MEGAN FRAMPTON
Le doti segrete di una lady
Immagine di copertina: Proxyminder/iStock/Getty Images Plus/Getty Images Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Gentleman Seeks Bride Avon Books An Imprint of HarperCollins Publishers © 2021 Megan Frampton Traduzione di Lorenza Braga Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con HarperCollins Publishers, LLC, New York, U.S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved. © 2022 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione I Grandi Storici Seduction giugno 2022 Questo volume è stato stampato nel maggio 2022 da CPI Black Print, Spagna, utilizzando elettricità rinnovabile al 100% I GRANDI STORICI SEDUCTION ISSN 2240 - 1644 Periodico mensile n. 143 del 22/06/2022 Direttore responsabile: Sabrina Annoni Registrazione Tribunale di Milano n. 556 del 18/11/2011 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distribuzione canale Edicole Italia: m-dis Distribuzione Media S.p.A. Via Carlo Cazzaniga, 19 - 20132 Milano HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano
Dedica
In ricordo di Joan, che mi voleva bene.
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Londra, seconda metà del XIX secolo La vita era sempre stata facile per Thomas Sharpe. Era arguto, affabile e dotato di un fascino straordinario. Non appena entrava in una stanza, conquistava tutti; le donne volevano essere sedotte da lui e gli uomini volevano essere al suo posto. Era alto, attraente ed eccelleva in tutto ciò che faceva. La vita era facile. Fino a quando non lo fu più. Riusciva a ricordare l'istante preciso in cui la situazione cambiò. Quando suo padre entrò nella sala da pranzo di famiglia, con il cappello in mano, il volto cinereo. Quando sua madre quasi si alzò dalla sedia, portandosi la mano alla gola. Era una giornata fredda, uggiosa, in cui il sole era soltanto un'idea, non la realtà. Un giorno in cui si guardava fuori e, al sicuro nella comodità della propria casa, si immaginavano tutti i modi in cui il mondo poteva andare a rotoli, con la consapevolezza che ciò che si immaginava era solo una fantasia. Solo che non lo era. 7
Suo padre guardò sua madre negli occhi. «È andato, Matilda. Tutto quanto. Svanito.» Sua madre sgranò gli occhi, poi si accasciò sulla sedia, stringendosi il petto all'altezza del cuore. Quindi la sua espressione passò da disperata a colma di angosciosa speranza. Thomas la osservò, con una crescente sensazione di nausea in gola, mentre lo sguardo della madre si spostava su di lui. La donna lo guardava intensamente, pretendendo attenzione. «Dipende da te» annunciò. Poi indicò con un cenno le sorelle minori del figlio. «Che ne sarà di loro? Di noi?» Thomas le guardò: Julia, che stava per debuttare e non parlava d'altro da settimane; Alice, che a quattordici anni era di una timidezza spaventosa a causa della grave balbuzie e che probabilmente non avrebbe mai voluto essere vista in pubblico, ma di cui ci si sarebbe dovuti fare carico per il resto della sua vita. E guardò i genitori, che erano già anziani. I figli erano arrivati tardi e quell'investimento, quello su cui avevano scommesso tutto ciò che non era già stato vincolato, avrebbe dovuto provvedere a entrambi fino alla fine dei loro giorni. Avrebbe dovuto fornire una dote a Julia, che non aveva ricevuto in dono la bellezza di Thomas. Una povera, ordinaria debuttante aveva le stesse probabilità di contrarre un buon matrimonio quante ne aveva Thomas di passare inosservato a un ricevimento. Dipendeva da lui. Dipendeva tutto da lui. Non c'era bisogno che la madre glielo spiegasse; del resto, Alice aveva sottolineato che le donne lo facevano da secoli: sposare qualcuno abbastanza facoltoso da permettere alle loro famiglie di sopravvivere. Ci avevano persino scherzato sopra, quando sembrava impossibile che potesse8
