Lori Foster
Lotterò per te
Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Fighting Dirty HQN Books © 2016 Lori Foster Traduzione di Irene Montanelli Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved. © 2018 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione Harmony Romance aprile 2018 HARMONY ROMANCE ISSN 1970 - 9943 Periodico mensile n. 198 del 24/04/2018 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 72 dello 06/02/2007 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Mondadori, 1 - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 045.8884400 HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano
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«Cristo, Quick, lo sai, vero, che sei un mostro?» Armie Jacobson, che i suoi compagni lottatori chiamavano Quick, ignorò quella protesta e incalzò l'avversario con un'altra serie di diretti, seguita da un possente colpo al ventre che fece piegare in due un peso massimo di due metri come Justice. Armie indietreggiò, si sgranchì le dita e attese dondolandosi sui talloni. Ma Justice si limitò a poggiare le mani sulle ginocchia e a riprendere fiato. Armie si tolse il paradenti e sbuffò. «Mi prendi in giro? E dai, amico, continuiamo.» «'Fanculo» rispose l'altro trascinandosi a fatica verso il proprio angolo. Prese una bottiglietta d'acqua e si bagnò la testa e il petto, affannato. Sapendo di essere osservato, Armie non disse niente. Tutti venivano al centro di recupero per allenarsi e battersi, ma, ultimamente, quando era lui a salire sul ring, c'era sempre una dozzina di persone che si fermava a guardare. Non che la cosa lo infastidisse, altrimenti non avrebbe potuto fare il lottatore. Per lo più non ci faceva caso: una volta nella gabbia, entrava nel suo mondo e lasciava fuori tutto il resto. Ma tutti quegli sguardi morbosi cominciavano a dargli sui nervi: mica era un cazzo di fenomeno da baraccone. Un rivolo di sudore gli colò sulla tempia da sotto il ca5
schetto protettivo e lui si passò l'avambraccio sulla faccia. I muscoli gli bruciavano, il sudore gli inzuppava il petto e l'addome e gli colava lungo la schiena. Stava pensando a qualcosa da dire a Justice per indurlo a riprendere, quando lo sentì. Un profumo leggero che si faceva largo nell'aria pesante della palestra, appestata dall'odore di tanti maschi che si allenavano duramente. Con aria indifferente, Armie continuò a fissare Justice, ma ai margini del suo campo visivo la vide che attraversava la stanza: impossibile non riconoscere il passo di quelle gambe chilometriche e i lunghi capelli neri. Armie deglutì e rimase immobile. «Che c'è?» chiese Justice, in un tono tra il sospettoso e il preoccupato per il modo in cui l'avversario lo fissava. Armie scosse il capo. Per fortuna, Merissa era sparita lungo il corridoio che portava agli uffici. Riprese a respirare, guardò l'orologio e si rabbuiò: in effetti erano lì da un po', probabilmente da più di quanto avesse previsto. Era davvero in ottima forma, più di molti altri, in particolare più di quel bestione di Justice. Si avvicinò all'omone. «Ti serve più carburante.» «Fottiti.» Armie ridacchiò e Justice lo guardò con gli occhi ridotti a fessure. «Finiscila.» Il risolino si trasformò in una smorfia. «Ti girano le palle?» Justice si lasciò cadere lungo il muro, fissandolo accigliato. «Dovresti essere distrutto quanto me, non dovresti avere neppure la forza di ridere, stronzo.» Armie sapeva quanto le proprie energie fossero sopra la media e provò pena per il povero Justice. «Be' sei molto più grosso di me.» In effetti, Armie era dodici centimetri più basso di lui e, essendo un peso medio, era anche molto più leggero. «Di solito è un vantaggio.» 6
