Leggenda d'amore

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Nicole Harrison sta pianificando la proposta di matrimonio del secolo... Peccato che non sia la sua . “Un romanzo dolce e divertente come la sua eroina, Nicole.” Goodreads Reviews Organizzatrice nata e romantica d.o.c., Nicole ha realizzato il lavoro dei suoi sogni quando ha fondato l’agenzia di proposte matrimoniali Sogni &Fantasie. Il suo lavoro la entusiasma profondamente, fino a quando non accetta di organizzare la proposta di nozze per il fotografo Alex Black da parte della sua fidanzata. Alex, infatti, altri non è che l’uomo che lei ha baciato a una festa il Capodanno precedente e che non è mai riuscita a dimenticare. Organizzare la dichiarazione da parte di un’altra non è esattamente l’occasione in cui aveva sperato di rivederlo. Deve scegliere: vivere per sempre efficiente e infelice o disoccupata e contenta?

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Leanne Banks

Leggenda d'amore


Titoli originali delle edizioni in lingua inglese: Her Forever Man The Doctor Wore Spurs Expecting His Child Silhouette Desire © 2000 Leanne Banks © 2000 Leanne Banks © 2000 Leanne Banks Traduzioni di Matilde Lorenzi, Ada Laura Quinque e Daniela Alidori Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. © 2000 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prime edizioni Harmony Destiny novembre 2000, febbraio 2001, maggio 2001 Questa edizione myLit novembre 2015 Questo volume è stato stampato nell'ottobre 2015 da Grafica Veneta S.p.A. - Trebaseleghe (Pd) MYLIT ISSN 2282 - 3549 Periodico mensile n. 28 del 27/11/2015 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 162 del 31/05/2013 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Trentacoste, 7 - 20134 Milano Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano


La maledizione dei Logan



Prologo

Tutto ciò che Brock Logan desiderava era un ranch ben organizzato, sicurezza per i suoi figli e pace. La follia e l'eccitazione delle storie d'amore non lo interessavano più. Aveva sperimentato sulla propria pelle la maledizione della passione frustrata quando la sua ex moglie lo aveva lasciato con il cuore in pezzi e due bambini piccoli da allevare. Ringraziò Dio per i suoi gemelli, un maschio e una femmina, e inspirò una buona boccata d'aria fresca che aveva il profumo della pioggia imminente. Tutto ciò che desiderava era un po' di pace. In piedi nella veranda di legno della grande casa che i suoi antenati avevano costruito e lui aveva ampliato, guardava i nuvoloni scuri e minacciosi che avanzavano da nord. Accartocciò il fax che teneva in mano, mentre l'ansia gli serrava la bocca dello stomaco. «Un po' di pioggia non guasterebbe» commentò suo fratello minore Tyler, raggiungendolo. «Anche se dalla tua faccia non si direbbe.» «Non ci serve un temporale, ma una pioggerellina fine e continua. Non ci serve nemmeno un ospite inatteso, se è per questo» brontolò, gettando un'occhiata al fax che stringeva in pugno. «Ospite inatteso?» gli fece eco Tyler. «Di chi è quel fax?» «Del nostro avvocato, Greg Roberts.» L'irritazione lo 7


