KAT CANTRELL
Love game
Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: From Enemies to Expecting Harlequin Desire © 2017 Kat Cantrell Traduzione di Eleonora Motta Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved. © 2017 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione Harmony Destiny dicembre 2017 Questo volume è stato stampato nel novembre 2017 da CPI, Barcelona HARMONY DESTINY ISSN 1122 - 5470 Periodico settimanale n. 2266 dell'11/12/2017 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 413 del 31/08/1983 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Mondadori, 1 - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 045.8884400 HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano
1 Logan McLaughlin detestava perdere. Così, naturalmente, il destino beffardo gli aveva donato la peggiore squadra professionista nella storia del baseball. La sconfitta era divenuta una forma d'arte in cui i Dallas Mustang sembravano determinati a primeggiare e lui era ormai a corto di idee su come aiutare il suo club a uscire dalla crisi. Essere il proprietario e il manager della squadra sarebbe dovuto essere uno dei suoi principali interessi. Suo padre aveva gestito un'azienda da milioni di dollari con facilità e alla perfezione per trent'anni. Doveva pure avere ereditato un po' delle capacità di Duncan McLaughlin, oltre al suo patrimonio e all'amore per il baseball. Le vendite dei biglietti per le partite in casa dei Mustang, però, affermavano il contrario. Una serie di sconfitte lunga un chilometro era stata l'unica ragione per cui aveva accettato la ridicola idea che la sua PR aveva suggerito, altrimenti non avrebbe mai pensato a un reality show. Aveva davvero toccato il fondo. Purtroppo, come la sua dipendente lo aveva informato, Logan aveva esaurito i tornei di golf di beneficenza che, comunque, non avevano incrementato la vendita dei biglietti. Oltre a partite vincenti – su cui 5
stava lavorando – aveva bisogno del supporto del pubblico e subito. Il set di Exec-ution – un gioco di parole fra executive, dirigente, ed esecuzione capitale – brulicava di persone, così Logan si era sistemato in un angolo, sorseggiando una tazza di pessimo caffè. Si maledisse per non essersi fermato da Starbucks prima di recarsi allo studio televisivo, ma chi avrebbe mai immaginato che una produzione che richiedeva ai concorrenti di presentarsi alle cinque del mattino non avesse del caffè decente? Era intrappolato all'inferno, costretto a bere una schifosissima brodaglia. «Logan McLaughlin» chiamò una graziosa ragazza dello staff con un iPad sotto il braccio, guardandosi attorno. «Vuole accomodarsi?» lo invitò appena lo individuò tra gli altri concorrenti. «Stiamo per iniziare le riprese.» «No, grazie, preferisco stare in piedi» rifiutò lui con un sorriso formale. Le sedie erano per le persone di statura normale. Dai tempi del liceo, quando aveva raggiunto il metro e novantacinque, Logan non aveva mai trovato nulla di adatto a lui. Inoltre, gli piaceva controllare la situazione dall'alto. Un uomo di mezz'età dallo sguardo gentile gli fece un cenno. «Mi sembrava di averla riconosciuta. Sono un vecchio tifoso degli Yankee. La guardavo lanciare circa dieci anni fa. Giusto?» «Già» annuì con disinvoltura. Non faceva più parte degli Yankee da otto anni, ma chi contava più quanto tempo era trascorso da quando la carriera in cui aveva riversato anima e corpo era stata tragicamente interrotta da un intervento al gomito mal riuscito? A volte, il braccio gli doleva ancora, come se non avesse già ricordi sufficienti a rammen6
