Nicola Cornick
La vita scandalosa di una lady
Titoli originali delle edizioni in lingua inglese: Notorious Desired Forbidden HQN Books © 2011 Nicola Cornick © 2011 Nicola Cornick © 2012 Nicola Cornick Traduzioni di Anna Polo Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved. © 2013 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione I Grandi Romanzi Storici Special gennaio 2013 maggio 2013 settembre 2013 Questa edizione Harmony Special Saga dicembre 2017 HARMONY SPECIAL SAGA ISSN 1825 - 5248 Periodico bimestrale n. 104 dello 06/12/2017 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 332 del 02/05/2005 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Mondadori, 1 - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 045.8884400 HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano
Sommario
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La dama dello scandalo
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Il marito ideale
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L'educazione di una contessa
La dama dello scandalo
1 Chi non brucia di desiderio appassisce. Proverbio del XVII secolo A ventisette anni James Devlin si era conquistato tutto ciò che aveva sempre voluto: un'ottima posizione sociale, una fidanzata ricca e bella e un titolo nobiliare. Eppure la notte in cui l'ex moglie rientrò nella sua vita dopo nove anni di assenza era terribilmente annoiato, quanto poteva esserlo un gentiluomo a un ballo al culmine della stagione mondana londinese. Era un'altra notte di munifici eccessi e vacui divertimenti. Il Duca e la Duchessa di Alton davano i migliori ricevimenti della buona società, sempre sfarzosi, raffinati ed esclusivi. Per Dev era anche un'altra notte in cui doveva portare una limonata a Emma quando aveva sete, cercarle il ventaglio quando lo perdeva e adularne la madre, che non lo sopportava e forse non conosceva nemmeno il suo nome, nonostante fosse fidanzato con la figlia da tre anni. Un tempo Dev aveva dovuto affrontare gli elementi scatenati sul ponte di una nave spazzato dalla pioggia, arrampicarsi sulle sartie e lottare per la vita. Ogni giorno portava nuovi pericoli e nuove sfide eccitanti. Erano passati solo pochi anni, eppure sembravano secoli. In quei giorni non faceva nulla di più pericoloso del controllare la piega della giacca e passare a Emma la borsetta a reticella. «Geloso, Dev?» Sua sorella Francesca gli posò una mano sul braccio e lui si rese conto del cipiglio con cui seguiva i volteggi della fidanzata, impegnata a ballare con il cugino Frederick Wal9
ters. Chessie non era l'unica ad aver osservato la sua espressione corrucciata: Dev non poté fare a meno di notare gli sguardi furtivi e il malcelato divertimento degli altri invitati. Tutti lo ritenevano un tipo possessivo, che non apprezzava le attenzioni della fidanzata verso altri uomini. Se fosse stato geloso avrebbe passato le sue giornate a duellare, ma per questo avrebbe dovuto tenere a lei. E Dev aveva capito da tempo che non gli importava nulla, se anche Emma si fosse messa a civettare con tutti gli uomini di Londra. Si raddrizzò e assunse un'espressione più distesa. «Non sono per niente geloso» dichiarò. Gli occhi azzurri di Chessie lo fissarono, nel tentativo di capire se stesse cercando di ingannarla. «Non è un segreto che il Conte e la Contessa di Brooke preferirebbero Fred come corteggiatore di Emma» commentò. Dev si strinse nelle spalle. «Il conte e la contessa preferirebbero un cane col cimurro come corteggiatore di Emma, ma lei vuole me.» «Ed Emma ottiene sempre quello che vuole.» Ora nella voce di Chessie si sentiva una lieve nota aspra. Dev le lanciò un'occhiata: la sorella non aveva ancora ottenuto ciò che voleva e aspettava da tempo che i suoi sogni si avverassero. Fitzwilliam Alton, unico figlio ed erede dei Duchi di Alton, l'aveva coperta di attenzioni per mesi. Una simile preferenza poteva sfociare solo in una rispettabile proposta di matrimonio, ma fino a quel momento Fitz non si era dichiarato, suscitando un'ondata di pettegolezzi. La buona società non era mai stata clemente con loro: Chessie e Dev erano due figure scandalose, dotate di buone maniere ma di poco denaro. Lui almeno era riuscito a far carriera nella Marina, prima di diventare un cacciatore di fortuna, però Chessie poteva contare solo sulla bellezza e la vivace personalità. Le cose erano sempre più difficili per le donne. «Emma non ti piace» osservò Dev. Lei gli lanciò uno sguardo sdegnoso. «Non mi piace quello che ti ha fatto. Sei diventato uno dei suoi animaletti da compagnia, 10
come il cagnolino bianco o la scimmia irascibile.» «È un piccolo prezzo da pagare per quello che voglio» replicò Dev. Ricchezza. Posizione sociale. Le aveva inseguite per gli ultimi dieci anni e non aveva alcuna intenzione di tornare alla povertà della sua prima giovinezza. Ora sembrava tutto a portata di mano: se questo significava diventare il leccapiedi di Emma per il resto dei suoi giorni, in fondo esistevano destini peggiori. O almeno così si ripeteva. «Tu non sei migliore» ricordò alla sorella, pur sapendo che così rischiavano di cadere nei battibecchi della loro infanzia. «Hai catturato un marchese.» Chessie agitò il ventaglio sdegnosa. «Non essere volgare, Dev. Io sono del tutto diversa: sarò anche una cacciatrice di fortuna, ma almeno amo Fitz.» Una lieve ruga le increspò la fronte. «E comunque non l'ho ancora catturato» aggiunse corrucciata. «Si dichiarerà presto» la tranquillizzò Dev. Aveva colto nella sua voce una nota incerta e voleva rassicurarla, per quanto non ritenesse Fitzwilliam Alton all'altezza della sorella. «Anche lui ti ama» dichiarò, sperando di non sbagliarsi. «Sta soltanto aspettando il momento giusto per dare la notizia ai genitori.» «Non sarà mai il momento giusto» ribatté Chessie in tono secco. «Devi amarlo molto, per essere disposta a sopportare la Duchessa di Alton come suocera» osservò Dev. «E tu devi amare molto il denaro di Emma, per essere disposto a sopportare la Contessa di Brooke» replicò Chessie con prontezza. «È così» ammise Dev. Lei scosse piano la testa. «Non servirà. Finirai per odiarla.» «In effetti già adesso non la sopporto.» «Sto parlando di Emma, non di sua madre» chiarì Chessie, seguendo con lo sguardo le evoluzioni delle coppie nel salone da ballo. «Se poi Emma invecchiando diventasse come lei, sarebbe davvero difficile da tollerare.» 11
