Legion

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L’ESERCITO DI TALON Traduzione di VERA SARZANO


ISBN 978-8-86905-198-2 Titolo originale dell’edizione in lingua inglese: Legion Harlequin Teen © 2017 Julie Kagawa Traduzione di Vera Sarzano Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. © 2017 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione HarperCollins giugno 2017


Dedica

A Tashya, Laurie e Nick, il mio fantastico trio

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PARTE PRIMA Il Sacrificio È Necessario



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DANTE Era sempre stata la preferita. «Ember» sospirò il signor Gordon per la seconda volta da quando era iniziata la lezione. «Stai attenta, per favore. È importante. Mi stai ascoltando?» «Sì» mormorò la mia gemella, senza alzare lo sguardo dal banco e dai personaggi dei fumetti che stava disegnando sul libro di testo. Il signor Gordon si accigliò. «Benissimo. Allora, mi sai dire come si chiama la parte morbida e tondeggiante dell'orecchio umano?» Alzai la mano. Come previsto, il signor Gordon mi ignorò. «Ember?» insistette. «Sai la risposta a questa domanda?» Ember sospirò e posò la matita. «Il lobo» disse con un tono che lasciava intendere: Mi annoio e vorrei essere da tutt'altra parte. «Esatto» annuì Gordon. «La parte morbida e tondeggiante dell'orecchio umano è il lobo. Molto bene, Ember. Prendi nota, sarà nella verifica di domani.» «Allora» proseguì mentre Ember scarabocchiava qualcosa sul quaderno. Dubitavo che fosse la risposta alla domanda o qualunque cosa avesse a che fare con la verifica, quindi, per ogni evenienza, annotai la definizione. «Passiamo alla prossima domanda. I capelli e le unghie degli umani sono composti della stessa sostanza di 9


cui sono fatti anche gli artigli e le corna dei draghi. Come si chiama questa sostanza? Ember?» «Ehm...» Ember sgranò gli occhi. Evidentemente non ne aveva idea. «Boh.» Feci per alzare la mano, ma mi fermai. Non sarebbe servito a niente. «Ne abbiamo parlato ieri» proseguì severo il signor Gordon. «L'anatomia umana è stato l'argomento di tutta la lezione. Dovresti sapere la risposta. I capelli e le unghie degli umani e gli artigli e le corna dei draghi sono di...?» Dai, Ember, la incitai mentalmente. Lo sai. È lì nella tua testa, anche se ieri hai passato quasi tutta la lezione a guardare fuori della finestra. Ember scrollò le spalle e si lasciò scivolare sulla sedia, mettendosi in una posizione che si poteva tradurre come Non ho voglia di stare qui. Il nostro professore sospirò e si rivolse a me. «Dante?» «Cheratina» risposi. Mi fece un brusco cenno di assenso e tornò da Ember. «Esatto, cheratina. Tuo fratello è stato attento» le disse fissandola con espressione severa. «Perché non puoi fare come lui?» Ember lo fulminò con lo sguardo. Paragonarla a me era un metodo infallibile per farla arrabbiare. «Non capisco perché dovrei conoscere la differenza tra le squame e le unghie dei piedi degli umani» borbottò incrociando le braccia. «A chi importa come si chiama? Scommetto che nemmeno gli umani sanno di essere fatti di kraken.» «Cheratina» la corresse il signor Gordon lanciandole un'occhiataccia. «Ed è estremamente importante che sappiate fin nei minimi dettagli in che cosa vi trasformate. Se volete imitare gli umani alla perfezione dovete conoscerli alla perfezione. Anche se loro non si conoscono così a fondo.» «Mi sembra lo stesso una cosa stupida» mormorò lei 10


