E SE LA SECONDA IMPRESSIONE FOSSE QUELLA CHE CONTA? Il brutto anatroccolo si è trasformato in un’affascinante trentenne. ed è pronta a conquistare il suo primo amore (forse). “Assolutamente brillante.” The Sun
Aureliana non è mai stata la ragazza più popolare della scuola, era una sorta di brutto anatroccolo, schernita per le sue origini italiane. Oggi però, a trent’anni, è decisamente cambiata, una splendida donna che gli ex compagni di classe faticano a riconoscere. Ma è difficile fronteggiare l’adolescente timida che è stata un tempo… soprattutto di fronte a James, la sua cotta senza speranza.
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LE BUGIE HANNO LE GAMBE CORTE... E LA PANCIA FINTA! UNA COMMEDIA ROMANTICA FRIZZANTE E DIVERTENTE SULLA DIFFICOLTÀ DI CONCILIARE LAVORO E … MATERNITÀ.
“Una novella Bridget Jones alle prese con tutti i problemi della singletudine dopo i 30 anni e una finta maternità. Esilarante!” Kristin Harmel, autrice di Finché le stelle saranno in cielo
L’editor Liz Buckley tira avanti a cupcake, caffeina e cocktail. A trentuno anni può dirsi soddisfatta del suo lavoro a Paddy Cakes, una rivista patinata destinata a genitori moderni. Se c’è una cosa di cui però è stanca è di fare un milione di straordinari per occuparsi del lavoro lasciato indietro dalle colleghe con figli. La soluzione è una sola: una finta maternità. Ma cosa succede se all’orizzonte fa capolino Quello Giusto?
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VICKY DREILING
Lezioni di ballo e prove di seduzione
Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: What a Devilish Duke Desires Grand Central Publishing - Forever © 2015 Vicky Dreiling This edition published by arrangement with Grand Central Publishing, New York, New York, USA. All rights reserved. Traduzione di Elena Vezzalini Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. © 2016 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione I Grandi Romanzi Storici Special settembre 2016 Questo volume è stato stampato nell'agosto 2016 da Grafica Veneta S.p.A. - Trebaseleghe (Pd) I GRANDI ROMANZI STORICI SPECIAL ISSN 1124 - 5379 Periodico mensile n. 229S del 28/09/2016 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 368 del 25/06/1994 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Mondadori, 1 - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 045.8884400 HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano
Dedica
If once to Almack’s you belong, Like Monarchs you can do no wrong; But banished thence on Wednesday night, By Jove, you can do nothing right. Se ti sarà concesso di entrare da Almack’s, Godrai dei privilegi di un sovrano; Ma se ne sei bandito il mercoledì sera, Per Giove, non sarai nessuno. Henry Luttrell (1765-1851), poeta inglese
1 Londra, 1822 Harry Norcliffe, Duca di Granfield, scese dalla carrozza a nolo e rabbrividì per il vento freddo. Ancora non riusciva a credere che fossero trascorsi tre mesi dall'improvvisa scomparsa dello zio Hugh. Niente sarebbe stato più come prima e il ricordo doloroso di quella perdita si affacciava alla sua mente quando meno se lo aspettava. Sembrava un incubo, invece era la dura realtà. Il mondo che conosceva era cambiato, tuttavia lui stava per incontrare i suoi amici più cari e si augurava di trovare un po' di conforto in quella vita che si era lasciato alle spalle tre mesi prima. Un valletto, apparso sulla porta del White's, gli rivolse un inchino. «Bentornato, Vostra Grazia.» Vostra Grazia. L'appellativo lo colpì come un pugno allo stomaco. Quando lo udiva pronunciare si sentiva ancora un impostore, anche se ormai si sarebbe dovuto abituare. «Vostra Grazia, posso prendervi il mantello?» gli domandò l'uomo, che spostava il peso del corpo da un piede all'altro come se fosse a disagio. «Sì, grazie.» Quando quel momento terribile fu passa7