Armie si chinò e gli sussurrò: «Ci stanno guardando, smettila di piagnucolare». Il peso massimo guardò oltre le sue spalle e sbuffò. «Già, i boss sono di nuovo qui.» Maledetti bastardi ficcanaso: da quando aveva firmato con la SBC, i capi erano sempre lì a guardarlo, come se fosse la loro nuova cavia da laboratorio. «Alzati, combattiamo un altro paio di minuti e poi siamo a posto.» Justice si rimise faticosamente in piedi, ansimando. «Sei uno scherzo della natura» borbottò, ma lo seguì al centro del ring e fece del suo meglio. Anche se il suo meglio non serviva a molto contro Armie. D'altra parte, lottavano per ragioni molto diverse. Venti minuti dopo, rinfrescato da una bella doccia, Armie era pronto per uscire. Era metà febbraio e tutto era coperto da uno strato di ghiaccio, così si calcò un berretto di lana sui capelli ancora umidi e infilò una pesante felpa col cappuccio sopra i vestiti. Attraversò la sala principale con la borsa da palestra in spalla. Era tardi e i tappeti erano tutti deserti. Quella sera toccava a Miles e Brand pulire. Le luci erano quasi tutte spente, era rimasto solo il gruppetto degli amici più stretti a scambiare due chiacchiere. I pezzi grossi della SBC se ne erano andati e, per fortuna, non c'era traccia neppure di Merissa. Forse era venuta solo a lasciare qualche scartoffia al fratello Cannon, proprietario della palestra. Sollevato, puntò verso la porta. Con un po' di fortuna sarebbe riuscito a svicolare prima che qualcuno... «Ciao, Armie!» 'Fanculo. Dopo un attimo di esitazione, si voltò e si trovò davanti Denver, Stack e Cannon. «Toh, i tre Moschettieri Maritati.» Stack, che si era sposato un mese prima, trasudava soddisfazione. «Cos'è, sei geloso?» 7
In realtà, lo era, ma sarebbe morto prima di ammetterlo davanti a quei tre. «Anche no.» Denver, anche lui sposino novello, ridacchiò. «E magari solo soletto, poverino.» Era vero. Groupie, orge e avventure da una notte e via riempivano la vita di un uomo fino a un certo punto. I suoi eccessi sessuali erano noti a tutti ed era quello che le donne volevano da lui. Quello e basta. Diede un'occhiata all'orologio. «Se voi tre coglioni voleste scusarmi, andrei a godermi la mia solitudine insieme a tre belle pollastrelle.» Tutti risero, tranne Cannon. «Ma come? Ancora?» Era il suo migliore amico, porca miseria, perché doveva parlargli con quel tono carico di disapprovazione? Peraltro, se avesse saputo perché Armie si era fatto un programma del genere, si sarebbe incazzato, oltre che disapprovare, dato che quello che cercava di togliersi dalla mente, allenandosi tanto duramente, era la sua sorellina. Anche una cosa a quattro, tuttavia, non sarebbe stata che un palliativo, perché, in realtà, la sua ossessione verso Merissa sembrava peggiorare di giorno in giorno. Armie alzò le spalle, cercando di non lasciar trapelare niente. «Eh già... a meno che non abbiate qualcosa o qualcuno di meglio da propormi.» «A dirla tutta, ti volevo parlare proprio di questo.» Ecco, quello non se lo aspettava. Si passò una mano sulla testa. «Sentiamo.» «Yvette vi avrebbe invitati tutti a casa nostra, stasera.» Armie adorava Yvette. Era dolcissima e perfetta per Cannon. Tuttavia... «E chi saremmo?» «Tutte le persone a cui vogliamo bene» rispose Cannon con un sorrisetto che la diceva lunga. «Non puoi mancare.» Maledizione. Di certo ci sarebbe stata anche Merissa. Armie non ne aveva alcuna voglia, ma con quei tre che 8
lo fissavano, non poteva rifiutare. «A che ora?» «Adesso.» «In che senso, adesso?» «Nel senso che non hai tempo per fare altro, quindi, lascia perdere.» Justice uscì dallo spogliatoio strascicando i piedi, la cresta di capelli ancora umida, il pizzetto che aveva bisogno di una regolata, le orecchie a cavolfiore particolarmente evidenti. Passando, urtò di proposito Armie. «Se non avessi avuto tanta voglia di farmi male, magari avresti avuto più tempo per divertirti.» «Femminuccia» ribatté Armie con un ghigno. «In effetti...» intervenne Brand sospingendo il secchio con lo spazzolone verso di loro. Miles lo seguì a ruota, dopo aver dato un'ultima passata al tappeto del ring. «Se continui a picchiare così duro, finirai per fare del male a qualcuno prima della gara.» «Mancano ancora due mesi.» Due mesi di libertà che aveva tutta l'intenzione di passare come meglio credeva. Armie sapeva bene che c'erano dei precisi schemi di allenamento, solo che non facevano per lui. Non gli erano mai stati congeniali e mai lo sarebbero stati, a prescindere dalle persone per cui combatteva. «Non siamo più ai tornei locali» gli rammentò Denver, come se potesse dimenticarselo. «Carter Fletcher non è un avversario facile, non te la caverai facilmente come con i ragazzi dei gironi inferiori» aggiunse Miles. «Non lo chiamano Caos per niente» precisò Brand. «L'ho visto combattere ed è imprevedibile.» E così il suo primo avversario era considerato un osso duro. Che culo! Armie scrollò le spalle, come se se ne infischiasse. Non molto tempo prima, la SBC, la più famosa organizzazione di arti marziali miste, gli aveva dato la caccia e lo aveva praticamente costretto a firmare un con9