Non era certo una prospettiva attraente, Dev non poteva negarlo. «Se Fitz diventerà come sua madre, dovrai strizzarlo come un limone per ottenere un po' di soldi da lui.» La Duchessa di Alton era un tipo acido, con le labbra contratte come gli stretti cordoni di una borsa, segno evidente del suo carattere. Chessie scoppiò in una risatina spontanea. «Fitz non diventerà come i suoi genitori.» La risata le morì sulle labbra mentre giocherellava con le stecche del ventaglio e tirava il pizzo con le mani guantate. Negli ultimi tempi aveva perso un po' della sua vivacità e ora cercava Fitz con lo sguardo nel salone affollato. Le sue emozioni erano fin troppo evidenti e Dev avvertì un'ondata di protettiva preoccupazione. Chessie puntava tutto sulla prospettiva di un fidanzamento con Fitz, e lui lo sapeva; era un tipo abbastanza piacevole, ma anche arrogante e viziato e giocava con la sua reputazione. Chessie meritava di meglio. Dev strinse le mani a pugno lungo i fianchi. Un solo gesto fuori luogo e gli avrebbe fatto ingoiare la prepotenza dovuta alla sua nascita privilegiata. Chessie gli strinse un braccio. «Hai un'aria decisamente feroce.» Dev tornò a mitigare l'espressione e le sorrise. «Scusa. In fondo non ce la siamo cavata male, per due orfani senza un soldo della contea di Galway.» Chessie non rispose e riprese a fissare le coppie che ballavano il valzer, ormai giunte al momento culminante. Alto, elegante, scuro di occhi e di capelli, Fitz si trovava all'estremità più lontana del salone, perso nell'ondeggiare della folla di invitati e ballava con una donna ugualmente alta e bruna, con un lucente abito da sera argentato. Formavano proprio una bella coppia. Fitz aveva sempre avuto un debole per un visino grazioso, così come sua cugina Emma voleva un marito avvenente da esibire come un trofeo. Quella donna però era diversa dalle civette con cui Fitz amava divertirsi; il modo in cui si muoveva, la cadenza dei suoi passi gli ricordavano qualcosa, nonostante Dev non riuscisse a vederla in faccia. «Chi è quella?» chiese con una nota roca nella voce, colto da 12
una strana premonizione. Non era un tipo superstizioso, eppure aveva la pelle d'oca, nonostante nel salone da ballo del Duca e della Duchessa di Alton facesse un caldo terribile. Anche Chessie sembrava turbata: era pallida e tesa come una corda di violino e un fremito la scuoteva. «Una donna ricca e bella, che i genitori di Fitz ritengono più adatta a lui; gliel'hanno certo presentata per tenerlo lontano da me» rispose amara. «Sciocchezze!» tagliò corto Dev. «Sarà un'altra parente povera dalla faccia cavallina.» «Dev!» lo rimproverò la sorella, mentre un'anziana matrona li superava con aria di disapprovazione. La musica terminò con un sonoro finale, accolta da un applauso scrosciante e le coppie si separarono. Fitz si avvicinò con la sua dama; voleva presentarla a Chessie, era chiaro, e Dev non sapeva se sentirsi rassicurato o allarmato. «Dev!» Emma lo raggiunse ansante, trascinandosi dietro Freddie Walters. «Venite a ballare con me!» Per la prima volta lui non rispose subito al suo comando imperioso, troppo preso a guardare la donna al fianco di Fitz: non era giovanissima, più vicina alla sua età che a quella di Chessie e gli anni o l'esperienza, o forse entrambi, le davano un'aria sicura di sé. Camminava con la stessa eleganza che Dev aveva notato mentre ballava, una grazia fluida accentuata dall'ondeggiare sinuoso del lucente abito d'argento. La stoffa impalpabile le carezzava il seno e i fianchi, avvolgendola come il bacio di un amante. Tutti gli uomini presenti nel salone la guardavano, con la gola secca dal desiderio e la mente piena di fantasie su ciò che avrebbero provato facendo scivolare sulle sue curve quel vestito. O forse quelle erano solo le sue fantasie. La sua pelle chiara, cosparsa di leggere lentiggini, era tipica delle razze celtiche e il contrasto tra i vividi occhi verdi e i capelli neri era inebriante. Le conferiva un'aria fragile e sovrannaturale, come una ninfa dei boschi o delle acque, troppo esotica per essere uma13
na. I riccioli neri erano acconciati in cima alla testa e trattenuti da un brillante pettine di diamante, simile ai gioielli che le adornavano il collo sottile e i polsi. Non era una parente povera, ma una creatura magnifica... e familiare. Il cuore di Dev ebbe un balzo e poi cominciò a battere all'impazzata. Per un attimo gli parve che tutto – la musica, il chiacchiericcio, il suo stesso respiro – si fermasse. Per un lungo momento non riuscì a pensare né a parlare. Non vedeva Susanna Burney da quasi dieci anni. Il suo ultimo ricordo era indimenticabile: Susanna dormiva nuda nel letto che avevano condiviso durante la loro breve e appassionata notte di nozze. Quando aveva spento la candela non sapeva che non l'avrebbe più rivista. La mattina dopo lei era scomparsa e il loro matrimonio era finito. Gli aveva lasciato un biglietto: sosteneva che era stato tutto un errore, lo pregava di non inseguirla e prometteva di richiedere un annullamento. Giovane, orgoglioso, arrabbiato, ferito e tradito, lui l'aveva lasciata andare. Due anni dopo, al ritorno dal suo primo turno di servizio in Marina, Dev aveva ripensato a quell'abbandono e si era recato in Scozia a cercarla. Si era detto che lo faceva solo per curiosità e per accertarsi che l'annullamento del matrimonio fosse effettivo. I suoi piani grandiosi per il futuro non comprendevano la fanciulla che aveva sedotto e sposato, per poi lasciarla andare. Madido di sudore, si rivide mentre bussava alla porta degli zii di Susanna e riceveva la notizia della sua morte. Ricordava bene la violenta emozione provata: teneva a Susanna molto di più di quanto la sua facciata spavalda e indifferente facesse credere. In quel momento Susanna Burney gli parve più viva che mai. Furioso e sconvolto, Dev incontrò il suo sguardo distaccato e una seconda ondata di rabbia lo invase. Susanna fingeva di non conoscerlo. «Dev!» Emma gli tirava una manica e reclamava irritata la sua attenzione. Emma, la sua fidanzata ricca, bella e ben inserita nell'alta socie14
tà... Emma, la donna che gli avrebbe donato tutto ciò che aveva sempre voluto... Dev non le aveva mai parlato del suo primo, frettoloso e disgraziato matrimonio. C'erano molte cose che non le aveva raccontato. Si era detto che tutte le sue avventure erano ormai acqua passata, però la verità era un'altra: Emma era gelosa, possessiva e imprevedibile e Dev non voleva mettere a rischio il fragile castello di carte che aveva costruito per sé e per Chessie. Un brivido di tensione gli scese lungo la spina dorsale: Susanna poteva infliggergli un danno incalcolabile. Se avesse rivelato il suo passato, Emma avrebbe potuto rompere il fidanzamento e tutto ciò per cui aveva lavorato sarebbe andato perduto. La guardò avvicinarsi: Susanna teneva una mano sul braccio di Fitz con aria confidenziale, le teste scure vicine, e gli sorrideva come se fosse l'uomo più affascinante dell'universo. Lui pareva abbacinato come un ragazzino alle prese con la sua prima infatuazione. Susanna sollevò lo sguardo e incontrò quello di Dev per un lungo momento. Lui non riuscì a decifrare la sua espressione: non mostrava di riconoscerlo e nel suo atteggiamento non c'era la minima traccia di nervosismo. Dev si sentì invadere da un'ondata di gelo. Raddrizzò le spalle e si preparò a venir presentato alla moglie che credeva morta.