to, Harry gli consegnò mantello, cappello e guanti. Mai avrebbe immaginato che la morte dello zio potesse comportare tanti cambiamenti. La sua attenzione fu attratta dal libro delle scommesse che gli ricordò la vita di un tempo, quando leggerlo era un rituale. Per la prima volta da molto tempo sorrise mentre scorreva il foglio; Aubery aveva scommesso dieci ghinee con Rollins che giovedì sarebbe piovuto. Harry girò le pagine per vedere le scommesse che si era perso durante la sua assenza e si fermò quando vide il proprio nome. Mr. Brockton ha scommesso due scellini con Mr. Norcliffe che questi non mangerà la pancetta affumicata quando si recherà alla fattoria di suo zio. Quelle parole gli fecero l'effetto di una lama conficcata nel cuore. Strinse i denti, imponendosi di non perdere il controllo. Doveva andare avanti e riprendere la vita di un tempo, anche se zio Hugh gli mancava terribilmente. «Che io sia dannato, il diavolo è tornato a Londra!» L'umore di Harry si sollevò nell'udire quella voce familiare. Alzato lo sguardo, provò un immenso sollievo quando vide l'amico Andrew Carrington, Conte di Bellingham. «Tu nel frattempo hai attizzato il fuoco dell'inferno al posto mio.» Bell gli diede una pacca affettuosa su una spalla. «I miei giorni da libertino sono finiti da tempo.» «Non mi sarei mai aspettato che avresti messo la testa a posto» ammise Harry con una risata. «Il primo a essere stupito sono io.» Come era cambiato Bellingham dalla prima volta in 8
cui si erano incontrati! Se in passato era stato un irrequieto, in quel momento aveva un'aria rilassata e serena. «Ora basta parlare di me. Amico mio, hai l'aria preoccupata» osservò Bell. «Non lo nego, però sono felice di vederti.» «Spero che tu sia pronto a mangiare una buona bistecca accompagnata da un vino eccellente.» «Naturalmente.» Era il primo passo per tornare alla vita di sempre, anche se il vuoto lasciato dalla scomparsa dello zio non sarebbe mai stato colmato. «Cosa si prova a essere l'unico scapolo fra i propri amici?» «Pensavo che non sarei stato solo, invece hai ingannato tutti.» «Laura ha fatto di me un uomo onesto. Andiamo al nostro vecchio tavolo, c'è qualcuno che devi incontrare.» Avevano quasi raggiunto la scala quando furono fermati da Lord Fitzhugh e Mr. Castelle. «Congratulazioni per il titolo» disse il primo, dando un colpo amichevole sulla schiena di Harry. «Siete un uomo fortunato» aggiunse Castelle. Harry strinse le mani a pugno mentre cercava di reprimere la rabbia che l'aveva assalito. Era ingiustificata, sicuramente quell'uomo non aveva voluto offenderlo. «Grazie.» Cos'altro avrebbe potuto dire? E fu riconoscente a Bell, che gli ricordò che erano attesi nella sala da pranzo. Quando restarono soli, l'amico gli rivolse un'occhiata premurosa. «Dopo la morte della mia famiglia, mi adiravo quando le persone facevano dei commenti sciocchi. Anche se sapevo che erano spinti dalle migliori intenzioni, li trattavo con freddezza. Mi rifiutavo di accettare 9
il dolore, peggiorando la situazione. Castelle e Fitzhugh sanno che un'eredità non potrà mai sostituire la tua grave perdita, ma come molte persone sono a disagio quando devono parlare della morte.» Harry annuì, grato a Bell per la sua comprensione. Salirono la scala accompagnati dal tintinnio dei bicchieri e dell'argenteria, e dalle voci dei commensali che provenivano dalla sala da pranzo. Giunti al secondo piano, un profumo di carne arrosto stuzzicò l'appetito di Harry. Quando arrivarono al tavolo, Colin Brockhurst, Conte di Ravenshire, amico d'infanzia di Harry, si alzò e gli diede una pacca affettuosa sulla schiena. «Che piacere vederti.» «Il piacere è mio. Come va la vita matrimoniale?» «Bene, Angeline non mi ha ancora cacciato di casa.» «Ottimo!» commentò Harry con una risata. Bell gli indicò una persona seduta al tavolo. «Ti ricordi di lui?» Sulle prime Harry sembrò perplesso poi, quando capì di chi si trattava, sul suo viso apparve un'espressione sbalordita. «Justin?» Justin Davenport, Conte di Chesfield e figliastro di Bell, gli porse una mano sorridendo. «Sono felice di incontrarvi.» «Santo cielo!» esclamò Harry, che poi si rivolse a Bell. «L'ultima volta che l'ho visto era un giovanotto pelle e ossa.» «Ha ventun anni ed è alto sei piedi e tre pollici» spiegò l'amico. «Cosa gli dai da mangiare? È forte come una quercia.» Bell scoppiò a ridere. «Tanta carne di manzo, ma è di10