targli che i suoi giorni sulla pedana del lanciatore erano finiti. «Era un grande. Mi dispiace per il braccio.» L'uomo scosse la testa. «È un vero peccato che non possa mostrare uno dei suoi memorabili tiri ai Mustang. Ne avrebbero proprio bisogno.» Un vero peccato. Logan lo ringraziò chinando la testa. Gettò la tazza di carta nel cestino e incrociò le braccia al petto, riflettendo sul vuoto che il possesso di una squadra di baseball non aveva colmato. Era faticoso convincersi che i propri giorni di gloria fossero conclusi. Partite vinte, biglietti venduti. Questo avrebbe cancellato quella lacuna. E una volta vinto l'Exec-ution, i notiziari sportivi avrebbero avuto qualcosa da fare invece di trascinare il suo nome nel fango. La ragazza dello staff invitò altre persone ad accomodarsi attorno al tavolo. Sulla parete alle loro spalle, una foto dello skyline di Dallas faceva capolino da una finestra finta. Diversi membri della troupe erano indaffarati attorno alle telecamere, mentre alcuni tecnici, con le cuffie sulla testa, erano dietro il vetro della sala di controllo. Il conduttore dello show era seduto a capotavola, i capelli appena sistemati dal parrucchiere e un sorriso falso stampato sul viso. «Andiamo con lo spettacolo!» gridò la ragazza con l'iPad prima di sparire. «Salve a tutti!» salutò l'uomo dalla chioma gonfia e laccata. «Sono Rob Moore e sono qui per presentare Exec-ution, dove importanti manager competeranno a coppie in una sfida imprenditoriale per mostrare la propria abilità nel gestire un'azienda. I vincitori riceveranno centomila dollari che verranno donati in beneficienza. E i perdenti? Saranno giustiziati!» Logan alzò gli occhi al cielo nel momento in cui il presentatore batté la mano sul tavolo per simulare, 7
sorridendo, la lama di una ghigliottina. Che squallore! In quell'istante, un trambusto nello studio attirò l'attenzione di tutti. Una donna dai capelli neri entrò a grandi passi sul set, seguita dalla ragazza dello staff e Logan dimenticò la banalità del programma per concentrarsi sul vero spettacolo. La nuova arrivata. Per usare una terminologia che gli era familiare, lei si muoveva come un giocatore esterno pronto per fermare un fuoricampo, rapida e determinata a non fare andare la palla oltre il muro. Se solo i ragazzi della sua squadra avessero avuto una briciola di quella grinta. Più si avvicinava e più diventava interessante. Sul lato sinistro della testa, i capelli presentavano una larga striscia rosa mentre, su quello sinistro erano stati rasati quasi a zero con un disegno asimmetrico che la faceva sembrare una squilibrata. Per non parlare del pesante trucco nero sugli occhi, stile Cleopatra, che lui trovava strano ma sexy. Desiderava attirare l'attenzione e ci riusciva benissimo. Indossando un attillato abito rosa shocking dalla scollatura vertiginosa, si aspettava che la gente la notasse. «Scusate il ritardo.» La sua voce roca vibrò in ogni fibra di Logan, come non gli accadeva da parecchio. Non dai tempi in cui era un campione ed era circondato da folle di ragazzine fanatiche di cui aveva approfittato meno di quanto avrebbe potuto. Quella signora in rosa era una vera bomba e molto altro ancora. Per qualcun altro, non per lui. Logan evitava quei tipi di donna come la peste perché nascondevano sempre brutte sorprese. Preferiva i tipi semplici, naturali e spontanei. Una versione più giovane della migliore donna al mondo: sua madre. Il che non significava che non apprezzasse una bella ragazza dalla voce bassa e sensuale. 8
