La strada per Sunshine Cove di RaeAnne Thayne

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ROMANCE


RAEANNE THAYNE

La strada per Sunshine Cove


Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: The Path To Sunshine Cove HQN Books © 2021 Raeanne Thayne Llc Traduzione di Gabriella Parisi Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved. © 2022 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione Harmony Romance febbraio 2022 HARMONY ROMANCE ISSN 1970 - 9943 Periodico mensile n. 284 del 10/02/2022 Direttore responsabile: Sabrina Annoni Registrazione Tribunale di Milano n. 72 dello 06/02/2007 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distribuzione canale Edicole Italia: m-dis Distribuzione Media S.p.A. Via Carlo Cazzaniga, 19 - 20132 Milano HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano


Dedica

Sebbene la vita di una scrittrice possa sembrare solitaria, una lotta per portare sulla pagina i personaggi che ha nella mente, la realtà è molto diversa. Questo libro non avrebbe potuto esistere senza un'intera squadra. Come sempre, un immenso grazie alla mia incredibile editor, Gail Chasan. Ormai abbiamo lavorato insieme su sessantuno libri, e spero ce ne siano altri sessantuno! Tutti alla Harlequin lavorano con grandissimo impegno per portare il mio libro nelle mani dei lettori e io sono profondamente grata a ciascuna delle persone che hanno lavorato su questo libro, dal reparto grafico all'équipe commerciale e a tutto il dipartimento editoriale. Grazie anche alla mia agente, Karen Solem, per la sua sagacia e i suoi consigli in tutti questi anni. Per questo libro in particolare, ho un enorme debito di gratitudine verso le mie amiche e colleghe cospiratrici da spiaggia, Marina Adair, Skye Jordan e Jill Shalvis, che mi hanno aiutata a dar forma alla mia idea nebulosa perché diventasse qualcosa con uno scheletro e soprattutto con un cuore. Mi mancano moltissimo le risate, la creatività e il croccante alle arachidi, e non vedo l'ora che ci incontriamo di nuovo. Non avrei potuto scrivere questo libro senza la mia famiglia, soprattutto senza il mio meraviglioso eroe: mio marito Jared, che da trentacinque anni è il mio più grande sostenitore e capo della tifoseria. Ti amo immensamente.


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Jess Se non fosse stato per tutto il bagaglio emozionale che ingombrava la sua Airstream, quello sarebbe stato un posto tutt'altro che malvagio per parcheggiare la roulotte per qualche giorno. Mentre guidava per le strade tranquille di Cape Sanctuary in un bel pomeriggio di maggio, Jess Clayton non poté fare a meno di lasciarsi affascinare ancora una volta dalle vibrazioni della cittadina balneare del nord della California. Ci era già stata in precedenza, era evidente. Diverse volte. Sua sorella viveva proprio lì, lungo quella strada, in un grande cottage a due piani con i tetti spioventi, un bovindo e un giardino lussureggiante di fiori. Rachel amava quel posto. Ogni volta che Jess arrivava in città ne ricordava il motivo. Cosa c'era da non amare? Cape Sanctuary era una cittadina definita da case estrose, giardini rigogliosi, campane a vento e galleggianti da pesca giapponesi. E, naturalmente, dallo splendido litorale caratterizzato da sequoie, formazioni rocciose, scogliere. Jess passò da Juniper Way, la via di sua sorella, ma non si fermò. Non ancora. Avrebbe visto presto Rachel, Cody e i ragazzi, dopo essersi sistemata. Loro non erano l'unico motivo per cui si trovava lì, dopotutto. Non vedeva spesso i suoi nipoti, due femmine e un maschio; solo in occasione di rare vacanze e dei compleanni per cui riusciva a organizzare una visita. Quando una potenziale 7


