Nel tuo letto per sempre K. Walker - L. Wilkinson - D. Kauffman - S. Craven
Titoli originali delle edizioni in lingua inglese: The Married Mistresss His Mistress by Marriage Carried Away Mistress at a Price Harlequin Mills & Boon Modern Romance Harlequin Mills & Boon Modern Romance Harlequin Temptation Harlequin Mills & Boon Modern Romance © 2003 Kate Walker © 2005 Lee Wilkinson © 2002 Donna Jean © 2004 Sara Craven Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved. © 2003 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prime edizioni giugno 2004; maggio 2006; gennaio 2003; febbraio 2005 Seconda edizione Harmony Maxi giugno 2010 Questo volume è stato impresso nel maggio 2010 presso la Rotolito Lombarda - Milano. HARMONY MAXI ISSN 2036 - 3230 Periodico trimestrale n. 7 del 16/6/2010 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi Registrazione Tribunale di Milano n. 121 del 16/3/2009 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano
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Vento d’estate Pagina 159
La sposa ritrovata Pagina 327
Amanti... per sbaglio Pagina 471
Due imperfetti sconosciuti
Vento d’estate
1 Sarah si allontanò dalla porta socchiusa più silenziosamente che poté. Non fu facile. Il pensiero di far capire ai due che occupavano la camera da letto che lei era lì e li aveva visti le fece battere forte il cuore e le diede un senso di vertigine. Sotto la splendida massa di capelli rosso oro, il suo viso era diventato pallidissimo, facendo spiccare ancora di più gli occhi verde smeraldo. Si sentì assalire dalla nausea per la rabbia e provò il bisogno di aspettare qualche minuto per riprendersi prima di affrontare la situazione. Le era bastato aprire la porta, e la relativa serenità che solo da poco pensava di avere riconquistato era stata spazzata via in un secondo. Serenità. C'era proprio da ridere! Non era serena da molto tempo. Non riusciva più a provare la meravigliosa tranquillità che deriva dalla consapevolezza di essere felici nel profondo del cuore e in pace con il mondo. Un tempo si era sentita così, ma sembrava che da allora fosse trascorso un secolo. Ma questo non era il momento di pensare al passato. Doveva concentrarsi sul presente, altrimenti avreb9
be distrutto quel po' di coraggio che le era necessario per affrontare la situazione. «Sarah?» La voce di Jason suonò strozzata per lo stupore. Si sentì il rumore di un letto che cigolava e passi di piedi nudi sul pavimento. Lui doveva averla sentita e stava venendo a cercarla. Anche l'uomo che stava nascosto nell'ombra del corridoio sentì i rumori. La voce maschile gli diede un colpo al cuore e gli fece provare un penoso senso di disgusto. Lei aveva un amante. Qui, nella casa dove un tempo avevano vissuto insieme. Evidentemente, non credeva che sarebbe tornato così presto. Non abbastanza presto, però, da evitare che lo tradisse. La sua dolce Sarah si era data da fare durante la sua assenza. Aveva trovato un altro uomo e lo aveva già perso, a giudicare dalla fretta con cui aveva sceso le scale. Era così turbata che non si era accorta della sua presenza. E questo la diceva lunga su quello che doveva aver scoperto nella camera da letto. La loro camera da letto. Il pensiero gli fece provare una furia così selvaggia che gli annebbiò la vista, e gli fece perdere la capacità di pensare in modo razionale. «Sarah?» chiamò ancora Jason, a voce più alta. «Sei tu?» Adesso sembrava contrariato e, prima che lei potesse trovare la forza di rispondere o segnalare in qualche modo la sua presenza, era uscito sul pianerottolo e si stava sporgendo dalla ringhiera. Era a piedi nudi, con i capelli biondi ancora arruffa10