stava invadendo di nuovo. Sapeva bene perché Greg aveva mandato un fax invece di telefonare. Non voleva scontrarsi con lui e con la sua collera. Tuttavia Brock aveva tutti i diritti di essere imbestialito. Erano anni che lo pregava di liberarli da quell'assurdo contratto con il socio accomandante, ma Greg aveva tirato per le lunghe e adesso ecco il socio che veniva a ispezionare il ranch! «Dice che il nostro socio fantasma verrà a farci visita.» Tyler sgranò gli occhi, incredulo. «Socio fantasma? Non i Chambleau?» «Chambeau» lo corresse Brock. «Ne è rimasto uno solo. Una donna. Felicity Chambeau.» Detto da lui suonava come il nome di un nuovo morbo. «Il suo avvocato ha contattato Greg per comunicargli che lei vorrebbe venire a vedere la casetta oggetto dell'accordo fra il suo trisnonno e il nostro.» Tyler era perplesso. «Scusa, ma non è la casetta dove abita il nostro capo ranch?» Brock annuì, poi si tolse il cappello per passarsi una mano tra i capelli. «Esatto. E visto che è un tipo in gamba, uscito dalla miglior facoltà di agraria, voglio tenermelo buono. Questa stagione sarà impegnativa, con i vitellini che devono nascere, soprattutto dopo che uno dei tori dei Coltrane se l'è spassata nei nostri pascoli. Ma credo che sarà una stagione dura sotto più punti di vista.» «E questa Felicity dove alloggerà?» Brock disse mentalmente addio alla sua pace. «In casa. Non esistono alberghi decenti nella zona.» A Tyler scappò una risatina. «Forse ci rallegrerà un po' la vita.» Il fratello lo guardò storto. «Non ho bisogno di allegria.» Tutto quello che voleva era regalare metà dei suoi sol8


di, pensò Felicity Chambeau, mentre guardava con aria stanca fuori dal finestrino del taxi che la portava al ranch dei Logan. Sapeva che il denaro era inutile se restava fermo in banca, e aveva raggiunto la conclusione di destinarne una parte cospicua a una buona causa. Inoltre voleva uscire da quel maledetto elenco. Quello che tutti gli anni indicava le cinquanta donne più ricche d'America. Finché vi fosse comparso il suo nome, lei sarebbe rimasta una preda possibile per qualsiasi maschio opportunista al corrente della sua situazione economica. Anche se in vita sua non aveva realizzato nulla di particolarmente importante, il suo progetto non doveva essere così difficile da mettere in pratica... Tuttavia temeva che avrebbe fatto un ennesimo buco nell'acqua. I suoi avvocati le avevano consigliato di ritirarsi in un posto tranquillo finché le acque non si fossero calmate e loro non fossero riusciti a fare qualche progresso con le procedure legali. Se pensava alla tranquillità, le veniva in mente un piccolo castello nel Sud della Francia. Agli avvocati andava bene il Sud, ma degli Stati Uniti, in caso avessero dovuto chiamarla a testimoniare. Il Texas era l'ideale. Per quel che stava vedendo avrebbe potuto essere un paese straniero. Abituata a Manhattan, con tutti i suoi grattacieli che svettavano verso il cielo, quella immensa pianura e quelle nubi grigie gonfie di pioggia le sembravano terribilmente desolate e troppo tranquille. Anche il tassista era troppo tranquillo. Le veniva voglia di scappare. Chiuse gli occhi e si appoggiò allo schienale con un sospiro. Forse proprio quella sua smania di fuggire l'aveva messa nei guai. Dopo la morte dei genitori in un incidente, non aveva fatto che passare da una festa di beneficenza all'altra, da un viaggio all'altro. 9


Tenersi occupata, non badare al dolore, non guardarsi allo specchio, scuotersi dal senso di vuoto, non pensare che non aveva radici né parenti, nessuno... Sembrava più facile se si muoveva di continuo, e così era finita dritta nelle braccia aperte di Douglas, il suo consulente finanziario. Si era fidata di lui, aveva creduto in lui e lui aveva preso il volo insieme a una bella fetta dei soldi di Felicity e a una ballerina brasiliana. C'era stato un grande scandalo nel loro ambiente e lei si sentiva uno straccio. Inghiottì a fatica il gusto amaro della vergogna. Era forse più delusa da se stessa che da Douglas. Tutto il suo correre non l'aveva mai portata a niente. Aprì gli occhi e guardò la pianura sconfinata. Forse era ora di smettere di scappare e di affrontare se stessa. L'idea la spaventava. Per quasi tutta la vita si era sentita sola. Doug non era stato l'unico a farle capire che nessun uomo l'avrebbe amata per quello che era, quindi tanto valeva rinunciare all'idea di sposarsi. Le andava bene, ma voleva comunque sparire da quel maledetto elenco. E dopo? Dopo avrebbe dovuto abituarsi a stare con se stessa. Il panico le strinse lo stomaco. E se non le fosse piaciuto? Fece un profondo respiro per calmarsi. Poteva sempre cercare di cambiare, si disse. Cominciando da quel paesaggio monotono. Lì almeno avrebbe potuto pensare in tutta calma, senza alcuna distrazione.