tratto con loro. Cannon lo aveva aiutato nel processo, incoraggiandolo a compiere quel passo decisivo dato che, a livello locale, aveva polverizzato ogni record. Un passo enorme, qualcosa a cui tutti i suoi compagni aspiravano. La SBC pagava molto meglio, ti dava risonanza e i suoi lottatori andavano a fare gare in giro per il mondo. Tuttavia, ad Armie piaceva mantenere un profilo basso, si sentiva più sicuro, per svariate ragioni. Se non fosse stato per Cannon... «Se la caverà alla grande contro Carter» sentenziò Cannon. «E non vi preoccupate per come si allena. È solo che Armie ha metodi tutti suoi per motivarsi.» Cannon lo spalleggiava sempre, a prescindere. Era l'unica persona, a parte Armie stesso, a sapere perché avesse evitato fama e fortuna e quindi lo capiva. Pur non essendo parenti, erano come fratelli. Che poi era la seconda, validissima ragione per cui non poteva, anzi, non doveva, pensare a Merissa in quel senso. Cannon proteggeva le persone cui voleva bene. E a sua sorella voleva molto bene. «Si sta facendo tardi» proseguì, «non voglio far aspettare Yvette.» Grato per il cambio di argomento, Armie tirò fuori il cellulare. «Devo fare un paio di chiamate, allora, per dire alle ragazze che purtroppo non riesco a liberarmi.» Stack si voltò verso Denver. «Se non si trattasse di Armie, direi che ci sta dicendo un sacco di balle.» «Già» assentì Denver. Armie si allontanò, sapendo che avevano ragione. Merissa Colter sorseggiava un aperitivo appoggiata al bancone della cucina e osservava Yvette disporre con cura affettati e formaggi su un vassoio. «Sicura che non vuoi una mano?» 10
Yvette le rivolse un sorriso radioso. «Figurati, non c'è da fare un granché. E poi sei così carina stasera, non vorrei ti sporcassi quel bel vestitino.» Merissa abbassò lo sguardo su di sé. «Avevo bisogno di un cambiamento.» Yvette annuì con un sorrisetto malizioso mentre si puliva le mani sul grembiule. «È giusto che una ragazza mescoli un po' le carte, di tanto in tanto. E poi con le tue gambe lunghe, ti sta benissimo.» «Sono andata per negozi con Vanity.» Vanity era la migliore amica di Yvette e adesso anche la moglie di Stack, ma era soprattutto una specie di rivista di moda ambulante. «È stata lei a insistere per gli stivaletti.» «Con i tacchi!» esclamò Yvette entusiasta, visto che Merissa portava sempre scarpe basse. «Hai la mia approvazione!» «È che sono già alta e...» «Come una modella.» «Non saprei.» In realtà si sentiva più un trampoliere sgraziato che non una top model. «Fidati» proseguì Yvette disponendo l'ultima fettina di formaggio sul vassoio. «Sei bellissima. Sei magra, ma con le forme al posto giusto, ti sta bene tutto.» L'aperitivo rischiò di andarle di traverso. «Ma quali forme! Ho a malapena una coppa B!» Dal corridoio giunse un rumore e Merissa si voltò, trovandosi davanti Brand, Miles e Leese che la fissavano ridacchiando. Erano tutti e tre lottatori di notevole talento, belli e atletici. Ma non erano Armie. Non suscitavano in lei nessun pensiero romantico né loro ne avevano nei suoi confronti, tuttavia arrossì. In fondo, l'avevano appena sentita disquisire sulle proprie tette. Si guardò intorno alla ricerca di un'arma, infine afferrò il canovaccio e glielo scagliò contro. «Fate finta di non aver sentito niente.» 11
«Troppo tardi.» Leese afferrò al volo il canovaccio e andò a riappoggiarlo sul lavello. «Dai retta a me, non ti manca proprio niente. Dico bene, ragazzi?» soggiunse, voltandosi verso i compagni. «Certo che no.» «Assolutamente.» Un po' imbarazzata ma lieta di quel complimento, Merissa scoppiò a ridere. «Siete miei amici, dovete dirlo per forza.» «Croce sul cuore» giurò Leese portandosi una mano al petto, quindi andò verso il frigo, prese tre birre e le distribuì agli amici. Brand mosse qualche passo verso il centro della cucina, la squadrò da capo a piedi con quei suoi occhi scuri e malandrini e inarcò un sopracciglio. «E questa mise? Siamo proprio sexy stasera.» All'improvviso pensò di essere troppo appariscente con quella maximaglia