ti, ma almeno aveva trovato il tempo di indossare un paio di jeans. «Allora sei tu? Non mi hai sentito chiamare? Perché non mi hai risposto? E che ci fai qui così presto?» Era una tecnica che lei riconobbe subito. Bombardare l'interlocutore di domande in rapida successione per disorientarlo. Si capiva che era agitato perché non sapeva da quanto fosse lì e che cosa avesse visto. «Posso andare e venire quando mi pare e piace. Questa è casa mia!» Veramente è casa mia, pensò l'uomo nell'ombra. La grande casa di Londra era da sempre proprietà della famiglia Nicolaiades. Lui aveva lasciato che Sarah continuasse a viverci, ma non le apparteneva, anche se era ancora sua moglie. Un momento prima era stato tentato di uscire allo scoperto e affrontare i due, ma, quando aveva visto lo sconosciuto sul pianerottolo, aveva cambiato idea. Era meglio aspettare. Perché sulla faccia colpevole di quel bastardo c'erano tutti i segni di una tresca illecita interrotta sul più bello e c'era da scommettere che l'altra donna fosse ancora in camera da letto. Jason scese le scale ravviandosi i capelli con mano nervosa e allacciandosi i jeans. «Non ti scaldare per niente!» «Niente?» Il tono gelido di Sarah strappò un sorriso amaro all'osservatore nascosto. Conosceva molto bene quel tono di indignata disapprovazione e non si era ancora ripreso dall'ultima volta che lo aveva usato con lui. «Okay, stavo facendo un pisolino nel tuo letto.» Era chiaro che il biondo pensava di riuscire a cavarsela a buon mercato. 11
«Che c'è di male? Del resto, d'ora in poi, ci dormiremo insieme.» «Io non ho mai detto che ti saresti trasferito qui.» «Non lo hai detto, ma sappiamo entrambi che è solo questione di tempo.» Sembrava così sicuro di sé, pensò Sarah, mentre la rabbia e l'amarezza per il tradimento subito producevano nella sua mente una miscela esplosiva. Evidentemente era convinto che lei non fosse salita e non avesse visto quello che stava succedendo. Pensava di potersela ancora cavare. Riteneva che lei fosse così sciocca e credulona da accettare qualunque stupidaggine le avesse raccontato. E quello che la faceva infuriare di più era il pensiero che, sola e infelice come si sentiva, doveva avergli dato questa impressione. «Prima o poi sarebbe successo» insistette lui. Prima ancora che Sarah avesse il tempo di replicare, una voce femminile, acuta e petulante, la interruppe. «Jace? Jacey, tesoro...» Jason impallidì e si girò, imprecando. La porta della camera si aprì e ne uscì una ragazza tutta curve, avvolta in una camicia da notte di seta rossa che Sarah riconobbe come propria. «Che stai combinando?» continuò, facendo il broncio, mentre l'uomo la guardava impietrito. «Andrea, ti avevo detto di aspettarmi!» sibilò lui, infuriato. «Mi stavo annoiando. Ero stanca di aspettare che tu tornassi.» «Mi domando come debba sentirsi la tua amica costretta ad aspettare!» A quelle parole, Andrea si sporse dalla balaustra 12
per vedere chi avesse parlato. «E tu chi sei?» le chiese. Sarah riuscì a controllare il tremito della voce, anche se, chiunque la conosceva, avrebbe indovinato lo sforzo che stava facendo per mantenere la calma. «Io? Io sono soltanto la proprietaria di questa casa, del letto da cui sei appena uscita e della camicia che hai addosso.» L'uomo che stava ascoltando nell'ombra vide il pallore del suo viso e provò un improvviso senso di compassione per lei. Ma la compassione era uno sbaglio, perché lo avrebbe reso vulnerabile. Un tempo aveva dato a quella donna tutto il suo cuore e lei lo aveva fatto in mille pezzi come una cosa di nessun valore. Non doveva rischiare di ripetere quell'errore. «Ti suggerisco di metterti addosso i tuoi vestiti e di andartene insieme a questo imbroglione da quattro soldi» aggiunse Sarah. Se fossero andati via subito, forse sarebbe riuscita a riprendersi, e avrebbe anche potuto dimenticare quanto era stata sciocca nelle ultime settimane a lasciarsi intrappolare, ancora una volta, in una relazione sbagliata. Aveva cercato solo un po' di conforto e si era ritrovata in quel pasticcio. «Sarah, per favore. Lei non significa niente! È stato solo un passatempo.» «Un passatempo? E tu hai tradito la mia fiducia e hai rischiato di rompere il nostro rapporto per qualcosa che non aveva nessuna importanza!» Almeno Damon l'aveva tradita per la donna che veramente voleva, e lei era stata solo la moglie di convenienza. 13
