Manuale per zitelle impenitenti

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1037 - Una sposa da proteggere - T. Brisbin 1038 - Diario di una signorina del ton - J. McQuiston 1039 - Il signore del deserto - M. Kaye 1040 - A spasso con un libertino - E. Leigh 1041 - La missione della novizia - M. Moore 1042 - Passato, scandali e fiori d'arancio - C. Linden 1043 - Per il cuore di un'attrice - E. Redgold 1044 - Un dono inaspettato - A. Burrows 1045 - La maschera del libertino - E. Leigh 1046 - Un campione per Miss Jenna - B. Scott 1047 - Inciso nel cuore - E. Hobbes 1048 - L'errore di Caroline - A. Everett 1049 - Cuori sotto assedio - N. Locke 1050 - Il vicario e la scrittrice - E. Leigh 1051 - Incontri proibiti con il visconte - J. Justiss 1052 - Una debuttante da sposare - V. Lorret 1053 - Per coraggio e per amore - M. Fuller 1054 - Pericolo a corte - J. Landon 1055 - Un bacio sconveniente - C. Kimberly 1056 - Una naufraga per lo sceicco - M. Kaye 1057 - Manuale per zitelle impenitenti - J. McQuiston 1058 - Il rapimento di Lady Fia - T. Brisbin 1059 - Il coraggio di Lily - J. MacLean


JENNIFER MCQUISTON

Manuale per zitelle impenitenti


Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: The Spinster's Guide to Scandalous Behavior Avon Books An Imprint of HarperCollins Publishers © 2015 Jennifer McQuiston Traduzione di Laura Guerra Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con HarperCollins Publishers, LLC, New York, U.S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. © 2017 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione I Grandi Romanzi Storici marzo 2017 Questo volume è stato stampato nel febbraio 2017 da CPI, Barcelona I GRANDI ROMANZI STORICI ISSN 1122 - 5410 Periodico settimanale n. 1057 dello 08/03/2017 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 75 dello 01/02/1992 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Mondadori, 1 - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 045.8884400 HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano


Prologo

Londra, 1850 La bara era stata chiusa per necessità , non per il cerimoniale. I convenuti giravano per il salotto, gli abiti neri e le voci sommesse che si fondevano in una chiazza scura di colore e di suono. Alcuni erano arrivati per mostrare il proprio dolore, altri per osservare la scena come allocchi. Lui era troppo ubriaco per ricordare i loro nomi, ma non abbastanza per dimenticarli tutti, perciò bevve di nascosto un altro sorso di whisky dalla fiaschetta. Oltre alle ipotesi bisbigliate nella sala, la sua mente aggiunse la propria spiegazione alla bara sigillata della sorella. La sua sofferenza era stata immane. Non avrebbe voluto essere ricordata in quella maniera. Ciò aveva garantito, però, che Josephine sarebbe stata ricordata per sempre nell'altro modo. Giovane. Incinta. Nubile. Accidenti, che cosa avrebbe dovuto dire a quella gente? Che Josephine aveva voluto morire? Che forse 5


aveva finalmente trovato quella pace e quel rispetto che le erano stati negati in vita? Gli ospiti erano sì in casa sua per porgergli le condoglianze, ma le loro voci erano velate da un macabro interesse. Fin quando Josephine avesse vissuto in mezzo a loro, non avrebbero mai dimenticato lo scandalo. Be', la sorella aveva risolto il problema, no? Tutti i presenti credevano infatti che fosse morta di parto, il neonato con lei. La verità invece l'avrebbe dannata maggiormente. «Devo parlarvi, Lord Branston.» Miss Gabrielle Highton. Il giovane girò la testa finché il suo sguardo annebbiato non si posò sul volto della donna che sperava ancora di sposare. «Gabrielle?» Lei arricciò il bel nasino. «Siete... indisposto?» Indisposto. Poteva dirlo forte. Thomas prese un bel respiro, sperando che la stanza smettesse di ondeggiare. «Io... sono contento che siate venuta.» Gabrielle gli si avvicinò e lui sentì il suo profumo, un odore floreale che in quel momento gli ricordò i fiori che adornavano la bara della sorella. Lilium candidum. «Sono venuta perché devo parlarvi. E perché sapevo che qui vi avrei trovato.» Finalmente lei lo guardò in faccia. «Non eravate a casa le altre volte in cui sono passata a cercarvi» lo accusò. Thomas strinse i denti. No, non era stato a casa. C'erano stati mille preparativi di cui occuparsi. E un funerale da organizzare. Bottiglie da bere. Capiva che Gabrielle volesse parlargli, considerata l'enormità dello scandalo di Josephine. Tuttavia, qualunque cosa la fidanzata avesse voluto confessargli, era meglio parlarne in privato, non ai piedi di una bara. «Passerò a trovarvi domani» le disse. Gabrielle però si stava già sfilando l'anello di fidan6