con lo scollo a V, i leggings e gli stivaletti. «Vedi?» intervenne Yvette, «sei carina. Chi se ne frega se non sei una maggiorata.» Invece a lei fregava eccome. «È l'insieme che conta» spiegò Miles. Come Brand aveva i capelli scuri, ma Miles aveva occhi verdissimi, un sorriso un po' sghembo e flirtava con ogni donna che incontrava. «Fidati.» Leese si passò una mano tra i capelli color inchiostro, gli occhi azzurro chiaro pieni di malizia. «Lasciatelo dire da uno che se ne intende» soggiunse, strizzando l'occhio. Era un miracolo che riuscisse ancora a pensare, circondata da quel ben di Dio. Forse la sua vita sarebbe stata più semplice se avesse provato per uno di loro quello che provava per Armie. Yvette li costrinse a uscire dalla cucina. «Smettetela di metterla in imbarazzo!» 12
«Noi la stavamo solo rassicurando» protestò Brand. I ragazzi puntarono i piedi e Yvette dovette faticare un po' per farli uscire, ma quando si voltò, era felice e le ridevano anche gli occhi. Merissa sospettava ci fosse qualcosa sotto: sia suo fratello sia sua cognata parevano al settimo cielo. Così, poggiò l'aperitivo sul ripiano e le chiese: «Cosa avete tu e Cannon?». Canticchiando, Yvette prese una ciotola e la riempì di patatine. «Non so a cosa ti riferisci.» «Certo, certo.» In quell'istante, Armie fece capolino dalla porta della cucina. «Ehi, Yvette...» iniziò, ma la voce gli venne meno quando vide Merissa. I lineamenti del volto tesi, la squadrò da capo a piedi, assimilando ogni dettaglio e respirando lentamente. Anche Merissa pareva impietrita. Vedere Armie non era come vedere gli altri uomini. Inoltre quasi tutti avevano commentato il suo nuovo look, e per quanto non volesse, l'opinione di Armie era la sola che le interessava e tanto. Qualche istante dopo, i loro sguardi si incrociarono. Armie serrò la mascella e la fissò con i suoi occhi scuri. Merissa temette di svenire per mancanza di ossigeno, ma, per fortuna, lui si voltò. Chiaramente non si era aspettato di incontrarla e non voleva vederla. E la cosa la feriva. Yvette lo fermò. «Aspetta, Armie, non vuoi qualcosa da bere?» Sempre dando loro le spalle, si bloccò, i muscoli delle braccia e della schiena tesi. Un attimo dopo si costrinse a rilassarli e si voltò. Il calore nei suoi occhi era scomparso, lasciando il posto a una gelida indifferenza, e il sorrisetto arrogante che rivolse loro le fece pensare di aver solo immaginato quella tensione. «Sono a posto.» Merissa sbuffò, non avrebbe voluto, ma le sfuggì. 13
Quei suoi occhi scuri e ardenti tornarono a fissarla. «Cos'hai da ridere, Tuttagambe?» Dio, quanto odiava quel nomignolo! Non solo la derideva per la sua altezza, ma era un chiaro segno che lui non la vedeva affatto come una donna desiderabile. «Tu non sarai mai un tipo a posto. Spero solo di non essere nelle vicinanze quando ti cadrà in testa un fulmine.» Armie tornò verso il centro della cucina e disse a Yvette: «Mi prendo una birra». «Certo.» Yvette gli versò del tè non zuccherato, glielo porse, quindi lo baciò su una guancia, prese il vassoio e andò in sala da pranzo. Armie fissò perplesso il bicchiere. Merissa guardò lui. Fino a poco tempo fa, portava i capelli biondo platino, mentre ora che aveva smesso di schiarirli erano di un biondo più scuro e naturale. Erano sempre cortissimi, ma il contrasto con gli occhi castano scuro era meno forte. Gli avambracci erano coperti di tatuaggi e, sebbene ora fosse nascosto dalla maglietta, Merissa sapeva che ne aveva un altro tra le scapole. I jeans scoloriti scivolavano lungo i fianchi snelli, coprendo in parte le scarpe da ginnastica. Sulla maglietta nera aderente, spiccava a lettere cubitali la scritta ORGASMI GRATIS. Merissa si schiarì la gola. «Non ti piace il tè?» «Non molto» disse posando il bicchiere e andando verso il frigo. Mentre la testa era nascosta dallo sportello, Merissa colse l'occasione di osservarlo meglio. Scrutò i tatuaggi tribali colorati che decoravano gli avambracci possenti fino al gomito. Non le dispiacevano, ma preferiva di gran lunga i bei bicipiti al naturale. Per un secondo benedetto la maglietta si alzò, lasciando scoperta una striscia di schiena sopra la banda dei boxer. Alla vista dei muscoli, lei si sentì 14