Jason aveva assunto un'espressione contrita e le si stava avvicinando. «Dai! Cerca di capire!» Ancora un passo e l'avrebbe toccata. «No!» esclamò. Alzò le mani per respingerlo, mentre i nervi le cedevano e non riusciva a pensare ad altro che ad andarsene. Non riusciva neppure a sopportare di trovarsi nella stessa stanza con lui un minuto di più. Voleva solo sentirsi libera di dimenticare Jason e tutto quello che aveva rappresentato. Libera di pensare all'uomo che una volta era stato tutto per lei. «Ooh!» Il grido di sorpresa le sfuggì quando andò a scontrarsi con qualcosa di solido e imponente che non si aspettava, e che le sbarrava il passo. Si trattava di un corpo maschile muscoloso e possente che poteva appartenere solo a un uomo a lei ben noto. Lui istintivamente la prese tra le braccia. Con il viso premuto contro il suo petto, Sarah poteva sentire il battito regolare del suo cuore e il sensuale profumo di colonia speziata mescolato al suo aroma unico e personale. Conosceva quel profumo bene come quello della propria pelle e non aveva bisogno di vedere il viso dell'uomo, né di sentire la sua voce per sapere chi fosse. Se mai avesse avuto bisogno di una prova, la reazione istintiva, che subito la pervase bruciando tutti gli altri pensieri, le diede la conferma. Con la voce ridotta a un sussurro, non riuscì neanche a pronunciare il nome di lui. Solo un uomo la faceva sentire così, amplificando le sue emozioni e i suoi sensi in modo istantaneo e selvaggio. «Damon...» bisbigliò. «Damon!» Intuì, più che vederlo, il sorriso di soddisfazione che gli increspò le 14
labbra. Sapeva, senza ombra di dubbio, che stava gongolando nel constatare di avere su di lei un impatto così forte da non potere essere nascosto. La consapevolezza di avergli fornito l'arma da usare contro di lei la fece ammutolire, mortificata, e dovette stringere i denti per frenare la rabbia. Damon Nicolaiades non aveva bisogno di incoraggiamenti per sentirsi superiore a qualsiasi altro essere umano. Era già abbastanza arrogante. «Damon...» ripeté con un tono diverso. «Lasciami subito!» Lui sorrise di nuovo. «Sai che non è questo quello che vuoi, tesoro.» Era la prima volta che udiva di nuovo la sua voce dopo sei mesi, e le sensazioni dolci e amare che le fece provare, i ricordi che le fece rivivere nello spazio di un battito di cuore, quasi la sopraffecero. «Invece è proprio quello che voglio.» Chiamando a raccolta quel po' di energia che le rimaneva, cercò di sciogliersi dall'abbraccio e alzò lo sguardo verso il viso abbronzato che la sovrastava. Se ne pentì immediatamente. Perché, non appena vide quel volto bello e tenebroso, gli occhi neri e scintillanti e la bocca calda e sensuale, fu come se non si fosse mai allontanata da lui. I centottanta giorni in cui lui era stato assente dalla sua vita svanirono in pochi secondi, e lei si sentì trascinata indietro fino al devastante momento in cui aveva scoperto la verità. E cioè quando il padre di Damon l'aveva costretta a capire che il suo matrimonio non era basato sui solidi sentimenti che lei credeva, ma su qualcosa di inconsistente come la sabbia che, scivolando via, l'aveva lasciata vacillante e senza alcun sostegno. 15
«Lo voglio e basta» cercò di ribadire con il tono più deciso che poté, ma le sue parole risuonarono vuote e poco convincenti. Damon non se ne curò affatto, come se una mosca si fosse posata sul suo braccio abbronzato e lui l'avesse scacciata con un gesto distratto della mano. Il suo sorriso diventò ancora più arrogante. «Ciao, tesoro, è bello rivederti» le disse. Poi, prima che lei potesse rendersene conto, chinò il capo e la baciò con passione. Il contatto tra le loro labbra spazzò via ogni pretesa di resistenza, come un torrente in piena che travolge tutto nella sua pazza corsa. In preda al più devastante flusso di sensazioni, Sarah chiuse gli occhi e si arrese alle sue emozioni più primitive. Il bacio cominciò appassionato e prepotente, ma poi diventò dolce e gentile e, a dispetto della propria volontà, Sarah si abbandonò e lo contraccambiò. Si sentiva perduta. Annegata in un mare di sensazioni, aveva perso ogni senso della realtà. Il terreno vacillava sotto i suoi piedi, la stanza in cui si trovava era un indistinto insieme di colori sfumati e il traffico della strada vicina, sempre intenso in quella zona di Londra, era solo un vago brusio. Non voleva affatto che questo accadesse, eppure lo voleva con tutte le sue forze. Desiderava disperatamente che lui la lasciasse e, nello stesso tempo, voleva che non smettesse mai. In tal caso, infatti, si sarebbe ritrovata nel vuoto devastante della solitudine che era seguita alla rottura del loro breve matrimonio. «Scusate.» Il tono freddo e tagliente penetrò nei pensieri annebbiati di Sarah solo come una sensazione attutita, senza che ne cogliesse il significato. A dispetto del16