La signora in rosa scelse di rimanere in piedi, proprio come lui, nonostante ci fossero posti liberi e lei indossasse scarpe dal tacco vertiginoso e di certo poco comode. «Ho tentato di spiegarle che avevamo già iniziato le riprese» bisbigliò frustrata la ragazza a Rob Moore. «Ma non ha voluto sentire ragione.» «È tutto a posto» la tranquillizzò il presentatore, forzando un sorriso. Spostò diverse volte lo sguardo fra la nuova arrivata e Logan. «Oh, mi piace. La ragazzaccia che incontra il tipico giovanotto americano. Gli spettatori impazziranno.» «Prego?» Logan guardò la propria maglietta blu con il logo dei Mustang e i jeans, poi fissò l'eccentrica brunetta. «Vuole mettermi in coppia con lei? Non se ne parla.» Non era possibile. Non stava accadendo a lui. Invece Moore si era già rivolto a un'altra coppia. Oddio, no, pensò osservando la signora in rosa che incrociava le braccia sotto un seno spettacolare, sospingendolo un po' fuori dalla scollatura. Spostò lo sguardo quando lei prese a battere il piede a terra. «Che cosa è che la disturba nel fare coppia con me?» esordì con tono aspro. «Crede che non ci sappia fare negli affari perché ho un piercing sulla lingua? È una stupidaggine e lei lo sa benissimo.» Un piercing sulla lingua? All'improvviso, la mente di Logan venne pervasa da diverse immagini indecenti di loro due, nudi, mentre lei gli mostrava gli orizzonti erotici che la sua bocca era in grado di offrirgli. A fatica cercò di tornare alla realtà. Ecco perché preferiva le donne poco appariscenti, poco truccate, poco eccitanti. Poco tutto. «Non l'ho nemmeno notato» la informò con estrema sincerità. «Le mie obiezioni non hanno certamente a che fare con lei.» 9
Quella, invece, era una bugia bella e buona. Lei era la distrazione fatta persona ed era necessario che gli venisse assegnato un altro compagno di squadra. Per qualche motivo che gli sfuggì, la donna rise e quel suono argentino vibrò nelle viscere di Logan. «Percepisco le balle a metri di distanza. E, comunque, si guardi attorno. Le coppie sono state già formate. Possiamo attenerci al programma?» Gli pose una mano sul petto e lo sguardo di Logan cadde inevitabilmente sulle lunghe unghie laccate di blu che assomigliavano ad artigli. «Io sono pronto» ribatté, cercando di non registrare quel guizzo elettrico che gli trasmetteva il suo tocco. «La domanda è, lei lo è? Non sono io quello che è arrivato in ritardo.» «Le cinque del mattino sono un orario impossibile e poi ho tardato solo un quarto d'ora. Che cosa vuole che sia?» Sospirò, poco propenso a continuare quella sterile discussione. «D'accordo, è perdonata. Quale ha detto che è la sua azienda?» «Non l'ho fatto. Come ha detto di chiamarsi?» E dire che sua madre gli aveva insegnato l'educazione. Ma quel lancio a effetto dai capelli rosa gli aveva fatto perdere di vista la buona creanza. Le porse la mano. «Logan McLaughlin. Proprietario e manager dei Dallas Mustang.» «Il suo campo è lo sport, quindi. L'abbigliamento informale me lo aveva suggerito.» Lo scrutò dalla testa ai piedi prima di stringergli la mano. Nel momento in cui le loro dita si sfiorarono, lui fu percorso da una violenta scossa che gli risvegliò i sensi assopiti. Erano secoli che non provava qualcosa del genere. Notò che lei socchiudeva gli occhi, fissandolo attraverso le lunghe ciglia nere come se avesse avvertito la medesima sensazione. 10
«Possiedo anche abiti eleganti» borbottò, riluttante a porre fine a quel contatto. «Ma preferirei girare nudo piuttosto che indossarne uno.» Cosa diavolo stava facendo? Frena, McLaughlin. Quella donna era l'opposto del suo tipo e flirtare con lei avrebbe portato al disastro, soprattutto dal momento che avrebbero dovuto focalizzarsi sulla vittoria. Purtroppo, aveva il sentore di essersi già incamminato verso una pessima china. «Anch'io adoro stare nuda.» La sua voce era tornata a essere rauca e bassa. «Trinity Forrester. Sì, proprio come la Santa Trinità, la ragazza di Matrix e come il fiume. Ho già sentito ogni battuta, perciò se le