ro giungere a quel punto. E ora lo scherzo era diventato realtà e dipendeva tutto da lui. Come poteva opporsi alla supplica della madre? Non c'era altra scelta, nessuna che potesse sostenere la famiglia. Anche se gli provocava una violenta rabbia che gli bruciava nel petto. L'ingiustizia di doversi vendere per assicurarsi che la famiglia sopravvivesse. Annuì e trasse un respiro profondo. «Lo farò.» E così, con quelle due parole, Thomas si mise a caccia di un'ereditiera. Erano passati quasi due anni da quando Thomas aveva accettato il suo futuro e non era più vicino a trovare la donna dei suoi sogni. Nello specifico, una donna nubile con un patrimonio sufficiente a mantenere la sua famiglia in relativo agio. I suoi sogni precedenti, sogni in cui qualcuno stimolava abbastanza la sua attenzione da permettergli di sviluppare un affetto duraturo, erano evaporati insieme alle finanze di famiglia. Julia aveva debuttato e, grazie al cielo, aveva sposato il terzogenito di un baronetto, un uomo che aveva ottenuto una parrocchia. Sembrava felice, aveva avuto un bambino e un altro era in arrivo. Era sistemata. Tuttavia, i suoi genitori e Alice non lo erano. E la situazione stava solo peggiorando. Alice ormai aveva sedici anni ed era ancora penosamente timida. Suo padre camminava molto più piano, mentre sua madre non si era mai ripresa del tutto dalla tosse dell'inverno precedente. Le visite del dottore. La manutenzione della proprietà che forniva le terre ai fattori che pagavano gli affitti, l'unica fonte di reddito della famiglia, ora che non avevano altri investimenti. Nessuna risorsa accantonata. Qualche bel gingillo per Alice, che non chiedeva mai niente ed era terrorizzata all'idea di dover vivere da sola quando i genitori 9
fossero morti. Servivano soldi per tutto. Soldi che non erano alla portata di Thomas. Soldi che andavano ad altri gentiluomini meno attraenti, in altrettanto gravi difficoltà finanziarie. Nonostante l'innegabile fascino, o forse a causa di esso, non era riuscito a legare una gentildonna a sé. Con lui le donne civettavano, o a volte anche di più, ma prenderlo come compagno permanente di vita? No. Sembravano ritenere che potesse essere così irresistibile da essere irresistibile per tutte. Che i voti nuziali non sarebbero stati sufficienti a fermare il costante interesse che lui sembrava suscitare ovunque andasse. Era logorante, in verità, essere affascinante ma non troppo; essere arguto senza mostrarsi troppo intelligente; essere ben vestito come ogni altro gentiluomo senza rendere evidente che era molto più attraente di chiunque altro. Ecco perché era a caccia. Di nuovo. La stanza era piena fino a scoppiare del meglio che l'alta società avesse da offrire: audaci chaperone che continuavano a spassarsela, a bere e a giocare d'azzardo più delle loro pudiche pupille; padri di famiglia che erano stati costretti da mogli insistenti a partecipare ed erano scappati in fretta nella saletta in fondo per fumare sigari e assaporare porto; vereconde giovinette il cui unico obiettivo era attrarre un gentiluomo che avrebbero dovuto tollerare per il resto delle loro vite e viceversa; madri dall'occhio di falco, che potevano fiutare quanto possedesse un potenziale marito fino all'ultimo penny. L'aria della sera era frizzante e piacevole, ma all'interno c'era un caldo soffocante, dimostrazione del successo di un ricevimento. E Thomas si trovava al centro di tutto ciò, mentre si muoveva in quella baraonda e adattava il suo comporta10
mento alle varie persone con cui stava parlando. «Miss Porter» esordì nel tono più cortese possibile. La gentildonna si trovava da sola ai margini della pista da ballo, vicina a un gruppo di debuttanti intente a chiacchierare. Quando quelle scoppiarono a ridere, lei lanciò loro un'occhiata mesta. Con una mano tremante Miss Porter reggeva un bicchiere di punch, mentre con l'altra si sistemava i capelli dietro l'orecchio, si tastava la collana, si grattava il naso, o la lasciava soltanto sospesa per aria in attesa di assegnarle il compito successivo. Miss Porter gli ricordava sua sorella Alice, di una timidezza vistosa, chiaramente in preda a una lieve angoscia per il fatto di trovarsi in vasta compagnia. Al contrario di Alice, però, Miss Porter aveva l'età per debuttare in società e aveva, a quanto si diceva, svariate sorelle che avevano bisogno che la maggiore si sbrigasse a sposarsi per poter debuttare a loro volta. Quella sera indossava il bianco candido preferito dalla maggior parte delle giovani presenti, un segnale rivolto ai gentiluomini scapoli per indicare che non aveva ancora ottenuto una promessa matrimoniale. Un po' come agitare un drappo rosso davanti a un toro. Thomas aveva risposto ai suoi segnali prestandole particolare attenzione, ma non troppa, così che le altre donne non credessero che fosse impegnato. Tuttavia Miss Porter non aveva notato o stava ignorando i garbati accenni di Thomas e lui non voleva imbarazzarla con le sue attenzioni o forzarla solo perché era di natura schiva. Certo, aveva bisogno di una moglie e la famiglia di Miss Porter possedeva senza dubbio denaro a sufficienza, ma se lei non fosse stata del tutto d'accordo nell'accettare la sua corte, se non era ciò che voleva, allora non l'avrebbe cor11