zamento dal dito. Thomas ne sentì la pressione fredda sul palmo della mano. «Mi dispiace, milord, ma credo sia meglio che non vi riveda mai più.» Lui chiuse il pugno. Maledizione! Gabrielle si rifiutava di chiamarlo Thomas? L'aveva baciata, per la miseria! Le aveva offerto la propria mano e il proprio casato. Evidentemente però lei considerava il titolo di marchesa una ricompensa troppo esigua per la macchia lasciata dallo scandalo di Josephine, visto che si era già diretta alla porta. L'addio di Gabrielle non era passato inosservato. La folla si stava risvegliando, i mormorii vivi. Una cosa era essere lasciati all'altare, ma venire abbandonati in quelle circostanze era tutt'altra faccenda. Mentre gli avvoltoi volteggiavano sempre più vicini e la donna che aveva un tempo rappresentato il suo futuro usciva dal salotto, Thomas bevve un altro sorso di whisky, senza prendersi la briga di nascondere la fiaschetta. Che lo guardassero. Che sparlassero. Non aveva più alcuna importanza. Forse sua sorella aveva trovato la soluzione migliore. Forse era venuto il momento che sparisse anche lui.

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Londra, aprile 1853 Wilson, l'attempato maggiordomo che governava Cardwell House con un pugno di ferro inguantato, a volte si atteggiava come se avesse mangiato il manico di una scopa. Non che avere una postura impettita non fosse un fattore importante nel suo mestiere. Quel giorno però pareva che il manico fosse stato arroventato prima di essere inghiottito. Ciò significava che qualcuno si sarebbe sorbito una bella ramanzina. Lucy Westmore sospirò nel silenzio della serra. Wilson non disse una parola quando le si parò dinnanzi, reggendo in mano l'onnipresente vassoio d'argento. Non che servisse. Il suo cipiglio gridava già da solo. Negli anni Lucy aveva imparato che la soluzione migliore era stroncare la paternale con delle scuse ben piazzate, perciò spolverò via la terra dalle mani e si stampò in faccia un sorriso pentito. «Lo so che sono di nuovo mancata all'orario di visite, Wilson, e mi dispiace. Davvero. Ancora pochi minuti e arrivo.» Scostò una ciocca di capelli biondi dalla faccia mentre attendeva la reazione dell'uomo. San8


to cielo, era caldo nella serra. Forse aveva davvero trascorso troppe ore lì, a sudare sulle piantine di piselli per l'orto dell'orfanotrofio di St. James. Una goccia di sudore le scivolò lungo il naso. Osservò la testa pelata del maggiordomo e pensò che sarebbe stato meraviglioso poter fare la stessa cosa con i propri capelli ribelli. Fu tentata di ridere al pensiero del cipiglio che l'uomo avrebbe avuto, ma ridere non l'aveva mai aiutata nel trattare con Wilson. L'uomo era il maggiordomo del padre da diciassette anni e lo era stato per il precedente Lord Cardwell, perciò si permetteva una confidenza che nessun altro servitore osava prendersi. Lei aveva sì ventun anni, ma il servitore non perdeva occasione di rimproverarla, se lo meritava. Il che, Lucy doveva ammettere, accadeva spesso. Impaziente, si sedette sui talloni e si indicò i pantaloni sporchi di terra. «Di certo non avreste voluto che incontrassi gli ospiti vestita così, no? Sarebbe stato molto peggio.» Quando l'uomo si adombrò ancora di più, cambiò tattica. «E se vi promettessi che più tardi chiederò scusa a mia madre e a Lydia?» Al pensiero della madre trasalì. Avrebbe dovuto lasciare la serra ore prima, ma non si era resa conto del tempo che passava. Sì, ecco che cosa le avrebbe detto. Sperò che sarebbe sembrata una scusa più plausibile della verità, cioè che avrebbe preferito estrarre il manico di scopa dalla bocca di Wilson per ficcarselo in un occhio, piuttosto che doversi sorbire l'ennesimo giro di visite. Quegli incontri infatti le ricordavano quanto la sua vita stesse per cambiare in peggio. Aveva invero accettato di mantenere l'impegno, ma, per la miseria, non si sarebbe presentata bella impacchettata per la Stagione imminente un secondo prima del necessario. «Prometto che cercherò di ricordare gli orari di vi9


