Cathy LAURI RMaxwell OBINSON
Il LEZIONI banchiereD’AMORE americano PER IL CONTE
Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: His Lessons on Love Avon Books An Imprint of HarperCollins Publishers © 2022 Catherine Maxwell, Inc. Traduzione di Gabriella Parisi Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con HarperCollins Publishers, LLC, New York, U.S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved. © 2022 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione I Grandi Romanzi Storici maggio 2022 Questo volume è stato stampato nell'aprile 2022 da CPI Black Print, Spagna, utilizzando elettricità rinnovabile al 100% I GRANDI ROMANZI STORICI ISSN 1122 - 5410 Periodico settimanale n. 1305 dell'11/05/2022 Direttore responsabile: Sabrina Annoni Registrazione Tribunale di Milano n. 75 dello 01/02/1992 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distribuzione canale Edicole Italia: m-dis Distribuzione Media S.p.A. Via Carlo Cazzaniga, 19 - 20132 Milano HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano
Dedica
Per Samantha e Joe, Molly, Nathalie, Astrid, L.J. (un altro Joe), e Zavier (Zman!). Con tanto amore
Prologo
La Logical Men's Society La Logical Men's Society nacque per gioco, come spesso accade. Davanti a una pinta o due di birra al Garland, luogo di ritrovo della popolazione maschile di Maidenshop, si notò che un uomo sano di mente non avrebbe scelto di propria volontà di sposarsi. Andava contro ogni logica... e così venne fondata la società. Oh, gli uomini dovevano sposarsi. Era quello che ci si aspettava, e la vita è piena di aspettative. Un uomo rinunciava a essere membro della Logical Men's Society quando ciò accadeva, e poteva tornare a esserlo solo in caso rimanesse vedovo. Ma negli anni precedenti alle nozze, la società offriva una buona compagnia, che era molto apprezzata e mai dimenticata. E così andò avanti per diverse generazioni. L'ironia del nome del villaggio, Maiden's-hop – ovvero Salto della vergine – non sfuggì ai suoi soci. La Logical Men's Society garantiva un luogo di benevolenza e soddisfazione al maschile... finché le donne non cominciarono a imporsi. Dapprima, su7
bentrarono agli uomini nella gestione del Garland, trasformandolo in un giardino da tè, poi gli uomini cominciarono a rabbrividire pensando a cosa sarebbe potuto accadere dopo. Poteva essere la fine per la Logical Men's Society? Avevano trovato pane per i loro denti?
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Un'amante che si innamora di te è una creatura fastidiosa. Libro di Mars Belvoir, luglio 1815 Le urla lo svegliarono. Lawrence Grant Talmadge Eddington, l'Onorevolissimo Conte di Marsden, che non utilizzava mai un nome diverso da Mars, sollevò il capo dal cuscino. Gli ci volle uno sforzo. Lo aveva fatto di nuovo. Aveva esagerato con l'alcol. E di recente, aveva fatto davvero uno sforzo per essere più moderato. In effetti, si era trovato d'accordo con i suoi cari amici Balfour e Thurlowe quando si erano presi la libertà di esprimere le loro preoccupazioni. Stava bevendo troppo. E quando risiedeva a Londra, be', gli piaceva lo stato sognante assicurato dell'oppio. La sua soluzione era stata restare lontano dalla città, cosa che non gli era pesata. In quanto al bere... I suoi amici si erano recati per affari a Londra con le rispettive mogli e Mars era rimasto solo. In un at9
tacco di autocommiserazione – era abbastanza onesto con se stesso da sapere di preciso di cosa si trattava – aveva stappato una bottiglia di chiaretto, seguita dal Porto, e aveva terminato col whisky. Ora la fronte gli doleva come se fosse stata utilizzata come incudine. Si tirò il cuscino sulle orecchie, cercando di escludere tutto il rumore esterno. Inoltre, il sole non era poi così alto nel cielo. Era probabile che non fosse ancora mezzogiorno, ed era troppo presto per svegliarsi... Colpito da una nuova preoccupazione, Mars tolse dal proprio capo il cuscino e sbirciò la camera da letto attraverso gli occhi socchiusi. Perché