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Quell'uomo era enorme! Con la pioggia che cadeva a catinelle e il tassista che suonava il clacson, Felicity, ferma sotto la veranda dei Logan, fissava intimorita due glaciali occhi dell'azzurro più azzurro che avesse mai visto. Era alto e muscoloso, per niente grasso, ma tutto in lui emanava forza e decisione. Sembrava un uomo solido, che non si sarebbe mai lasciato andare a niente di frivolo. La potenza di un tuono la spaventò. Non le erano mai piaciuti i temporali. Accennò un tremulo sorriso. «Buongiorno, sono Felicity Chambeau.» Non gli porse la mano, pensava che gliel'avrebbe stritolata. Certo era un pensiero ridicolo, ma lì al buio, con la stanchezza del viaggio e quell'uomo così imponente... «È in anticipo...» Bagnata com'era, Felicity capì di non essere all'altezza della situazione. «Io... io...» balbettò, poi ammutolì. Certo, non era un mostro di sicurezza in se stessa, ma starsene lì a farfugliare solo perché un uomo grande e grosso la guardava gelido non era da lei. Raddrizzò le spalle. «I miei avvocati hanno preso contatti con il suo varie volte nelle ultime settimane. È una serata orrenda, io sono stanca e non intendo disturbarla ulteriormente. Se potesse solo indicarmi il mio alloggio...» «Al momento nei suoi alloggi ci abita il mio capo 11


ranch con moglie e figli, compreso l'ultimo nato di pochi mesi. Se vuole che li mandi via...» «Oh, no! Non può farlo» mormorò lei sentendo il terreno franarle sotto i piedi. «C'è un albergo da queste parti?» «No. Può rimanere qui in casa.» Con lui? L'idea non l'allettava per niente, anche perché sembrava non piacere nemmeno a lui. «È lei il signor Logan?» chiese. «Brock Logan» si presentò, poi girò il capo verso il taxi che aspettava e con un fischio gli fece cenno di scaricare i bagagli. L'uomo si affrettò a depositare vicino a loro due valigie e due borsoni. Felicity lo pagò e, quando sollevò lo sguardo, vide Brock che fissava costernato la mole dei bagagli. Avanzò di un passo e lei d'istinto arretrò senza pensare che era già sull'orlo del gradino. Sarebbe caduta all'indietro se due braccia incredibilmente rapide e forti non l'avessero afferrata al volo. L'imbarazzo per la sua goffaggine, unito alla vicinanza di quel torace d'acciaio, le imporporò le guance. Però aveva buongusto, ebbe il tempo di pensare Felicity, perché usava una colonia adatta a lui. Un profumo secco, molto virile, che sapeva di muschio e cuoio, ben diverso dagli odori un po' svenevoli a cui era abituata lei. Era anche molto diverso dagli uomini che era solita frequentare, in effetti. Che il cielo mi aiuti, pensò. Come inizio non era il massimo. «Grazie» mormorò dopo aver riacquistato l'equilibrio. Gli vide un lampo negli occhi che la turbò, qualcosa che non vedeva da tempo e che assomigliava molto all'onestà, alla pulizia morale. Brock si strinse nelle spalle e la lasciò andare, poi si chinò ad afferrare le valigie. «Da questa parte» le disse entrando in casa. 12