guardando con aria nostalgica il deserto e il cielo azzurro oltre la rete metallica che circondava il complesso. Il professore si incupì. «Benissimo, allora dovrò darti uno stimolo. Se non risponderete entrambi correttamente ad almeno il novantacinque per cento delle domande nella verifica di domani, vi sarà vietato l'accesso alla sala giochi per un mese.» Ember sobbalzò, gli occhi che lampeggiavano indignati, e il signor Gordon le sorrise con freddezza. «Questo dimostra quanto sia importante per Talon che voi conosciate l'anatomia umana. Quindi io studierei, se fossi in voi.» Indicò la porta. «Potete andare.» «Non è giusto» sbottò Ember mentre attraversavamo il cortile polveroso per andare al dormitorio. Il sole che splendeva alto nel cielo del Nevada scacciava il freddo dell'aria condizionata e mi scaldava la pelle. O forse avrei dovuto dire l'epidermide? Sorrisi della mia battuta, sapendo che Ember non l'avrebbe colta. E se anche l'avesse capita, in quello stato d'animo non l'avrebbe apprezzata. «Gordon è un prepotente» sbuffò dando un calcio a un sasso che rimbalzò sulla sabbia. «Non può vietarci di andare in sala giochi per un intero mese, è assurdo. Rischierei di impazzire, non c'è nient'altro da fare qui!» «Be', potresti stare attenta» suggerii mentre ci avvicinavamo al lungo edificio di cemento in prossimità della recinzione. Come sospettavo, la mia proposta non fu accettata di buon grado. «Ma come faccio a stare attenta se è tutto noiosissimo?» scattò Ember spalancando la porta. Il soggiorno era freddo, quasi gelido. Due divani in pelle erano disposti a L intorno a un tavolino e alla parete opposta era appeso l'enorme schermo piatto di una tv con più di cento canali; c'era di tutto, dalla fantascienza ai notiziari, dai film allo sport; immaginavo fosse un modo per tenerci buoni, ma con Ember non aveva mai funzionato. 11


Avrebbe preferito stare all'aperto, piuttosto che rinchiusa a guardare la televisione tutto il giorno. La stanza era linda e immacolata, nonostante tutti i giorni una certa sorella di mia conoscenza la trasformasse in un porcile. Ember andò dritta al divano e lanciò i libri tra i cuscini. «Non mi lasciano mai tranquilla un attimo» proseguì senza badare al fatto che uno dei libri era scivolato per terra. «Continuano a farmi pressioni: puoi fare di meglio, devi essere più veloce, stai più attenta. Niente di quello che faccio è mai abbastanza.» Era una battuta, ma nei suoi occhi c'era un velo di tristezza. «Con te non lo fanno mai, Pinco Panco.» «Perché io sto attento.» Posai la borsa sul tavolo e andai in cucina a prendere da bere. Il nostro custode, il signor Stiles, non c'era. Forse era uscito, o era in camera sua. «Non hanno motivo di assillarmi.» «Sì be', non sai quanto sei fortunato» borbottò lei incamminandosi lungo il corridoio. «Se hai bisogno di me sono in camera mia a ripassare per questa stupida verifica di domani. Se senti un botto non spaventarti, sono io che sbatto la testa contro il muro.» Come no, pensai mentre la porta della camera di Ember sbatteva alle sue spalle. Fortunato, certo. Rimasto solo in cucina, mi versai del succo d'arancia, mi sistemai sullo sgabello e fissai pensieroso il bicchiere. Fortunato, aveva detto Ember. Era ovvio che ai suoi occhi potessi sembrare fortunato. Era la preferita, l'unica a cui loro prestassero attenzione. Era sempre stato così. Negli undici anni che avevamo trascorso insieme, gli istruttori avevano sempre posto le domande prima a lei, avevano sempre mostrato le cose prima a lei, si erano sempre assicurati che fosse ben preparata. L'avevano spronata in ogni modo e avevano insistito perché facesse tutto al meglio senza accorgersi – o curarsi – del fatto che io sapevo le risposte. E quando lo notavano di solito 12