ventato muscoloso anche grazie alla scherma.» Con un cenno Harry chiese a un cameriere di portare una bottiglia di brandy, che poi offrì a tutti i commensali. «Non riesco a credere che tu gli permetta di bere degli alcolici» disse all'amico. «Non è più un bambino e conosce i suoi limiti. Non avrei mai incontrato sua madre se lui non avesse nascosto malamente quella fiaschetta di brandy.» «In effetti non fu una grande idea» ammise Justin. «Grazie al cielo non corri più la cavallina. Giusto?» «Devo proprio rispondere?» chiese il giovane con un sorriso malizioso. Colin sghignazzò, mentre Harry rischiò di sputare il sorso di brandy che aveva appena bevuto. Tre anni prima Colin e Harry si erano imbattuti in Bellingham, che dopo essersi innamorato di Laura Davenport si era preso cura del figlio scapestrato. Come passa in fretta il tempo, si disse Harry guardando Justin. Colin propose un brindisi. «A Bell, che ti ha salvato la pellaccia quella notte nel Tamigi.» «Come?» domandò Justin stupito. «Quando ci siamo conosciuti» spiegò Colin. «Nel Tamigi?» chiese il giovane sbalordito. Harry rideva al punto che gli tremavano le spalle. «Che avventura! Ero talmente ubriaco che avevo perso i soldi per pagare il barcaiolo e sono caduto in acqua.» «In realtà eri stato derubato da una sgualdrina» lo corresse Colin. «Due scellini, tutto ciò che possedevo a quel tempo.» «Ti abbiamo tirato su prima che annegassi» intervenne Bell. «Quando ti sei ripreso, mi hai guardato e hai detto: "Signore, questo è il mio salvatore".» 11
Tutti scoppiarono a ridere. «I miei abiti emanavano un tale puzzo che il valletto ha rischiato di rigettare» continuò Bell. «Sono finiti nella spazzatura.» «Bei tempi, quelli» osservò Harry. «Mi auguro che stiate scherzando» obiettò Justin. «Con il senno di poi le cose appaiono diverse» spiegò Bell, scompigliandogli i capelli. Harry posò il bicchiere di brandy sul tavolo prima di guardare Colin. «Mi ha fatto piacere ricevere la tua lettera. Ti porgo le mie congratulazioni, futuro papà.» «Bellingham ha accettato di essere il padrino di mio figlio. Vuoi essere tu il secondo?» gli chiese Colin, guardandolo negli occhi. «Ne sarei onorato.» A disagio per l'emozione che quella richiesta aveva suscitato in lui, Harry aggiunse: «Prometto che non lo lascerò cadere». Le sue parole provocarono un coro di risate. «Ciò che mi preoccupa» ammise Colin stringendosi nelle spalle, «è che, se sarà una femmina, mia moglie vorrebbe che le madrine fossero le mie sorelle. Io non sono d'accordo, perché non mi fido di loro.» «Forse saranno due gemelli» suggerì Harry. «Dio ce ne scampi, non avremmo più un attimo di pace.» Mentre ascoltava la conversazione, Harry comprese di avere un obiettivo nella vita: far sì che Havenwood, la proprietà che lo zio gli aveva lasciato, rimanesse alla famiglia anche dopo la sua morte. Se gli avessero letto nei pensieri, i suoi amici sarebbero rimasti esterrefatti. Un anno prima non si sarebbe nemmeno sognato di sposarsi, tuttavia la scomparsa del12
lo zio Hugh aveva cambiato radicalmente la sua vita. «Mia moglie sostiene che è un maschio. Se devo essere sincero, io preferirei una femmina» confessò Colin. «Ti do un consiglio» disse Bell. «Convieni sempre con lei su ciò che dice, anche se cambia opinione dopo cinque minuti.» Colin scosse il capo. «Non ho voce in capitolo. Sua madre e la mia matrigna affermano che è maschio perché il ventre è a punta. Io non credo a sciocchezze del genere, ma non intendo contraddirle.» «Harry, hai ancora la stanza all'Albany?» gli domandò Colin. «Sì.» Mentre posava il bicchiere, lui pensò alla vecchia camera che tanto amava. «Ci sono ancora gli stessi mobili.» «Signore, mi ricordo ancora il divano sfondato e i peli di