Felicity si fece coraggio e lo seguì. Si muoveva in fretta assorbendo le prime impressioni del luogo. Ampi spazi, luci diffuse, legno lucido, calore. Fotografie e ritratti erano appesi alle pareti della bella scala di legno su cui si avviarono. Il senso di tradizione familiare era fortissimo. «La prima colazione è alle sei e la cena alle diciotto. Per il pranzo ognuno si arrangia. Se si prepara qualcosa in cucina, rimetta tutto a posto, per favore. La nostra governante, la signora Addie, è molto gelosa delle sue cose.» In altre parole, non si aspetti nessun trattamento di riguardo, tradusse mentalmente lei. Lo seguì in una piacevole camera da letto, con un vecchio letto matrimoniale in legno, armadio e cassettone della stessa linea e un tavolo da toilette in un angolo. Brock accese la lampada sul comodino. «Il bagno è nel corridoio.» «Ha una casa bellissima» commentò lei educatamente. «I mobili non sono quelli tipici di queste parti.» «I miei antenati erano della Virginia.» Felicity annuì. «Capisco. Sua moglie deve avere molto buongusto...» «Sono divorziato» la interruppe lui brusco. «Ho due bambini. Bree e Jacob non sono famosi per la loro tranquillità, tuttavia dirò loro di non starle tra i piedi. Mio fratello Tyler è medico all'ospedale della città, perciò è quasi sempre fuori. Mia sorella Martina vive a Chicago, ma può arrivare quando vuole e Addie si occupa di tutto. È molto brava e per noi è una di famiglia.» Felicity memorizzò le informazioni ricevute. «Cercherò di non dare fastidio» dichiarò. Lo sguardo dubbioso di lui non l'aveva lasciata un attimo. «Se decidesse di fare una passeggiata nel ranch, si tenga lontano dal recinto dei tori.» E dopo un attimo di esitazione, aggiunse: «E dagli alloggi degli uomini». 13


Lei annuì e si guardò intorno. «Meno male che c'è una finestra qui in camera» commentò sorridendo. L'unica reazione nel viso di Brock fu un leggero irrigidimento della mascella. Decisamente quell'uomo non brillava per senso dell'umorismo! «Quanto pensa di fermarsi?» le chiese. «Non so, dipende da cosa mi diranno i miei avvocati. Pensavo che il mio alloggio potesse darmi la solitudine che desideravo, invece...» Si strinse nelle spalle. «Quello che le diranno gli avvocati?» ripeté lui stupito. Felicity ripensò al caos che si era lasciata dietro e si sentì improvvisamente stanca. «Troppo complicato da spiegare a quest'ora. Grazie per la sua ospitalità, è stato molto gentile.» Brock la guardò prima di chiederle: «Non ha nessun parente?». Di nuovo Felicity si sentì terribilmente sola. «No, ma non si preoccupi. Va tutto bene.» Se continuava a ripeterlo forse avrebbe finito col crederci. Lui annuì senza troppa convinzione. L'importante era che ne fosse sicura lei. Felicity incontrò quegli occhi azzurro cielo e ne rimase incatenata. Strana sensazione, come se avesse ritrovato e riconosciuto qualcosa in quell'uomo. Il cuore sembrò fermarsi per un breve istante. «Aspetti un attimo» si scusò Brock, e uscì dalla stanza per aprire uno degli armadi del corridoio. Tornò con degli asciugamani piegati. «Tenga. Se vuole, può farsi una doccia in tutta tranquillità. I bambini dormono...» Lei sorrise e completò la frase per lui. «Basta che non canti sotto l'acqua!» Riuscì a strappargli un sorriso. «Già.» La stava ancora guardando e Felicity si chiese cosa vedesse, ma non era certa di volerlo sapere. Inquieta, si 14