era per citarmi come esempio. Vedi, Dante lo sa. Dante l'ha già imparato. Avrei potuto uccidere per avere anche solo la metà delle attenzioni che riservavano a lei. Vuotai il bicchiere, lo misi nella lavastoviglie e mi incamminai lungo il corridoio verso la mia camera. Dovevo fare ancora meglio, mi dissi. Avrei dovuto lavorare sodo per guadagnarmi le attenzioni che mia sorella otteneva senza il minimo sforzo. Ember era una testa calda che si cacciava sempre nei guai, e spettava a me proteggere entrambi. Ma allo stesso tempo, se avessi continuato a impegnarmi e a eccellere, alla fine si sarebbero resi conto che ero sempre stato più bravo della mia gemella. Si sarebbero resi conto che ero io quello intelligente, quello che faceva sempre tutto giusto. Se Talon non capiva una cosa tanto ovvia, gliel'avrei dimostrato io. «Signor Hill? L'Anziano Wyrm è pronto a riceverla. Prego, si accomodi.» Seduto su un divano nell'atrio freddo e luminoso, sollevai il capo e tornai al presente, scacciando i pensieri cupi e i ricordi del passato. In quell'ultimo periodo avevo pensato molto a Ember e la sua presenza gravava sulla mia mente. Mi sentivo forse in colpa per averla delusa? Per non essere stato in grado di proteggerla dal suo peggior nemico, cioè se stessa? Mi alzai in piedi, feci un cenno all'umano che lavorava come assistente e andai verso l'enorme porta dell'ufficio dell'Anziano Wyrm. Non potevo più permettermi di ragionare in quel modo. Non ero più un ragazzino di undici anni che moriva dalla voglia di dimostrare il proprio valore. Non ero il gemello patetico e negletto della figlia dell'Anziano Wyrm. No, avevo dimostrato a me stesso e a tutta Talon di essere degno del mio retaggio. Ero io il braccio destro dell'Anziano Wyrm, quello a cui aveva affidato la campagna più importante di Talon. 13


E prima o poi, se tutto fosse andato per il verso giusto, avrei guidato l'intera organizzazione. Prima o poi, tutto sarebbe stato mio. Ero vicino, vicinissimo all'obbiettivo che mi ero prefissato anni prima. Non potevo vacillare. Le gigantesche porte di legno dell'ufficio del CEO si stagliavano davanti a me, le maniglie di ottone scintillavano sotto le luci. Non bussai né aspettai che l'Anziano Wyrm mi dicesse avanti. Aprii semplicemente la porta ed entrai. L'Anziano Wyrm era seduta alla scrivania, le dita dalla manicure impeccabile ticchettavano rapide sulla tastiera e gli occhi erano fissi sul monitor del computer. La sua presenza riempiva l'ufficio, gigantesca e spaventosa nonostante non mi stesse nemmeno guardando. Attraversai la stanza e mi fermai davanti alla sua scrivania, le mani intrecciate dietro la schiena. Un conto era avere libero accesso all'ufficio dell'Anziano Wyrm, ma interromperla prima che facesse capire di aver notato la mia presenza era tutta un'altra storia. Io ero l'erede di uno degli imperi più grandi del mondo della finanza, ma lei era ancora il capo assoluto di Talon nonché il drago più potente al mondo. Nemmeno suo figlio era dispensato dal protocollo. L'Anziano Wyrm non disse nulla né alzò lo sguardo e io rimasi in silenzio ad aspettare che finisse. Cliccò sul mouse, spinse il cassettino della tastiera sotto la scrivania e mi guardò. I suoi occhi verdi, identici a quelli di Ember e ai miei, perforarono lo spazio tra di noi. «Dante.» Sorrise e, a differenza della maggior parte dei draghi che sapeva solo imitare un sorriso, il suo mi sembrò sincero. E non poteva essere altrimenti, visto che era quello a renderla tanto pericolosa: non si riusciva mai a capire se ciò che lasciava trasparire fosse vero o meno. «Mi fa piacere rivederti. Come è andato il viaggio di ritorno?» «Benissimo, signora. Grazie.» 14


Annuì e si alzò indicandomi le due sedie davanti alla scrivania. Obbedii e accavallai le gambe mentre lei faceva il giro del tavolo e mi inchiodava con lo sguardo. Il peso dei suoi occhi era difficile da sostenere, ma mi appoggiai allo schienale con un'espressione calma e piena di aspettativa, stando ben attento a non mostrare paura. «I piani procedono» disse l'Anziano Wyrm e la sua voce bassa mi fece correre un brivido lungo la schiena. «È quasi tutto pronto. Manca solo una cosa, a questo punto. L'ultima di cui dobbiamo occuparci.» Il cuore iniziò a battermi forte. Immaginavo di che cosa si trattava. Non poteva che essere lei. Lei che nemmeno a quel punto si rendeva conto di essere tanto importante. «Ember Hill deve essere recuperata» proseguì L'Anziano Wyrm in tono sempre più intenso e minaccioso. Sentii i peli rizzarsi sulle braccia e mi si contorsero le viscere per il terrore quando mi trafisse con uno dei suoi terribili sguardi. «È indispensabile che ritorni a Talon. Basta errori. Ecco come procederemo...»

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Questo volume è stato stampato nel maggio 2017 presso la Rotolito Lombarda - Milano


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