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Pagina
Romanzo
Il marito ideale
1 Covent Garden: la seduzione incanta l'uomo segretamente immorale. Tratto da Guida di Harris alle signore di Covent Garden Londra, ottobre 1816 Quella notte la sua fortuna si esaurì. Teresa Darent sapeva che la rete si stava chiudendo e che qualcuno le dava la caccia. Quella notte lo sentiva sempre più vicino. Quella notte l'istinto le diceva che l'avrebbero catturata. «Svelta!» Mrs. Tong, padrona del bordello Tempio di Venere le tese un vestito con le mani tremanti. Teresa lo infilò dalla testa e sentì sulla pelle la carezza sensuale della seta color lavanda. Era sorpresa che Mrs. Tong disponesse di un capo così elegante. Era una fortuna: non voleva che la trovassero morta con addosso uno degli abiti chiassosi che le ragazze portavano di solito. Sebbene stesse cercando di sfuggire alla legge, aveva i suoi principi. La maîtresse era pallida sotto il belletto e si guardava intorno terrorizzata. In corridoio il frastuono degli inseguitori era sempre più assordante: voci che gridavano ordini, rumore di stivali e lo schianto di qualche statua oscena finita in pezzi sul pavimento di marmo. «Giubbe Rosse!» proruppe Mrs. Tong. «Stanno perquisendo le stanze. Se vi trovano qui...» «Non mi troveranno» scattò Tess. Si girò, sollevando la massa di capelli perché l'altra potesse allacciarle il vestito. Sentì le sue 259
mani che tremavano e il terrore della maîtresse la contagiò. Il panico la invase, mozzandole il fiato. Gli inseguitori ormai erano vicinissimi. «Se anche mi trovassero qui, la mia reputazione è così terribile che nessuno si stupirebbe di vedermi in un bordello» aggiunse con una calma che meravigliò lei per prima. «E le vignette?» chiese Mrs. Tong con voce tremante. «Nascoste.» Tess batté un colpetto sulla borsa a reticella color lavanda abbinata al vestito. «Non abbiate paura, Mr. Tong. Nessuno sospetterà di voi; al massimo vi riterranno una vecchia maîtresse avara.» «Bella gratitudine!» sbottò l'altra irritata. «A volte mi chiedo perché vi aiuto.» «Perché siete in debito con me» le ricordò Tess. Mesi prima aveva aiutato suo figlio quando la polizia lo aveva arrestato a un raduno politico e ora intendeva farsi rendere il favore. «Io non appoggio la causa radicale» borbottò Mrs. Tong e le strinse forte i lacci dell'aderente corpetto in un piccolo gesto di vendetta. «Questo vestito mi sta largo» protestò Tess senza fiato. «Per questo devo stringere i lacci.» La donna diede un altro strattone, poi le lanciò un mantello color lavanda foderato di piume, dello stesso colore dell'abito, avanzò in punta di piedi verso la porta e la socchiuse, portandosi un dito alle labbra. Tess inarcò le sopracciglia. Mrs. Tong scosse la testa e chiuse a chiave la porta. «Non c'è scampo: sono dappertutto. Dovete nascondervi.» «Mi troveranno.» La paura tornò a invaderla. Nonostante il suo atteggiamento spavaldo, Teresa sapeva che se l'avessero trovata con quelle vignette sarebbe finita in prigione e tutto quello per cui aveva lavorato sarebbe andato perduto. Un sudore freddo cominciò a scorrerle lungo la schiena. «Datemi un po' di tempo, Mrs. Tong. Sono soldati e questo è un bordello. Distraeteli.» Afferrò la giacca del completo maschile che indossava quan260
d'era arrivata là, estrasse dalla tasca la piccola pistola d'argento, la cacciò nella borsetta a reticella e la richiuse. Infilò poi le graziose scarpine color lavanda e trasalì: erano troppo piccole. Sarebbe arrivata a casa con i piedi pieni di vesciche. «Non c'è modo di distrarre il loro capitano» replicò la maîtresse. «Le donne non gli interessano.» «Mandategli uno dei vostri ragazzi, allora.» «Non gli piacciono neanche loro. Una ferita di guerra, dicono. La sua arma è scarica. Ed è anche piccola» concluse sprezzante. «Poveretto» lo compatì Tess. «Un bel sacrificio da compiere per il proprio paese. Be', se il sesso non serve, si può ricorrere al denaro. Fategli un'offerta che non può permettersi di rifiutare.» Le voci dei soldati si stavano avvicinando: ormai erano sul pianerottolo e sbattevano le porte, frugando le camere con la grazia di una mandria di mucche in un negozio di oggetti di porcellana. Le ragazze urlavano e aristocratiche voci maschili protestavano. Quella notte molta gente avrebbe visto i propri vizi segreti esposti al pubblico ludibrio. Il mattino dopo, l'irruzione delle Giubbe Rosse nel bordello di Mrs. Tong sarebbe comparsa su tutti i giornali scandalistici, alimentando i pettegolezzi della buona società. «È ora di tagliare la corda» dichiarò Tess. Si avvicinò alla finestra. «Quanto è lontana la strada, Mrs. Tong?» «Non riuscirete mai a saltare giù.» «Perché no? C'è un balcone, vero? Non posso rischiare che mi perquisiscano.» Tess afferrò le lenzuola e cominciò a preparare una corda improvvisata. «Sono le mie lenzuola migliori!» protestò l'altra. «Le rovinerete!» «Vi rimborserò» rispose Tess. «Ho dimenticato qualcosa?» Mrs. Tong scosse la testa. Nei suoi occhi c'era un lampo di ammirazione. «Avete un bel sangue freddo, non c'è che dire. Perché non ci mettiamo in affari?» Tess scosse la testa. Si era rifugiata in un bordello solo perché costretta da un'emergenza. «Lasciate perdere, Mrs. Tong. Non m'interessa vendere sesso. Non lo voglio nemmeno quando è of261
ferto gratis.» Agitò la mano in segno di saluto. «Grazie dell'aiuto.» Scostò le tende e aprì la finestra. In effetti fuori c'era un balcone di pietra con la balaustra intagliata. Tess legò il lenzuolo a una delle colonnine e diede un forte strattone. La corda improvvisata tenne, ma non si poteva dire se avrebbe resistito anche al suo peso. D'altra parte non aveva altra scelta: doveva correre il rischio. Con le scarpine color lavanda e la reticella strette in una mano, scavalcò il balcone, strinse il lenzuolo con l'altra mano e si lasciò scivolare verso terra, le ampie gonne che si allargavano come una campana intorno a lei. Era ancora a una certa distanza dal marciapiede quando la fune finì e lei si ritrovò a oscillare nella brezza autunnale. Mrs. Tong era affacciata al balcone e continuava a protestare per il danno inflitto alle sue lenzuola migliori. Tra lei e la strada buia c'era un salto di almeno quattro piedi. Tess rimase appesa un momento, cercando di decidere se tornare ad arrampicarsi su per la corda o correre il rischio di balzare a terra. Il lenzuolo cominciò a sfilacciarsi e i lacci del corsetto le affondarono nella schiena, mentre le cuciture si tendevano al massimo. Poi all'improvviso scarpette e borsa le vennero tolti di mano. Qualcuno la prese per la vita e la posò a terra con gentilezza. «Per quanto la vista fosse magnifica, ho pensato che avreste apprezzato un piccolo aiuto» le mormorò all'orecchio una pigra voce maschile. L'avevano catturata. Il panico le serrò la gola. Aveva visto giusto: non c'era via di scampo. Stai calma. Non tradirti. Teresa cercò di respirare in modo normale. Qualcosa nel tocco di quell'uomo la turbava, ma più in profondità c'era un inquietante senso di accettazione: lui l'aveva catturata e lei non poteva fuggire. Quella consapevolezza la faceva tremare. Non sapeva neanche chi era. Non riusciva a vederlo in faccia. I lampioni a gas della piazza erano spenti; le imposte erano 262
state aperte, ma la debole luce dorata che filtrava dalle finestre del bordello non riusciva a penetrare l'oscurità autunnale. Tess distinse confusamente una figura imponente: lei era alta per essere una donna, ma quell'uomo lo era di più. Aveva un'aria forte e vigorosa e un insieme di durezza e freddo calcolo traspariva dalla sua immobilità e dal modo in cui la fissava. Tutte quelle impressioni la confusero: non capiva come potesse dedurre una mole tale di particolari quando sapeva così poco di lui. D'altra parte la consapevolezza era acuta, accentuata in un certo senso dall'intimità del buio che li circondava. Lo sconosciuto continuava a tenerla stretta, ma ora le sue mani erano posate sui fianchi; il suo tocco le procurò uno strano brivido che la scosse tutta. La trascinò nell'alone di luce creato da una finestra e la lasciò andare con meticolosa cortesia, poi si tirò indietro e abbozzò un inchino. I lacci tirati da Mrs. Tong scelsero proprio quel momento per cedere. L'abito scivolò giù dalle spalle, si accartocciò intorno alla vita e ricadde a terra come una fanciulla svenuta. Il mantello fece la stessa fine e Tess rimase a tremare di freddo coperta solo dalla biancheria intima. L'uomo scoppiò a ridere. «Che tenuta perfetta» commentò. «La vostra ilarità è alquanto prematura» replicò Tess con freddezza. «Ci siamo appena incontrati.» Ora lo riconosceva e l'agitazione aumentò. Era stata la voce a tradirlo, bassa, melodiosa e così diversa dal controllato accento inglese che sentiva ogni giorno. Solo un uomo parlava in quel modo languido e strascicato, simile alla melassa. Solo un uomo nell'alta società era di origine americana. Un uomo pericoloso, esotico e seducente come la sua voce. Rothbury. Il capitano Owen Purchase, da poco divenuto Visconte di Rothbury, era l'uomo mandato a catturarla. Tess lo conosceva di vista. Era un vecchio amico di Lord Alex Grant, marito di sua sorella Joanna e di Garrick, Duca di Farne, l'altro suo cognato. Fino a pochi mesi prima Rothbury era un semplice capitano di Marina americano, poi aveva ereditato quel 263