cliente l'aveva contattata dalla città di Rachel e della sua famiglia, Jess l'aveva considerata come un'occasione d'oro per trascorrere più tempo con i ragazzi. E con sua sorella, naturalmente. Sospirò mentre si avvicinava alla sua destinazione, Sunshine Cove, che distava ancora un chilometro, secondo quanto diceva il navigatore. Rachel era la ragione per cui si portava dietro tutto quel bagaglio. Jess amava moltissimo la sorella minore, ma la loro relazione era come un confuso intrico di cavi elettrici, di cui alcuni erano ancora carichi e facevano scintille. Sarebbe rimasta a Cape Sanctuary per due settimane per svolgere quel lavoro. Forse avrebbe avuto infine l'opportunità di sistemare le cose con Rachel e raggiungere una forma di pace. La strada si fece ripida, con una salita attraverso una schiera di sequoie e di pini marittimi, con case nascoste qua e là prima che la vista dell'oceano si aprisse ancora una volta. Arrivo tra centocinquanta metri. La tua destinazione è sulla destra. Seaview Road, 2135. Non poteva discutere con Siri in quel caso. Il panorama era spettacolare. Il Pacifico scintillava alla luce pomeridiana, con solo alcune nuvole leggere sulla linea dell'orizzonte. Svoltò alla cassetta delle lettere a forma di orca che Eleanor Whitaker le aveva detto di cercare. Oltre altri pini marittimi, riuscì a scorgere la casa. La riconobbe dalle foto che la sua cliente le aveva mandato. A un solo piano, in pietra e legno di cedro, l'edificio sembrava essere spuntato già tutto formato dal paesaggio. Sapeva che la casa era più grande di cinquecento metri quadrati, costruita a cavallo del secolo da una facoltosa famiglia di allevatori e proprietari di strutture ricettive nella zona. Disponeva di sette camere e otto bagni, che Jess avrebbe avuto modo di conoscere bene nel corso delle due settimane seguenti. Dalla foto che Eleanor le aveva mandato, Jess sapeva benissimo che Whitaker House era bella. Elegante. Confortevole. Accogliente. 8


Il genere di posto in cui Jess aveva sognato di vivere un tempo, libera da urla, caos, dolore. Riuscì a vedere, nascosta tra gli alberi che sovrastavano l'oceano, una casa più piccola sulla proprietà, che era quasi una miniatura della casa grande, con lo stesso esterno di legno di cedro e di pietra, e anche le stesse finestre che splendevano al sole pomeridiano. Un grosso pickup blu scuro era parcheggiato lì davanti, ma Jess non vide nessuno nei dintorni. Accostò il proprio veicolo su un lato del vialetto nel caso qualcuno avesse avuto bisogno di percorrerlo per entrare o per uscire, poi andò alla ricerca di un posto in cui potersi sganciare. Dalla conversazione che avevano avuto al telefono quella mattina mentre guidava, sapeva che Eleanor non ci sarebbe stata, perché aveva portato la nipote adolescente in una città vicina all'appuntamento con un ortodontista e poi a guardare un film che entrambe volevano vedere. Fa' come se fossi a casa tua e sistemati dove credi sia più opportuno, le aveva detto Eleanor. Mentre ispezionava la proprietà, trovò subito un punto a cento metri dalla casa che le avrebbe dato la perfetta vista sul mare, quasi come se fosse stato creato proprio per i sette metri e mezzo della sua Airstream del 1993, che la socia di Jess aveva soprannominato con affetto Vera. Quel lavoro era nel suo destino. Aveva già legato con Eleanor Whitaker durante settimane di corrispondenza via email o per telefono. Quel panorama suggellava l'accordo. Ogni giorno, finito il lavoro, sarebbe andata a dormire al suono dell'oceano. Salì di nuovo sul pickup e andò a marcia indietro con la roulotte con l'agevolezza di una lunga pratica. Alcune persone avevano difficoltà con i rimorchi, ma per Jess non era così. I sette anni che aveva trascorso a fare da conducente per l'esercito le erano stati molto utili. Quando l'Airstream fu posizionata in un buon punto, balzò giù e stava raggiungendo il retro del pickup per prendere i cunei quando una voce maschile arrabbiata la raggiunse dall'altra parte del prato ben curato. 9