teggiata. La felicità della sua futura moglie non avrebbe dovuto contare nel suo intento di salvare la famiglia, ma Thomas non voleva perdere del tutto la propria umanità nella ricerca di una sposa. Era ciò che lo differenziava dagli altri gentiluomini nella stessa situazione; aveva perso alcune potenziali mogli a causa di corteggiatori più aggressivi, a cui non sembrava importare di piacere davvero alla donna che avevano scelto. E aveva visto quanto quelle mogli fossero state logorate dall'indifferenza, o peggio, dei mariti. Lui non sarebbe stato quel tipo d'uomo, nemmeno se le motivazioni che lo spingevano al matrimonio erano le stesse. «Sì, Mr. Sharpe?» rispose infine Miss Porter. «Posso prendere quello? Non vorrei che il vostro grazioso abito si rovinasse.» Indicò il punch e la mano con cui lei lo reggeva, che tremava ancora di più mentre lui parlava. La giovane annuì e un timido sorriso le si allargò sul volto. Un altro scroscio di risa. Altri sguardi colmi di desiderio. Non diretti a lui. Non c'era abituato, ma era quasi un sollievo non essere al centro dell'attenzione per una volta. «Miss Porter, posso presentarvi a Lady Emily?» Thomas fece un cenno verso la chiara animatrice del gruppo, una giovane gentildonna che era già fidanzata con un gentiluomo delle sue parti, ma che si trovava a Londra, così non si sarebbe persa niente. Thomas aveva dedotto che a Lady Emily piacesse essere ammirata, un tratto che aveva in comune con chiunque altro, ma che ponesse anche un limite preciso alla suddetta ammirazione. Thomas di solito contava i complimenti sulle dita della mano; se raggiungevano i cinque, era un complimento di troppo. 12
«Oh sì, ve ne prego» esclamò Miss Porter. «Un momento.» Thomas abbassò la testa così da poterle parlare vicino all'orecchio. «Se volete dire a Lady Emily che è splendida o qualunque apprezzamento simile, per favore, osservate le regole.» «Le regole?» replicò lei, perplessa. «Non più di quattro lodi. Altrimenti Lady Emily diventa irritabile. Come quando si danno troppe leccornie a un cane.» Lei represse una risatina e alzò gli occhi che brillavano su di lui. Grazie al cielo, sembrava più rilassata, molto meno suscettibile a essere, purtroppo, giudicata da un gruppetto di gentildonne, alcune delle quali notoriamente piuttosto taglienti nei loro giudizi. Grazie alla sua missione, Thomas aveva prestato scrupolosa attenzione a ciascuna delle possibili candidate che potevano salvare la sua famiglia. Lady Emily non era sulla lista, ma era una buona risorsa. Miss Hemingsworth non avrebbe accettato niente di meno di un titolo, che lui non possedeva. Lady Thomasina e Lady Theodora erano quasi indistinguibili l'una dall'altra, anche se non erano imparentate. Le aveva confuse troppe volte perché ritenessero serie le sue attenzioni. Inoltre erano oltremodo sciocche, tanto che una parte di lui si chiedeva se non le avesse confuse apposta, così da evitare la possibilità di sposarne una. Tese il braccio a Miss Porter, che lo prese con la mano con cui si sistemava i capelli. «Vi ringrazio, Mr. Sharpe» ripeté. «Di niente.» Diede una leggera pacca alla mano appoggiata sul suo braccio. «Signore» esordì Thomas mentre si avvicinavano al gruppetto, «posso avere l'onore di presentarvi Miss Porter? 13
Miss Porter è desiderosa di fare la conoscenza delle gentildonne più belle e affascinanti di Londra. Quindi l'ho portata qui da voi.» Accompagnò le sue parole con un inchino, tenendo lo sguardo su Lady Emily, poiché sapeva che il modo in cui lei avrebbe reagito avrebbe determinato ciò che avrebbero fatto le altre. «Oh, Mr. Sharpe» rispose Lady Emily con un sorrisetto allusivo, «siete troppo gentile.» «Non sono gentile, soltanto sincero» precisò Thomas, lusinghiero. «Miss Porter, non credete a una sola parola che pronuncia questo birbante» affermò Lady Emily. «Venite, parliamo un momento. Non mi pare che ci siamo già conosciute.» Miss Porter lasciò il braccio di Thomas, non prima di aver pronunciato un grazie a fior di labbra, mentre si dirigeva verso la nuova amica. «Se volete scusarmi» aggiunse lui, «vi lascerò discutere delle mie svariate qualità.» Si diffusero i sorrisi, poi Thomas raggiunse un angolo più discreto di quello in cui si era nascosta Miss Porter e trasse un respiro profondo mentre si concedeva di rilassarsi. Era spossante. Era spossato. Si voltò a guardare Miss Porter, che sfoggiava un sorriso deliziato. Il suo compito era arduo, ma se durante il percorso fosse riuscito ad aiutare qualcuno, forse ne sarebbe valsa la pena. E si ripromise di prendersi la serata libera il giorno seguente. Si trovava all'ingresso del Miss Ivy's, un club dove si giocava d'azzardo che di recente aveva iniziato a ospitare 14