l'apparente gentilezza, quella parola era carica di rabbia a stento controllata e di incredulità. «Scusate» ripeté Jason, sempre più infastidito. Stavolta l'interruzione ebbe qualche effetto su Damon che si fermò, con le labbra ancora su quelle di Sarah, e alzò appena lo sguardo. «Sì?» rispose in modo secco. Se il tono di Jason era stato freddo, quello di Damon era gelido e sprezzante. «Che c'è?» Era ancora così vicino che lei poteva sentire la carezza del suo respiro mentre parlava, il sapore delle sue labbra sulle proprie, il seducente profumo di lui nelle narici. Dovette fare un terribile sforzo per trattenere il debole mormorio di protesta che stava per sfuggirle. Si accorse con orrore che lo stava ancora tenendo stretto a sé e chiuse i pugni così forte da conficcarsi le unghie nel palmo nel tentativo di controllare il desiderio di abbandonarsi completamente. «Che cosa posso fare per te?» Le parole di Damon furono pronunciate con tanto arrogante disprezzo che Jason si sentì spiazzato, consapevole di aver perso terreno e di non sapere come fare per riguadagnarlo. «Vorrei... vorrei sapere...» Damon sorrise tra sé nel notare l'espressione di disagio sulla faccia dell'altro uomo, lo sguardo irritato e confuso nei suoi occhi. Era proprio quello che voleva. Calzava alla perfezione con il piano che aveva ideato mentre era nascosto nell'ombra, e guardava il piccolo dramma che si stava svolgendo in casa sua. Voleva che sia Jason che Sarah si sentissero completamente sbilanciati e incerti sul da farsi, in attesa della sua prossima mossa. Si sforzò di sorridere all'espressione bellicosa dell'altro uomo, prendendolo ancora di più in contropiede. 17
«Sì?» chiese con tono cortese, continuando a tenere la moglie saldamente stretta a sé. Voleva che l'altro avesse la chiara impressione di essere un intruso nel suo territorio, un estraneo che stava attentando alla sua pace domestica. Ma non era solo per questo. La verità era che, avendo finalmente Sarah di nuovo tra le sue braccia dopo tanto tempo, non riusciva a staccarsi da lei. Aveva aspettato così a lungo, sognato tanto quel momento nelle lunghe notti buie e silenziose, che adesso non poteva rinunciarvi facilmente. Amara ironia della sorte, quello non era certo il modo in cui aveva immaginato il loro incontro: nei suoi sogni non c'era un altro uomo sulla scena, né la biondina avvolta nella camicia da notte rossa che guardava dal piano di sopra con aperta curiosità. Ma un vero giocatore deve giocare le carte che il destino gli ha messo in mano, e quindi non aveva altra scelta. «Che cosa vuoi sapere?» «Be'...» sbottò Jason, sempre più sconcertato. «Non lo capisci?» «No, mi dispiace, devi essere più chiaro. Non capisco che cosa ti rende così perplesso» continuò Damon con aria falsamente dispiaciuta. «Non è ovvio? Tu sei il problema! Chi sei?» «Chi sono?» gli fece eco Damon, fingendo di riflettere, mentre Sarah impallidiva, certa di sapere quello che avrebbe detto. «Pensavo che lo sapessi. Ma dato che, a quanto pare, non lo sai, ti dirò che io...» Si interruppe per lanciare alla donna, che si dibatteva tra le sue braccia, uno sguardo di avvertimento. «Te lo dico io chi sono, visto che ci tieni tanto. Vedi, Jason, io sono il nuovo uomo nella vita di Sarah. 18
Sono quello che ti ha sostituito nel letto di questa signora.Âť E vedendo che Sarah stava per protestare indignata, la ridusse subito al silenzio nel modo piĂš rapido ed efficace che gli venne in mente... con un altro bacio appassionato.
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