Lezioni fuori orario

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Roni Loren

Lezioni fuori orario


Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Off The Clock This edition published by arrangement with The Berkley Publishing Group, an imprint of Penguin Publishing Group, a division of Penguin Random House LLC © 2016 Roni Loren Traduzione di Studio Kvd Sas Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved. © 2017 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione Harmony Passion settembre 2017 HARMONY PASSION ISSN 1970 - 9951 Periodico mensile n. 132 del 14/09/2017 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 71 dello 06/02/2007 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Mondadori, 1 - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 045.8884400 HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano


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«Ti stringo i capelli nel pugno mentre l'altra mano scivola lentamente lungo la tua coscia. Non dovrai emettere neanche un suono. Non possiamo farci sentire.» Marin Rush stava percorrendo il corridoio buio di Harker Hall, illuminato solo dalla luce verdognola delle insegne Uscita. Si fermò, senza che le scarpe da tennis facessero alcun rumore sul linoleum lucido, e trattenne il fiato. Non osava muovere un muscolo; stava andando a prendere una Coca Cola e una barretta al cioccolato al distributore automatico perché aveva bisogno di zuccheri e caffeina per sostenersi e tenere gli occhi aperti. Osservare i partecipanti allo studio sul sonno che russavano in laboratorio non era esattamente un compito stimolante. Però, mentre passava in corridoio, sentire improvvisamente una voce maschile calda e avvolgente l'aveva fatta riscuotere, risvegliando tutti i suoi sensi intorpiditi dalla stanchezza. Aveva creduto che nella sede del Dipartimento di Psicologia a quell'ora non ci fosse nessuno, oltre a lei e ai due soggetti che partecipavano allo studio. L'università era chiusa per le vacanze di Pasqua e le aule e i laboratori avrebbero dovuto essere tutti vuoti, con eccezione di quello in cui era lei, o almeno così le aveva detto la ragazza che Marin sostituiva per quella settimana di vacanza. Tuttavia era impossibile pensare di avere solo immaginato quella suadente voce baritonale che filtrava in corridoio dalla porta aperta di una stanza. 5


«Scommetto che ti piace un sacco essere sbattuta contro il muro e presa senza tanti complimenti, sentire il mio uccello che ti percuote come un martello pneumatico.» Oh, porca vacca! Marin ebbe un sussulto e strinse forte le labbra. Era chiaro che anche altre due persone pensavano di essere sole come lei. Forse qualche studente si era intrufolato nella sede per darci dentro? O era qualche professore? Marin sperava di non trovarsi a sorprendere un docente in una situazione compromettente. Sarebbe sprofondata per la vergogna e la mortificazione. A quel punto avrebbe dovuto subito girare i tacchi e tornare nell'ufficio del professor Roberts ma, invece di svignarsela, istintivamente inclinò il capo per capire bene da dove provenisse la voce, e fece qualche passo in avanti di soppiatto. «Sì, lo so che ti piace. Sono sicuro che in questo momento sei tutta bagnata al pensiero di quanto sarebbe bello. Mmh, magari controllo da solo. Tieni le mani contro la parete e non muoverti.» Marin fu percorsa da un brivido che rese ipersensibile ogni centimetro del suo corpo, fin negli angoli più remoti. «Ti desidero tantissimo. Non senti quanto è duro?» Quella voce era come la carezza di un guanto di velluto sulla pelle della giovane, che chiuse gli occhi e immaginò la scena che stava descrivendo quella voce misteriosa... uno sconosciuto sexy e virile alle sue spalle, che le premeva addosso facendola aderire al muro e strofinava la sua poderosa erezione contro le natiche. Non si era mai trovata in una situazione simile, ma il suo corpo reagì istintivamente a quel pensiero. Marin si portò una mano al collo e sentì la vena pulsare rapida sotto i polpastrelli. Con il fiato sospeso, attese di sentire la risposta a quella domanda provocante, ma non udì alcuna voce femminile. Marin moriva dalla voglia di sapere se effettivamente la donna provava tutto il suo stesso desiderio. Tese l'orecchio ma di nuovo fu l'uomo a parlare. 6