cane ovunque.» «Cosa è accaduto durante la mia assenza?» domandò Harry. Bell si strinse nelle spalle. «Pembroke continua a perdere i capelli, il vecchio Lord Leighton si è innamorato della vedova Atherton, che dichiara di preferirgli lo sherry.» Dopo una pausa, aggiunse: «Stavo per dimenticarlo: George, l'ex amico di Justin, ha distrutto il secondo calesse che il padre gli aveva incautamente regalato». Harry scoppiò a ridere. «Certe cose non cambiano mai. Bell, grazie per la lettera in cui mi informavi della nascita di tua figlia Sarah. Immagino che Stephen sia cresciuto.» «Ha compiuto due anni la scorsa settimana e ha festeggiato usando il gabinetto come un uomo. Ammetto che non ha una gran mira.» 13
«Be', almeno ci ha provato» scherzò Harry, che versò due dita di brandy per tutti. Fra loro tre, Bell era quello che era cambiato di più. Quando l'avevano conosciuto era un uomo riservato, ma nel giro di qualche mese era diventato per Harry e Colin un amico prezioso su cui poter sempre contare. La cena fu servita. Finalmente rilassato, Harry divorò la bistecca, le patate e il dolce. «Sono sazio.» «Anch'io» disse Colin. Quando il cameriere arrivò con il Porto, Justin si alzò. «Vi prego di scusarmi, è arrivato Paul e intendo batterlo al biliardo.» «Va' pure» lo esortò Bell, «prendi una carrozza a nolo e non fare rumore quando torni a casa, se non vuoi incorrere nelle ire di tua madre.» «Hai domato il suo spirito ribelle, bravo» si complimentò Harry quando Justin se ne fu andato. «Aveva solo bisogno di una guida. Ormai penso che lo terremo con noi» scherzò Bell. Harry rise, come ai vecchi tempi. «Come sta la tua famiglia?» gli chiese Bell. «Le mie cugine non sono cambiate.» «Mi stupisco che non insistano affinché ti sposi, ora che hai ereditato.» Harry si strinse nelle spalle, incerto se confessare agli amici le proprie intenzioni. «Sai che io ero disposto a lasciare che la mia proprietà tornasse alla Corona. Poi Laura mi ha chiesto perché non l'avevo venduta, dato che non me ne importava nulla» ammise Bell. «Anche se davo per scontato che Havenwood sarebbe diventata mia, sono molto riconoscente a mio zio.» 14
«Era un brav'uomo, il migliore» dichiarò Colin. «Solo dopo la sua morte ho capito cosa significhi per me quella proprietà. E so che lui vorrebbe che restasse nella nostra famiglia per generazioni.» Un giorno, a Dio piacendo, sarebbe diventata di suo figlio. «Stai dicendo che entrerai a far parte del club degli uomini sposati?» osservò Colin. Imbarazzato, Harry si salvò con una battuta. «Non questa sera.» Gli amici ridacchiarono. «A proposito, Laura ti invita a cena da noi fra una settimana» dichiarò Bell. «Lasciami indovinare: sarò seduto accanto a una fanciulle nubile che la tua contessa ha scelto per me.» «Non sentirti obbligato, anche se a mia moglie si spezzerà il cuore se non verrai» scherzò Bell. «Magari un'altra volta» si scusò Harry con un sorriso. Non aveva mai pensato di avere una famiglia sua. Suo padre era morto quando lui aveva otto anni e la vita a scuola era stata dura fino a quando non aveva conosciuto Colin, che era diventato come un fratello per lui. «Tuo zio era un uomo eccezionale» dichiarò Colin. «Ho dei bei ricordi delle estati trascorse con te alla fattoria.» L'umore di Harry si sollevò. «Ti ricordi quella volta che ci sorprese a urinare fuori dalla finestra?» «Tu hai colpito il giardiniere!» «Per punizione lo zio ci fece spalare il letame del porcile. Ecco perché non mangio la pancetta affumicata.» Il sorriso di Harry svanì all'idea che sarebbe dovuto tornare alla fattoria verso la fine dell'estate. Come avrebbe reagito all'assenza dello zio? Dopo il funerale, si aspettava di 15