rimescolare dentro. Si sventolò con la mano. «Yvette cerca di salvarti da te stesso.» «Causa persa» borbottò lui, chiudendo il frigo e allontanandosi con una birra in mano. Si appoggiò al tavolo, la stappò e fece per portarsela alle labbra, ma Yvette rientrò in cucina e lo fermò. «Cannon dice che sei a dieta strettissima per il tuo prossimo incontro» gli sussurrò, dolcemente. «Ma mancano due mesi!» «Cannon ha detto che l'avresti detto.» «Ah sì?» Si guardò intorno, sospettoso. «Dov'è tuo marito?» Yvette rise, ignorando la minaccia implicita. Armie decise di passare alle buone. «Una birra non mi farà niente, dolcezza.» Si riprese la bottiglia. «Promesso.» Yvette non pareva molto convinta, ma capitolò. «E va bene. Una.» Quindi si voltò verso Merissa. «E tu, Rissy, fammi il piacere: controlla che faccia il bravo.» Merissa farfugliò qualcosa, ma Yvette era già uscita dalla stanza con le patatine, lasciandoli di nuovo soli. Armie la guardava, i muscoli tesi e un'espressione di studiata indifferenza sul volto. Merissa sospirò, con aria teatrale. «Un Mississippi, due Mississippi, tre Mis...» «Che diavolo fai?» «Conto quanto ci metti a scappare in preda al panico.» «Non so cosa sia il panico» disse, facendo un passo indietro. «Cavolate.» Si allontanò dal bancone e vide gli occhi di lui infiammarsi. «Dopo quel bacio maledetto, qualche mese fa, ogni volta che mi vedi, te la dai a gambe. Ma non ti preoccupare, Armie, sei al sicuro dalle mie grinfie. Ho recepito il messaggio. Forte e chiaro.» E si staccò dal bancone, lasciandovi il drink. Le afferrò il braccio. 15
Nient'altro. Solo la sua mano possente che la stringeva. Calda e forte. Gentile, ma inamovibile. Merissa rimase in attesa, senza voltarsi, col cuore che le batteva all'impazzata. Anche lui rimase in silenzio e dopo qualche secondo le carezzò la pelle col pollice. Un gesto che fece quasi fermare il cuore di Merissa. Poteva essere più patetica? Lui non la voleva, glielo aveva fatto capire chiaramente. A novembre l'aveva baciata, per poi dirle subito dopo che era stato un errore. Adesso era febbraio e, da allora, praticamente non l'aveva neppure più guardata. «Non intendevo farti scappare» sussurrò avvicinandosi, tanto da farle sentire il tepore del suo corpo. Fermamente decisa a resistere e a mantenersi salda nel suo nuovo proposito, si voltò verso di lui. Grazie alla sua altezza e ai tacchi degli stivali, poteva guardarlo dritto in faccia. Lo sguardo di Armie andò dagli occhi alla bocca. Il desiderio misto a disperazione le mozzò il respiro, trasformando il suo rifiuto in un sospiro: «No». «No?» ribatté lui altrettanto piano. Merissa poggiò le mani su quella sua ridicola maglietta, percependo i pettorali tonici sotto i palmi e lo sospinse all'indietro. «Mi hai già baciato una volta. Sembravi volerlo ma poi... ti ha fatto schifo.» «Schifo? Ma no!» Decisa, si portò il palmo sul cuore. «Mi hai distrutto, Armie, sono stata malissimo. Per un bacio. Quindi... okay, non mi vuoi, ho capito. Non voglio passarci di nuovo.» Prima che potesse allontanarsi, la afferrò di nuovo per il braccio. E lei di nuovo lo guardò, in attesa: una minuscola parte di lei sperava ancora che Armie dicesse qualcosa che avrebbe cambiato tutto. Ma non lo fece. Teneva lo sguardo basso e la mascella gli tremava, come se stesse lottando contro se stesso. Infi16
ne, con uno sforzo di volontà, dischiuse le dita e la lasciò andare. Il dolore fu così forte da serrarle la gola. Fece per lasciare la stanza ma andò quasi a sbattere contro suo fratello. Il suo meticcio, Muggles, guaì di gioia. Cannon la guardò e la trasse verso di sé. «Va tutto bene?» Armie fece per superarli e Cannon lo bloccò. «Me ne stavo andando» disse Merissa. «È stata una lunga giornata e sono distrutta.» «Bene» sussurrò il fratello baciandole la fronte. «Ma prima Yvette deve dirci qualcosa» concluse, rivolgendosi anche ad Armie. Cingendola col braccio, Cannon la guidò verso il salotto. Muggles corse da Yvette, in piedi vicino al muro. Aveva di nuovo quel sorriso radioso stampato in faccia. Attorno a lei si era radunata tutta la compagnia: Denver e Cherry, Stack e Vanity, Gage e Harper. Gli scapoli, Leese, Justice, Brand e Miles, erano venuti da soli, forse intuendo che, durante quella festicciola, sarebbe stato fatto un annuncio molto personale. Indovinando quale fosse la novità, Merissa si rivolse al fratello. «Va' da lei. Io sto bene.» Diede un abbraccio alla sorella, quindi raggiunse la moglie. Mise un braccio attorno alle sue spalle e prese il cane nell'altro. Percependo la felicità del fratello, anche a Merissa girava un po' la testa e decise di ignorare la presenza di Armie al suo fianco. Poggiando la testa sulla spalla di Cannon, Yvette annunciò: «Sono incinta». E Cannon, ebbro di amore e felicità, aggiunse: «Avremo un bambino!». Le grida di gioia che seguirono furono assordanti e Muggles uggiolò felice, agitando le zampette nel tentativo 17