«Ti abbasso le mutandine e le mie dita risalgono l'interno della coscia in una lenta carezza, fino a sentire quanto è calda e bagnata la tua...» Marin si sorresse al muro con l'altra mano e si sporse il più possibile in avanti. Ancora due centimetri e sarebbe caduta. La tua...? «Maledizione!» L'imprecazione irosa strappò Marin dall'incantesimo in cui era piombata per effetto di quella descrizione audace. Si raddrizzò immediatamente, rossa in viso e con il cuore in gola, nonché un palpito in parti innominabili del suo corpo. Si udì il cigolio di una poltroncina e un'altra sfilza di parolacce più colorite. Chiunque stesse pronunciando quelle frasi stuzzicanti aveva cambiato tono e ora era decisamente irritato. Da una porta aperta a qualche metro di distanza giunse un foglio appallottolato che volò in aria e rotolò a terra. Marin ne seguì con lo sguardo la traiettoria e solo allora notò che sul pavimento c'erano già altri tre fogli accartocciati. La luce che proveniva dall'ufficio rifletteva sul linoleum un'ombra che si muoveva come se la persona all'interno della stanza si stesse spostando e Marin si appiattì contro la parete, sperando di non farsi vedere. Non uscire, ti prego, non uscire, chiunque tu sia, implorò mentalmente l'uomo misterioso, mentre contava le porte che la separavano da quella in cui si trovava lui, per cercare di capire di chi fosse l'ufficio. Quando si rese conto che non era di un professore, ma era una delle stanze usate dai dottorandi, emise un sospiro di sollievo. In ogni caso non intendeva fargli scoprire che non era solo. Però almeno la consolava il fatto che non era stato un professore a eccitarla con i suoi discorsi audaci. Ora avrebbe dovuto trovare il modo di superare quell'ufficio senza farsi notare. Negli ultimi mesi, da quando aveva cominciato l'università, aveva preso l'abitudine di saltare i pasti per risparmia7


re, ma sapeva che non sarebbe riuscita a resistere senza caffeina ad altre due ore di monitoraggio del sonno dei soggetti e relativo inserimento dei dati clinici. Ora capiva perché nessuno si fosse offerto volontario per sostituire la collega durante le vacanze. Marin spostò lo sguardo verso le scale. Se fosse rimasta dall'altro lato del corridoio, con il favore della penombra forse sarebbe riuscita a sgattaiolare via senza farsi notare. Attraversò il corridoio e aderì alla parete a destra, avanzando di soppiatto. Purtroppo, appena fu giunta a pochi passi dalla zona illuminata dalla stanza occupata, un'ombra massiccia la oscurò. Marin aveva gli occhi fissi sulla luce che proveniva dall'ufficio, perciò tardò qualche istante a capire che c'era qualcuno sulla soglia. Quando spostò lo sguardo vide che non era un uomo qualsiasi, ma una persona che conosceva bene, alta, snella e dinoccolata. Si bloccò, impietrita, e subito tutti i suoi sensi andarono in stato di allarme. No, non lui! L'uomo aveva la mano poggiata allo stipite e la guardava con aria altrettanto sorpresa. «Come mai qui a quest'ora?» «Io...» Marin si sentì avvampare e subito le si serrò la gola, una reazione assurda che aveva sempre quando se lo trovava davanti. Aveva trascorso sin troppe ore seduta all'ultimo banco durante il corso di introduzione alla sessualità umana, impegnata a memorizzare nei minimi particolari il volto di Donovan West. Ne conosceva alla perfezione la camminata e i muscoli che tendevano le maniche della maglietta. Essendo un assistente, di solito si fermava in classe solo all'inizio delle lezioni per portare fogli, dispense o materiale didattico al professor Paxton. Nonostante questo, ogni volta che entrava, il corpo di Marin era percorso da una scarica elettrica. La sua infatuazione era cominciata il giorno in cui Do8