titolo nobiliare in modo del tutto inaspettato. Ora che era un visconte, la buona società lo corteggiava, ma lui pareva indifferente come prima a tutti quei favori. Era spesso venuto in visita da Alex e Joanna in Bedford Square, ma Tess si era sempre tenuta alla larga. Incontrava di continuo uomini avvenenti e quasi nessuno di loro le provocava una qualsiasi emozione. A volte provava un lieve interesse per un uomo arguto e intelligente, ma la sensazione spariva subito. Aveva concluso da tempo che i suoi desideri naturali erano stati soffocati ed eliminati dalle terribili esperienze del suo secondo matrimonio. Dava per scontato che non avrebbe mai più provato un'attrazione fisica per un uomo; non se l'aspettava più e le andava bene così. Rothbury metteva in crisi tutte quelle certezze e la cosa non le piaceva affatto. Era alto, con le spalle larghe, forte e vigoroso e Tess supponeva che fosse anche bello. No, doveva ammettere che lo era: possedeva una rude bellezza fin troppo virile per i suoi gusti. Preferiva uomini che non costituissero una minaccia fisica, uomini che passavano la mattina dal barbiere o dal sarto, piuttosto che a cavalcare o a tirare di scherma. Uomini con i capelli pettinati e impomatati e gli abiti alla moda come i suoi. Rothbury aveva combattuto con gli inglesi contro i francesi a Trafalgar e con gli americani contro gli inglesi a North Point. Era stato un marinaio, un esploratore e un avventuriero; Tess preferiva uomini che non si fossero mai avventurati più in là dei confini delle loro tenute di campagna. E poi c'erano le sue maniere incisive, mascherate sotto quei toni suadenti. Lei non si lasciò ingannare: Rothbury si fingeva indolente, quando era uno degli uomini più intelligenti e perspicaci di sua conoscenza. L'acuta consapevolezza della sua vicinanza la metteva a disagio. La stava ancora fissando senza sorridere, come se volesse valutarla. Anche lui l'aveva riconosciuta, visto il corretto inchino che le rivolse. 264
«Buonasera, Lady Darent. Che modo originale di uscire da un bordello» commentò. «Lord Rothbury» lo ricambiò Tess con freddezza. «Grazie. Io non seguo mai le convenzioni.» Con la coda dell'occhio notò che Mrs. Tong le rivolgeva dei cenni concitati, come se volesse indicarle che era lui il responsabile dell'incursione nel bordello e l'uomo... impotente di cui le aveva parlato. Era chiaro che Rothbury non aveva accennato a quel problema con gli amici, ma del resto come stupirsene? Le sembrava un tipo orgoglioso, che non aveva certo voglia di parlare di una simile incapacità e tanto meno desiderava che diventasse una notizia di dominio pubblico. Quello non era il tipo d'argomento adatto a una conversazione formale. Tess cercò di distogliere lo sguardo dai suoi pantaloni. Al momento aveva problemi più urgenti da risolvere e il fatto che Rothbury fosse o meno in grado di continuare il lignaggio di famiglia non le pareva molto importante. Era in uno stato alquanto discinto e lui teneva ancora le sue scarpine in una mano e la borsa a reticella nell'altra. Poteva smascherarla nel giro di qualche istante. «Forse sarebbe meglio sistemarvi il vestito» suggerì con un sorriso ironico. «La scelta spetta a voi, naturalmente, ma credo che ci sentiremo entrambi più a nostro agio.» La squadrò a partire dai piedi scalzi e lasciò scorrere senza fretta lo sguardo verso l'alto, soffermandosi sulla nuvola rosso dorata che scendeva sulle spalle nude, per arrivare infine al viso. I suoi freddi occhi verdi incontrarono quelli azzurri di Tess con un'espressione che le mozzò il fiato. Lei rabbrividì, afferrò la scivolosa seta color lavanda e se la sistemò alla meglio intorno al corpo. La fredda aria notturna le faceva venire la pelle d'oca; provò un impeto di gratitudine quando Rothbury raccolse da terra il morbido mantello foderato di piume e glielo drappeggiò intorno al corpo, scacciando il freddo autunnale. I piedi però erano ancora nudi; non aveva fatto in tempo a infilarsi le calze e ora le pareva di gelare. 265
«Posso avere le mie scarpine, Lord Rothbury?» chiese. «Dubito che siano della vostra misura.» Tess abbassò lo sguardo sui lucidi stivali che brillavano alla luce diffusa dall'unico lampione rimasto acceso e cercò di ricordare il pettegolezzo scurrile sul collegamento tra la misura dei piedi di un uomo e quella del suo membro. Si diceva che gli uomini dai piedi grandi fossero anche ben dotati in altre parti della loro anatomia, o che quelli coi piedi piccoli avessero membri di proporzioni smisurate? Lady Farr aveva una relazione con il suo minuscolo fantino e nonostante la bassa statura Napoleone Bonaparte aveva la fama di grande amatore. Perché mai si metteva a pensare al sesso proprio ora, quando avrebbe dovuto concentrarsi solo sulla fuga? E per giunta in relazione a Rothbury, le cui proporzioni erano state probabilmente rovinate da una granata o una pallottola? Con sua grande sorpresa Rothbury si inginocchiò e le porse una scarpina con un sorriso malizioso; i denti bianchi lampeggiavano nel viso abbronzato da un clima ben più tropicale di quello londinese. Le infilò una scarpina e poi l'altra, indugiando per un attimo con il palmo caldo contro la pelle e Tess avvertì una reazione strana e sconcertante. «Grazie» mormorò, certa che le calzature troppo piccole le avrebbero provocato terribili vesciche. «Un vero Principe Azzurro.» «Mi sono perso la parte della favola in cui Cenerentola fa visita a un bordello» dichiarò lui. Poi si raddrizzò. «Cosa facevate là, Lady Darent?» Il tono era ancora cortese, ma conteneva una nota d'acciaio che le suscitò subito un fremito di allarme. Doveva ricordare che in quel momento Rothbury era l'uomo mandato dal governo a inseguirla e catturarla. Stava camminando su una corda da funamboli e un solo passo falso l'avrebbe fatta precipitare a terra. Il suo unico vantaggio era costituito dal fatto che Rothbury ignorava l'identità della persona a cui dava la caccia. Teneva ancora in mano la sua borsetta. Alle sue spalle Tess distinse un gruppo di dragoni intento a radunare alcune persone 266
stracciate che protestavano. Quella notte erano scoppiati dei tumulti e la strada era cosparsa di pietre e frammenti di legno. I lampioni erano stati distrutti a sassate e qualche facinoroso aveva rovesciato una carrozza. Una delle imposte del Tempio di Venere pendeva dai cardini e pezzi di giornali fluttuavano al vento. All'arrivo dei soldati la folla si era dispersa in fretta e ora restava solo un lieve odore di bruciato. Tess scrollò le spalle e riportò lo sguardo sul viso impassibile di Rothbury. «Perché qualcuno fa visita a un bordello, milord?» chiese in tono leggero. «Se siete dotato di un po' di immaginazione, Lord Rothbury, è il momento di usarla.» Inarcò le sopracciglia con aria ironica. «Immagino che mi stiate interrogando in una veste autorevole e non solo perché siete curioso riguardo alla mia vita sessuale.» «Sono qui come inviato del Ministro degli Interni, Lord Sidmouth» rispose lui. «Stanotte c'è stata una riunione illegale in una taverna qui vicina. Ne sapete qualcosa?» Il cuore di Tess prese a martellarle nel petto. «Vi sembro il tipo di donna che si interessa di politica, Lord Rothbury? Vi assicuro che non ne so niente.» Vide i suoi denti brillare in un sorriso. «Immagino quindi che non vi interessi nemmeno il fatto che sto dando la caccia a un gruppo di pericolosi criminali, compreso un vignettista radicale conosciuto come Jupiter» aggiunse. Le venne la pelle d'oca dalla paura. Lei non era un pericoloso criminale, ma una filantropa che desiderava soltanto delle riforme per alleviare la terribile miseria dei poveri. Lord Sidmouth però non la vedeva così: considerava i riformisti una minaccia per l'ordine pubblico e un pericolo da eliminare in modo spietato e definitivo. Tess deglutì a fatica. Non doveva tradire la sua conoscenza della causa riformista e tanto meno il suo coinvolgimento, ma sotto lo sguardo penetrante di Rothbury si sentiva nuda e indifesa. Fingi. Recita. Lo hai già fatto in passato... 267
«Date la caccia ai criminali in un bordello?» chiese con aria annoiata. «Che modo singolare di combinare il dovere e il piacere, milord. Ne avete trovato qualcuno?» «Non ancora.» Il tono di Rothbury le provocò un altro brivido lungo la schiena. Tess guardò la borsa piena di vignette ancora posata sul palmo della sua mano. Se l'avesse aperta... «Avete accennato a Lord Sidmouth, ma non mi pare proprio di conoscerlo. L'ho forse incontrato a qualche ricevimento?» «Ne dubito. Lord Sidmouth non ama i balli.» Tess scrollò le spalle, come se la conversazione la stesse terribilmente annoiando. Lanciò un'occhiata alla porta del bordello; ora era aperta e la luce si rifletteva sui ciottoli di Covent Garden Square. «Per quanto sia delizioso chiacchierare con voi qui al freddo, sono davvero esausta. Gli eccessi di stanotte mi hanno sfinito. E sono sicura che avete molto da fare.» Soffocò un delicato sbadiglio. «Se volete rendermi la borsa e scusarmi, prenderò una carrozza per tornare a casa.» Rothbury soppesò la piccola borsa sul palmo e Tess si sentì il cuore in gola. Doveva mantenersi impassibile: se gliel'avesse strappata di mano avrebbe rivelato che era preoccupata per il suo contenuto. Rothbury l'avrebbe subito aperta e lei sarebbe finita in un batter d'occhio alla Torre di Londra come prigioniera politica. «Cosa avete qui?» le chiese. «Il contenuto della borsetta di una signora è una questione privata» rispose lei con la gola secca per la tensione. «Un gentiluomo come voi conosce e rispetta certo il valore della discrezione.» «Non ne sarei così sicuro» replicò Rothbury. «Sembra che dentro ci sia una pistola. Vi piacciono i giochi pericolosi con i vostri amanti?» chiese secco. «Sparo solo a quelli che non mi soddisfano» rispose Tess con un dolce sorriso. Lui la ricambiò; gli occhi verdi si accesero di una luce calda e una lunga fossetta si formò sulla guancia. Quel sorriso ebbe uno strano effetto sull'equilibrio di Tess. Per fortuna Rothbury posò la 268
borsetta sulla sua mano tesa; lei richiuse le dita sulla seta e il broccato, invasa da un'ondata di sollievo cosĂŹ intensa da farla quasi barcollare. Poi si rese conto che non si sentiva un fruscio di carte ripiegate e strinse piĂš forte la borsetta, nel disperato tentativo di tastare il contorno dei fogli. Lo stomaco si contrasse per l'orrore. Le vignette erano scomparse.