di correre. Tutti presero ad abbracciare tutti e, in qualche modo... be', Merissa si ritrovò di fronte ad Armie. Per un attimo parve sconvolto quanto lei, ma poi sogghignò e la sollevò fra le braccia, facendola volare. Quando la rimise giù, il ghigno di prima si era trasformato in un sorriso affettuoso. «Diventerai zia!» «Un bambino!» Le pizzicavano gli occhi e non riusciva a smettere di sorridere. «Non vedo l'ora!» Quando Cannon riuscì a riavere l'attenzione di tutti, anche Armie e Merissa si voltarono, ma stavolta, lui le cinse le spalle con un braccio, come ai vecchi tempi, quando lei era ancora una ragazzina e Armie le stava sempre intorno, provocandola. Un'emozione intensa la pervase. «In realtà, lo so da un po'» confessò Yvette suscitando un coro di giocose proteste. «Ma prima c'è stato l'incontro di Denver, poi il suo matrimonio con Cherry» spiegò Cannon. «Poi il viaggio a Las Vegas che Stack e Vanity hanno trasformato in un matrimonio... e abbiamo pensato che le belle notizie fossero abbastanza.» «La nostra poteva aspettare» proseguì Yvette. «Ma ora sono felice di condividerla con voi.» «Ci dev'essere qualcosa nell'aria» commentò Vanity. «Anche la sorella di Stack aspetta un bambino.» Denver guardò storto Cherry, che si affrettò a precisare: «No, non io. Per un po' voglio godermi la sensazione di essere una moglie e basta». Vanity la sostenne. «Ben detto!» Nell'ora successiva, tutti chiacchierarono allegri di svariati argomenti, dai possibili nomi alla cameretta, alla festa in onore della mamma. In quell'atmosfera gioviale, il cibo preparato da Yvette fu spolverato a tempo di record. Atteso un tempo sufficiente per far capire a Cannon e Yvette quanto fosse elettrizzata da quella notizia, Merissa decise di svignarsela. O almeno ci provò perché Armie, 18
senza farsi notare dagli altri, la seguiva ovunque. Lei, ovviamente, era più che consapevole della sua presenza: un suo sguardo era come un tocco caldo e se la sfiorava provava come una scossa. Forse lui poteva sopportarlo, ma lei no. Se voleva mantenere un po' di contegno, doveva allontanarsi da lui. E subito. Quando andò a salutare suo fratello e la cognata, lui era là. Lo urtò mentre infilava il cappotto. Senza neppure abbottonarselo, si precipitò fuori, pensando solo a fuggire. Finalmente sola, si concesse un attimo per ricomporsi. L'aria frizzante della sera le solleticò il naso e il vento gelido la fece rabbrividire. Si chiuse il cappotto e tirò su il colletto. Aveva appena ripreso fiato, quando il portone si aprì di nuovo e ne uscì Armie. La lampada del portico inondava parte del cortile di luce gialla. Armie la guardò, contraendo le spalle per il freddo, coperto com'era solo dalla sua stupida maglietta. «Che fai?» gli chiese. Si ficcò le mani nelle tasche dei jeans. «Volevo parlarti un attimo.» No, no, no. Lei non voleva affatto parlare. E comunque sapeva già cosa le avrebbe detto. «Non importa.» Girò sui tacchi e si diresse verso la macchina, ma Armie, accidenti a lui, la seguì. Raggiunto il marciapiede, si girò di scatto per fronteggiarlo. «Armie!» Lui sollevò un angolo della bocca. «Rissy.» Merissa alzò le braccia al cielo, esasperata. Lui si sfregò un occhio e poi la nuca. Lasciò quindi ricadere le braccia lungo i fianchi e la guardò: «A proposito di quel bacio...». Paralizzata, Merissa lo fissò incapace di respirare. «Quello di alcuni mesi fa» precisò, come se lei potesse averlo scordato, come se non lo rivedesse di continuo nella 19
