatamente un biglietto di mia madre, certa che mi avesse scritto solo per rimproverarmi di aver rifiutato l'invito della sua cara amica Lady Elliott al suo ricevimento in onore di Charles Berry. Sebbene il mio matrimonio con un visconte avesse reso molto felice mia madre – soprattutto perché la famiglia di Philip era imparentata con la famiglia reale fin dai tempi della Regina Elisabetta – in quel periodo aveva ricominciato a interessarsi alla mia vita privata. Dato che ero appena uscita dal lutto, mia madre aveva ripreso a sperare che sposassi un reale. Di colpo vidi una busta che attirò la mia attenzione. Non c'erano francobolli, perciò era stata consegnata a mano. All'interno c'era un breve passo, scritto in greco antico: ῞Αδιον οὐδὲν ἔρωτος ἃ δ' ὄλβια δεύτερα πάντα ἐστίν «Me lo avete mandato voi?» chiesi a Colin, porgendogli il biglietto. «Purtroppo no, anche se vorrei che fosse così. Condivido pienamente i sentimenti di chi lo ha scritto.» «Vi dispiace tradurlo per me, allora? Temo proprio di non riuscirci senza il mio Lexicon» gli confessai. 25


«Niente è più dolce dell'amore e tutti gli altri piaceri a esso son secondi. È tratto da L'antologia greca. Forse il vostro insegnante è caduto vittima del vostro fascino irresistibile.» «Chi, Mr. Moore?» chiesi, ridendo. «È piuttosto improbabile. Se prova qualcosa per me, è solo collera per la mia insistenza a voler leggere solo Omero. Forse, però, dovrei riconsiderare la mia opinione ora che so quanto è... poetica L'antologia greca.» «Contiene epigrammi di vario genere molto interessanti. Potreste studiarli.» «Mr. Moore ne sarebbe entusiasta.» «Avete qualche idea su chi potrebbe essere il mittente?» «Purtroppo no.» «Devo essere geloso?» «Ovviamente no. Forse nemmeno voi riuscirete mai a convincermi a risposarmi, perciò questo ammiratore anonimo, chiunque egli sia, non ha alcuna speranza di conquistarmi.» «Oh, vi convincerò eccome, Emily. Non dubitate. Tra un anno al massimo faremo colazione insieme ogni giorno, e non in sala da pranzo.»

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Il duca dissoluto LORRAINE HEATH Londra, 1851 - Dopo essere emerso dalla dura infanzia nei bassifondi Jack Dodger è diventato proprietario del club più esclusivo di Londra. Così, il fatto che venga nominato erede di tutti i beni del Duca di Lovingdon getta nella disperazione la giovane vedova, Olivia. Il disprezzo della duchessa però non ha scampo di fronte al fascino pericoloso di Jack...

La stagione dei veleni TASHA ALEXANDER Inghilterra, 1891 - A Stagione appena iniziata Lady Emily Ashton si trova ancora al centro di un mistero e decide di risolvere il caso, indagando sui numerosi personaggi coinvolti. Costretta a districarsi tra scandali e maldicenze, potrà però contare sul sostegno del fedele amico e pretendente Colin, più che mai determinato a conquistare il suo cuore.

La scelta di Mary Cynster STEPHANIE LAURENS Inghilterra, 1837 - Mary ha atteso anni l'opportunità di trovare il vero amore, com'è tradizione in casa Cynster, e sa esattamente il tipo d'uomo che vuole, e non è certo qualcuno come il selvaggio, intrattabile e peccaminosamente seducente Ryder Cavanaugh. E la sfida tra i due entusiasma l'intero ton londinese per i suoi esiti imprevedibili...

Un affascinante gentiluomo CANDACE CAMP Inghilterra, 1824 - Eve Hawthorne, vedova e senza un soldo, accetta di diventare chaperon di quattro esuberanti fanciulle americane. Decisione che vacilla nel momento in cui rischia di perdere la testa per l'affascinante Fitzhugh Talbot. Preoccupata per la propria reputazione, Eve cerca disperatamente di dimostrarsi posata e affidabile, ma la passione...


Tra le braccia di un duca LORRAINE HEATH Londra, 1851 - Dopo la difficile infanzia trascorsa nei bassifondi di Londra, Frannie Darling si dedica ai bambini abbandonati. Non cerca l'amore e fa il possibile per passare inosservata, eppure, a una festa di nozze, qualcuno la nota. Turbata dallo sguardo insistente di Sterling Mabry, Duca di Greystone, Frannie si presenta al gentiluomo... e a quel punto tutto cambia. Per la prima volta nella vita, infatti, prova un'attrazione irresistibile e lo stesso vale per Sterling, anche se lui la vorrebbe solo come amante, non certo come sposa. Frannie, però, detesta gli aristocratici arroganti interessati soltanto al proprio piacere... Ma allora perché il pensiero di una relazione clandestina con il diabolico duca la lascia tremante di desiderio?

Lezioni di ballo e prove di seduzione VICKY DREILING Londra, 1822 - Harry Norcliffe non ha mai voluto ereditare il titolo di Duca di Granfield. Per lui la rigidità del ton, nonché le pressioni incessanti di sua madre perché sposi una fanciulla di alto lignaggio e dia un erede al casato sono una scocciatura tremenda. Così, quando lei gli chiede anche di partecipare a una gara di ballo, Harry si rifiuta categoricamente. Finché Lucy, graziosa cameriera e seducente insegnante di danza, non gli fa cambiare idea! Ma se la maggior parte delle donne sarebbe al settimo cielo per avere suscitato l'interesse di un aristocratico ricco e terribilmente affascinante, lei invece non ha alcuna intenzione di compromettere la propria reputazione. Harry però ha un asso nella manica che potrebbe cambiare per sempre la vita della bellissima giovane...

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Una bottiglia di whisky dal nastro rosso racchiude molto di più di un ottimo liquore. Lo sa bene Paris Maddox, ultima discendente della famiglia che ha prodotto quella bottiglia… ecco perché la rivuole indietro. Lo sa anche Cooper McQueen che ha pagato un milione di dollari per averla e vi rinuncerà ad una sola condizione: conoscere ogni oscuro segreto del passato dei Maddox.

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QUELLO CHE LE LETTRICI VOGLIONO. Questo mese per voi...

Nora Roberts, un fenomeno editoriale da oltre 400 milioni di copie vendute. ESSERE UNO STANISLASKI COMPORTA REGOLE PRECISE. RESPONSABILITÀ, PRESTIGIO, ORGOGLIO… E SE L’AMORE TI COSTRINGESSE A INFRANGERLE TUTTE? “Tra i migliori romanzi di Nora Roberts.” Amazon Reviews

TALVOLTA CI TROVIAMO DI FRONTE A SCELTE DIFFICILI. MA NIENTE È INSUPERABILE E L’AMORE È DIETRO L’ANGOLO. “Un romanzo denso di emozioni. Gioia pura” Goodreads Reviews

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