vederlo entrare nella stanza da un momento all'altro. Tuttavia avrebbe compiuto il proprio dovere, perché sapeva ciò che Havenwood aveva rappresentato per Hugh. «Harry, immagino che tu abbia fiducia negli amministratori e negli avvocati di tuo zio» affermò Bell. «Sì, sono uomini esperti.» Non l'avrebbe mai ammesso, tuttavia era completamente all'oscuro degli affari di Hugh. Con il senno di poi si rese conto che avrebbe dovuto insistere per affiancarlo finché era al mondo, ma ormai era troppo tardi. Bell faceva girare il Porto nel bicchiere. «Quando tornai dal Continente, tanti anni fa, chiesi all'amministratore, agli avvocati e ai banchieri di spiegarmi nei dettagli la mia situazione finanziaria.» Harry annuì, sapendo che l'amico gli stava dando un consiglio. «Dannazione, si è fatto tardi!» esclamò Bell guardando l'orologio che aveva estratto dalla tasca. «Anch'io devo andare» disse Colin, «mia moglie e io abbiamo un appuntamento con un architetto domattina presto. Che Dio abbia pietà di me, Angeline ha deciso di rimettere a nuovo la dimora di città che ho appena comprato.» Harry scoppiò a ridere, anche se era leggermente deluso. Ai vecchi tempi avrebbero fumato sigari e bevuto fin dopo la mezzanotte, ma ora gli amici avevano delle responsabilità verso le famiglie. «Signori, ci vediamo qui la prossima settimana alla stessa ora?» propose Bell. «Naturalmente» accettò Colin. «Harry, sarai dei nostri?» «Certo.» 16
Scesero al piano di sotto, dove indossarono i mantelli e uscirono dal club. Mentre si salutavano un soffio di aria gelida sferzò il viso di Harry, che si avvolse la sciarpa di lana intorno al collo. «Posso offrirti un passaggio?» gli chiese Bell. «No, grazie, sono solo un paio di isolati. Le strade sono illuminate e una passeggiata mi schiarirà le idee.» Lucy Longmore finì di spazzare i ritagli di tessuto e i fili caduti sul pavimento del negozio. Stava cercando un altro lavoro, meglio remunerato, ma senza referenze non aveva molte speranze di trovarlo. Dopo avere impilato le pezze di stoffa su uno scaffale, guardò le amiche Evelyn e Mary che stavano riordinando aghi, spilli e nastri. «Sono venute molte clienti questa mattina?» domandò. «Sì» rispose Evelyn, «dame altezzose accompagnate dalle figlie, ragazze molto esigenti.» «Oppure eterne indecise. "Mamma, non posso indossare un abito giallo primula, non si intona alla mia carnagione"» le scimmiottò Mary. «La storia che preferisco è quella del vaso di biscotti» affermò Lucy. «"Mamma, perché la sarta fatica a chiudere i ganci?"» chiese Evelyn con voce piagnucolosa. «"Perché non riesci a stare lontano dal vaso dei biscotti!"» esclamarono poi all'unisono prima di scoppiare a ridere. «La ragazza dei biscotti mi fa un po' pena» ammise Lucy. «Soltanto perché hai un cuore tenero, ma la tua compassione verso le fanciulle ricche e viziate è malriposta» osservò Evelyn, convinta che non esistesse nessuno di 17
più indisponente di un'aristocratica capricciosa. «Se fossi ricca, non avrei alcuna difficoltà a scegliere un abito» dichiarò Lucy. Mary chiuse la scatola da cucito. «Forse sì, se potessi scegliere fra tanti.» «No, perché li sceglierei tutti.» «E brava la nostra Lucy!» esclamò Evelyn. Quanto le sarebbe piaciuto potere scegliere fra tante opportunità. Lucy era comunque decisa a far sì che un giorno il suo sogno di aprire una scuola di ballo si avverasse. I sogni erano la sua unica ricchezza e avrebbe fatto il possibile per realizzarli. In quel momento arrivò Ida, la nuova apprendista, che lavorava per Madame Delanger da due giorni. Non dimostrava più di quattordici anni, e quando Lucy e le altre avevano cercato di aiutarla le aveva guardate con sospetto, rifiutando le loro attenzioni. L'unica cosa che sapevano di lei era che madame le aveva concesso di dormire la notte sul pavimento del laboratorio. Un rumore di passi in arrivo risuonò nella stanza. Mary si schiarì la voce per avvertire le amiche di misurare le parole. Qualche istante dopo giunse la proprietaria del negozio. «Ida, ricordati di verificare che non manchi nulla dietro i paraventi. Ogni giorno controllo l'inventario personalmente.» «Certo, madame» mormorò la giovane, che si affrettò a obbedire. «Je suis fatiguée.» Con un gemito, Madame Delanger si appoggiò al bracciolo di una chaise-longue rossa, che accoglieva le clienti illustri tra una prova e l'altra. «L'inizio della Stagione è sempre frenetico, ma oggi mi hanno ordinato quattro abiti e ho venduto dieci paia di calze 18