il suo valletto, Nelson, non aveva tirato le tende la notte precedente? Poi ricordò. Era stato lui, Mars, ad aprirle. Il whisky e l'ira avevano alimentato ricordi angosciosi sulla morte di suo padre e sui propri miseri tentativi di vendetta. Da ben più di un decennio ormai, l'assassino, Lord Dervil, non era più ritenuto responsabile. Si era trattato di un duello, avevano stabilito, un affare d'onore. Che qualcuno morisse non era un'eventualità remota. Avevano asserito che il padre era consapevole delle conseguenze. Dopotutto, era stato lui a sfidare Dervil. Solo che Mars aveva assistito al duello. Non vi era stato alcun onore su quel campo. E quando era sotto l'effetto dell'alcol come era accaduto la notte precedente, Mars era ossessionato dalle visioni del padre accasciato al suolo, che ansimava per trarre il suo ultimo respiro. Rammentava l'odore del sangue mischiato alla polvere da sparo e la sensazione di impotenza che aveva provato quando aveva visto la luce svanire dagli occhi di suo padre. Quei ricordi lo facevano sempre infuriare. Era stato particolarmente fuori di sé la notte precedente. Gemette nel ricordare di aver spalancato la fi10
nestra e ululato alla luna come un folle. Si era addirittura issato sul davanzale della finestra sul davanti della casa, vestito così come lo aveva fatto madre natura. Si era aggrappato al telaio e aveva emesso un suono che avrebbe reso fiero un lupo solitario. Avrebbe potuto giurare di aver udito degli ululati in risposta. Era probabile che si fosse trattato di un branco a caccia. Erano facili da eccitare, soprattutto nel cuore della notte. Mars lo aveva fatto più di una volta. Naturalmente, il gesto era stato inutile, ridicolo addirittura. Dervil prosperava ancora e Mars era impotente, a parte impedire al suo odiato nemico di accaparrarsi proprietà a Maidenshop o bloccare qualche suo investimento redditizio qua e là a Londra. Non era ancora riuscito a farla pagare a Dervil per ciò che aveva fatto al padre. Ma prima o poi... Nel frattempo era davvero convinto che i suoi amici avevano ragione e che doveva ritrovare la retta via. Aveva dimenticato quanto fosse spossante destarsi dopo una sbornia colossale. Mars crollò sul letto. Accidenti. Aveva senza dubbio dato ai servitori qualcosa di succoso di cui sparlare, sebbene fossero leali. Sapevano mantenere i segreti, o almeno lo sperava. E no, ululare non era stata una delle sue idee più sagge. Sarebbe potuto cadere giù dalla finestra, soprattutto nello stato in cui era. Ma adesso era sveglio, e animato da una nuova necessità, la necessità di sgravarsi. Tutto quel whisky aveva creato un potente impulso e si sentiva i denti impastati. Mars detestava avere l'amaro in bocca. Rotolò fuori dal letto con un gemito. Gli faceva male tutto il corpo quando si muoveva. Probabilmente si era stirato un muscolo del fianco quando si era arrampicato sul davanzale delle finestre. Finestre? Sì, finestre. Dai recessi annebbiati della memoria, 11
si rese conto di aver ululato da più di una finestra. Tale era il pericolo di essere abbandonato a se stesso. Se i suoi amici non fossero stati fuori città, sarebbe stato a casa loro, in apparenza ad annoiarsi per le loro vite di uomini sposati, ma in realtà invidioso del loro evidente appagamento. Chi l'avrebbe mai detto che una moglie potesse rendere un uomo felice? Con un altro gemito, allungò la mano verso i pantaloni, che giacevano sul pavimento. Mantenendo il capo più fermo che poteva, li infilò sulle lunghe gambe. Non preoccupandosi dei bottoni, si avviò con passo rigido verso il paravento nell'angolo della stanza. C'era un tempo in cui balzava fuori dal letto pieno di energia in previsione della giornata davanti a sé, persino dopo una serata di bagordi. Sembrava che fosse accaduto decenni prima. Alle sette e venti non avrebbe dovuto sentirsi così giù. Gli doleva anche la schiena ed era fin troppo consapevole che i suoi gemiti erano quelli di un vecchio decrepito le cui uniche gioie erano il sollievo che derivava dal