novan West aveva fatto da supplente al professor Paxton che era malato. Aveva parlato dell'eccitazione e dei processi fisici che vi erano collegati. La lezione era molto tecnica e lui indossava una maglietta con la faccia di Freud e una finta citazione, FATTI VEDERE DA UNO BRAVO, firmata Sigmund Freud. Perciò, nel complesso, Marin non avrebbe dovuto trovarlo sexy, e invece era rimasta parecchio turbata da lui. Mentre parlava, Donovan West gesticolava molto ed era alquanto nervoso, ma anche sicuro nell'esposizione e aveva risposto con entusiasmo e partecipazione a tutte le domande che gli erano state rivolte. Quel giorno Marin non aveva ascoltato una sola parola delle lezioni successive perché era distratta e non aveva fatto altro che pensare a lui. E ora lo stava fissando, rossa come un peperone e con l'espressione da ebete. Evviva! Si schiarì la voce con qualche colpetto di tosse, girandosi per mettersi del tutto di fronte a lui mentre cercava di formulare una risposta logica, che non le facesse fare brutta figura. Poi istintivamente gli lanciò una rapida occhiata da capo a piedi e subito perse l'uso della parola. Si sforzò di riportare lo sguardo sul suo volto e tenerlo incollato lì. Aveva veramente un bel viso, con un velo di barba, occhi di un azzurro vivido, i capelli che avrebbero avuto bisogno di una spuntatina e delle labbra a cui Marin aveva pensato molto, troppo. Tuttavia, nonostante la visione fosse spettacolare, non poteva fingere di non aver notato quel particolare al limite inferiore del suo campo visivo, che aveva attirato la sua attenzione quando lo aveva squadrato. Il rigonfiamento inequivocabile che tendeva i jeans era un richiamo impossibile da ignorare, che la spinse a esaminarlo accuratamente per imprimersi nella memoria la sagoma di ciò che nascondeva. Marin era combattuta tra il bisogno di guardare e l'imbarazzo, che alla fine prevalse, facendola arrossire ancora di più. 9


Si aggiustò gli occhiali sul naso. «Sì, ehm, salve. Scusi, credevo di essere sola. Non volevo interrompere quello che... stava facendo» disse in fretta, morendo di vergogna. Lui la fissò perplesso, aggrottando le sopracciglia. «Interrompere?» Marin non riuscì a trattenersi e lanciò di nuovo una rapida occhiata verso il basso. La sua erezione era come il canto delle sirene per Ulisse, affascinante e letale. Distolse subito lo sguardo ma non abbastanza in fretta perché lui non lo notasse. «Ah, cavoli!» Lui rientrò nella stanza e nascose la parte inferiore del corpo dietro il muro, sporgendosi sulla soglia con il busto. «Non è come sembra» si giustificò. Marin emise nervosamente uno sbuffo d'aria strozzato dal naso, che riecheggiò nel corridoio deserto come una specie di nitrito. Che classe!, si disse, cercando di recuperare un minimo di contegno. «Se lo dice lei...» Lui scoppiò a ridere. Era un suono caldo e avvolgente, come la sua voce, che parve riempire di sensualità lo spazio che li divideva. Dio, non era giusto! Anche la sua risata era sexy. «E va bene, è quello che sembra, effettivamente» ammise lui. «Ma è solo un inconveniente del mestiere.» Il suo tono divertito cominciò a farla sentire più a proprio agio, forse anche perché sembrava a disagio quanto lei. «Be', sembra che il suo mestiere sia più interessante del laboratorio del sonno dove sono io.» «Lo è.» Lui indicò l'ufficio. «Dipartimento di Sessualità. Sto facendo il dottorato con il professor Paxton.» Marin aveva capito che non l'aveva riconosciuta tra gli studenti a cui aveva fatto lezione. Non se ne meravigliò, perché era sempre seduta in fondo all'auditorium e cercava di non farsi notare. Inoltre, quella sera portava gli occhiali e non le lenti a contatto. «Io sono con il professor Roberts, sto seguendo lo studio sul sonno stanotte.» «Ah, già. Non sapevo che avesse preso un'altra assisten10