propria testa, ogni santo giorno. «Nel bar di Rowdy...» «Sì, me lo ricordo.» Anche se spesso aveva desiderato dimenticarlo. Nel tentativo di consolarsi, ci aveva provato con Leese, ma lui era un bravo ragazzo e l'aveva rifiutata con eleganza, facendole capire che, benché fosse interessato, sapeva bene che il suo cuore apparteneva a qualcun altro. Da allora, lei e Leese erano diventati ottimi amici. «Che vuoi dirmi di quel bacio?» Armie parve fissarla per un tempo infinito, quindi mosse qualche passo verso di lei e mormorò: «È stato il momento più eccitante della mia vita». Oh, no. Non poteva sentire una cosa del genere, non poteva nutrire quella speranza. «Voglio parlarti chiaro.» «Okay.» Il cuore le rimbombava nel petto. «Non c'è niente, in tutto l'universo, che desidererei più di te.» Bastarono quelle parole a farla eccitare. Armie allungò una mano per carezzarle i capelli e sistemarglieli dietro la spalla. «Neppure vincere alla lotteria, neppure una qualche cintura di campione, niente.» Le passò il pollice lungo il collo e il battito di Merissa accelerò. «Ci ho pensato. E tanto.» «Anche io.» «Ssh.» Le poggiò un dito sulle labbra. «Dubito fortemente che abbiamo pensato le stesse cose.» Moriva dalla voglia di sapere cosa avesse pensato lui. Armie era noto per i suoi eccessi e le sue variegate esperienze in fatto di sesso. Fin troppo spesso si era torturata chiedendosi cosa avrebbe voluto fare con lei. «Ed è questo il problema.» Avrebbe voluto gridare che non c'era nessunissimo problema, ma sapeva già che non l'avrebbe ascoltata. 20
«Io ti voglio Rissy. Di questo non devi mai dubitare.» Le sollevò il mento, cercò il suo sguardo e ripeté: «Mai». Ancora speranze. Non sapendo cosa dire, Merissa annuì. «Ma quello che desidero ancora di più è che tu abbia di meglio. Meglio di me.» Cosa? Non poteva dire sul serio. Meglio di lui? Ma aveva una vaga idea dell'uomo meraviglioso che era? Com'era possibile? Aveva tanti amici che gli volevano bene e aveva Cannon, maledizione. Suo fratello era l'uomo più straordinario del mondo e non sarebbe stato mai il miglior amico di qualcuno da meno. «So che stai lasciando la casa di tuo fratello a causa mia ed è l'ultima cosa che voglio. Non voglio allontanarti dalla tua famiglia, non voglio tu sia infelice.» «Troppo tardi.» L'espressione sul volto di Armie si fece dura mentre lasciava ricadere le braccia e faceva un passo indietro. «Qui però mi devi aiutare» proseguì con un'aria fin troppo seria. «Non vorrei mai farti del male, questo deve essere chiaro, quindi devi rivedere le tue priorità.» Merissa scosse il capo, ma lui proseguì. «Va' avanti. Trovati un bravo ragazzo, maledizione...» Le parole parvero bloccarglisi in gola, ma poi sussurrò: «Sistemati, sposati, fatti una famiglia tutta tua». Senza di lui. Era questo che intendeva. Doveva fare tutte quelle cose senza di lui. Fu solo la provvidenziale ondata di rabbia a lenire un poco quel dolore immenso. «Credi non sia in grado?» «Ma certo che lo sei. Qualunque uomo sarebbe fortunato ad averti.» Le venne da ridere: qualunque uomo ma non lui. «Hai notato il mio nuovo look? Insomma, gli altri hanno apprezzato.» «L'ho notato, sì» confermò a mezza voce. 21
«Vedi, è il primo passo per passare oltre.» Si sistemò i capelli. «Un nuovo look e un nuovo atteggiamento. Forse avrò anche una promozione in banca.» Una diversa posizione, che avrebbe contribuito a mettere un po' di distanza fra lei e Armie. Purtroppo avrebbe anche significato allontanarsi dal fratello, proprio ora che stava per diventare zia, ma non sapeva cos'altro fare. «Ho deciso di prendere esempio da te.» «Cristo.» «Che c'è? Credi di essere l'unico che se la può spassare con più di un partner alla volta? Voglio fare anche io le mie esperienze.» Avrebbe voluto farle con lui, ma non si sognava neppure lontanamente di implorarlo. «Va' pure per la tua strada con la coscienza a posto, che io me ne andrò per la mia.» Si divincolò, salì in auto e si mise a cercare le chiavi. Armie se ne stava lì, rigido, lo sguardo imperscrutabile. E in qualche modo, nonostante la sua fama di duro, aveva l'aria ferita. Quando finalmente la macchina si accese, lui si allontanò, attraversò la strada e raggiunse l'altro marciapiede dove aveva parcheggiato il pickup. Merissa, senza fiato, lo guardò avviare il motore e andarsene. Nella direzione opposta alla sua, come sempre. Maledizione, le faceva così male che non riuscì a trattenere le lacrime. Perché stavolta era chiaro che era finita. O forse non era mai iniziata.