sita, la prossima settimana. Ma queste piantine stanno appassendo e devo...» «Miss Lucy» la interruppe Wilson. «Risparmiate le spiegazioni per vostra madre. Credo che questa volta vi serviranno.» «È molto arrabbiata?» «Lady Cardwell ha trascorso metà del pomeriggio a inventare scuse per la vostra assenza e l'altra metà a lamentarsi del vostro futuro. L'ho addirittura vista che guardava fuori dalla finestra, di sicuro per accertarsi che non foste appesa a un albero.» «Non mi arrampico più sugli alberi da che ero bambina.» Wilson piegò il capo, il suo silenzio assordante. «E va bene. Da che avevo diciassette anni.» Lucy non era mai stata come le altre ragazze. Nonostante le migliori intenzioni per cercare di comportarsi come una signorina perbene, stava raggiungendo la conclusione che forse non ci sarebbe mai riuscita. «Non voglio turbarla, Wilson, davvero. È solo che ho altri interessi.» «Be', non sono qui per vostra madre né per le visite a cui come previsto siete mancata.» Wilson allungò il vassoio. «C'è un pacchetto per voi. È arrivato oggi.» Lucy si alzò. Chiuso con della carta marrone, il pacco innescò in lei una certa curiosità. Riceveva regolarmente lettere dal fratello, Geoffrey, che era a metà del primo anno all'università. Manteneva poi una fitta corrispondenza con diverse organizzazioni filantropiche e con un paio di carcerati, per la sua campagna per migliorare le condizioni dei prigionieri a Newgate. Quando posò lo sguardo sulla calligrafia, provò un fremito allo stomaco, perché il pacco le era stato indirizzato con la stessa scrittura dei biglietti natalizi che la zia E inviava ogni anno dalla Cornovaglia. 10


E un pacco spedito dalla zia E innescava più che una certa curiosità, se si considerava che la donna era morta due settimane prima. Lucy allungò le dita, ma Wilson tirò via il vassoio. «Oh, no, Miss Lucy. Prima dovete lavarvi le mani.» Oh, per la miseria! Erano solo un po' sporche. «Siete un uomo crudele, Wilson.» Un sorriso finalmente illuminò la faccia rugosa dell'uomo. «Ma almeno sono un uomo crudele pulito.» Puntò un dito inguantato verso il lavabo all'entrata della serra. «Non vi permetterò di sporcare il mio vassoio. Abbiamo appena lucidato l'argenteria.» Mentre si lavava le mani, Lucy cercò di capire che cosa significasse l'arrivo di quel pacco. Per anni la zia aveva corrisposto con loro con un unico biglietto natalizio, firmato con un'impersonale lettera E. Nella migliore delle ipotesi era un vezzo poco convenzionale, nella peggiore era un memento che mostrava come la donna tenesse tanto poco ai suoi familiari da non prendersi nemmeno la briga di pensare a loro più di una volta all'anno. Wilson non aveva avuto il tempo di allontanarsi che Lucy strappò la carta marrone del pacchetto. Alcuni oggetti caddero a terra, tintinnando sulle piastrelle, ma lei era troppo incuriosita dalla serie di libri rilegati in pelle per prestare loro attenzione. Perché mai la zia E le aveva spedito dei libri? E ancora, come vi era riuscita, visto che il pacco era stato chiaramente spedito dopo la sua morte? Lucy aprì un volume e lesse la frase sulla prima pagina. Il diario di Edith Lucille Westmore 1 gennaio 1813 A quanto pareva la misteriosa zia E aveva un nome, 11