vuotare la vescica e un sonnellino. Sì, un sonnellino. Il solo pensiero quasi lo entusiasmò. Più tardi avrebbe fatto un sonnellino... cioè, se il trambusto in casa fosse cessato. Le urla continuavano ancora. Lo sorprendeva sempre che, per quanto Belvoir fosse un edificio enorme, il suono vi si diffondeva come se abitasse in un piccolo cottage. Si mise a pulirsi i denti; la polvere dentifricia gli impastò il palato fino a quando non la risciacquò. Si cacciò in bocca una pastiglia alla menta che Gemma, la talentuosa moglie di Thurlowe, aveva preparato. Mars stava cominciando a credersi dipendente dalle sue pastiglie come lo sarebbe stato dall'oppio, se ne avesse avuta l'opportunità... e quest'ultima era la vera ragione per cui aveva eluso le suppliche delle coppie felici di unirsi a loro. Avere attorno tanta felicità coniugale avrebbe infranto la sua determinazione a non indulgere nel fumo. 12
E mentre se ne stava lì davanti allo specchio sopra al suo catino, mentre osservava il proprio viso, che mostrava la ricrescita della barba che non si sarebbe fatta radere da Nelson perché gli doleva troppo il capo, i capelli color del grano scompigliati dal sonno e gli occhi cerchiati di rosso e stanchi, capì di dover cambiare. Mars non riusciva a comprendere come fosse arrivato a quel punto. La vita gli stava passando accanto. E gli uomini che lui più rispettava e ammirava, i suoi confidenti più stretti, adesso erano concentrati sulle loro mogli. Asserivano di essere innamorati di loro. Amore. Mars era un uomo pragmatico. L'amore trasformava gli uomini in sciocchi. Se suo padre non fosse stato così innamorato di sua moglie, Eleanor, non avrebbe sfidato Dervil, che a sua volta dichiarava di averla amata. Da parte sua, Mars non riusciva a sopportare la vista della madre. Si rifiutava di parlare a Eleanor dall'epoca del duello, e a causa sua aveva una cattiva opinione del gentil sesso. Andava a letto con le donne, in effetti, ne aveva avute parecchie, ma non si era mai fidato di loro. Di nessuna di loro. Soltanto che, dietro il paravento della sua camera da letto ben arredata, in una tenuta che si pregiava di essere una delle più belle del paese, Mars si rese conto di una dura verità: era solo. E lo detestava. Odiava sentirsi così. Il terribile trambusto che lo aveva svegliato adesso sembrava farsi strada su per le scale. Mars non si preoccupò. Aveva dei servitori che si facevano carico di queste cose. Gibson, il suo maggiordomo, si sarebbe occupato della questione. Ciò di cui aveva bisogno era porre fine a quelle meditazioni da rammollito. Santo cielo, si dava noia da solo. 13
Mars si chinò sul catino e si versò sul capo l'acqua che era rimasta nella brocca. Gli schizzi freddi furono d'aiuto. Si raddrizzò di colpo e gettò i capelli indietro, bagnando lo schermo dietro di lui. Aveva bisogno di cominciare la mattina con una tazza di tè corretta col Porto. Un rimedio che Nelson preparava sempre quando lui era un po' indisposto. Poi avrebbe ritrovato il proprio equilibrio. In effetti, era sorpreso che il suo valletto non fosse ancora apparso. Nelson di solito entrava nella camera nell'attimo in cui sentiva Mars che si muoveva, e Mars aveva fatto ben più che muoversi. Si era lucidato i denti, si era spruzzato l'acqua... «Restate indietro. Non osate toccarmi» ordinò una voce femminile dal corridoio. A quanto pareva, l'agitazione all'esterno aveva raggiunto il suo piano. «Non dovete disturbare il conte» dichiarò Gibson. Lei rise a quell'avvertimento, un suono breve e aspro. «Posso farlo e lo farò.» Quell'asprezza gli era familiare. Curioso, Mars si asciugò il viso e le mani su un telo di lino fresco di bucato e si abbottonò i calzoni mentre veniva fuori da dietro il paravento. Proprio allora qualcosa, come un pugno o un corpo, colpì la porta della sua camera da letto. La maniglia ruotò. La donna gridò: «Non mi toccate». Sì, conosceva quella voce. Prima che potesse risolvere il mistero, la porta si spalancò e Deb Millner, la sua ultima amante, quasi rovinò nella stanza. Ritrovò l'equilibrio dopo alcuni passi, anche se trasportava un fagotto di quelle che sembravano coperte. Spinse indietro il suo cappello alla moda, un tricorno coperto di piume per cui probabilmente Mars aveva pagato una piccola fortuna, e ringhiò verso i suoi servitori di stare indietro con la fierezza di un'amazzone. Non era necessario perché, alla vista del loro padrone che non indossava altro che i calzoni, i servitori si immobilizzarono quasi come se si trovassero in un 14