tormentò le mani. «Grazie ancora di avermi aperto la sua casa con così poco preavviso.» Brock fece un cenno con il capo. «Buonanotte, Felicity Chambeau.» «Buonanotte, Brock Logan.» Lui si chiuse la porta dietro le spalle e lei rimase sola, come sempre. Guardò il grande letto e si augurò di dormire ventiquattr'ore senza sognare né avvocati che la disapprovavano, né consulenti che la imbrogliavano, né aitanti cowboy con occhi azzurri e carenza di humour. Brock sentiva ancora il profumo di Felicity aleggiare nel bagno dopo che lei aveva fatto la doccia. Non era come se l'era immaginata. Con un nome come Felicity, si era aspettato una donna dall'aspetto molto più frivolo. Invece indossava un discreto completo pantaloni nero che metteva in evidenza un corpo snello e delicato, i lunghi capelli biondi erano semplicemente trattenuti sulla nuca da un fermaglio e non portava gioielli, né trucco. A parte che con quegli occhi da gatta non ne aveva bisogno. Aveva l'aria di voler apparire di proposito meno carina, sembrava quasi in lutto. Non era possibile, pensò Brock, perché sapeva che l'incidente dei genitori era accaduto anni prima, ma la tristezza che traspariva dai suoi occhi verdi lo aveva colpito. Le labbra ben disegnate, schiuse per lo spavento e così vicine a lui quando stava per cadere, gli avevano risvegliato desideri a lungo sopiti. Meglio continuare a respingerli, pensò, conscio che da troppo tempo non aveva una donna. Accidenti, si disse versandosi un altro bicchiere di whisky, quelle sensazioni non ci volevano! Non avrebbe dovuto farle quell'ultima domanda. Quando gli aveva detto di essere sola al mondo, un lampo di dolore le aveva attraversato lo sguardo e il tentativo di farsi coraggio a15


veva dato a Brock l'impressione di trovarsi davanti a uno spirito molto simile al suo. Che cosa ridicola! Felicity dormì profondamente finché dei passi pesanti nei pressi della sua porta non la svegliarono. Sbirciò l'orologio e sussultò. Era già pomeriggio! Non aveva voglia di alzarsi e si tirò il cuscino sulla testa cercando di riaddormentarsi, ma invano. Sentì altri passi nel corridoio e immaginò Brock Logan, le sue lunghe gambe chiuse negli stivali, le cosce muscolose fasciate dai jeans e tutto il resto della sua figura possente. Con un gemito scalciò via il lenzuolo e si mise a sedere sul letto. Cosa diavolo ci faceva in mezzo alle mucche di un ranch in Texas? Doveva riflettere su cosa fare dei suoi soldi e della sua vita. Ma avrebbe cominciato dopo. Al risveglio aveva sempre dei problemi a coordinare i pensieri. Una vestaglia, ecco di cosa aveva bisogno. Si mise a frugare nella borsa e urtò qualcosa di duro. Una cornice? Probabilmente, prima di partire, la governante le aveva messo in valigia la sua fotografia preferita, l'ultima scattata con i genitori. Aprì il pacchetto e si trovò davanti quella faccia da schiaffi di Douglas, il consulente che l'aveva derubata e che aveva quasi rischiato di diventare il suo fidanzato! Passando nel corridoio con la figlia Bree, Brock udì un grido e poi il rumore di un vetro che si rompeva. Lo sguardo gli corse verso la porta chiusa della camera degli ospiti. «Tesoro, va' in camera tua» disse a sua figlia. «Ma si è rotto qualcosa» gli rispose la bambina sgranando gli occhi pieni di curiosità nonostante la febbre alta che l'aveva costretta a rientrare prima da scuola. 16