serate speciali. Serate, come quella, in cui poteva partecipare chiunque, a patto che avesse denaro da spendere e una maschera da indossare. Thomas assaporò la sensazione di anonimato, anche se sapeva che era solo una facciata; dopotutto, non c'erano molti uomini a Londra della sua altezza e con la sua grazia. Non era vanesio, era un semplice dato di fatto, che avrebbe dovuto procurargli una moglie ricca già da tempo, ormai. «Buonasera» lo accolse una voce quando entrò. Thomas si voltò e sorrise quando vide la sua amica Octavia. Lei gestiva la quotidianità del Miss Ivy's ora che sua sorella, la Miss Ivy che dava il nome al locale, si occupava dei libri contabili, degli acquisti e di tutto il lavoro dietro le quinte. Da quel fatale giorno di due anni prima, si era ritrovato a essere più che cauto, almeno in termini finanziari. Aveva visto molti uomini vincere e perdere fortune al gioco d'azzardo, quindi salvare la sua famiglia in quel modo non gli era mai passato per la testa. Troppo rischioso. Molto più facile un buon matrimonio, pensò. Si sarebbe affidato al proprio aspetto, prima di contare sulla sua fortuna. Anche se ormai le probabilità che la prendesse in considerazione stavano aumentando. Forse avrebbe dovuto scommettere tutto come aveva fatto suo padre. Ma lo stava già facendo, no? Diamine, quella sera era proprio di cattivo umore. «Thomas?» chiese Octavia, sembrando divertita. «Buonasera» rispose lui con un inchino. «Ho bisogno di bere qualcosa di forte e di un momento di pace, senza essere obbligato a intrattenere una conversazione.» «Poverino» rispose Octavia, ironica. «Deve essere faticoso essere costretti a mostrarvi affascinante ovunque andiate. Come va la caccia, a ogni modo?» 15
Thomas alzò le spalle. «Proprio bene, eh?» Lui e Octavia erano fatti della stessa pasta: affascinanti, affabili e a volte sconsiderati. Avevano avuto una breve relazione, che aveva persino incluso alcuni baci, ma sapevano entrambi che non poteva durare. Erano entrambi pietre focaie, in grado di generare scintille, ma incapaci di gestire un vero fuoco. Tuttavia, sebbene Thomas avesse perso una potenziale amante, poiché Octavia non era abbastanza ricca perché la sposasse ed era troppo determinata a restare indipendente, aveva guadagnato un'amica. Una persona che lo capiva, che sapeva com'era cadere in disgrazia. Prima di essere la facciata del Miss Ivy's, era stata una gentildonna, che viveva in campagna con la sorella maggiore. I casi della vita, però, capitavano, come aveva potuto constatare di persona, e ora lei sfidava le convenzioni con zelo. Thomas sapeva che ci sarebbe voluto un gentiluomo eccezionale per convincerla a rinunciare anche solo a un briciolo della sua indipendenza; era un vortice di opinioni dirette e discorsi schietti. Octavia gli prese il braccio e lo condusse al bar, dall'altro lato del club. La sala era decorata a vivaci sfumature di fucsia e oro, audace testimonianza della Duchessa di Malvern, una delle migliori amiche di Octavia e una donna che apprezzava il valore delle ardite combinazioni di colore. L'effetto globale era sia seducente sia provocatorio. Gli ospiti, per la maggior parte, indossavano maschere che spaziavano da semplici fasce con aperture per gli occhi a ornamenti ben più complicati, adatti a essere indossati da Maria Antonietta alle Tuileries. «Se solo possedeste abbastanza da provvedere a me» si 16