te tra i dottorandi. A proposito, io sono Donovan.» Lo so benissimo. «Mari» disse lei d'impulso, anche se ormai nessuno la chiamava più con il suo diminutivo. Però probabilmente lui correggeva i compiti del professor Paxton, e il nome Marin non era comune. «Possiamo darci del tu?» Lei gli fece un sorrisetto e annuì, evitando di correggerlo quando l'aveva scambiata per una dottoranda. Aveva ancora parecchia strada da fare in campo accademico a le sarebbe piaciuto proseguire gli studi fino al dottorato, se avesse trovato il modo di mantenersi. Fino a quel momento aveva superato gli esami di due semestri ma, anche se aveva un alto quoziente d'intelligenza, le mancava ancora molta strada. Il dottorato era un puntino di luce lontano alla fine di un lunghissimo tunnel. «Stavo andando a prendere una Coca Cola per non addormentarmi mentre guardo la gente che russa e registro i dati. Vuoi qualcosa da bere?» «Una Coca? Non sprecare un dollaro e mezzo al distributore. Ho un minifrigo in ufficio, puoi venire a prendere tutto quello che vuoi.» Lo so io cosa voglio... Marin si morse il labbro inferiore per evitare che le sfuggisse di bocca qualche commento inopportuno. Non capiva da dove le venissero certi impulsi audaci, anche perché non avrebbe saputo cosa fare con Donovan West una volta che l'avesse avuto tra le sue grinfie. Era un uomo adulto, sicuramente più che venticinquenne, ben diverso dai ragazzini con cui aveva avuto dei brevi contatti goffi alle superiori. Lui aveva fatto certamente tutte le esperienze di cui Marin aveva solo letto nei libri. «No, non fa niente» mormorò, sforzandosi di non arrossire mentre distoglieva di nuovo lo sguardo. Lui capì il motivo del suo imbarazzo e rise. «Sì, scusa, hai ragione. È chiaro che faresti bene a non accettare l'in11


vito di un estraneo che ha un'erezione. Sei una ragazza prudente, Mari.» Alzò le mani, come per dimostrarle che era innocuo, e indietreggiò ancora di più. «Però ti assicuro che non rischi niente. Mi hai solo colto in un momento... delicato. E ora voglio corromperti con una bibita gratis in modo che tu non vada a dire ai colleghi quello che hai visto. Lavoro a quest'ora e durante le feste proprio per evitare imbarazzi e prese in giro.» Le rivolse un sorriso sbilenco che le provocò un fremito. Sarebbe stato più saggio fare dietrofront e tornare in ufficio. Dopotutto Donovan era più vecchio di lei e un quasi insegnante. Se avesse scoperto che lei era tra gli studenti di Paxton, probabilmente si sarebbe sentito a disagio perché l'aveva visto in quelle condizioni. Però l'occasione di passare qualche minuto con lui era troppo allettante per rinunciarvi. Inoltre, il modo in cui la stava guardando la turbava. Di solito era un'imbranata con i ragazzi. Essere sballottata da una scuola all'altra per seguire gli spostamenti della madre e i suoi colpi di testa non le aveva dato modo d'imparare come comportarsi davanti a un uomo. Però Donovan aveva qualcosa che l'attirava e la spingeva a farsi avanti invece di fuggire. «Ti ringrazio. In fin dei conti non si può dire di no a una bibita gratis» sorrise. «Bene.» Donovan s'illuminò in volto. Forse si sentiva solo e si annoiava quanto lei quella sera. Si chinò a raccogliere i fogli appallottolati che aveva buttato e fece un ampio gesto della mano per invitarla ad accomodarsi. «Benvenuta nella mia tana. Il frigo è nell'angolo in fondo.» Marin entrò nella stanza, molto diversa dall'ambiente asettico del laboratorio in cui era lei. La scrivania era ingombra di carte e libri, con una lattina di Red Bull su una pila di volumi e un microfono collegato al portatile. Un divano logoro, con coperta e cuscino, era appoggiato alla parete di fondo, e a terra c'era un'altra pila di libri. 12


Si diresse verso il frigo, lo aprì e prese una Pepsi. «Tu vuoi qualcosa?» gli chiese guardandolo da sopra la spalla. Donovan stava raccogliendo dei fogli sparsi sull'unica poltroncina che c'era nell'ufficio oltre a quella dietro la scrivania. «No, sto bene così. Sono già alla terza Red Bull. Se mi avvicini un fiammifero esplodo.» Marin gli sorrise e si diresse verso la porta. «Grazie. Ti lascio a... quello che facevi.» Lui indicò la poltroncina che aveva sgombrato. «Perché invece non resti e fai una pausa? Io ne ho bisogno di sicuro.» Marin esitò; si rendeva conto che stava portando troppo oltre l'equivoco perché lui la credeva una dottoranda, ma pensò alla noia infinita che l'attendeva in laboratorio e andò a sedersi. Che male avrebbe fatto trattenersi ancora per qualche minuto? «Sì, in effetti mi sei parso arrabbiato quando sono passata in corridoio.» Donovan si sedette dietro la scrivania. «Mi hai sentito?» «Be', sì... I suoni si diffondono con facilità in un ambiente deserto» ammise Marin agitando le dita. Poi, sentendosi cretina, infilò la mano sotto la coscia e lo guardò imbarazzata. «Ah. Quindi hai sentito...» «Abbastanza, sì.» Lui fece una risata divertita e disinvolta, come se stessero parlando di un argomento neutro e non di discorsi piccanti ed erezioni fuori luogo in ambiente accademico. «Allora forse sarà il caso che ti spieghi che cosa sto facendo, altrimenti rischio di sembrarti un pervertito.» «Non c'è problema» lo rassicurò lei con una vocina che nelle sue intenzioni avrebbe dovuto essere rassicurante ma, invece, sembrava quella di un personaggio da cartone animato. Donovan prese un foglio accartocciato e lo lisciò. «Que13