«Me ne occupo io, tu va' a letto.» Aspettò che fosse entrata in camera e poi aprì di uno spiraglio la porta della stanza degli ospiti. «Signorina Chambeau?» chiamò, ma si bloccò di colpo alla vista di Felicity in piedi in mezzo alla stanza, i capelli sciolti sulle spalle, le curve delicate appena velate da una corta camicia da notte trasparente che mostrava per intero un fantastico paio di gambe. Era trattenuta solo da due fiocchetti sulle spalle. Sarebbe bastato tirare il cordino e... I capezzoli s'intravedevano attraverso il tessuto sottile e lui si domandò se fosse completamente nuda, sotto. Aveva la bocca asciutta. Era rossa in viso e gli occhi verdi le brillavano di collera mista a un vago senso di colpa. Brock notò la cornice rotta in terra e i frammenti di vetro. «Signorina Chambeau...» ripeté. Felicity ebbe un tremito e lui si sentì rimescolare. Quella ragazza era troppo femminile per i suoi nervi, pensò con rabbia. Si sforzò di tenere gli occhi fissi sul viso di lei. «È solo una foto» sbottò Felicity cercando di apparire distaccata. «Del mio ex consulente finanziario. È caduta...» Improvvisamente cambiò tono. «Non mi aspettavo di trovarmela nella valigia, ecco tutto! Quello sporco imbroglione è fuggito con il mio denaro. Ma non è per i soldi... Ne ho tanti. Lo stimavo, mi fidavo di lui, me ne ero quasi in...» S'interruppe. «Spero solo che se lo mangi un coccodrillo in quel paese del Sudamerica dove è scappato con la sua ballerina!» Prese fiato e cercò di ricomporsi. «Comunque, è acqua passata. Mi spiace di averla disturbata, signor Logan.» Brock rimase colpito dalla fermezza con cui cercava di controllarsi. Era evidente che dietro a quella faccenda ci fosse molto di più. Ma non erano fatti suoi, si disse. 17


«Non si muova, potrebbe tagliarsi. Vado a prendere una scopa e una paletta.» Uscì sul corridoio scuotendo il capo. Ci mancava solo una giovane ricca e viziata, dotata di curve da far girare la testa a qualunque uomo del Texas! Rientrando con scopa e paletta, la trovò che raccattava i vetri e li metteva nel cestino. «Le avevo detto di non muoversi...» Lei alzò bruscamente lo sguardo senza interrompersi. «Io ho avuto uno scatto di nervi, io ho fatto questo pasticcio e io pulisco.» Brock sentì crescere l'irritazione. «Senta, ho una figlia malata e una mucca che sta per partorire per la prima volta. Non ho tempo per portarla all'ospedale a mettere dei punti di sutura.» Felicity lo guardò con la testa piegata da un lato. «Oh, cos'ha sua figlia?» Lui le s'inginocchiò accanto e raccolse svelto i vetri nella paletta cercando di non respirare il profumo leggero di lei. «Credo sia influenza. Sono appena andato a riprenderla a scuola. Vuole la foto?» aggiunse prendendo tra le dita l'immagine di un uomo piacente ma dall'aria subdola. Felicity tese la mano. «Sì, per bruciarla.» Brock non mollò la presa. «Non in questa stanza, allora. Me ne occuperò io.» Cercò di allontanare dalla mente la visione della sua bella casa in fiamme. «Eravate più che amici, vero?» gli sfuggì, senza pensarci. «No, ma credevo fossimo almeno amici.» Lo colpì la nota di tristezza e di solitudine che trapelava dalla voce di lei, tuttavia s'impedì di provare compassione. Non aveva più né tempo né voglia per la compassione o la tenerezza. «Ora la lascio, devo mettere a letto mia figlia e poi tornare al lavoro.» «Grazie davvero. La bambina sta molto male?» 18