rammaricò Thomas, afflitto, mentre lui e Octavia si insinuavano tra la folla. «Non credo che lo vorrei» replicò Octavia. «Sareste fin troppo difficile da mantenere.» Thomas si fermò, portandosi la mano sul cuore con un esagerato gesto inorridito. «Mi ferite nel profondo. Ho solo bisogno di una moglie con un solido conto in banca, senza troppi parenti fastidiosi e che sia una compagnia gradevole.» Fece una pausa. «In quest'ordine.» «Come ho detto» ribadì Octavia, con aria furbetta, «troppo difficile da mantenere.» Thomas rise, come ci si aspettava da lui, mentre raggiungevano il bar. Un cameriere lo salutò con un cenno e iniziò a versargli da bere, un whisky con uno spruzzo d'acqua, e posò il bicchiere sul bancone. Thomas se lo stava portando alla bocca quando sentì Octavia trattenere il fiato e si voltò per vedere che cosa fosse riuscito a sorprendere la sua imperturbabile amica. E poi la vide. Vestita con un abito più adatto a una presentazione a corte che a una casa da gioco, i capelli dorati che splendevano alla luce delle candele, le labbra seducenti incurvate in un sorriso smagliante, la maschera che nascondeva a malapena la bellezza del suo volto e che non riusciva a nascondere la sua identità. Lady Jane Capel, figlia del Conte di Scudamore. La sorella del suo migliore amico. Una donna dotata sia di bellezza sia di ricchezza, che due anni prima sembrava essere sul punto di diventare duchessa – nello stesso periodo in cui le fortune di Thomas erano drasticamente cambiate – quando il duca, in maniera del tutto inaspettata, aveva sposato la sorella di lei e Lady Jane si era fidanzata con il vici17
no di casa. Jane tuttavia era ancora nubile. Due anni prima la sua vita era finita sottosopra. O, per essere più precisi, era lei stessa ad averla messa sottosopra, dopo che il promesso sposo aveva rotto il fidanzamento. Aveva lasciato la dimora paterna e aveva preso alloggio con il fratellastro, Percy Waters, l'amico più stretto di Thomas, invece di nascondersi nella sicurezza della casa dei genitori, finché qualcun altro non fosse rimasto incantato dalla sua bellezza e dal suo carattere tranquillo. Thomas aveva incontrato Jane negli anni, ovvio, ma la sorella di Percy preferiva trascorrere il tempo con un libro o al parco, piuttosto che gozzovigliare con Thomas e il fratello. In più, la sua sporadica presenza a eventi sociali causava invariabilmente commenti per il modo in cui viveva e lui non poteva permettersi che qualcuno mettesse in dubbio la sua reputazione trascorrendo del tempo con lei. Non era giusto, ma era il loro mondo. Ammirava il suo coraggio per aver rifiutato il sentiero già battuto da altre donne aristocratiche. Desiderava poter fare altrettanto, anche se il cammino di Thomas era uguale a quello che aveva percorso lei: il matrimonio con uno sconosciuto, a seguito di un accordo d'affari, e non basato sui sentimenti. Un marito affascinante in cambio di sufficiente denaro per tenere a galla la famiglia del suddetto marito affascinante. «Che cosa ci fa qui una come lei?» chiese Octavia, esprimendo la domanda che frullava anche nella mente di Thomas. Persone di tutti i tipi andavano al Miss Ivy's, naturalmente, ma poche erano tranquille, pudiche e amanti dei libri. Vederla al club strideva come sarebbe stato per Thomas partecipare a un incontro di tipi cupi che preferivano restare a casa a leggere invece di uscire. Lady Jane era seduta a uno dei tavoli da gioco, con sei o 18
più gentiluomini intorno a sé. Prese la tazza dei dadi e la scosse con lo stesso sorriso raggiante sul volto, come se fosse un nuovo libro tra le pagine del quale stava per tuffarsi. Gli uomini che la circondavano mostravano espressioni affascinate, intrigate o di evidente desiderio, emozioni per nulla nascoste dalle maschere che portavano. Fu il palese desiderio che lesse in quegli sguardi che fece posare a Thomas il bicchiere, ancora pieno, sul bancone e lo fece voltare per andare verso di lei. Aveva il dovere, nei confronti dell'amico, di badare a sua sorella minore, anche se la sorellina sembrava divertirsi molto. Thomas, tuttavia, sapeva meglio di altri che le apparenze ingannavano. Raggiunse il tavolo proprio mentre lei, con gli occhi sgranati dietro la maschera, lanciava i dadi, che rotolarono sul panno verde. «Un sette fortunato!» esclamò il croupier, spingendo la pila di fiche verso Lady Jane. Lei si protese in avanti per tirarle verso il mucchio che aveva già di fronte a sé. «Congratulazioni» si complimentò uno dei gentiluomini, posando la mano sullo schienale della sedia di Lady Jane, come se fosse di sua proprietà. «Lasciate che vi accompagni dove ci sono altre giocate, molto più interessanti.» Thomas lo riconobbe, era Lord Joseph Callender, un altro gentiluomo a caccia di un'ereditiera, un uomo attraente che aveva bisogno di mantenere il suo tenore di vita fatto di cavalli costosi, donne dispendiose e vini pregiati. Di lì a qualche anno, previde Thomas, l'avvenenza di Lord Joseph avrebbe ceduto ai suoi vari vizi, quindi quella era l'ultima possibilità di sfruttare il suo aspetto. Lord Joseph, tuttavia, non se n'era reso conto. Aveva solo un disperato bisogno di fondi e, come Thomas, aveva 19