sto è ciò che hai sentito. La mia tesi riguarda l'eccitazione sessuale femminile in risposta agli stimoli uditivi. Sto registrando i testi delle fantasie erotiche da usare nello studio.» «Stai facendo ricerche su discorsi sconci?» si stupì Marin. Le sembrava assurdo che l'università finanziasse simili esperimenti, ma se era lui a sussurrarle oscenità, era tentata di offrirsi volontaria per la sua indagine. Lui fece un sorrisetto malizioso. «Sì, è una possibile definizione anche se è un po' terra terra, signorina Disturbi del Sonno.» «Non sono un'esperta in materia, ma so quello che ho sentito.» «È vero, le mie ricerche si concentrano sugli effetti di testi erotici recitati a donne con problemi di eccitazione. Spesso i terapeuti suggeriscono alle clienti con simili disturbi di guardare film erotici per stimolare la libido. È un metodo che può avere qualche effetto, ma di solito il porno è indirizzato agli uomini perciò si basa sulle fantasie maschili e non su quelle femminili. I romanzi erotici funzionano piuttosto bene, ma voglio sperimentare anche le tecniche audio. Le registrazioni sono economiche da produrre, non alimentano l'industria del porno e si possono personalizzare. Inoltre sono facili da utilizzare in laboratorio.» Marin apprezzava il fatto che si rivolgesse a lei come a una collega e il suo approccio clinico riduceva l'imbarazzo che provava spesso parlando di sesso. Inoltre il suo entusiasmo era contagioso. Era l'aspetto che più le piaceva dell'ambiente accademico. Alle superiori gli studenti si comportavano come se fossero costretti a imparare e lei si sentiva diversa perché le piaceva studiare. I libri erano la sua fuga. Cambiava scuola, compagni di classe, ambiente e conoscenze, ma i libri erano una costante nella sua vita. Invece all'università c'erano persone come Donovan, appassionate dei propri studi. 14


«Allora perché eri tanto frustrato?» Donovan bevve un sorso di Red Bull senza staccare lo sguardo da lei. «Sto scoprendo che le donne sono complicate e che mi è difficile pensare come loro.» «E ti sembra strano?» «No, sapevo che sarebbe stato complesso, ma ho problemi a entrare in sintonia con le fantasie femminili. Abbiamo fatto una prova con fantasie romantiche ed è stato un fallimento. Le donne hanno riferito che era piacevole ascoltare i testi ma poco eccitante. La mia amica Alexis, che lavora anche lei con Paxton, mi ha detto che devo provare con qualcosa di più intenso e proibito, perché le storie romantiche fanno sciogliere le donne ma non fanno provare fremiti di desiderio.» Marin cercò di mantenere un'espressione distaccata e professionale. «Mi sembra un discorso sensato.» «Tu dici?» «Veramente io...» farfugliò la ragazza. Donovan si passò una mano fra i capelli scuri, scompigliandoli ancora di più. «Scusa, ritiro la domanda. Ti conosco da cinque minuti e non posso chiederti se ti eccita sentire raccontare fantasie erotiche. Scusa. Lavorando in questo dipartimento si finisce per dimenticare che certi argomenti sono sconvenienti in una normale conversazione. Ieri a pranzo parlavo di erezioni mattutine con una professoressa sessantacinquenne e non mi è parso strano. Questa è la mia vita.» Marin gli sorrise, giocherellando con la linguetta della lattina. «Sono nel dipartimento sbagliato, a quanto pare. Il mio professore parla solo di apnee notturne, anche se posso confermare che molti si svegliano con un'erezione piuttosto evidente.» «Lo immagino.» Marin si umettò le labbra poi, sentendosi improvvisamente disinvolta, prese un testo dalla scrivania e lui non accennò a fermarla. Marin aguzzò la vista per decifrare la 15