uno vero, non soltanto una lettera. E una parte di quel nome era lo stesso di Lucy. Perché non glielo aveva mai detto nessuno? Richiuse il libro, provando una certa agitazione. I quattro volumi erano vecchissimi, con delle crepe sul cuoio e piccoli buchi sulla rilegatura. Tuttavia la storia materiale di quei diari impallidiva se paragonata a quella che contenevano. Lucy stringeva in mano una conoscenza della zia più intima di quella che aveva avuto occasione di raccogliere mentre la donna era in vita. Abbassò quindi lo sguardo sugli oggetti sparpagliati a terra. C'erano una lettera, una chiave e un gioiello. Li raccolse. La collana la incuriosì, un ciondolo legato a un nastro di velluto nero. Passò un dito sui colori cangianti della pietra: verde, oro e marrone. Non aveva mai visto nulla di simile al collo delle donne londinesi. Aperta la lettera, rimase senza fiato. Cara Lucille... Chiunque la conoscesse sapeva che preferiva essere chiamata Lucy. Tuttavia così come la zia era stata un enigma per lei, lei doveva esserlo stata per la donna. Immagino che ricevere questo pacco ti abbia sorpresa, visto che a questo punto sarò bell'e morta. Sospetto però che qualcuno – probabilmente un uomo – cercherà di non rispettare i miei desideri, perciò ho preso questo provvedimento affinché le mie intenzioni vengano onorate. La vita della figlia di un nobile è difficile. Credimi, lo capisco più di quanto tu possa immaginare, ma essere la figlia eccentrica di un nobile è ancora più difficile e da che avevi sei anni era chiaro che tu marciassi a un 12


ritmo tutto tuo. Spero che leggendo il mio diario tu possa comprendere le scelte che ho compiuto. Spetterà poi a te capire se la tua indipendenza vale il prezzo che io ho dovuto pagare per la mia. Forse qualcuno cercherà di convincerti che ero pazza... o, peggio ancora, che lo sei tu. Tuttavia io ho vissuto la vita come volevo e giuro che saluterò la morte alla stessa maniera. Spero solo che tu trovi il coraggio di fare lo stesso. Ti lascio non solo il mio diario, ma anche Heathmore Cottage. Non è molto, lo so, ma magari ti offrirà la libertà di scegliere il tuo futuro. Custodisci bene i suoi segreti, Lucille, e ricordami con affetto, così come io ho sempre ricordato te. E La zia le aveva lasciato Heathmore? E che cos'era tutto quel parlare di segreti e ricordi affettuosi? Lucy conosceva a malapena la zia, di certo non abbastanza da piangere lacrime amare quando la notizia della sua morte era giunta a Londra. La famiglia non era nemmeno andata in Cornovaglia per il funerale, a parte il visconte, che aveva sentito l'obbligo morale di partecipare alla sepoltura della sorella. Ricordava vagamente Heathmore Cottage da una visita estiva avvenuta quando lei aveva circa sei anni. Rammentava una casa con le pareti intonacate che si affacciava sul mare increspato e il battere costante del vento sul viso. Serbava poi un ricordo ben nitido di una collezione di statuette di vetro, prese dalla mensola del camino e poi messe nelle sue manine cicciottelle. Turbata da quell'improvviso assalto di ricordi, mise la chiave e il ciondolo nella tasca dei pantaloni, quindi ripiegò la lettera e la infilò tra le pagine del primo diario. Era sempre stata una bambina fantasiosa e quei ri13


cordi di Heathmore erano davvero poco chiari. Ricordava molto meglio quello che era accaduto dopo quell'estate. Il nonno era morto e il padre aveva assunto il titolo. Nella vita di Lucy erano entrati governanti e bisbetici maggiordomi e ogni contatto con la zia si era ridotto a quell'unico biglietto natalizio. Un peccato. Da quel poco che ricordava, la visita in Cornovaglia era stata divertente. La stretta di mano fu robusta. Ma vigorosa o meno, Thomas non si sentì a proprio agio. Infatti da quanto aveva capito del testamento di Miss E, letto quella mattina dall'avvocato arrivato da St. Ives, non stava stringendo la mano della persona giusta. «Siete sicuro che vostra figlia approverà la vendita, Lord Cardwell?» Thomas lanciò uno sguardo verso il casolare che era diventato sua responsabilità. Costruito sulla parte più esposta della scogliera, Heathmore Cottage fronteggiava il vento come un vecchio ricurvo. La porta d'ingresso era aperta, il chiavistello rotto che penzolava. Siccome nessuno aveva la chiave, Thomas aveva rimediato con una spallata energica contro il legno eroso dal sale. Quel gesto aveva innescato il primo senso di colpa, perché gli era sembrato di violare una proprietà privata. Il secondo era stato provocato dal prezzo. Non c'era stata una vera e propria trattativa. Lui aveva proposto un prezzo – quattrocento sterline – e Lord Cardwell aveva accettato. Non che l'edificio ispirasse grande fiducia. Forse l'aveva addirittura pagato troppo. Le pareti di pietra un tempo intonacate di bianco apparivano di un grigio cadaverico e in alcuni punti l'intonaco era caduto a 14