risparmi.» «Immagino che non mi sia permesso domandarle se lei sia religiosa.» La donna sorrise, sporgendosi e inondandolo del proprio profumo esotico. «Se mai lo facesse, riceverebbe la mia risposta standard. Ogni uomo nel raggio di dieci metri deve trattarmi come una dea. Può iniziare ad adorarmi.» Le sarebbe piaciuto. Ne era più che sicuro. Ma se dovevano giocare insieme, avrebbero fatto meglio a chiarire alcuni punti. Nessun tentativo di seduzione. Niente sguardi languidi o toni sensuali di voce. Era Logan a dettare le regole del gioco e la signorina Hogià-sentito-ogni-battuta avrebbe fatto meglio ad attenersi a esse. Il tacco dodici era facoltativo. Le telecamere catturarono ogni parola della loro conversazione. Perfetto. Più gli operatori stavano sintonizzati su Trinity, più i produttori avrebbero unito il suo nome alla Fyra Cosmetics. Non avrebbero potuto ottenere una pubblicità migliore e l'azienda aveva bisogno del sostegno positivo della stampa. Trinity Forrester se la sarebbe guadagnata a ogni 11
costo. Non poteva permettere che accadesse nulla all'azienda che aveva fondato insieme alle sue tre più care amiche, trasformando un sogno in realtà. Per colpa di un sabotatore interno, la Fyra stava per affondare. Come direttrice commerciale, aveva preso in maniera personale la pubblicità negativa. Stava a lei porre fine a quella fase avversa. E lo show Exec-ution era il primo passo del suo piano. In altre condizioni, sarebbe stata nel proprio ufficio a lavorare sulla campagna della Formula 47, il nuovo prodotto che speravano di lanciare nelle prossime settimane. Il signor McLaughlin sembrava non essere intenzionato a lasciare la sua mano. Altro punto a suo favore. Più lui era stregato, più sarebbe stato facile prendere le redini della situazione. Non esisteva un maschio adulto che non volesse portarla a letto, cosa che comunque non disdegnava. Il sesso era l'unica cosa interessante che un uomo avesse da offrire. Sorrise a Logan. Nelle vene di quel marcantonio scorreva del buon, vecchio sangue texano. Con quei lunghi capelli castani spettinati che gli ricadevano sul viso e l'abbigliamento sportivo, era la perfetta sintesi del bravo ragazzo americano. I bravi ragazzi, tuttavia, nascondevano spesso qualcosa di losco, lo aveva imparato a proprie spese. Meglio non fidarsi. Una gravidanza a sorpresa a vent'anni aveva distrutto ogni suo sogno di un amore da favola quando il padre del bambino che aspettava l'aveva abbandonata. Poi, l'aborto spontaneo l'aveva convinta di non essere adatta a fare la madre. «Signor McLaughlin» mormorò. «Potrebbe rendermi la mano così possiamo metterci al lavoro?» Lui la lasciò di colpo, come se avesse realizzato di stringere un pezzo di metallo incandescente. «Certo, buona idea.» 12
Ritirarono la busta sigillata che il conduttore porse loro, e Logan seguì Trinity in un'area in cui si trovava un cavalletto che sorreggeva un grande blocco di fogli su cui buttare giù le idee. Lei sentì pruderle le mani dall'impaziente desiderio di riempire quelle pagine incontaminate di diagrammi. Non c'era nulla di più stimolante per il suo estro. Un cameraman li seguì e si posizionò a poca distanza, riprendendo ogni loro mossa. Fantastico. Doveva solo escogitare qualcosa di eccentrico e indecente, giusto per assicurarsi che i redattori avessero materiale su cui lavorare. L'entrata in ritardo era stato un colpo geniale. La faccia di McLaughlin, poi, quando lei aveva precisato di aver tardato solo quindici minuti era stata impagabile. Era evidente che lui amasse seguire le regole. Vergogna. Lui aprì la busta ed estrasse il contenuto. «Dobbiamo gestire un chiosco di limonate in Klyde Warren Park. La squadra che guadagna più denaro vince