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Pagina
Romanzo
L'educazione di una contessa
Prologo La Ruota della Fortuna: il destino gira Londra, aprile 1817 L'uomo seduto davanti a lui aveva una certa reputazione: era considerato implacabile, intelligente, controllato e pericoloso. Mr. Churchward conosceva in parte la sua storia: il Barone Henry Wardeaux aveva fatto il soldato. Il suo modo di parlare diretto e spiccio era tipico di chi era abituato a comandare. Aveva combattuto con Wellesley in Spagna ed era conosciuto come l'Ingegnere per la sua abilità nel campo delle fortificazioni militari. Si sussurrava anche che avesse svolto missioni segrete dietro le linee nemiche. Come avvocato, Mr. Churchward si occupava di fatti concreti, eppure credeva alle storie che circolavano su Lord Henry Wardeaux. Il barone si appoggiò all'alto schienale della sedia e incrociò una gamba sull'altra. «Dunque, Mr. Churchward, avete scoperto qualche prova convincente sul fatto che Miss Mallon sia la nipote di Lord Templemore?» chiese. Nessun commento sul tempo mite e umido, nessuna domanda sulla salute dell'avvocato, che era piuttosto buona, a parte qualche sporadico attacco di gotta. Lord Wardeaux era un uomo di poche parole. Mr. Churchward sfogliò le carte che aveva davanti con un certo nervosismo e si schiarì la gola. «Non abbiamo ancora trovato una prova definitiva, milord» ammise. «Sono passati solo due giorni» aggiunse, cercando di non apparire troppo sulla difensiva. 517
Due giorni prima un uomo si era presentato nel suo studio con l'informazione che la nipote del Conte di Templemore, sparita da vent'anni, era viva e vegeta e lavorava come cameriera a Londra. Erano stati due giorni di attività frenetica, nel tentativo di verificare l'autenticità di quella notizia. Quell'incredibile annuncio aveva riacceso le speranze dell'anziano conte, che aveva subito mandato a Londra Henry Wardeaux, suo figlioccio ed erede. Se l'informazione fosse risultata vera, il barone non avrebbe più ereditato il titolo e le proprietà: Templemore era uno dei pochi titoli nobiliari del Paese che veniva trasmesso anche per linea femminile. Churchward si chiese come avrebbe reagito alla perdita della cospicua eredità. Difficile dirlo: Henry Wardeaux non rivelava mai le sue emozioni. «Cosa avete trovato, allora?» chiese. L'avvocato si lasciò sfuggire un sospiro. «Abbiamo scoperto molti particolari sulla famiglia adottiva di Miss Mallon, milord, nessuno dei quali positivo.» Le labbra di Henry Wardeaux si incresparono in un lieve sorriso. «Ah, sì?» «Il fratello maggiore ha un negozio di abiti di seconda mano, che in realtà è una copertura per la ricettazione di merci rubate» spiegò Churchward. «Il fratello di mezzo lavora in un albergo e quello più giovane...» L'avvocato scosse la testa con tristezza. «Non esiste attività criminale in cui non sia stato coinvolto: rapine per strada, frodi, furti...» «E perché non è in prigione?» «È piuttosto abile a non farsi incastrare.» Questa volta Henry Wardeaux scoppiò in una sonora risata. «Dunque la nipote ed erede di Lord Templemore viene da un covo di ladri?» «Forse» ammise Mr. Churchward. Gli indizi che Margery Mallon fosse davvero Lady Marguerite Saint-Pierre erano convincenti, ma lui non amava quel tipo di prove. Le trovava irregolari e prive di un vero fondamento. Preferiva fatti, testimoni, deposizioni scritte, 518
non la sbiadita miniatura e la spilla rosso granato che il suo informatore gli aveva mostrato. Giocherellò con la penna d'oca posata sullo scrittoio. Nella sua lunga e onorata carriera al servizio della nobiltà, non si era mai trovato alle prese con un caso come quello. La figlia del conte era stata uccisa vent'anni prima e la bimba di quattro anni rapita; nessuno si aspettava di rivedere la piccola Marguerite. Nessuno, né gli agenti né gli investigatori privati assoldati dal conte, era mai riuscito a rintracciarla. Lord Templemore l'aveva pianta per anni. Wardeaux cambiò posizione. «Se voi non riuscite a dimostrare che Miss Mallon è o non è la nipote di Lord Templemore, dovrò provarci a modo mio.» «Se mi deste più tempo, milord...» cominciò l'avvocato. Wardeaux alzò la mano con un gesto così autoritario da indurlo al silenzio. «Non abbiamo tempo.» Nel suo tono tranquillo si sentiva una nota d'acciaio. «Il conte è ansioso di ritrovare la nipote.» Mr. Churchward poteva capire quell'urgenza: Lord Templemore stava morendo. Eppure esitava ancora. Conosceva Margery Mallon e passando il caso a Henry Wardeaux gli pareva di gettarla in pasto ai lupi, di sacrificarla senza pietà per togliersi d'impaccio. «Milord...» cominciò. Wardeaux attese impaziente. Era un uomo freddo e duro, a cui la vita aveva tolto ogni gentilezza. «La ragazza non ha idea del suo lignaggio» lo avvertì. «A quanto ho scoperto è piuttosto...» Cercò la parola giusta. «... innocente.» Il barone lo fissò e Mr. Churchward rimase sconcertato dal suo sguardo cupo: pareva che avesse dimenticato da tempo cos'era la vera innocenza. «Capisco» disse Wardeaux lentamente. Poi si alzò. «Dove posso trovarla?»