«Non credo, ma è fiacca e noiosa. Per di più mio fratello pediatra è in città fino a sera. Chissà se un giorno avrò qualche vantaggio da tutti i soldi che ho speso per farlo studiare. Come se non bastasse, oggi è il giorno libero della governante e il vitellino ha fretta di nascere. Mi sembra che lei stia bene, perciò se vuole scusarmi...» Si avviò alla porta con mille pensieri in testa. Era già a metà corridoio quando si sentì chiamare. Trattenne un moto d'impazienza e si voltò. «Sì?» «Quanti anni ha sua figlia?» chiese Felicity con aria imbarazzata. «Sette, perché?» «Potrei farle compagnia se pensa che serva. Mi piacerebbe rendermi utile.» Meravigliato, lui la fissò. «Vestita così?» Felicity arrossì. «No, certo. Mi vesto subito.» L'espressione dubbiosa sul volto di lui la spinse ad aggiungere: «Sono capace di versare del succo di frutta o dell'acqua e anche di leggerle una storia». A Bree sarebbe piaciuto sentirla leggere. E Brock avrebbe scommesso che Felicity le sarebbe piaciuta molto, anche se non era certo che quella fosse una buona cosa. Lui sperava che rifacesse i bagagli e riportasse le sue deliziose curve a New York il più presto possibile. «Lei mi sembra molto occupato, ma se preferisce che la lasci stare...» Capì di essere stato sgarbato. «No, no, anzi. La ringrazio.» «Di niente. Mi cambio e arrivo.» Era sorpresa di se stessa quanto lui, tuttavia gli sorrise raggiante. Brock si sentì fremere. Voleva davvero che quella sirena avesse un'influenza su sua figlia? Ma in fondo si trattava solo di qualche ora, poi sarebbe tornata la governante. In realtà 19


era lui che avvertiva un certo scombussolamento, però sospettava che non fosse a causa del carattere di Felicity, che non gli piaceva, bensì di qualche attributo fisico, che gli piaceva anche troppo. Imprecò sottovoce e si avviò verso la cameretta di Bree. L'avvisò che Felicity Chambeau sarebbe venuta a farle un po' di compagnia e subito venne bombardato di domande. «Da dove viene?» «Da New York e non sa nulla di ranch. Ma potrà leggerti qualcosa.» «È vecchia?» «No.» «È carina?» Brock si allargò il colletto della camicia. «Lo deciderai tu.» «Sì, ma secondo te?» Per fortuna in quel momento Felicity apparve sulla porta, in jeans neri e camicia larga bianca, con le maniche arrotolate sopra i gomiti, i capelli legati a coda di cavallo e senza un filo di trucco. Lui però continuava a immaginarsela in camicia trasparente e capelli sciolti sulle spalle. Seccato dalla piega che avevano preso i suoi pensieri, fece le presentazioni rapidamente. Poi si rivolse a Bree: «Chiamami sul cellulare se avete problemi». «Cellulare?» si stupì Felicity. Chissà perché non pensava che in Texas li usassero. Brock scoppiò quasi a ridere. «Siamo un po' rozzi, però disponiamo di alcune comodità moderne come l'acqua corrente e i cellulari. Che cosa si aspettava?» Lei si strinse nelle spalle. «Non so... Una campanella?» «Abbiamo anche quella, ma il cellulare è più rapido e non rompe i timpani a nessuno.» Si aggiustò il cappello in testa e si chiese come mai provasse tanto disagio da20


vanti allo sguardo incuriosito e affascinato di Bree. «Chiamami, se hai bisogno, piccola.» Quando lui se ne andò, Felicity avvertì fisicamente la sua mancanza. Strano, pensò, che l'assenza di un uomo potesse essere così forte, tanto quanto possente era la sua presenza. Aveva letto in qualche romanzo descrizioni di uomini che parevano riempire la stanza con la loro persona e che, quando partivano, lasciavano un grande vuoto attorno, ma credeva fossero invenzioni romantiche. Imbarazzata, tornò a voltarsi verso Bree e colse lo sguardo curioso della bambina su di lei. E adesso che faccio?, si chiese perplessa. Non aveva quasi nessuna esperienza di bambini. Si era offerta di aiutare solo perché aveva intuito che Brock, come ragazzo padre e capo di un ranch di quelle dimensioni, era davvero occupatissimo e certamente il suo arrivo imprevisto non gli aveva semplificato la vita. Non aveva esperienza di bambini, ma era pur stata piccola anche lei, pensò per farsi coraggio. Ricambiò lo sguardo della bimba con franchezza. Aveva le guance rosse per la febbre, ma gli occhi, di un azzurro intenso come quelli del padre, erano vivaci e attenti. Le sorrise. «Hai gli occhi come quelli di tuo padre» disse d'impulso. Fu premiata da un sorriso estasiato. «È vero» assentì Bree. «Ho anche i suoi capelli» dichiarò mostrando le treccine castane. «Ma non si nota perché lui li tiene corti.» Rise. «E tu forse sorridi di più, vero?» La bambina annuì di nuovo. «Lo zio Tyler dice sempre che papà si prende troppo sul serio... Come fa mio fratello!» E alzò gli occhi al cielo in una buffa espressione esasperata. 21