«Ehi. Questa è una proprietà privata. Non può parcheggiare qui!» Jess avvolse per istinto la mano attorno alla zeppa. Voci maschili arrabbiate risvegliavano sempre la principessa guerriera che era in lei. Poteva attribuirne la colpa sia alla sua infanzia che agli anni nell'esercito quando doveva stare faccia a faccia con persone che pesavano il doppio di lei ed erano trenta centimetri più alte. La zeppa era pesante e avrebbe potuto fare un gran danno nelle mani giuste. Le sue. «Ho il permesso di stare qui» dichiarò con voce fredda ma gentile. L'uomo aggrottò la fronte. «Il permesso? È impossibile.» «Le assicuro che non lo è.» «Questa è la proprietà di mia madre. Me l'avrebbe detto se avesse dato a qualcuno il permesso di accamparsi qui.» Ah, quello doveva essere Nathaniel Whitaker, il figlio di Eleanor. La sua cliente aveva menzionato che abitava in un'altra casa sulla proprietà e che sarebbe entrato e uscito mentre Jess faceva il proprio lavoro. Eleanor non gli aveva detto che Jess stava arrivando? La donna allentò la presa sulla zeppa ma non la lasciò andare. «Lei deve essere Nathaniel. Eleanor mi ha parlato di lei.» Le sue parole non fecero alcun effetto sull'atteggiamento dell'uomo. Semmai, peggiorarono il suo sguardo torvo, tanto che il suo cipiglio adesso era venato di confusione per il fatto che lei conoscesse il suo nome. Malgrado quell'espressione irritata, Jess non poté fare a meno di notare che lui era un uomo dall'aspetto straordinariamente attraente. Eleanor non aveva detto che il figlio aveva capelli scuri, tempestosi occhi azzurri e una mascella squadrata. O che la sua T-shirt verde con un logo sulla tasca sinistra che diceva Whitaker Costruzioni gli aderisse ai muscoli. Jess trovò molto sconveniente che Nathaniel Whitaker avesse tutte le caratteristiche a lei gradite. 10


«Chi è lei?» domandò lui. «E come conosce mia madre?» Ah. La situazione si faceva complicata. Eleanor era una sua cliente. Doveva aver avuto le proprie ragioni per non dire al figlio che Jess stava arrivando. Lei si sentì obbligata a onorare quelle ragioni. Fino a quando non avesse potuto parlare con la donna, Jess non riteneva opportuno fornirgli informazioni in più rispetto a quelle che gli aveva dato la madre. «Il mio nome è Jess Clayton. Sua madre sa che avevo in programma di arrivare oggi. Ho il suo permesso di sistemarmi dove preferisco. Ho pensato che qui sarebbe andato bene.» Benissimo, in effetti. Più si guardava attorno, più le piaceva. Un viottolo serpeggiante che scendeva verso l'oceano cominciava pochi metri più in là, conducendo in quella che appariva come una caletta nascosta. «Sistemarsi per cosa? Perché è qui?» «Dovrebbe proprio chiedere a sua madre» rispose Jess. Sarebbe stato molto meglio se avesse udito la spiegazione da Eleanor. «Ho cercato di chiamarla quando l'ho vista entrare. Non mi risponde.» «È probabile che si trovi nel bel mezzo del film. Mi ha detto che lei e Sophie sarebbero andate a uno spettacolo mattutino dopo l'ortodontista.» Se credeva che quell'ulteriore informazione sulla famiglia potesse tranquillizzare Nate, si sbagliava di grosso. «Come diavolo fa a sapere che mia figlia aveva appuntamento dal dentista?» «Me l'ha detto sua madre.» «È strano quante cose le abbia detto mia madre. Le parlo diverse volte al giorno, ogni giorno, e non mi ha detto una sola parola riguardo a una donna sconosciuta con una roulotte che doveva accamparsi in giardino. Ancora una volta, mi vuole dire cosa ci fa qui?» Jess avrebbe voluto finire di sistemare la roulotte in modo da potersi sganciare e andare in città a fare provviste. Preferiva non impegnarsi in un confronto con uno sconosciuto – per quanto incredibilmente attraente – che non aveva bisogno di 11