svelare la pietra scura sottostante. La paglia del tetto era infestata dalla muffa e doveva essere sostituita e per colpa del tetto malconcio l'acqua piovana aveva marcito le assi del pavimento delle camere da letto al piano superiore. Negli ultimi anni Miss E non vi aveva più vissuto, preferendo le stanze pulite e asciutte in paese. Non che a Thomas importassero le condizioni della casa. Ciò che lo interessava era la proprietà stessa, il centinaio di acri che circondava il casolare. La gente del paese era ignara del potenziale di quel terreno costiero, mentre lui ne conosceva bene il valore grazie alla sua curiosità scientifica e alle tante ore trascorse a girovagare per i campi e in cima alla scogliera. Lord Cardwell accennò verso il casolare cadente. «Oh, vi assicuro, Lord Branston, a mia figlia non serve una casa sgangherata. Sta per debuttare nella sua prima Stagione e dovrà cercare marito. Fino ad allora si tiene occupata con le sue opere caritatevoli.» Thomas si sentì sollevato. Se Lord Cardwell, come tutore della figlia, riteneva saggio occuparsi di certi affari, chi era lui per mettere in discussione quella scelta? Miss Westmore doveva essere giovane e ingenua, una diciottenne, se era alla prima Stagione, forse una di quelle capricciose bellezze londinesi che vivevano solo per il loro debutto. Un tempo aveva conosciuto una ragazza del genere. Aveva anche pensato di sposarla. Erano trascorsi tre anni dal funerale della sorella. Tre anni da che si era allontanato dai pettegolezzi crudeli di chi aveva giudicato Josephine. Lei era stata l'unica famiglia che avesse avuto al mondo e l'aveva tradita. Quei brutti ricordi di Londra e i fantasmi che vi aleggiavano bastarono per convincere Thomas a concludere l'affare nella maniera più veloce possibile. 15


Lord Cardwell sarebbe partito il giorno successivo e lui voleva evitare che le trattative si protraessero in città. Nascosto lì in Cornovaglia era riuscito quantomeno ad accettare la scelta della sorella. Temeva però che avrebbe ricordato tutto troppo bene se fosse tornato a Londra. O peggio ancora, qualcun altro avrebbe ricordato e distrutto quel poco di conforto che era riuscito a rappezzare. «Inoltre» continuò Lord Cardwell, «credo che mia figlia apprezzerà quel denaro. Manda sempre donazioni a varie organizzazioni benefiche.» Thomas sorrise. Una certa zitella che aveva conosciuto in passato aveva avuto la stessa abitudine. «Anche vostra sorella era una fida sostenitrice delle cause nobili» disse. Lui stesso era stato una delle cause di Miss E. La donna era stata la prima a dargli il benvenuto in quel paese sperduto. All'inizio gli abitanti lo avevano guardato con sospetto. Era arrivato cupo e astioso, la puzza di Londra e del whisky attaccata addosso come un miasma. Tuttavia Miss E era diventata sua amica e la gente del paese di certo rispettava lei. La reputazione della donna era stata uno strano fenomeno. Miss E era stata chiaramente un'estranea, eccentrica e schietta, con il vizio di interrompere la messa domenicale con le sue opinioni contrarie alla predica del parroco. Ma una volta che Thomas fu accolto sotto la sua ala, fu accettato senza riserve a Lizard Bay. Miss E lo aveva costretto a vedere al di là del sollievo alcolico e a riscoprire il mondo. Le mancava tanto. «Già» convenne Lord Cardwell. «Mia sorella voleva sempre raddrizzare i torti del mondo. Ancora però non mi capacito che abbia ritenuto questo lascito adatto a mia figlia. Cade a pezzi.» «Forse Miss E credeva che vostra figlia avesse dei 16