tableau vivant. Il suo valletto era tra loro. Non c'era da stupirsi che Nelson non fosse comparso con il tè al Porto. «Milord, la porteremo via» annunciò Gibson con un tono mortificato per l'intrusione della donna in quello che era considerato il sancta sanctorum della casa. Mars lo fermò. «Non vi disturbate. Può restare.» «Ne siete certo, milord?» insistette il maggiordomo. «Sì.» Anche se non era entusiasta di vedere Deb, lei era senza dubbio un antidoto alla noia. L'espressione di Gibson rivelava che non la ritenesse un'idea saggia, solo che era addestrato troppo bene per discutere un ordine del padrone. Dopo aver scambiato un'occhiata con Nelson, il maggiordomo e il valletto arretrarono nel corridoio. «E chiudete la porta» ordinò loro Deb. Le sopracciglia di Gibson scattarono verso l'alto per l'oltraggio. «Milord, è sicuro...» «Chiudetela» ribadì Mars. Il maggiordomo non ebbe altra scelta che eseguire ciò che gli era stato ordinato. Deb emise un verso esultante prima di posare gli occhi castani su Mars. Le labbra si incresparono in una smorfia di derisione. Lui lo trovò interessante. Quando si erano separati, lei era stata tutta dichiarazioni appassionate e petto ansimante. Ti amo. Non ti lascerò andare... e altre scene drammatiche. Adesso si comportava come se la vista di lui le rimestasse lo stomaco. Deb era una mora alta, tutta gambe, proprio il genere di donna che Mars preferiva e, a dire il vero, il primo requisito di tutte le amanti che aveva mantenuto. La sua figura magnifica era abbigliata da viaggio. La donna aveva gusti eleganti e a Mars era sempre piaciuto ammirare quello che si metteva. Neanche in quel frangente lo deluse. Deb indossava un abito a ri15
ghe color prugna con il bordo blu scuro e una scollatura piuttosto profonda sotto una giacca di taglio militare. Le era sempre piaciuto mettere in mostra le proprie risorse. Lasciò persino scivolare il fagotto un po' più giù per permettergli di dare un'occhiata, perché sapeva che lui stava guardando. Se non avesse guardato, l'avrebbe delusa. Deb si mosse verso di lui con la spavalderia di un pirata. «Cielo, Mars, sei a malapena presentabile.» Lui non si sentì insultato. Le donne erano creature dispettose. «Prima di tutto, queste sono le mie camere private. Poi, hai visto di me ben più di questo.» «Purtroppo.» «Non essere sgradevole, Deb. Di' quello che sei venuta a dire. Ho una giornata interessante davanti a me.» Lei lo inchiodò con uno sguardo sincero. «Ti amavo così tanto.» «No» la corresse, «amavi il mio denaro. Hai sempre avuto problemi a cogliere la differenza.» Quando si erano lasciati – un anno e qualche mese prima – lui le aveva donato una casa in città, una carrozza con una coppia di cavalli e duemila sterline. Era stato un protettore generoso. L'espressione di Deb cambiò come se lo stesse vedendo per la prima volta, e ne fosse rimasta delusa. «Sei sempre stato onesto con me, Mars. Te lo concedo. Cos'è che dici sempre? Che sei incapace di mentire?» Mars annuì. Era vero. La donna sollevò il mento. «Ho un nuovo protettore.» «Bene.» «Mi trova incantevole.» «Sono certo che abbia ragione.» «Tu non controlli più la mia vita, Mars.» «Non ho mai pensato di farlo, Deb.» «Ma mi hai spezzato il cuore.» 16