capito che il modo migliore per uscire dai debiti era contrarre un buon matrimonio. Lady Jane non era più un'ereditiera, poiché era stata disconosciuta dai genitori quando si era trasferita a vivere con Percy. Quindi le intenzioni di Lord Joseph non erano affatto onorevoli. Il che significava che Thomas sarebbe dovuto intervenire. «Milady» esordì con il suo tono più seducente quando la raggiunse. «Credo che abbiate promesso di permettermi di farvi vedere il Miss Ivy's.» Incrociò lo sguardo di Octavia e le indicò la porta del suo ufficio privato. Lei rispose con un cenno di assenso, estraendo una chiave dal corpetto e mostrandogliela. Gli occhi azzurri di Lady Jane apparvero confusi. «Davvero?» rispose, poi la sua espressione si distese quando lo riconobbe. A quel punto, si accigliò. «Non mi pare» continuò, riportando lo sguardo sul tavolo da gioco. «Avete compiuto il vostro dovere. Grazie, Mr. Sharpe.» Thomas si paralizzò, non abituato a sentirsi opporre un rifiuto. «L'avete sentita, Mr. Sharpe» aggiunse Lord Joseph. «Mi prenderò cura io di Lady Jane.» Lei voltò la testa di scatto. «Nemmeno voi» replicò in tono offeso. «Nessuno si prenderà cura di me, grazie tante.» Si alzò, lasciando cadere le fiche in una reticella che portava al polso. «Credo che tenterò la fortuna a un altro tavolo.» Invece di spostarsi a un altro tavolo, però, andò a passo spedito al bar, con un cenno a Octavia, sul volto della quale c'era la stessa espressione sorpresa di Thomas. «Lasciate che me ne occupi io» mormorò lui all'amica, prendendo la sua chiave. Lei annuì e lui si diresse al bar, 20
sedendosi accanto a Lady Jane, che sembrava decisa a ignorarlo. Bene. Fintanto che lei non spariva nelle stanze sul retro con qualche mascalzone, a lui non importava. Il bicchiere gli ricomparve davanti ma, quando fece per prenderlo, gli venne portato via. Lei alzò il mento con aria di sfida, tenendo gli occhi nei suoi mentre iniziava a bere. Poi distolse lo sguardo quando iniziò a tossire, si portò una mano alla gola e con l'altra rimise il bicchiere sul tavolo. Lui represse un sorriso e anche un: «Ve l'avevo detto», perché in realtà non l'aveva avvertita riguardo al whisky. Non ne aveva avuta l'opportunità, dato che lei gliel'aveva sottratto troppo in fretta. «Be'» continuò, quando fu di nuovo in grado di parlare, «non me l'aspettavo.» Aveva gli occhi lucidi e si tolse la maschera per asciugarseli. Nonostante la reazione al whisky, aveva un'espressione allegra. «Permettetemi di accompagnarvi a casa, Lady Jane» la pregò Thomas, posandole la mano sul gomito mentre si alzava. «A casa?» ribatté lei, aggrottando la fronte per il disappunto. «Questo» aggiunse indicando il bicchiere, «significa che non ho affatto finito. Me ne serve un altro» comunicò al cameriere con un caldo sorriso. E prima che Thomas potesse parlare, prima che potesse decidere qualcosa, lei prese di nuovo il bicchiere, trangugiò il whisky e sbatté il bicchiere sul bancone con un ampio gesto. E non tossì. «Ecco!» esclamò trionfante. «Molto meglio.» Thomas poté solo starla a guardare, domandandosi che diavolo fosse successo per trasformare la mite Lady Jane in 21
quella civetta che giocava d'azzardo e beveva. Jane dovette mordersi il labbro per non ridergli in faccia. Il composto Thomas Sharpe, costantemente garbato, sempre compiacente, la stava fissando come se non l'avesse mai incontrata prima. Forse era così. Di certo sembrava non averla mai vista davvero, anche se si erano trovati nella stessa casa diverse volte; era il migliore amico di Percy, suo complice in tutte le imprese sconvenienti che il fratello si concedeva. Jane non era certa di che imprese si trattassero, Percy si rifiutava di dirglielo, sostenendo che fosse troppo ingenua per capire, ma lei aveva avuto l'impressione che riguardassero alcolici, intrattenimenti esuberanti e altre attività di cui le giovani donne nubili non avrebbero dovuto sapere nulla. Con grande fastidio da parte sua, lei era una di quelle nubili ignare. Ecco perché si trovava al Miss Ivy's, a lanciare dadi e bere whisky. Per imparare tutto ciò che non sapeva. Per scambiare la sua ingenuità con qualcosa di più mondano. E purtroppo, per imbattersi nel migliore amico di suo fratello. Avrebbe proprio guastato i suoi piani, se non avesse trovato il modo di contrastare le sue tendenze cavalleresche. «Mr. Sharpe» iniziò, mentre le veniva messo davanti un altro bicchiere, «non c'è bisogno che mi teniate compagnia. Me la cavo benissimo da sola.» Usò il tono deciso che aveva preso da uno degli sproloqui della madre su come dovesse sposarsi al meglio e in fretta. Cosa che non avrebbe fatto. Ma il tono era efficace. Perlomeno lo sperava. Le affascinanti sopracciglia di Mr. Sharpe scattarono 22