cari ricordi di questo luogo» suggerì Thomas, sebbene non avesse mai visto i Cardwell da che era arrivato lì tre anni prima. «Mia figlia era piccola l'ultima volta che venne a trovare la zia. Dubito che si ricordi del viaggio. È più probabile che Edith volesse tramare qualche intrigo.» «Un intrigo?» Thomas rimase sorpreso. «Di certo voleva solo dimostrare la sua generosità.» «Forse.» Cardwell sembrava stanco. «Ma senza i soldi per pagare tutte le riparazioni, mi sembra un peso per mia figlia, piuttosto che un dono. Non mi ero reso conto che Edith avesse lasciato andare in rovina la casa in questo modo. Perché non mi ha detto che aveva bisogno di un aiuto economico? Le mandavo venti sterline ogni tre mesi, ma le avrei dato volentieri più soldi se me li avesse chiesti.» Thomas ringoiò la propria replica. Venti sterline ogni tre mesi potevano sì bastare a una donna sola per vivere in maniera frugale, ma non potevano certo coprire i costi di manutenzione di un vecchio casolare. E se il fratello avesse conosciuto Miss E, avrebbe saputo che lei si sarebbe sentita in colpa nell'accettare la carità e che era troppo orgogliosa per chiedere aiuto. Il fatto che Cardwell la chiamasse Edith era prova evidente che la conosceva appena. Se Cardwell fosse andato a trovare la sorella una volta ogni tanto, avrebbe notato il degrado di Heathmore con i propri occhi e sarebbe potuto intervenire prima che finisse in quello stato. Ma visto che le condizioni della casa erano il motivo di quella vendita tanto veloce, rimase zitto. «Mi sento un po' in colpa» confessò Lord Cardwell. «Forse dovrei pagarvi io affinché liberiate mia figlia dal peso di Heathmore Cottage. È nel mezzo del nulla e non c'è nemmeno una strada vera e propria che arrivi fin qui. Vi servirà una fortuna per trasformarlo in qualcosa di abitabile.» 17


«Non preoccupatevi, milord. Mi piace la solitudine che questa proprietà ha da offrire. Con un po' di lavoro, penso che si trasformerà in un bel rifugio dalla... ehm... città.» Non che Lizard Bay fosse una città. E non c'era davvero bisogno di sfuggire alle poche centinaia di anime che vi abitavano. Thomas giurò tuttavia che avrebbe reso Heathmore Cottage di nuovo abitabile, se non altro per portare un po' di verità in quell'inganno che lo metteva tanto a disagio. «Ammiravo vostra sorella, Lord Cardwell. Miss E è sempre stata gentile con me. Sono felice di aiutare la sua famiglia liberandovi da questo peso.» E se c'era il rischio che i tesori segreti di Heathmore venissero lasciati nelle mani di una ragazzina frivola, allora una vigorosa stretta di mano con il visconte era un mezzo più che ragionevole per raggiungere il suo scopo.

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Una naufraga per lo sceicco MARGUERITE KAYE REGNO DI MURIMON, 1815 - Constance naufraga al largo delle coste arabe. Portata nel palazzo dell'affascinante Principe Kadar, sperimenta per la prima volta la libertà e il piacere.

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Storie di una lady MAYA RODALE LONDRA, 1824 - Diventata lady all'improvviso, l'americana Bridget Cavendish si sente inadeguata e confida al proprio diario ogni disastro collezionato... soprattutto con Lord Darcy!

Un cuore ferito CARLA KELLY AMERICA, 1875 - Susanna Hopkins è insegnante per i figli degli ufficiali. Joseph Randolph è il medico di Fort Laramie. Entrambi con un passato doloroso e tanta voglia di rivalsa...

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Lezioni di francese BRONWYN SCOTT LONDRA, 1821 - Stanca di rimanere nell'ombra a guardare la vita del ton, Claire Welton decide di lottare per Jonathon Lashley, l'uomo che ama. Impartendogli lezioni private di... Dal 5 aprile


QUELLO CHE LE LETTRICI VOGLIONO. Questo mese per voi...

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