sua scrittura. Quella fantasia inscenava il discorso tra un dirigente e la sua dipendente. Lesse le frasi che gli aveva sentito recitare. Non senti quanto è duro? Ti abbasso le mutandine... Accavallò le gambe. Nel punto in cui si era interrotto aveva scritto e poi cancellato vari nomi per definire l'organo sessuale femminile, come se non riuscisse a decidere quale usare. Non sapeva cosa suggerirgli, ma vedere quella fantasia erotica messa nero su bianco le fece provare un calore diffuso e un palpito al basso ventre. Dimenò leggermente i fianchi, cambiando posizione, e continuò a leggere. «Questo è un buon segno» commentò lui d'un tratto. Marin alzò lo sguardo. «Come?» Lui poggiò i gomiti sulla scrivania e la guardò interessato. «Hai appena emesso un suono.» «Non è vero!» «Oh, sì, invece. Una specie di sospiro» annuì lui. «E sei arrossita. Questa fantasia ti eccita, quindi?» Marin posò il foglio. «Hai proprio ragione quando dici che non sai cosa è sconveniente dire!» Lui le sorrise e il lampo che si accese nel suo sguardo la turbò più di quello che aveva scritto. «Ti chiedo scusa. Però, se ci pensi, almeno ora siamo pari. Mi hai visto con un'erezione, in fondo. Però apprezzo l'informazione che mi hai dato. Temevo che questo testo tendesse troppo dal lato maschile e che potesse non piacere alle donne, ma tu mi hai smentito.» «Veramente non ho detto niente.» «Non ce n'era bisogno. Si vede che...» Marin sentiva i capezzoli turgidi che premevano contro il reggiseno e sapeva che il contorno era visibile sotto la maglietta. Resistette all'impulso di coprirsi il seno con la mano per nascondere il tradimento del suo corpo e si alzò. «Okay, ora vado.» «No, dai! Aspetta!» esclamò lui alzandosi di scatto e 16


prendendole la mano prima che potesse darsi alla fuga. Il contatto le irradiò un calore intenso lungo il braccio e le tolse il fiato. «Potresti essermi di aiuto. Ho una pila di testi e devo capire quali usare per il test la prossima settimana e quali cestinare. Oppure potresti darmi dei suggerimenti. Ti giuro che non ti guardo se t'imbarazza e che in cambio sono disposto a fare qualsiasi cosa per te. Se vuoi farò un turno in laboratorio per lo studio sul sonno.» Marin lo fissò allibita. Non diceva sul serio! O sì? «Vuoi che legga i testi e ti dica quali fantasie erotiche mi eccitano?» chiese. La mano di Donovan era bollente rispetto alla sua. E davvero aveva appena detto mi eccitano? Si sentì morire per la vergogna. «Non puoi chiedere alla tua collega?» «È lesbica, per cui le sue fantasie sono diverse. Ho bisogno del parere di una donna etero. Ehi, aspetta... Sei etero?» «Sì, ma in questo momento sono soprattutto imbarazzata.» «Perché? Perché ti eccita un testo erotico? È normale! Ti sorprenderebbe sapere quanti stentano ad accettare la propria sessualità. La tua reazione è positiva.» Stava parlando di eccitazione con Donovan West... Le sembrava di essere piombata in un universo parallelo. «Non saprei, io...» Lui le lasciò la mano e aprì un cassetto. «Ho un'idea. Ti darò gli auricolari e una penna USB che contiene i file con i testi che ho già registrato. Puoi portarli in laboratorio e ascoltarli mentre lavori, poi mi dirai quali mi consigli di usare. Non dovrai sentirti a disagio leggendoli in mia presenza. Inoltre stanotte ne devo registrare altri e non posso farlo se c'è qualcuno con me.» Le porse gli auricolari e la pennetta. Marin li guardò esitante ma si disse che quelle registrazioni contenevano la voce sexy di Donovan che le avrebbe sussurrato fantasie erotiche, parole che nessuno le aveva mai bisbigliato e che aveva solo immaginato quando era a letto in compagnia unicamente dei suoi pensieri più segreti. Era tentata, pur sapendo che 17