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Il matrimonio dei miei sogni di Susan Mallery Lo scultore Nick Mitchell è cresciuto in una famiglia di artisti e, proprio dal padre, ha imparato che ogni passione richiede sacrificio. Così, mentre aspetta fiducioso un contratto di lavoro a Dubai, decide di occupare il tempo lavorando come carpentiere per Wedding in a Box, l'agenzia organizzatrice di matrimoni della carismatica Pallas Saunders. Complici la bellezza del suo capo e l'atmosfera romantica degli eventi che si trova a seguire, Nick deve cercare di ricordare il proprio obiettivo: non lasciare che l'amore ostacoli le sue mire professionali. Per Pallas, Wedding in a Box rappresenta tutta la sua vita. Ora, però, è a un giro di boa: o riuscirà a risollevare le sorti dell'agenzia o sarà costretta ad andare a lavorare nella banca di famiglia.
Lotterò per te di Lori Foster Il lottatore Armie Jacobson non ha paura di nulla, eccetto dell'effetto che Merissa Colter ha su di lui. Il punto è che tra loro due non può funzionare: Merissa è la sorella del suo migliore amico, Cannon, e merita qualcosa di più che una semplice notte di passione, ossia tutto ciò che lui ha da offrire. Armie si ostina a convincere la ragazza e se stesso che tra loro due non potrà mai esserci nulla, ma non può negare l'evidenza a lungo... Mentre Armie raggiunge Merissa nella banca dove lei lavora per spiegarle che non avranno mai un futuro, entrano dei rapinatori. Vedendolo rischiare la vita pur di proteggerla, Merissa capisce che Armie non è l'uomo che dice di essere, al contrario è coraggioso, leale e buono: il ragazzo che lei...
La casa sul lago di Robyn Carr Meg, a fronte di una novità capace di sconvolgerle l'esistenza, decide di riunire le donne della sua vita nella casa sul lago in cui la sua famiglia ha trascorso giorni felici fino a quando il drammatico incidente che ha causato la scomparsa di Bunny, la sua sorellina minore, non ha cambiato drasticamente le cose...
La musica del nostro cuore di Kristen Proby Benvenuti al Seduction: ottimo cibo, grande musica e... colpi di fulmine assicurati. Seduction sta diventando il ristorante più frequentato di tutta Portland e Addison è fiera di prendersi la sua parte di merito. Insieme alle sue socie vuole che il locale sia un successo ed è convinta che il modo migliore per farlo sia offrire...
I segreti della passione di Diana Palmer Emma Copeland e Connor Sinclair, il suo ricco e affascinante vicino di casa, hanno una cosa in comune: un passato difficile alle spalle. Quando lei, però, si ritrova a lavorare per quell'uomo all'apparenza dispotico e scostante, le occasioni per conoscersi meglio aumentano e l'attrazione tra i due diventa sempre più forte.
Non lasciarmi di Gina Showalter Sono tanti i ricordi che Dorothea non riesce a lasciarsi alle spalle: gli episodi di bullismo subiti ai tempi della scuola, un matrimonio naufragato e... la cotta colossale per Daniel Porter. L'ex militare ora è tornato a Strawberry Valley per restare e Dottie non riesce a toglierselo dalla testa, nonostante lui sembri impegnato a...
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Questo volume è stato stampato nel marzo 2018 da CPI Moravia Books