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1 La Luna: attenzione, non tutto è come appare L'orologio di St. Paul batteva le dieci quando Margery scese i gradini che portavano al seminterrato del bordello di Mrs. Tong. Non prevedeva di arrivare così tardi: in genere si recava al Tempio di Venere di giorno, quando non c'erano clienti e le ragazze si riposavano nelle loro stanze in attesa dell'attività notturna. A differenza di Mrs. Tong, loro erano generose. La lasciavano entrare in camera e prendere abiti, cappellini, guanti, tutto ciò di cui volevano liberarsi, in cambio dei pasticcini e dei dolci squisiti che preparava di persona. Quella sera Margery aveva portato canditi all'ananas e dolcetti di marzapane, torte zuccherate e minuscoli biscotti di pan di spagna ripieni di marmellata. Risalì poi lungo le scale sul retro fino a una sala al primo piano: l'ambiente era un trionfo di colori vivaci, di cuscini di seta viola e oro e le spesse tende di velluto rosso erano tirate per tenere fuori la notte. L'aria era pesante per gli effluvi dei profumi e l'odore delle candele di cera. Le ragazze erano già pronte per il lavoro notturno, ma si lanciarono in gridolini avidi e deliziati non appena videro Margery con il suo cestino e corsero subito a prendere scialli e guanti da scambiare con le prelibatezze dolci. «Ragazze, ragazze!» Mrs. Tong si fece avanti come un domatore da circo che raduna i suoi animali per lo spettacolo. «I gentiluomini stanno arrivando!» Batté le mani per reclamare attenzione. «Kitty, Lord Carver ha chiesto di te. Martha, questa volta cerca di 520
sedurre Lord Wilton. Harriett...» Un sorrisetto gelido le stirò le labbra. «Il Duca di Tyne è molto contento di te.» Mrs. Tong abbassò una scollatura qua e sollevò l'orlo di un abito là, poi mandò le ragazze nel salone. Loro se ne andarono chiacchierando in una nuvola di profumo, salutando Margery e leccandosi lo zucchero dalle dita. Lei le guardò scendere dalla scalinata principale come uno stormo di colorati uccelli del paradiso. Abituata com'era a usare le scale di servizio, aveva visto una sola volta le sale dove venivano ricevuti i clienti. Le erano sembrate sontuose e cariche di mistero, un mondo diverso e pericoloso decorato di sete lucenti e morbidi velluti e abbellito dalla presenza delle prostitute più avvenenti ed esperte di Londra. La stanza si svuotò e l'eco del chiacchiericcio si perse in lontananza. Lo sguardo penetrante di Mrs. Tong superò Margery indifferente, come se fosse un commerciante che conosceva il prezzo di ogni merce e non vedesse in lei nulla di interessante. Margery sapeva a cosa stava pensando. Lo aveva visto riflesso negli occhi della gente per anni. Era minuta e scialba e nessuno la guardava una seconda volta. Ormai ci era abituata e non se la prendeva. Durante gli anni di servizio aveva scoperto che la bellezza causava spesso grandi problemi. «Sarà meglio che te ne vada.» Mrs. Tong si cacciò in bocca uno dei dolcetti al marzapane di Margery e sospirò estatica mentre lo zucchero si scioglieva sulla lingua. «Usa le scale di servizio» le raccomandò con asprezza. Lo zucchero non l'aveva addolcita. «Non voglio che i clienti pensino che lavori per me.» Afferrò il lembo di un vestito dorato che spuntava dal cestino di Margery. «È quella sprecona di Kitty che l'ha buttato via? Si poteva ancora utilizzare.» Diede uno strattone e l'abito finì per terra in una cascata di seta e pizzo. «Su, vattene. E lascia qui i canditi all'ananas.» «Niente vestito, niente canditi» replicò Margery con fermezza. Mrs. Tong alzò gli occhi al cielo, appallottolò il bell'abito dorato e glielo lanciò. Margery lo prese al volo, mentre l'altra si gettava sui dolci. 521
«Prendo anche il marzapane» dichiarò. Prima di chiudere la porta e scivolare sul pianerottolo Margery fece in tempo a vedere Mrs. Tong mentre si lasciava cadere in una voluminosa poltrona imbottita. Con la parrucca di traverso e le gambe aperte, si cacciava i dolci in bocca come se stesse morendo di fame. Il pianerottolo era tranquillo e in penombra. Ormai le ragazze erano da basso e intrattenevano i clienti offrendo loro vino e frivole conversazioni. Mrs. Tong le avrebbe di certo raggiunte non appena si fosse ripresa dai suoi eccessi. Un suono di musica e risate filtrava attraverso le porte aperte del salone. Margery si diresse in punta di piedi verso le scale di servizio e lo spesso tappeto attutì il rumore dei suoi passi. Se anche avesse perso il vestito dorato per via dell'avarizia di Mrs. Tong, quella sera aveva comunque raccolto un buon bottino: tre paia di guanti, due cappellini – uno dei quali schiacciato, forse durante un incontro amoroso – altri due vestiti, di cui uno strappato, un bello scialle di seta macchiato di vino e vari capi di biancheria intima. Questi ultimi erano stati una sorpresa: le ragazze le avevano detto di non portarla. Billy sarebbe stato contento: c'era parecchia stoffa da riutilizzare e alcuni vestiti che si potevano rivendere. Il fratello di Margery gestiva insieme alla moglie un negozio di abiti e oggetti di seconda mano. Margery preferiva non indagare sulla loro provenienza: sospettava che Billy fosse un ricettatore di roba rubata, ma il fratello la trattava bene e le dava sempre una percentuale sui profitti ricavati da ciò che gli portava. L'indomani, il suo giorno libero, gli avrebbe consegnato ciò che aveva raccolto quella sera e si sarebbe fermata a prendere il tè insieme a lui, Alison e la loro nidiata di figlioli. Quella sera però doveva tornare in Bedford Square: Lady Grant era una padrona deliziosa, ma perfino lei sarebbe rimasta sconvolta sapendo che la sua cameriera personale frequentava con regolarità i bordelli londinesi. Margery era a metà del pianerottolo quando inciampò nel tappeto persiano e il cestino le sfuggì di mano. Il prezioso abito dorato, che aveva sistemato in cima al mucchio, venne sbalzato fuori, 522
passò attraverso gli spazi vuoti tra le colonnine di ferro battuto e atterrò volteggiando sul pavimento di marmo dell'ingresso sottostante. Margery rimase come paralizzata. Non voleva perdere quello sfarzoso abito di seta, che le era già costato tre scatole di dolci. Allo stesso tempo, però, non voleva farsi sorprendere nelle zone del bordello che le erano proibite. Se avesse infranto le regole, Mrs. Tong sarebbe stata capace di non farla più entrare e quella sostanziosa fonte di reddito sarebbe andata perduta. Margery cominciò a scendere l'ampia scalinata in punta di piedi, tutti i sensi in allerta per timore di farsi scoprire. Era giunta a metà strada quando sentì un suono provenire dall'alto e si nascose in un'alcova in ombra, tra le statue di ninfe e pastori tutti nudi. Sentì contro le costole qualcosa di lungo e duro – il fallo di un satiro di marmo dall'espressione sognante. Non c'era da meravigliarsi che apparisse così felice. Margery lo esaminò con occhio critico: non aveva un'esperienza diretta in materia, ma il buonsenso le diceva che quelle dimensioni non erano realistiche. Forse tutte le statue di Mrs. Tong erano dotate in modo innaturale. Sperava solo che i clienti non si sentissero inadeguati. Margery scese cauta un altro gradino e poi un altro ancora. Ne mancavano solo tre per ritrovarsi nell'atrio a piastrelle bianche e nere; a quel punto avrebbe potuto afferrare il bell'abito dorato, cacciarlo nel cestino e varcare la porta foderata di stoffa verde che portava alla zona riservata alla servitù. Era un piano semplice e quasi funzionò. Margery era ormai vicina alla porta quando si accorse di qualcuno che le bloccava la strada. Non era Mrs. Tong, piena di indignazione, ma un uomo immobile e silenzioso nell'ombra. La luce delle candele enfatizzava alcuni tratti del viso e ne nascondeva altri. Margery riuscì a distinguere i capelli neri un po' troppo lunghi, ma non la sfumatura precisa. Il viso sottile, dalla pelle olivastra e gli zigomi alti, le ricordava certe statue di pietra che aveva visto nelle chiese. Aveva una fossetta in ogni guancia e una sul mento. Uno strano brivido la percorse: quell'uomo aveva 523