avrebbe dovuto inventare una scusa e dire di no. «Va bene» accettò prendendo la penna e gli auricolari. «Non ti prometto niente, ma prima di andare via ti farò sapere se ho ascoltato le registrazioni e cosa ne penso.» Il sorriso contento che le rivolse fu come una carezza che la incantò. «Ti ringrazio davvero tanto, Mari.» Ipnotizzata, pensò che le sarebbe piaciuto restare tutta la notte con lui e ascoltarlo mentre le parlava delle sue ricerche che lo appassionavano tanto. Però avrebbe rischiato di essere ancora più in imbarazzo o, ancora peggio, di finire nei guai, perché avvertiva un fremito quando Donovan la guardava così, come se la sua opinione contasse veramente. La faceva sentire importante; aveva voglia di tuffarsi a capofitto nell'ignoto senza curarsi delle conseguenze, un lusso che non poteva permettersi. Marin era sempre prudente e accorta, attenta a non prendere neanche una multa. Niente alcol, niente droga e niente scappatelle. Aveva imparato sulla sua pelle che deviare dalla retta via poteva condurre in fretta al disastro e al caos. Sapeva abbastanza del disturbo di sua madre da rendersi conto che probabilmente anche in lei c'era lo stesso gene latente. Poteva essere pericoloso civettare con Donovan e cedere al desiderio di protrarre la bugia che non aveva smentito. Non avrebbe dovuto ascoltare le registrazioni e aprire quella porta. Era tutto tranquillo nella sua vita e avrebbe dovuto mantenere quella sicurezza. Però non aveva il coraggio di restituire il dispositivo USB, non ancora, perché non voleva cancellare il sorriso dal volto di Donovan, perciò lo salutò in fretta e uscì con la penna e gli auricolari in tasca e la lattina in mano. Comunque aveva detto a Donovan che avrebbe provato ad aiutarlo, per cui aveva comunque una scappatoia per rinunciare e concentrarsi sul suo lavoro monotono, dimenticando la voce sexy dell'assistente di Paxton. Non erano passati neanche venti minuti da quando era 18


rientrata in laboratorio che cedette alla tentazione, dicendosi che avrebbe ascoltato una registrazione, solo una, tanto per dimostrare a Donovan che aveva fatto lo sforzo. Inserì la penna USB nel computer, cliccò sull'icona del file audio, si mise gli auricolari e si perse nella voce di lui che le risuonava in testa. «Sono io a vederti per primo nel locale. Sei stupenda e so che sei venuta con un altro. Lo seguo con gli occhi mentre va al bancone del bar a prenderti da bere ma percepisco il tuo sguardo puntato su di me, avverto il palpito del tuo desiderio e so già che stasera sentirai le mie mani su di te, il mio corpo che si muove sopra il tuo mentre invochi il mio nome...» Quella notte Marin non riuscì proprio a concentrarsi sul lavoro.

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Lezioni fuori orario di Roni Loren Marin Rush è una psicologa esperta in sessualità, se si tralascia la sua. La carenza di esperienze personali non è stata un problema, finché non si trova a lavorare in un'esclusiva clinica privata che tratta "concretamente" problemi sessuali, lì la sua inesperienza rischia di rivelarsi un grosso limite. L'incontro con il collega Donovan West, conosciuto ai tempi dell'università, appare provvidenziale. Lui si offre di prepararla ad affrontare l'esigente clientela della clinica e le apre nuovi orizzonti, proiettandola in una dimensione sensoriale al limite del proibito. In un alternarsi di "lezioni" fuori orario e impeccabili rapporti professionali, si approfondisce l'educazione sessuale di Marin...

Lady O di Charlotte Lays Lady O, dove O sta per Orgasm, firma sul NY Times una rubrica ironica e assolutamente pungente su sesso e problemi sentimentali. Olyvia Cardoso, la scrittrice che si nasconde dietro lo pseudonimo, è invece una giovane donna fragile e con un difficile passato, fatto di vessazioni in collegio, di disturbi alimentari e di una madre crudele. Per fortuna al suo fianco ha le sue sei migliori amiche. Un giorno rincontra Gerard Gordon, medico di fama ma anche una delle cause della sua sofferenza negli anni dell'adolescenza. L'attrazione con Gerard si fa sempre più intensa, ma il passato, con i suoi segreti, si frappone tra loro. Finché un colpo di scena darà un tale scossone alle vite di entrambi che ogni cosa troverà all'improvviso il proprio posto. A cominciare dalla passione e dall'amore.


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