ed evita l'esecuzione.» «Eccellente.» Sfregandosi le mani, Trinity fece un rapido schizzo dello stand, aggiungendo poi dettagli e ombreggiature. «L'arancione è il colore più accattivante per un chiosco. Crea un ottimo contrasto con il verde del parco.» «Che cos'è questo?» Da dietro, lui la sovrastò e le sfiorò il collo con il respiro, tendendo un braccio. «Un'insegna. Trinity's Lemonade. La limonata di Trinity.» In che cosa aveva fatto il bagno da profumare così di... uomo? Le fresche note agrumate le pervasero i sensi e risvegliarono le zone erogene che, di solito, rimanevano del tutto indifferenti ai ragazzoni texani. Possedeva una squadra di baseball, per l'amor del cielo, e probabilmente aveva bisogno di un dizionario per sostenere una conversazione che non riguardasse 13
le marche delle birre e le tattiche di gioco. Loro due erano male assortiti per un reality, figuriamoci fuori. Peccato, perché i pettorali di Logan erano davvero notevoli. Le dita le fremevano ancora dopo averlo toccato, per nulla preparata al corpo marmoreo sotto la tshirt blu. «Perché dovremmo chiamarlo così?» La sua voce calda le rimbombò nelle orecchie. «Logan's Lemonade, la limonata di Logan, suona meglio. Entrambe le parole iniziano per elle.» «È un'allitterazione, intende» gli venne in aiuto. «Io comprendo alla perfezione le dinamiche che attirano l'interesse del pubblico, dolcezza. Sfruttiamo i nostri punti di forza, d'accordo?» Trinity proseguì a tracciare altre linee sul foglio per poi sussultare quando il suo partner le pose le mani sulle spalle, facendola piroettare verso di sé. Le labbra serrate, torreggiava su di lei nonostante i tacchi vertiginosi. Era solita guardare gli uomini negli occhi e non poterlo fare con Logan le seccava. «È stata molto brava a non menzionare la sua specialità, dolcezza» ribatté lui con sarcasmo. «Io dirigo un'azienda sportiva multimilionaria. Lei cosa fa, signorina Forrester?» «Non l'ho detto?» Assunse una finta espressione sorpresa. Aveva taciuto intenzionalmente. Nel momento in cui un uomo come lui avesse udito la parola cosmetici, avrebbe iniziato a sparare insopportabili giudizi fuori luogo. A quel punto, però, era necessario che riuscisse a impressionarlo. «Sono la direttrice marketing della Fyra.» Strinse gli occhi. «La ditta di cosmetici?» «Proprio quella. Adesso abbiamo chiarito la situazione. Il mio campo è il marketing, il suo cercare di capire quale giocatore colpirà la palla più forte. Quando ci assegneranno un incarico che richiederà... le pal14
le, le lascerò assumere il comando» dichiarò, secca. Archiviata la battutaccia, Trinity rifletté che quello schizzo era la prima idea buona che aveva avuto da settimane e la cosa era davvero deprimente. La sua musa ispiratrice era andata in letargo proprio in un pessimo momento. La Fyra intendeva lanciare il proprio prodotto di punta entro i prossimi tre mesi. Per fortuna, le socie non sospettavano che il suo estro si fosse prosciugato, che la sua mente sembrava essersi paralizzata di fronte alla Formula 47, e continuavano a contare su di lei. Logan increspò le labbra in un sorriso ironico. «Nel caso l'avesse dimenticato, siamo compagni di squadra. Il che significa che ogni compito affidatoci richiede di avere le palle. Nel caso specifico, le mie. Si faccia in là e lavoriamo insieme.» Guarda, guarda. Non solo aveva colto il doppio senso, ma l'aveva anche fatto con stile. Intrigata, si fece da parte per lasciargli spazio davanti al cavalletto. La urtò goffamente con un braccio. Quell'uomo era un muro di muscoli d'acciaio, con spalle ampie e vita sottile. Per non parlare di come i jeans attillati gli disegnassero le curve del fondoschiena. Se non fosse stato fuori luogo, Trinity