«Jacob» puntualizzò Felicity, che trovava quella bambina franca e diretta molto simpatica. «Sissignora. Siamo gemelli.» Chinò la testa da un lato. «Perché parli in un modo strano?» «Perché vengo dalla città di New York.» «Be', non è colpa tua» sentenziò Bree dopo una seria riflessione. «Vedrai che adesso che sei qui sarai molto più felice.» Era chiaro che voleva consolarla. Felicity non riuscì a trattenere un sorriso. «Come fai a esserne sicura?» «Il Texas è il posto migliore del mondo, tutti vorrebbero vivere qui.» Era molto convinta di quello che diceva, ma dopo un istante ombre di tristezza oscurarono il suo visetto. «Tutti tranne la mamma. È andata in California perché vuole fare l'attrice.» Rialzò il mento con una mossa identica a quella del padre. «Papà sostiene che io e Jacob siamo più divertenti di un film.» Il miscuglio di orgoglio e vulnerabilità negli occhi della piccola fece ricordare a Felicity le decine di volte in cui sua madre aveva preferito un ricevimento importante o un viaggio esotico alla sua compagnia. Pensò a Brock e al senso di responsabilità che dimostrava. Un uomo d'onore. Credeva non ne esistessero più. «Tu e Jacob più divertenti di un film? Credo proprio che tuo padre abbia ragione.» «È il miglior papà del mondo, anche se ride poco. Zia Martina dice che ha bisogno di una brava ragazza che lo faccia diventare matto. Però qui non ce ne sono. Non vorresti farlo tu?» Felicity sgranò gli occhi. Cosa? Poi capì che doveva dimostrarsi all'altezza della situazione e sorrise. «È un'idea interessante. Ci penserò. Adesso leggiamo qualcosa, vuoi?»

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Questo mese Nora Roberts, la scrittrice di romance più conosciuta al mondo, chiude l'anno di Mylit con un romanzo che terrà incollati sino all'ultima pagina. Leanne Banks è per le donne che vogliono andare oltre il romanticismo, che vogliono osare ma sempre con classe.

La prossima uscita il 21 gennaio Di Diana Palmer si è già detto tutto. Autrice poliedrica, sa sempre come catturare l'attenzione delle lettrici. Lynne Graham ci condurrà alla scoperta di un sentimento che in tanti provano ma che in pochi sanno gestire. La vendetta.


Barbados, 1837 - Una piantagione , un luogo paradisiaco e Lei, l’affascinante ed enigmatica Emma Ward. Sarà possibile per Ren Dryden, Conte di Dartmoor, non mescolare affari e piacere?

Inghilterra, 1837 - Per far colpo sulle amiche del club Caccia al marito, Eugenie Belmont annuncia che intende sposare Sinclair St. John, Duca di Somerton, un uomo molto diverso dai membri della sua eccentrica famiglia. L’impresa però si rivela ambiziosa...

Caraibi - Londra, 1812 - Kit North ha giurato a se stesso che laverà la macchia che offusca il suo buon nome e per farlo darà la caccia a uno dei più pericolosi bucanieri del Mar dei Caraibi: il famigerato La Voile.

Inghilterra, 1145 - Per Richard di Dunstan Isabella è solo uno strumento, l’esca con cui intende attirare il malvagio Glenforde. Ma l’amore può sbocciare anche tra le tenebre dell’anima...

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