conoscere ogni singolo dettaglio della vita di sua madre. Perché Eleanor non gli aveva ancora detto nulla? Di certo non avrebbe potuto mantenere a lungo il segreto sulle loro attività. Ma non stava a Jess essere colei che vuotava il sacco. «Temo che questa sia una questione tra me e sua madre. Lei dovrebbe proprio porre questa domanda a lei se vuole una risposta.» «Mi dispiace, signora, ma non è sufficiente. In questo preciso momento, lei sta commettendo una violazione di domicilio. Se non porta via questo coso, chiamerò la polizia. Il comandante è un mio buon amico.» «Sì, lo so.» Conclusa la discussione, Jess si chinò per incuneare la zeppa dietro la ruota del passeggero. «Gioca a poker con lui ogni venerdì sera. Me l'ha detto sua madre.» «Cos'altro le ha detto?» Era passato dal sospetto a una completa ostilità. Probabilmente Jess non avrebbe dovuto dire nulla del poker. Di sicuro lei non avrebbe voluto che qualcuno che non conosceva ficcasse il naso nei suoi affari. Se lui non fosse stato così dannatamente affascinante, lei sarebbe riuscita a gestire meglio la faccenda. Si costrinse a sorridere, tentando una tattica diversa. «Le assicuro, Eleanor sapeva che sarei arrivata, come ho riferito. Mi ha detto di sistemarmi e di mettermi comoda finché non arriva a casa. Può cercare di chiamarla di nuovo.» O può accettare che io stia dicendo la verità e lasciarmi in pace. Ho guidato per ore. Sono stanca e affamata e vorrei farmi un sandwich, cosa che non posso fare se lei resta lì come un buttafuori di un nightclub nella zona più malfamata della città. «Ci ho provato diverse volte. Non mi risponde. È probabile che lei abbia ragione, deve aver messo il telefono sul silenzioso.» «Senta, quando Eleanor e Sophie torneranno dal cinema, lei potrà dirle cosa sta succedendo. Fino ad allora, mi piacerebbe davvero finire di sistemarmi qui.» «A prescindere da quello che dico io?» Jess non voleva sfidarlo, ma aveva proprio fame. 12


«Questa è casa di sua madre e lei mi ha invitata qui» gli disse con gran semplicità. «Sarà facile dimostrarlo non appena Eleanor rientrerà. Se le sto mentendo per qualche motivo sconosciuto e sono riuscita ad avere delle felici intuizioni riguardo a sua madre e a una figlia di nome Sophie che aveva appuntamento dall'ortodontista quest'oggi, lei e l'intera polizia di Cape Sanctuary potrete sbattermi fuori.» L'uomo non sembrò affatto placato, l'espressione ancora sospettosa. Jess non poteva certo biasimarlo. Stava cercando di proteggere coloro che amava. Lei avrebbe probabilmente fatto la stessa cosa al suo posto. «Gradirebbe un sandwich? Faccio un pessimo panino al burro d'arachidi e marmellata» gli disse, tentando un'altra tattica. Per la prima volta, Jess vide un bagliore di sorpresa nel suo sguardo, come se quasi non credesse che lei avesse l'audacia di porgli quella domanda. «No, non gradirei un sandwich.» «Come preferisce. Io ho già avuto una lunga giornata e sono pronta a mettere qualcosa sotto i denti. E devo vedere come è sopravvissuta Vera al viaggio.» Come si era aspettata, il suo cipiglio aumentò. «Chi è Vera?» Jess colpì la superficie dell'Airstream. «È stato, ehm... un piacere conoscerla, Nathaniel.» «Nate» bofonchiò lui. «Solo mia madre mi chiama Nathaniel.» «Nate, allora.» Jess annuì e senza aspettare che lui obiettasse, scivolò all'interno della roulotte e chiuse la porta dietro di sé. Le tende erano ancora chiuse per il viaggio e la donna non voleva aprirle al sole pomeridiano per il momento. Non quando Nate Whitaker poteva essere ancora in agguato lì fuori. Invece, sprofondò nel sofà che fungeva da ufficio, sala da pranzo e spazio per gli ospiti, sorpresa e turbata di scoprire che le tremavano le mani. Cosa le era preso? Provò un familiare prurito tra le scapole 13


e sentì il piccolo schianto dell'adrenalina che scendeva. Nate Whitaker non era una minaccia per lei. Sì, poteva essere arrabbiato in quel momento ma non le avrebbe fatto del male. Sentiva che sua madre era già una vecchia e cara amica per lei. Di sicuro Eleanor non poteva avere un figlio incline alla violenza arbitraria. L'istinto le diceva che lui non le avrebbe fatto male in senso fisico, ma Jess aveva ancora la strana sensazione che Nate costituisse una sorta di pericolo per lei. Ah, bene. Era probabile che non avrebbe avuto molto a che fare con quell'uomo. Era lì per aiutare Eleanor, non per fraternizzare con la sua splendida prole. Doveva solo assicurarsi di non perdere di vista i due obiettivi gemelli che aveva lì a Cape Sanctuary – trascorrere del tempo con la famiglia di sua sorella e aiutare la sua cliente – e sarebbe andato tutto bene.

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Dal 23 aprile


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