e sei di guanti.» Accigliata, si rivolse a Mary. «Hai spolverato? Se troverò un solo granello di polvere, ti abbasserò il salario.» «Sì, madame, ma controllerò di nuovo» rispose la giovane con aria assente. Lucy guardò fuori dalla vetrina sospirando dentro di sé. Se madame le avesse lasciate andare, lei e le ragazze non sarebbero state costrette a tornare a casa al buio. Invece non poteva mostrare la propria insofferenza perché l'umore della padrona era imprevedibile e occorreva essere molto cauti. Il bisogno di lavorare imponeva alle lavoranti di essere rispettose. «Ida» disse Madame Delanger alzando la voce, «devi attaccare il pizzo su quell'abito entro stasera. Vedi di non addormentarti prima di avere finito.» «Sì, madame.» Lucy si scambiò un'occhiata eloquente con le altre. Madame si stava approfittando della giovane età di Ida, eppure nessuna di loro osò difenderla per timore di perdere il lavoro. Si sentì spregevole, ma prima doveva pensare a se stessa e a sua nonna. «Domani mattina arriverete al negozio alle sei e cucirete per dodici ore consecutive. Questo è il periodo dell'anno in cui si lavora di più, deve essere tutto pronto quando arriveranno le clienti.» Il battito del cuore di Lucy accelerò. Madame non aveva mai chiesto loro di lavorare per tante ore. Quando l'aveva assunta, tre mesi prima, le aveva dato il permesso di assentarsi due ore al giorno per andare ad aiutare un maestro di ballo. Allora la Stagione non era ancora al culmine, però. Prima di parlare trasse un profondo respiro. «Madame, 19
io verrò alle sei, ma al pomeriggio ho una lezione di danza. Ritornerò dopo due ore, come ho fatto finora.» «Vieni con me» le ordinò la padrona con un sospiro. Mentre la seguiva verso il laboratorio, Lucy sentì un brivido lungo la schiena. Passo dopo passo cercò di convincersi che la padrona non l'avrebbe licenziata, e che avrebbe capito che lei aveva bisogno di entrambi i lavori. «Siediti» le ordinò. Lucy obbedì. «Madame, al momento dell'assunzione mi avete detto che avrei potuto continuare a lavorare con il maestro di ballo. Sono sempre tornata in tempo.» «Le cose sono cambiate, in questo momento ho bisogno che le mie cucitrici lavorino dodici ore.» Lucy si sentì pervadere dalla paura. Non voleva rinunciare alle lezioni di danza, perché intendeva farsi una clientela sua. Altrimenti come avrebbe potuto aprire una scuola? «Madame, con tutto il rispetto, potrei lavorare nei fine settimana per recuperare le ore.» «Non posso permettermi quattro cucitrici.» «Ma... avete assunto Ida due giorni fa.» «Lei non ha esigenze particolari.» Quelle parole colpirono Lucy come un pugno allo stomaco. Ida era stata assunta per sostituire lei, sicuramente con un salario molto inferiore. Presa dalla disperazione, inspirò a fondo e si preparò ad accettare una paga più bassa lavorando di più. Qualsiasi cosa, pur di non restare senza lavoro. In realtà sapeva che non era possibile, perché non poteva lasciare sola la nonna per dodici ore. «Sono tempi difficili, mi spiace» dichiarò Madame 20
Delanger. «Aspettami qui, dobbiamo regolare i conti.» In preda a uno strano torpore, Lucy ebbe l'impressione di risvegliarsi da un incubo. Sentendosi salire le lacrime agli occhi, sbatté le palpebre per ricacciarle. Le restava solo l'orgoglio, ma ne sarebbe uscita a testa alta. Quando tornò, Madame Delanger le consegnò il denaro insieme a un foglio piegato. Lucy non ne era sicura, ma le parve di cogliere nell'espressione della donna un barlume di senso di colpa. Spiegato il foglio, inspirò a fondo: era una lettera di referenze. Dopo averla ringraziata, si rese conto che era assurdo mostrare riconoscenza a una persona che l'aveva trattata ingiustamente. «Vorrei poterti aiutare, ma so che ce la farai.» Assalita da un moto di collera, Lucy strinse i denti. Era un'affermazione banale