il viso di un santo e gli occhi scuri, maliziosi e pieni di segreti di un peccatore. Anche le sopracciglia erano scure e la bocca non appariva né troppo carnosa, né troppo sottile. Quando sorrise, Margery si rese conto che gli stava fissando proprio la bocca. Si sentì invadere da un'ondata di calore intenso e poco familiare, che le faceva formicolare la pelle e girare la testa. Indietreggiò confusa, cercando di riprendersi. Nel bordello faceva molto caldo; forse era per quel motivo che si sentiva all'improvviso sul punto di svenire, o forse stava covando qualche malanno, come avrebbe detto la nonna. Il gentiluomo continuava a fissarla immobile. Lei ricambiò il suo sguardo. Era un gentiluomo, su questo non c'erano dubbi. I suoi vestiti erano eleganti, un particolare che Margery, con il suo occhio per lo stile e i colori, non mancò di apprezzare. La cravatta era allacciata in un modo complicato che non riuscì a riconoscere e fermata da una spilla di diamanti. Una giacca elegante tendeva le ampie spalle senza fare una grinza e i pantaloni stretti aderivano alle cosce. Un vero damerino, pensò Margery. L'istinto ormai allenato di cameriera l'aiutava a riconoscere chi si trovava davanti: questo era un gentiluomo alla moda, ma in lui c'era anche qualcosa di cupo, profondo e pericoloso che non riusciva a capire fino in fondo. Margery rabbrividì. Lo sconosciuto le stava tagliando ogni via di fuga. «Posso aiutarvi, milord?» chiese. Se ne pentì subito: non era la frase più appropriata, visto che si trovavano in un bordello. Nei suoi occhi scuri guizzò un lampo simile al tremolio emesso dalle candele. L'uomo fece un passo avanti verso di lei. Senza volerlo, Margery strinse più forte il manico del cestino e questo scricchiolò. «Oh, sicuro.» La voce era morbida e il tono divertito. Il sorriso che gli distese le labbra arrivò a illuminargli gli occhi scuri di una luce calda e Margery si sentì avvampare. Adesso una strana consapevolezza le ribolliva nel sangue. 524
Doveva stare attenta; quello era di certo un libertino. «Io non lavoro qui» precisò in fretta. L'uomo la squadrò da capo a piedi con aria d'approvazione. Sì, era un libertino: sapeva come guardare una donna. Nei suoi occhi c'era un'espressione che Margery aveva visto spesso nello sguardo degli uomini intenti a fissare le signore belle e scandalose per cui aveva lavorato. L'aveva vista anche negli occhi di chi si trovava davanti i suoi squisiti dolci fatti in casa. Era un misto di avidità, congettura e desiderio. Nessuno l'aveva mai guardata così, come se volesse divorarla, assaporarla e godersi quel piacere. Un'idea simile era assurda e impossibile. Eppure quell'uomo la stava fissando con profondo interesse e – Margery deglutì, la gola all'improvviso secca – chiaro desiderio. Doveva esserci un errore. La stava confondendo con un'altra. «Non lavorate qui» ripeté con voce sommessa. Fece un altro passo avanti, allungò una mano e le sfiorò la guancia con un tocco lieve. Non portava i guanti e la sua mano era calda. Margery si sentì la pelle rovente. «Sono qui in visita» spiegò tutto d'un fiato. Lui sgranò gli occhi e quel sorriso che faceva pensare alla luce del sole sull'acqua si accentuò. «Non c'è niente di male in questo» osservò. «No! Voglio dire... non sono qui per...» Margery si interruppe; come poteva descrivere le pratiche sessuali che i clienti di Mrs. Tong preferivano e che le erano del tutto ignote? «Sono una cameriera» aggiunse. «Ma certo, capisco: preferite mantenere l'incognito.» Lo sconosciuto scrollò le ampie spalle. «Non preoccupatevi: Mrs. Tong è aperta a tutti i gusti. Molte signore adorano travestirsi da cameriera. La Regina di Francia Maria Antonietta, per esempio.» Sorrise. «Il cestino è davvero un tocco grazioso» commentò in tono d'approvazione. «Non è un travestimento» sussurrò Margery. Ormai l'uomo era 525
così vicino che le pareva di aver perso la favella. «Sono davvero la cameriera personale di una signora.» Lo sconosciuto scoppiò a ridere. «Siete proprio intraprendente a integrare il vostro salario in questo modo» commentò. Oddio, l'aveva presa per una prostituta! Non era poi così strano: Margery conosceva molte domestiche pronte a vendere i loro favori, un'attività più redditizia che strofinare pavimenti. Girava voce che una volta Lord Osborne avesse fatto visita al suo bordello preferito per trovarsi davanti una delle sue cameriere, che nel tempo libero faceva la prostituta. Lei però non aveva mai preso in considerazione quella possibilità. Quando aveva lasciato il Berkshire diretta a Londra, gli ammonimenti della nonna le risuonavano ancora nelle orecchie. «Londra è un ricettacolo di vizi» l'aveva avvertita. «Dammi retta: io ci sono stata. Mantieniti pura per un marito, ragazza mia.» Margery non pensava a cercare marito, ma per lei la purezza era importante. Inoltre nessuno le aveva mai chiesto di rinunciare alla sua virtù. I valletti gemelli di Lady Grant erano troppo presi da se stessi per notare chiunque altro e gli altri domestici erano troppo giovani, troppo vecchi o troppo brutti. Erano amici; Margery non aveva mai sentito il minimo fremito amoroso per uno di loro. Aveva una sorta di corteggiatore, Humphrey, il secondo giardiniere dei vicini. Le portava dei fiori, la fissava impacciato e arrossiva se lei gli parlava. Humphrey le ricordava un cane randagio, le suscitava pietà e un certo affetto spazientito. Davanti a lui Margery non tremava e non si sentiva le gambe molli, come le succedeva in quel momento. Humphrey non le mozzava il fiato in gola e non le faceva battere forte il cuore, tutte cose che le stavano accadendo ora. L'avevano però messa in guardia contro i bei gentiluomini che approfittavano delle ingenue ragazze di campagna. Nonna Mallon non aveva tutti i torti: a Londra c'era davvero spazio per ogni tipo di vizi. Margery era sicura che quell'uomo ne conoscesse e praticasse un buon numero. 526
C'era qualcosa di provocante e sensuale in lui. «Non ci siamo capiti.» Le parole le uscirono di bocca stridule e forzate. «Non sono una ragazza di facili costumi e non sono qui per assaggiare i piaceri offerti dal bordello.» «Ne siete sicura?» Si era immaginata la nota di desiderio nella sua voce? Margery era senza fiato. «Nemmeno...» Ora la bocca dell'uomo era pericolosamente vicina alla sua. «... un bacio?» «Sono vergine!» proruppe Margery. Lui sorrise. «Ci vuole ben più di un bacio per cambiare quella condizione, tesoro.» Per un lunghissimo momento Margery sentì il calore del suo corpo, mentre il battito impazzito del proprio polso le rimbombava nelle orecchie. Si rese conto sconvolta che aveva voglia di baciarlo. Una curiosità venata di malizia la pungolava. Non riusciva quasi a crederci: cose del genere non le succedevano mai. Aveva troppo buonsenso per baciare uno sconosciuto in un bordello... o almeno così pensava. L'atmosfera sontuosa e lasciva del Tempio di Venere doveva averla contagiata, facendole l'effetto di una dose eccessiva di vino e ora si trovava davanti quell'uomo che era la tentazione in persona. Le labbra di lui sfiorarono le sue con un tocco così leggero che Margery pensò di averlo immaginato. L'uomo soffocò il suo sussulto sconvolto con un altro bacio, ardente e dolce, che la colse del tutto di sorpresa. Per lei era la prima volta. Ogni tanto si era chiesta cos'avrebbe provato e ora all'improvviso lo sapeva. Pareva che ci fossero troppe sensazioni per riuscire ad afferrarle tutte. Era consapevole solo delle sue braccia forti che la cingevano e del tocco della sua bocca sulla propria. Era un'esplosione di scintille e fiamme; Margery si sentiva invasa da un desiderio così intenso da essere quasi doloroso, capace di farla tremare come non le era mai successo in vita sua. Lo sconosciuto le dischiuse le labbra con gentilezza e vi insinuò la lingua. Ormai le girava la testa, si sentiva sciogliere e pro527