all'insù da sotto la maschera in un'evidente espressione di dubbio. Maledizione, perché non voleva ascoltare quando lei affermava che stava bene? E perché doveva essere così attraente? Jane aveva da poco imparato a controllare il respiro quando lui andava a trovare Percy, e aveva sempre avuto del tempo per prepararsi. Il suo intervento lì era stato così inaspettato che lei non aveva avuto modo di assorbire il colpo. Di quei maliziosi occhi azzurri scuri, che erano sia intensi sia seducenti; dell'innata grazia del suo corpo; della mascella volitiva e della bocca sensuale. Persino i suoi capelli erano affascinanti: castani scuri, con qualche morbido ricciolo che gli accarezzava le spalle e gli ricadeva insolente sulla fronte. A volte le prudevano le dita dal bisogno di scostarglieli, e doveva ricordarsi che sarebbe stato troppo bizzarro per lei farlo. Ma ci pensava comunque. La maschera non riusciva a nascondere il suo fascino, anzi, le faceva soltanto venire voglia di vedere se sarebbe stata lei la donna che l'avrebbe spinto a togliersela. Per rivelarsi a lei e solo a lei. Non avrebbe dovuto formulare quei pensieri sul migliore amico di suo fratello. Soprattutto quando il suddetto amico stava cercando di accompagnarla come una pecorella smarrita. Be', aveva smesso di comportarsi da pecora. «Percy sa che siete qui?» chiese lui, senza rispondere all'esplicita richiesta di lasciarla in pace. «Perché suppongo di no» continuò, senza aspettare che lei replicasse. Forse il suo tentativo di controllarla era la risposta all'interesse che nutriva per lui. Ciò cancellò ogni impulso di scostargli i capelli dalla fronte. 23
«Certo che no» rispose con veemenza Jane, poi gli puntò il dito contro. «Perché mio fratello è un perfetto adulto, come lo sono io. Non gli chiedo dove va quando esce con voi, o sì?» Incrociò le braccia sul petto e imitò la sua espressione perplessa. Solo che immaginava di non avere lo stesso aspetto canzonatorio che aveva lui. Lady Jane Capel non scherzava, dopotutto; era accomodante, tranquilla, remissiva, modesta e ben educata. Era saltato fuori che Lady Jane Capel non le piaceva molto. Perlomeno non quella sua versione. «Le due cose sono del tutto diverse» ribatté lui, in tono condiscendente. Un tono che la infastidì talmente tanto che dimenticò, per un attimo almeno, quando fosse attraente. «Perché sono una donna?» Mr. Sharpe rifletté e lei represse un sorriso per essere finalmente riuscita a farsi notare, anche se lui sembrava solo aver notato che era irritante. Ma andava bene comunque. «Potremmo discuterne in un luogo più privato?» domandò lui, guardandosi intorno. Lo vide stringere gli occhi e si voltò per guardare a sua volta. Lord Joseph, accompagnato da qualche amico, si stava dirigendo verso di loro. «Oh, cielo» esclamò lei, esasperata. Gettò qualche fiche sul bancone. «Va bene.» Tutto, pur di evitare di causare un altro scandalo in cui sarebbe stata impotente. Se doveva essercene uno, voleva esserne lei la causa. Non fare solo da spettatrice mentre l'uomo di cui pensava di essere innamorata la abbandonava. Non restare in disparte mentre la gente sparlava di lei e di come viveva. Non rimanere a guardare mentre gli uomini che aveva sempre creduto gentiluomini le facevano proposte inappropriate ora che la ritenevano vulnerabile. 24