quanto falsa, che non avrebbe posto rimedio a un gesto tanto ignobile. Uscì dalla stanza a testa alta, come una regina, giurando a se stessa che avrebbe fatto tutto il possibile per trovare un altro lavoro. Un giorno avrebbe aperto la propria scuola di danza e sarebbe stata l'artefice del proprio destino. Dopo avere infilato il prezioso denaro nel portamonete e la lettera nella tasca del grembiule, indossò il mantello e i guanti. Prese il cestino e aspettò che Evelyn e Mary fossero pronte, anche se non vedeva l'ora di andarsene. Le tre amiche, che avevano l'abitudine di percorrere insieme un tratto di strada, uscirono dal negozio accompagnate dal suono allegro del campanello che risultò quanto mai inopportuno, viste le circostanze. Lucy alzò il cappuccio del mantello per proteggersi dall'aria umida e fredda della notte. 21
Tra le braccia di un duca LORRAINE HEATH Londra, 1851 - Dopo la difficile infanzia trascorsa nei bassifondi di Londra, Frannie Darling si dedica ai bambini abbandonati. Non cerca l'amore e fa il possibile per passare inosservata, eppure, a una festa di nozze, qualcuno la nota. Turbata dallo sguardo insistente di Sterling Mabry, Duca di Greystone, Frannie si presenta al gentiluomo... e a quel punto tutto cambia. Per la prima volta nella vita, infatti, prova un'attrazione irresistibile e lo stesso vale per Sterling, anche se lui la vorrebbe solo come amante, non certo come sposa. Frannie, però, detesta gli aristocratici arroganti interessati soltanto al proprio piacere... Ma allora perché il pensiero di una relazione clandestina con il diabolico duca la lascia tremante di desiderio?
Lezioni di ballo e prove di seduzione VICKY DREILING Londra, 1822 - Harry Norcliffe non ha mai voluto ereditare il titolo di Duca di Granfield. Per lui la rigidità del ton, nonché le pressioni incessanti di sua madre perché sposi una fanciulla di alto lignaggio e dia un erede al casato sono una scocciatura tremenda. Così, quando lei gli chiede anche di partecipare a una gara di ballo, Harry si rifiuta categoricamente. Finché Lucy, graziosa cameriera e seducente insegnante di danza, non gli fa cambiare idea! Ma se la maggior parte delle donne sarebbe al settimo cielo per avere suscitato l'interesse di un aristocratico ricco e terribilmente affascinante, lei invece non ha alcuna intenzione di compromettere la propria reputazione. Harry però ha un asso nella manica che potrebbe cambiare per sempre la vita della bellissima giovane...
Sogno d'inverno STEPHANIE LAURENS Inghilterra, 1837 - In un gelido dicembre tutti i Cynster si riuniscono a Casphairn Manor per le feste e l'occasione fa incontrare di nuovo Daniel Crosbie, precettore dei giovani Cynster, e la bella governante Claire Meadows, ridestando tra loro la passione che covava sotto la cenere. La vedova Claire non desidera però un secondo matrimonio, mentre Daniel è ben determinato a conquistarla. Approfittando dello stuolo di sensali Cynster pronte a perorare la sua causa, lui cerca di convincerla che insieme sono destinati alla felicità. Solamente quando la cattiva sorte si accanisce sulla famiglia, Claire comprende di voler correre dei rischi per il vero amore.
Un irreprensibile conte CANDACE CAMP Inghilterra, 1825 - Lady Vivian Carlyle e Oliver, Conte di Stewkesbury, sono come il diavolo e l'acquasanta. Lui la ritiene estremamente pericolosa fin da quando era il bersaglio preferito dei suoi scherzi di fanciulla. Ora a imbarazzarlo sono il suo atteggiamento anticonformista e l'ironia pungente, capace di mandare chiunque al tappeto. Neppure la notte di passione che hanno vissuto sembra averli avvicinati. Oliver, infatti, è scandalizzato dalla proposta di Vivian, che preferirebbe una relazione senza impegno, e vorrebbe porre subito fine alla storia. Solo quando la giovane scompare nel nulla, l'irreprensibile conte ammette finalmente di non poter vivere senza di lei. A quel punto, però, forse è troppo tardi...
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