avrebbe applaudito a tanta sensuale perfezione. Senza dire una parola, lui afferrò il proprio pennarello e tracciò una riga sull'insegna disegnata da lei. Poi scribacchiò sopra McLemonade. Per la miseria, era sensazionale. Perché non le era venuto in mente? Incrociò le braccia imbronciata, sferrandogli una gomitata nelle costole. Lui non se ne accorse neppure mentre lei avvertì un dolore acuto in tutto il braccio. Accidenti. Era proprio fatto di marmo. «D'accordo» affermò. «Vada per la sua insegna, ma il chiosco sarà arancione.» Scrollò le spalle, sfiorandola di proposito. 15
«Non c'è problema.» Quell'uomo era intollerabile e, quando apriva la bocca, perdeva ogni fascino. O almeno lei cercava di convincersene. «Davvero? Quindi, voleva a tutti i costi un'insegna che ricordasse il suo nome?» Drizzò la schiena, determinata a non farsi sottomettere da quella montagna di muscoli che continuava a provocarle incontrollabili scintille interiori. Tutt'altro che intimorito, la sua espressione si fece più rilassata e prese un lungo respiro. «Ricominciamo da capo.» Le porse la mano. Incuriosita, Trinity lasciò che inghiottisse le sue dita sottili e, ancora una volta, il suo tocco le provocò una leggera scossa elettrica per tutto il corpo. «Sono Logan McLaughlin. Possiedo un team di baseball e le vendite dei biglietti delle partite stanno colando a picco. Il mio addetto stampa ha insistito nel sostenere che questo reality sarebbe stato ottimo per attirare l'attenzione sulla squadra ed eccomi qua. Qualsiasi aiuto possa ottenere è il benvenuto. Possiamo darci del tu?» Gli intensi occhi color ambra sostennero il suo sguardo e la loro sincerità colpì Trinity. Accidenti, bello e onesto. Che cos'altro doveva attendersi da quell'uomo? «Salve.» Si schiarì la voce, fissandolo e lasciandosi avvolgere dal suo bruciante carisma. «Sono Trinity Forrester. Vendo cosmetici assieme a tre donne meravigliose che adoro. La nostra azienda non sta raccogliendo consensi a causa di una pubblicità negativa. Così anche a me è stato suggerito di partecipare a questo show. Ma non sono certa sia stata una buona mossa. E, sì, possiamo darci del tu.» Logan scoppiò in una risata inattesa e possente che le fece tremare le ginocchia. Nessuna debolezza era 16
accettabile in quelle circostanze, tuttavia opporsi richiedeva uno sforzo che non era in grado di sostenere. Era tanto sbagliato lasciare che un uomo come lui stuzzicasse le sue fantasie? Certo, era insopportabile, ostinato e troppo virtuoso per i suoi gusti, ma aveva un fisico da urlo, un sorriso sconvolgente e dei capelli fatti perché una donna vi insinuasse le dita. «Stavo pensando la stessa cosa» ammise, stringendo gli occhi. «Però ho cambiato idea. Credo che potremo aiutarci a vicenda se lavoriamo insieme. Pronta a tentare il tutto per tutto?» Trinity ebbe la risposta al proprio quesito. Quel tizio si sarebbe dimostrato una piacevole scoperta. Inoltre, era necessario che collaborassero per raggiungere i loro obiettivi. Si liberò della sua stretta. «Pronta.» Si concentrarono e, fedele alla parola data, Logan ascoltò le sue idee. Trinity, dal canto suo, considerò un segno positivo ogni volta che lui rideva alle sue battute. Non c'era bisogno che sapesse quanto questo le facesse piacere. Alla fine del pomeriggio, con il loro chiosco McLemonade, avevano accumulato poco più di quattrocento dollari. Dio sapeva come. Avevano discusso su ogni cosa. Sui prezzi, sul luogo in cui sistemare il banco, quanta limonata versare nei bicchieri. Alla fine, il produttore li invitò a raccogliere le proprie cose per raggiungere lo studio e completare le riprese. Viaggiarono in auto separate e si ritrovarono nella finta sala riunioni. Questa volta, Trinity si sedette. Era stata in piedi tutto il giorno, quasi sempre sull'erba, e i tacchi a spillo l'avevano torturata. «Bentornati!» gridò con entusiasmo Rob Moore mentre le squadre si radunavano attorno al tavolo. Logan rimase in piedi alle spalle di Trinity, mentre gli altri si accomodarono. Nessun problema. Lei e il 17