Eccola lì, la manipolazione. Le donne la brandivano come una lunga lama sottile che tagliava via tutto ciò che non gradivano. Quando si erano separati, Deb si era accampata davanti alla sua porta, aveva fatto irruzione nel suo club e lo aveva seguito in lacrime per tutta la città, inondando la sua vita di bigliettini d'amore e, più tardi, di minacce. Una volta, si era introdotta nella sua residenza londinese e lui se l'era ritrovata nel letto. Aveva dovuto trasportarla di peso fuori dalla stanza mentre lei cercava di baciarlo e di abbracciarlo. Gibson non si era preoccupato senza motivo. Ma quel giorno non sembrava ci fosse il pericolo che facesse una scenata. Anzi, il suo atteggiamento era di superiorità, e Mars le avrebbe concesso di avere l'ultima parola, se ciò significava che lo avrebbe lasciato in pace. «Il mio nuovo amante mi adora» lo informò. Mars annuì. «E così non sono più una tua preoccupazione.» Deb cominciò a muoversi verso il letto e lui si allontanò. «Posso prendermi cura di me stessa. In quanto a questo, è tua ed è una tua responsabilità. Sarai in grado di prendertene cura meglio di me.» Lasciò cadere il fagotto di coperte al centro del letto. Un suono si levò dal fagotto. O era la sua immaginazione? «Che cos'è?» domandò. «Qualcosa che hai lasciato da me» rispose Deb, dirigendosi verso la porta. «Te la sto restituendo. Dopotutto, un'amante non dovrebbe avere intralci. Lei si chiama Menadora.» «Lei? Menadora?» Il fagotto cominciò a muoversi. «Sì, significa dono della luna. Menadora è il nome di una santa martirizzata assieme alle sue sorelle Metrodora e Nymphodora. Adoro quanto sia poetico tutto ciò.» 17
«Di cosa diavolo stai parlando?» Mars era ancora bloccato sulla parola lei. «È probabile che abbia fame, anche se l'ho allattata prima di portarla qui. Ti avverto, mangia in continuazione. Peggio: fa pipì più spesso di te. Voi due dovreste andare proprio d'accordo.» Aprì la porta, scoccandogli un'ultima occhiata sprezzante. «Desidero anche aggiungere che non dovresti vantarti della tua incapacità di mentire, Mars. Credo che tu lo dichiari solo per nascondere la tua incapacità di amare.» «Questa è una frecciata crudele.» Poteva amare. Solo che... ancora non gli era capitato. L'espressione di Deb gli diceva che lei riteneva che stesse ingannando se stesso. «Addio, milord.» In quel momento, un suono preoccupato sfuggì dal fagotto. Le coperte si mossero e un capino decisamente femminile spuntò fuori. Una bambina. Era stesa sulla pancia. Si spinse su e si guardò attorno con grandi occhi curiosi, che poi si posarono su di lui. Mars non sapeva nulla di bambini. Li teneva alla larga. Manteneva una rispettabile distanza anche dalla bambina di Balfour, che pur aveva visto nascere. Questa bambina aveva i capelli scuri come quelli di Deb. Solo che, al posto dei riccioli della madre, i suoi erano dritti in su come gli aculei di un riccio e sparati in ogni direzione. La piccola roteò il capo per guardare la porta da cui Gibson e Nelson sbirciavano dentro con quello che poteva essere definito sgomento affascinato; un'espressione che probabilmente rispecchiava quella sul viso di Mars. E poi la bambina sembrò comprendere di essere stata lasciata. Abbandonata. Con lui. Il labbro inferiore si increspò e lei emise uno strillo così forte e così straziante che avrebbe potuto richiamare le truppe per miglia e miglia tutt'intorno. E non si fermò più, nemmeno per respirare. Il vagito indusse Mars ad agire. Uscì a passo di ca18
rica dalla stanza, scalzo e seminudo, spingendo da parte con la spalla i domestici. Giunto in cima alle scale, vide Deb che aveva quasi raggiunto il fondo. «Non puoi andare via!» le ordinò. «Non puoi andartene così.» Scoccando un'occhiata verso l'alto, lei rispose gelida: «Sì, posso». «Ma è una bambina. La tua bambina.» «No, è la tua bambina, milord...» «Non può essere, prendo precauzioni. Sono sempre attento.» Non aveva mai desiderato disseminare bastardi per il Paese. «Non sempre. E per essere del tutto onesta – perché anch'io sono incapace di mentire – ho chiuso col dover restare sveglia tutta la notte con lei, mentre succhia dai miei seni come se fossero mammelle di mucca e poi rigurgita sui miei vestiti. Non sopporto quell'odore. Non sono una buona madre. Non voglio esserlo. Quindi