Anche Mr. Sharpe si alzò, indicando una porta alla sinistra del bancone. Lei lo precedette, placata dal fatto che non le avesse preso il braccio per guidarla o avesse affermato in altro modo il suo diritto a dominarla. Si fece da parte quando lui estrasse una chiave dalla tasca e aprì la porta, poi entrò e lui la seguì, richiudendo la porta alle loro spalle. Era un piccolo ufficio, con una scrivania ordinata e diversi scaffali che rivestivano le pareti. Invece di libri, però, sulle mensole vi erano stipate bottiglie di liquori. Sul tavolo bruciava una candela, ma per il resto la stanza era al buio. Era di un'intimità sconvolgente. Soprattutto perché Jane si rese conto che quella era la prima volta in cui restava da sola con un uomo dai tempi di Mr. McTavish, il lupo travestito da agnello che le aveva spezzato il cuore qualche anno prima. Anche se forse avrebbe dovuto ringraziarlo, dato che, se non l'avesse scaricata, ora sarebbe stata sposata con lui, da brava pecora. Tuttavia non c'era bisogno che si preoccupasse dell'intimità. Sapeva benissimo, e con un lieve disappunto, che Mr. Sharpe la vedeva soltanto come la sorella del suo amico. L'aveva messo più che in chiaro in tutti i loro precedenti incontri: si sentiva responsabile per lei, ma nient'altro. Avrebbe dovuto essere sollevata dalla sua mancanza d'interesse. Del resto, riceveva attenzioni dai gentiluomini dall'età di sedici anni. Sua madre le aveva assicurato che avrebbe contratto un matrimonio spettacolare e che tutto ciò che doveva fare era farsi vedere. Essere una spettatrice, per così dire. Ed essere la pudica Jane di cui ora desiderava disperatamente liberarsi. Ecco perché era finita nell'umiliante situazione di farsi 25
abbandonare da un uomo che non si avvicinava nemmeno al meritarla. «Ebbene?» chiese con impazienza. «Sono davvero curioso» rispose lui, togliendosi la maschera mentre si avvicinava. Solo per guardarla meglio nella penombra, si disse Jane, anche se il suo cuore traditore fece lo stesso una capriola. «Che cosa vi ha spinta a venire al Miss Ivy's? Da sola?» L'aspetto seccante era che sembrava sinceramente incuriosito. Non la stava giudicando, né rimproverando. Lei esitò, poi alzò la testa per guardarlo negli occhi. «Non voglio più essere me.»
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Guida scandalosa per signorine
EVA LEIGH LONDRA, 1818 - A seguito dell'ennesimo scandalo, Kieran Ransome riceve dal padre un ultimatum: o troverà una moglie rispettabile o non erediterà nulla. Essendo una delle più amabili canaglie di Londra, però, lui non conosce nessuna donna adatta allo scopo. O forse sì?
Lady Scarlet
VIVIANA GIORGI INGHILTERRA, 1821 - Dopo la morte del marito, Madeline Benton incontra Lord Sebastian Cumberlane, il suo primo amore, ma non vuole perdere la liberà. Sebastian, da parte sua, con un sapiente corteggiamento e la sottile arte della seduzione, spera di condurla infine all'altare!
Le doti segrete di una lady
MEGAN FRAMPTON LONDRA, XIX SEC. - Thomas Sharpe è bello, di ottimi natali e senza un soldo. Per salvare la famiglia dall'indigenza, l'unica possibilità è che sposi un'ereditiera. Lady Jane è indipendente, timida e senza un soldo e decide di aiutare Thomas. Ma al cuore, e ai sensi, non si comanda.
Un seducente viaggio con il lord ELLA QUINN
LONDRA, 1818 - Lady Augusta Vivers è certa che il matrimonio porrebbe fine ai suoi studi e le impedirebbe di viaggiare. Finché incontra Lord Phineas Carter-Wood, che ha girato per il mondo e deve solo dimostrarle che sono l'amore e la passione le avventure più seducenti.
Quattro settimane di passione
MEGAN FRAMPTON INGHILTERRA, XIX SEC. - Octavia rivendica la propria eredità, ma Gabriel Fallon dice che suo padre ha vinto la casa con una scommessa, quindi le propone un patto: quattro settimane per capire a chi appartenga davvero. Ma le lunghe serate passate assieme si trasformano presto...
Sedotta dal nemico
SARAH RODI BRITANNIA, 821 - Svea è una guerriera vichinga che si ritrova in fuga con un sassone, Lord Ashford Stanton. La sua gentilezza e il suo rispetto la confondono. Il suo fascino la infiamma, ma nessun addestramento l'ha preparata a desiderare il tocco eccitante del suo peggior nemico.
Le tentazioni di un'ereditiera
HARPER ST. GEORGE INGHILTERRA, 1875 - La ricca ereditiera americana Violet Crenshaw ha intenzione di fuggire da Londra e dal matrimonio che i genitori hanno combinato per lei e fare la scrittrice. E il Conte di Leigh decide di scortarla e sfruttare così ogni momento per convincerla a sposarlo.
L'allieva di Casanova JOSEPHINE DUBOIS
VENEZIA, 1756 - La sensuale Lucrezia, decisa a scoprire dove si nasconda l'uomo che da sempre desidera, Giacomo Casanova, vaga tra bische clandestine e teatri non autorizzati dalla Serenissima. E lì la sua strada si intreccia con quella del misterioso e affascinante Jacopo...
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