suo socio erano come l'acqua e l'olio, ma facevano il possibile per andare d'accordo perché erano costretti. «Abbiamo conteggiato le vendite e devo ammettere che siete stati tutti davvero incredibili.» Il conduttore era raggiante. «I vincitori sono Mitch Shaughnessy e John Roberts.» Delusa, Trinity applaudì sportivamente mentre i due mostravano l'assegno intestato al St. Jude Children Hospital. Questa era la cosa importante. Raccogliere denaro per una giusta causa. «I proventi della squadra sono stati di...» Rob Moore fece una pausa d'effetto. «Quattrocentoventotto dollari. Davvero grandioso!» Non era possibile. Avevano perso per venticinque miserabili dollari? Trinity avrebbe voluto sbattere la testa sul tavolo, ma non sarebbe stata una bella pubblicità. Le telecamere erano ancora all'opera e il presentatore stava per lanciarsi nei commenti finali. «Accendete le sedie elettriche, ragazzi. Arriva il momento delle eliminazioni.» Era la parte più dozzinale e kitsch del programma, che sperava di evitare. Le venne una luminosa idea su come riuscirci e attirare l'attenzione delle telecamere su di sé. Spinse indietro la sedia e balzò in piedi, rivolgendosi al proprio compagno di squadra e puntandogli un dito sul petto con tutta la forza che aveva in corpo. Più di quanto avesse inteso, ma almeno il cameraman la stava seguendo. «È tutta colpa tua, McLaughlin. Avremmo vinto se non fosse stato per te.» Perplesso, Logan socchiuse gli occhi e le allontanò la mano. «Di che cosa stai parlando? La nave ha iniziato ad affondare nell'istante in cui siamo stati messi in coppia. La ragazzaccia che incontra il tipico giovane americano. Per favore! Avrebbero dovuto definirci il treno che incontra il disastro.» 18
Le sue parole la colpirono. Definizione perfetta di quella giornata. Se ne sarebbe rammentata più tardi, davanti a un bicchiere di vino mentre brindava al fatto che non l'avrebbe rivisto mai più. «Sai qual è il tuo problema?» «Sono certo che stai per dirmelo» replicò lui, incrociando le braccia al petto e mettendo in evidenza i suoi notevoli bicipiti che invitavano a essere toccati. Trinity stentò a trattenersi dal farlo. In fondo, che male c'era? Solo una volta. «È ora che qualcuno te lo dica, altrimenti continuerai ad andare in giro con il tuo libro delle regole attaccato al sedere.» Stava per sfuggirle una parola poco elegante che avrebbe rovinato la tirata. «Alcune norme vanno infrante. Ecco perché abbiamo perso. Tieni per te la tua onestà.» Logan s'infuriò. «Stai dicendo che sono un ipocrita, un santerellino?» «E non è nemmeno il peggiore dei tuoi problemi.» Lui roteò gli occhi, fulminandola con una tale rabbia che si rammaricò di essersi scagliata a quel modo contro quell'uomo. Il lato positivo era che, quando si scaldava e si concentrava su di lei, la cosa era eccitante. «Coraggio, sentiamo.» «Sei attratto da me e questo t'infastidisce.» Da che pulpito veniva la predica! Tuttavia non lo avrebbe ammesso neppure sotto tortura. «Che cosa?» «Hai sentito benissimo.» Gli puntò di nuovo il dito sui pettorali. Ops. Fu una sensazione deliziosa e terribilmente sensuale. Logan era solido come il marmo, il tipo di uomo che non ti abbandona se il mondo ti riserva sfide inattese. A volte, una ragazza ha bisogno di appoggiarsi a due forti spalle. E le sue erano davvero eccezionali. 19
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