adesso è il tuo turno. La verità è che sarà più semplice per te: hai tantissimo denaro. Dunque assumi qualcuno che si prenda cura di Menadora. Oppure...» Fece una pausa a effetto. «Gettala via come hai fatto con me. Lei non è più una mia preoccupazione.» Con quell'osservazione, varcò il portone d'ingresso aperto diretta verso una carrozza in attesa, una carrozza che Mars aveva pagato. Nel frattempo, quella bambina col nome ridicolo stava diventando sempre più rumorosa. I suoi strilli risuonavano per tutta la casa. E Deb non se ne curò. Il suo passo non mostrò alcuna esitazione. Mars fece l'unica cosa ragionevole che un uomo nella sua posizione poteva fare: si precipitò giù per le scale e attraverso la porta, pensando di fermare la sua ex amante. Non poteva lasciare una poppante con lui. Purtroppo, era troppo tardi. Con una notevole velocità, Deb salì a bordo della 19
carrozza e, con uno schiocco di frusta, il suo cocchiere incitò i cavalli lungo il vialetto di ghiaia. Mars rimase a lungo a fissarla, come se potesse farla tornare indietro con la forza di volontà, finché la carrozza svoltò a una curva e scomparve alla vista. «All'inferno» borbottò. E poi aggiunse: «La bambina non è mia». Non poteva esserlo. Lui ed entrambi i suoi genitori avevano i capelli biondi. Oltretutto, lui prendeva precauzioni. Ma lo aveva fatto sempre? Riusciva a ricordare una volta o due in cui non era stato così ben disciplinato come avrebbe dovuto essere un uomo saggio. Volte in cui i suoi vizi avevano preso il sopravvento sulla ragione. Santo cielo! Mars si girò verso la porta e vide che tutti i suoi servitori – dall'altero Gibson fino allo sguattero di cucina – erano sui gradini a fissarlo a occhi sgranati, colmi di apprensione. Nelson si insinuò tra la piccola folla, sventolando la vestaglia di Mars. «Milord» lo implorò, sollevando l'indumento come per preservare la dignità del proprio padrone. Ma una preoccupazione più pressante aveva reclamato l'attenzione del suo signore. Da dove si trovava, Mars poteva ancora udire ben chiaro un pianto infantile. «Chi è con la bambina?» domandò. Tutti i suoi domestici, tutti uomini, tutti da lungo tempo al servizio della sua famiglia, si scambiarono occhiate a destra e a sinistra, come se si aspettassero che vegliare su Menadora fosse compito della persona al loro fianco. Persino il sempre efficiente Gibson. Poi Mars rammentò gli avvertimenti di Deb. «Qualcuno di voi sa cosa fare coi bambini?» Evan, uno dei valletti, rispose: «Mia sorella ne ha avuto uno». Gli altri rimasero in silenzio. 20
Quella giornata poteva andare peggio? Aveva proprio bisogno del suo tè col Porto. Imprecando sottovoce, Mars ritornò deciso sui propri passi, i piedi nudi che volavano sul pavimento. I domestici si aprirono in due ali come se lui fosse Mosè e loro il Mar Rosso. Mars salì i gradini a due alla volta. Mentre correva su, mille pensieri gli passarono per la mente. Deb non sarebbe stata la prima amante a mentire. Quelle donne non erano mai affidabili e lei era chiaramente peggio delle altre. Le piaceva scommettere; poteva trattarsi di una scommessa per poterlo legare a sé, rivendicando di aver avuto un figlio da lui? E se si fosse trovata alla fine del viale, in attesa che lui la richiamasse? Avrebbe funzionato. Mars poteva essere un libertino, ma non era del tutto irresponsabile e Deb lo sapeva. Entrò nella camera da letto. La bambina urlante era proprio dove era stata lasciata, solo che si era rigirata e aveva scalciato via le coperte. Era evidente che fosse molto arrabbiata per essere stata lasciata sola. Offesa, addirittura. Oh, quella era senz'altro la figlia di Deb. Ma era davvero sua? Perché era in grado di accorgersene. Gli Eddington riconoscevano sempre i loro figli, e quello poteva essere l'intoppo nel piano di Deb. Nelson e Gibson lo avevano seguito su per le scale. Mars scrutò i suoi due servitori più fidati. «Cosa devo fare per farla smettere?» «Prenderla in braccio, milord?» suggerì Gibson incerto. Sì, era un buon consiglio. Mars si avvicinò al letto. Si chinò verso la bambina e la sollevò tenendola per le ascelle. Era più pesante di quanto avesse previsto. Lei lo fissò con un'espressione oltraggiata e forse addirittura ferita, la bocca col broncio più accentuato 21