vava un delizioso turbamento. Ora capiva perché alla gente piaceva tanto baciarsi; non avrebbe mai voluto smettere. Il suo corpo era morbido e cedevole contro quello forte e duro di lui. Margery si era persa in un mondo nuovo e pericoloso e non voleva che la ritrovassero. Una porta sbatté alla sua destra. Margery trasalì, tornò alla realtà e si sottrasse alla stretta dello sconosciuto. Ogni dolcezza svanì, lasciandola sconvolta. Lei non era Cenerentola e nemmeno un'eroina dei romanzi gotici che leggeva in segreto. Lei era una cameriera e lui un gentiluomo. Cosa le era venuto in mente? In realtà lo sapeva: aveva pensato che i baci fossero la cosa più deliziosa del mondo. O meglio, baciare quell'uomo in particolare era quanto di più delizioso potesse immaginare. Questo però non la rendeva la cosa giusta da fare. «No.» Premette un dito contro le labbra in un gesto che la tradì. Vide il suo sguardo seguire quel movimento e incupirsi. «No» ripeté Margery. «Questo è sbagliato.» «Tu!» Mrs. Tong le piombò addosso come un'arpia vendicativa, gli scialli al vento e i braccialetti che tintinnavano. «Ti avevo detto...» Si interruppe mentre l'uomo si metteva al fianco di Margery con aria protettiva. Un sorriso falso e radioso trasformò i suoi tratti aguzzi. «Vi chiedo perdono, milord. Non vi avevo visto. Questa ragazza vi stava importunando? Non lavora qui.» Mrs. Tong lanciò a Margery un altro sguardo velenoso. «Le mie ragazze sono molto più professionali...» «Non ne dubito, signora» la interruppe il gentiluomo, in tono così affabile che non parve nemmeno un'interruzione. «C'è un malinteso, comunque: mi ero perso...» Ora nella sua voce si avvertiva una nota divertita. «... e Miss Mallon mi stava dando delle indicazioni per le quali le sono molto grato.» «Visto che si trovava nel posto sbagliato, non vedo come possa dare indicazioni a qualcuno» replicò con asprezza Mrs. Tong. Poi addolcì il tono. «Se volete venire con me, milord, posso offrirvi tutto ciò che volete. Tu...» si girò verso Margery, «fuori di qui.» 528
«Buonanotte, signora.» Margery le rivolse un lieve cenno di saluto. Si sentiva trafiggere dai suoi occhietti scuri e diffidenti. Mrs. Tong la sospettava di concorrenza sleale, era chiaro. Quella era l'ultima volta che le avrebbe permesso di entrare nel Tempio di Venere. «Milord...» Rivolse una riverenza al gentiluomo. «Spero che saprete ritrovare la strada.» Quel sorriso provocante tornò a distendergli le labbra, strappandole un fremito. «Ora sembrate un predicatore metodista, Miss Mallon.» Margery si girò. Non voleva vederlo mentre seguiva Mrs. Tong nel salone del bordello pieno di prostitute cinguettanti. Quel pensiero le provocò una strana stretta al cuore. Era assurdo prendersela tanto, quando aveva solo civettato con lei. L'avrebbe dimenticata in meno di un giorno, o più probabilmente in meno di un'ora. La porta del salone si aprì, facendo traboccare nell'ingresso luce e musica. I veri affari della serata stavano per cominciare. Margery si mise il cestino sotto il braccio e corse verso la porta che dava accesso alla zona della servitù. Attraversò la cucina piena di vapore, dove le cuoche preparavano leccornie deliziose per i clienti di Mrs. Tong. Nessuna la degnò di uno sguardo mentre passava. Era diventata di nuovo invisibile. Fuori la notte era illuminata dalle stelle, ma all'improvviso le parve di avere i piedi di piombo. Era solo stanca, si disse. Quella sensazione non aveva nulla a che fare con il gentiluomo conosciuto nel bordello e con la delusione per il brusco finale del loro incontro. Era stanca perché si era alzata presto per lavare la biancheria di seta di Lady Grant, di qualità così squisita che la padrona non voleva affidarla a nessun altro. Aveva lavorato tutto il giorno e anche la sera, e una volta tornata in Bedford Street avrebbe dovuto aspettare alzata il ritorno di Lady Grant dal teatro. Chi pensava che le cameriere personali avessero una vita facile non sapeva di cosa parlava. «Moll!» Margery trasalì e si girò. L'unico a chiamarla così era suo fratel529
lo Jem. Attese che la sua alta figura sbucasse dalle ombre che avvolgevano l'angolo della strada e la raggiungesse. «Pensavo che fossi tu» ridacchiò. «Cosa diavolo facevi in una casa di malaffare, Moll?» «Faccende mie» tagliò corto lei. Jem sollevò il coperchio del cestino e afferrò l'ultimo pasticcino al miele. Margery gli diede un colpetto sulla mano, ma lui lo mangiò lo stesso. «Si rovinano se nessuno li tocca» si giustificò Jem. «Che bontà!» aggiunse a bocca piena, lasciando una scia di briciole sul selciato. «Avresti dovuto fare la cuoca, invece della cameriera.» «Non voglio fare la cuoca» replicò Margery. «Voglio preparare solo dolci e paste.» Sognava di aprire una pasticceria e guadagnarsi da vivere vendendo torte e pasticcini, ma era un'impresa costosa, così nel frattempo aiutava la cuoca di Lady Grant con le preparazioni più complicate. «Quando farò fortuna ti aprirò un negozio tutto per te» promise Jem ripulendosi la bocca con il dorso della mano. Margery scoppiò a ridere. «Morirò in attesa di quel giorno» replicò senza rancore. Jem spendeva ogni penny guadagnato con i suoi affari poco puliti nel gioco, nelle bevute e nelle donne. Non l'avrebbe mai ammesso, ma Jem era il suo fratello preferito. Pur avendo una decina d'anni più di lei, le era sempre stato vicino. Margery sapeva che non avrebbe dovuto preferirlo agli altri: Billy lavorava sodo per mantenere la moglie e la famiglia in continua crescita e Jed, rimasto nel Berkshire, aveva trovato un impiego in un albergo. Jem invece era un briccone incapace di guadagnarsi da vivere onestamente, ma almeno era allegro, mentre Billy era sempre così serio. C'era qualcosa in lui che rendeva impossibile arrabbiarsi, perfino quando, come adesso, si serviva senza pudore dei suoi dolci. Era fascino puro, pensò Margery, coprendo con fermezza ciò che restava della sua produzione con un panno. «Ti accompagno» annunciò Jem. «Non riceverai altri dolci per il disturbo» lo avvisò lei. Lui scoppiò a ridere. «Sei proprio dura, Moll.» 530
«Se non fossi mio fratello non perderei un minuto con te.» La piazza di Covent Garden era affollata. Una signora elegante al braccio di un gentiluomo anziano si girò a guardarli e Margery sospirò. Era sempre la stessa storia: le donne parevano del tutto incapaci di resistere al fascino di Jem. I capelli biondi, gli occhi azzurri, il sorriso pronto e il fascino provocante sembravano gettare un incantesimo su di loro, inducendole a liberarsi dei vestiti, delle inibizioni e dei mariti per infilarsi nel suo letto. Jem rivolse alla signora un inchino esagerato e ridacchiò con sfacciata arroganza. «Per favore!» protestò Margery tirandolo per un braccio. «Perché non ti fai pagare un tanto all'ora?» Jem scoppiò di nuovo a ridere. «È un'idea.» «Sono sicura che Mrs. Tong ti darebbe un lavoro. Le piacciono i bei ragazzi.» «Non è l'unica» ridacchiò Jem compiaciuto. Le batté un colpetto sulla mano. «Su, Miss Mallon, dammi un po' di rispettabilità.» Margery si fermò di colpo; un'altra coppia finì loro addosso in un profluvio di esclamazioni e scuse. «Cosa diavolo ti è preso?» chiese Jem. Margery non lo sentì. Strinse il manico del cestino, mentre una strana inquietudine la invadeva. Si ritrovò nell'ingresso del bordello, con le mani dello sconosciuto su di sé, tornò ad assaporare i suoi baci e a sentire la sua voce suadente che ammansiva quell'arpia di Mrs. Tong. Miss Mallon mi stava dando delle indicazioni... Margery si rese conto solo in quel momento che l'uomo conosceva il suo nome.
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Cuore scozzese di Michelle Willingham Scozia, 1305 - Forgiati da una terra aspra e selvaggia, sono uomini dall'animo indomito che combattono per la libertà del loro popolo e il cuore delle loro donne. Bram MacKinloch ha passato sette anni prigioniero degli inglesi, ai quali è sopravvissuto grazie a un'incredibile forza di volontà e al dolce ricordo della moglie Nairna. Ma quando finalmente torna a casa, le circostanze sono molto cambiate perché lei, credendolo morto, si è risposata... Incapaci di superare un grande dolore, Alex, indomito laird dei MacKinloch, e sua moglie Laren si sono allontanati sempre di più. Le gioie del talamo nuziale sono ormai solo un ricordo. Ma quando intuisce che lei gli nasconde qualcosa, Alex si rende conto di non essere pronto a rinunciare alla speranza di essere felici insieme. Dopo molti anni Callum MacKinloch ha riguadagnato la libertà, eppure una parte di lui è rimasta prigioniera nel castello da cui è fuggito perché Lady Marguerite, fidanzata del suo carceriere, gli ha rubato il cuore. Un legame tra loro, però, è impossibile. Callum è solo uno scozzese ribelle, privo di mezzi. Il sentimento che li unisce è forte, ma basterà a sfidare un destino che sembra segnato?
Dal 7 febbraio
Questo volume è stato stampato nel novembre 2017 da CPI Moravia Books