che avesse mai visto, ma, grazie al cielo, aveva smesso di piangere. I due si presero le misure a vicenda. Il vestitino lungo della piccola era verdino con maniche di pizzo. I piedi, in minuscole scarpette di pelle, dondolavano nel vuoto. La sua pelle era accaldata e leggermente sudata per la fatica del pianto. I suoi capelli irti adesso erano incollati al capo. Gli ricordò null'altro che un Cesare in miniatura con un abitino femminile. Neanche lei sembrò impressionata da lui. La fronte si aggrottò in un'espressione critica come quella di qualunque bellimbusto presuntuoso o madre esigente da Almack's. «Menadora» disse, assaporando il suono di quello strano nome. Lacrimosi occhi castani lo scrutarono con solennità e fu come se Mars potesse leggerle nella mente, così annuì. «Anche tu ritieni che sia un nome ridicolo. Be', rallegrati: avrebbe potuto chiamarti Nymphodora.» Un suo gemito gli fece intendere che la situazione era difficile per lei quanto lo era per lui, e Mars lo comprendeva bene. Le madri insensibili erano le peggiori. Almeno avevano quello in comune. Mars si spostò nel proprio guardaroba, dove c'era uno specchio a tutta altezza nell'angolo. Il capo di Menadora si girò quando si accorse del riflesso nello specchio. Era una personcina vivace e vigile. Tenendosela contro il petto, Mars osservò il riflesso di entrambi. La sorpresa lo paralizzò. C'era un ritratto nel salone al piano di sotto, che lo ritraeva alla stessa età, e lei poteva essere un'esatta copia di quel bambino se non fosse stato per i capelli scuri e gli occhi castani. Solo che lei era più determinata e attenta di quanto fosse mai stato lui. La piccola sembrò studiare il loro riflesso e trarre le proprie conclusioni, e Mars percepì che non erano lusinghiere. 22
Il terrore si associò a un'inspiegabile eccitazione. Quello non era ciò che voleva. Oh, no. Non lui. Eppure, doveva sapere. Mars le tolse la scarpetta, poi la calza. Trovò cinque ditini perfetti. Fece lo stesso con l'altro piede e rimase senza fiato. Il piede sinistro non era perfetto. C'erano cinque ditini, ma non erano allineati. Il penultimo dito sembrava un po' deformato e pareva essere spuntato fuori dal dito accanto... proprio come quello di suo padre, di suo nonno e di tutti gli Eddington prima di lui. Proprio come il suo dito. Era la prova che lei era una vera Eddington. Quella era la sua bambina. Sua figlia. Con sua grande sorpresa, un senso di meraviglia lo pervase. L'aveva generata lui. Lei era una nuova anima in quel mondo, nella sua vita. Quell'esserino con un nome sciocco. E lui aveva una famiglia. Qualcosa si mosse nel profondo del suo essere, aprendolo in un modo che non aveva mai ritenuto possibile. Erano loro due insieme di fronte a un mondo che era implacabile quando si trattava dei deboli. Lei aveva bisogno di lui. Lui era il suo protettore, il suo genitore, il suo custode. Solo che non sapeva cosa fare con lei. Sapeva una cosa, però: non l'avrebbe chiamata Menadora. «Dora» pronunciò, assaporandone il suono. Gli piaceva. Non c'erano neanche dubbi che il panno che le copriva il sederino fosse da cambiare. Mars ne sentiva l'odore. Aveva inumidito persino il suo petto, bagnandole anche il vestitino. Guardò la porta, da cui Gibson e Nelson lo fissavano allarmati e confusi. «Deb ha lasciato una borsa? Rifornimenti?» «Temo di no, milord» rispose Gibson. «Nulla.» 23
Mars tenne Dora un po' discosta. Non andava d'accordo con i cattivi odori. Né aveva il minimo indizio di quali fossero le necessità dei lattanti. Allora, come leggendogli nel pensiero e rendendosi conto di essere nei pasticci, Dora diede fiato ai polmoni... e questa volta non si sarebbe fermata, per quanti sforzi lui avesse fatto.
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