Miracolo a cedar cove

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•SPOSE

A 18 CARATI•

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DEBBIE MACOMBER

Miracolo a Cedar Cove


Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: 5-B Poppy Lane Mira Books © 2006 Debbie Macomber Traduzione di Giovanna Cavalli Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved. © 2016 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione Harmony Pack novembre 2016 Questo volume è stato stampato nell'ottobre 2016 presso la Rotolito Lombarda - Milano HARMONY PACK ISSN 1122 - 5380 Periodico bimestrale n. 137A del 19/11/2016 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 239 del 15/05/1993 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Mondadori, 1 - 20090 Segrate (MI) HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano


Prologo Era il primo pomeriggio della vigilia di Natale. La neve cadeva lieve su Cedar Cove, rendendo ancora piÚ magica l'atmosfera di festa. Nel suo grazioso cottage di mattoni rossi e con il tetto a punta, Helen Shelton stava ricontrollando una a una le decorazioni dell'albero, un vero abete dagli aghi profumati di resina. Raddrizzò un buffo angioletto di legno dipinto e sorrise. C'erano palline d'argento, rosse, dorate, blu, una campanella di vetro soffiato, un fiocco di neve che sembrava zucchero glassato, un orsacchiotto con il farfallino. Aveva cominciato a raccoglierle dal 1946, l'anno in cui aveva sposato Sam. Molte gliele aveva regalate proprio lui. Compresa la renna di panno decisamente strabica, la sua preferita. Mentre le appendeva con cura tra i rami folti, per Helen era stato come rivivere la loro storia d'amore. Suo marito era morto da quasi trent'anni ormai, eppure lei ricordava ogni Natale passato insieme. Siamo stati felici, io e te, vero Sam? Sul tavolino basso da caffè c'era realizzato un presepe in miniatura, con il bambinello nella man5


giatoia, circondato dalle statuette del bue, dell'asinello e dei pastori. Una ghirlanda di pigne e foglie sempreverdi rallegrava la porta dell'ingresso. La casa odorava di pino e di cannella, pronta per il Santo Natale. Helen desiderava che tutto fosse perfetto, nel minimo dettaglio, per quando fossero arrivati Ruth e Paul, sua nipote e il marito. Nell'attesa aveva preparato del vin brulé e i biscotti natalizi all'arancia e zenzero, una vecchia ricetta di cui era molto gelosa. Quando Ruth era piccola, li impastavano insieme. E pazienza se ci infilava dentro le dita macchiate di pennarello. Che bambina adorabile era stata. Persino adesso, dopo tutti quegli anni, Helen ricordava la gioia immensa che aveva provato quando era piccina. Oh, sicuramente adorava tutti i suoi nipoti, ma per una nonna l'unica nipotina femmina resta sempre speciale. Suonarono al campanello. Helen sbirciò fuori e vide la sua cara amica Charlotte Rhodes che aspettava al riparo del portico sfregandosi le mani. Felice, le aprì la porta e la fece entrare in tutta fretta. Erano entrambe piuttosto in là con gli anni e Helen supponeva che nessuna delle due avesse ancora molte ricorrenze da festeggiare. Non che avesse una visione pessimista della vita, tuttavia era una donna realista. Sapeva che presto avrebbe dovuto affrontare la morte. Non ne aveva paura. L'aveva già conosciuta molto da vicino. Per un certo periodo l'aveva persino invocata. «Brr... Buon Natale» le augurò Charlotte, togliendosi dal collo una sciarpa di pizzo di lana fat6


ta ai ferri. Era bravissima a lavorare a maglia. Ed era un'ottima insegnante per Helen: l'aiutava a realizzare i suoi lavoretti e la incoraggiava a sperimentare nuovi punti e modelli. Con la consulenza di Charlotte, qualche anno prima, Helen era riuscita a terminare un complicato maglione a intarsi colorati, tipico delle isole Shetland. Provava ancora un certo orgoglio, ogni volta che lo indossava e qualcuno le faceva i complimenti. Con il tempo era diventata brava anche lei, non intendeva certo sminuire le proprie capacità, ma non ci sarebbe riuscita senza i preziosi suggerimenti della sua migliore amica. Non solo in quel campo. Era con lei che un giorno, tanto tempo prima, si era confidata, raccontandole tutto quello che le era accaduto durante la guerra. Charlotte l'aveva spinta a rivelarlo anche alla sua famiglia. E alla fine Helen si era decisa... «Buon Natale anche a te» esclamò, prendendo il cappotto e la sciarpa dell'amica e appendendoli all'attaccapanni. Poi le fece strada in cucina. «Vieni, vieni... accomodati... non ti aspettavo... che bella sorpresa.» «Sapevo che tua nipote e suo marito oggi sarebbero passati a trovarti, perciò ti ho portato un po' della mia speciale confettura di pomodori verdi.» Estrasse due barattoli di vetro decorati con un nastrino rosso dalla sua inseparabile borsa dei lavori a maglia. «Oh, Charlotte, grazie davvero.» Helen prese i vasetti e li posò sul piano da lavoro. Aveva un debole per la sua marmellata di pomodori verdi fatta in casa. Una vera squisitezza. 7


«Figurati, consideralo un mio piccolo regalo di Natale.» «Non avevi detto che era diventato troppo faticoso e che per quest'anno ci avresti rinunciato?» L'ultima volta Charlotte si era distratta per andare a rispondere al telefono, lasciando la pentola a sobbollire sul fuoco. Risultato: la marmellata era straripata oltre i bordi, impiastricciando fornelli e pavimento. Perciò Charlotte aveva giurato che non l'avrebbe fatta mai più. E chi poteva biasimarla? A quanto pare ci aveva ripensato. «Sai che non dicevo sul serio. E poi quando ho visto tutti quei bei pomodori verdi nell'orto, non sono riuscita a resistere. Inoltre Ben giura che la torta con il ripieno di marmellata di pomodori verdi e frutta secca è di gran lunga la sua preferita.» Helen sorrise. «Credevo che la sua preferita fosse la sbriciolata alla pesca e amaretto.» Charlotte arrossì. Lei e Ben erano sposati da oltre cinquant'anni eppure si comportavano ancora come due sposini freschi. «Lui non fa testo, è di parte e lo dice di tutti i miei dolci.» «Be', io ti sono molto grata di questa deliziosa confettura, ci preparerò subito una torta per stasera.» Helen attaccò il bollitore per il tè e mise le bustine di Earl Grey dentro due delicate tazze di porcellana bianca con il bordino blu. «A che ora arrivano Ruth e suo marito?» Helen controllò l'orologio appeso alla parete della cucina. «Mmh... Manca ancora parecchio. Credo intorno alle cinque.» Charlotte prese una sedia e frugò nella sua borsa 8


voluminosa, piena di ferri, gomitoli e cartamodelli. Non usciva mai senza. Negli ultimi tempi si era specializzata in calzettoni tirolesi. Helen invece aveva realizzato due calze di Natale per Ruth e Paul, da appendere alla mensola del caminetto. Per via dei disegni intricati, le ci erano voluti quasi tre mesi e tanta, tanta pazienza. Ma ne era valsa la pena. Li aveva avvolti nella carta da pacchi rossa e aveva in mente di darglieli proprio quella sera, al momento dello scambio dei regali. Il tè era pronto. Le due amiche sedettero al tavolo della cucina, l'una di fronte all'altra, con in mezzo un piattino colmo di biscotti all'arancia e zenzero ancora tiepidi. «Ho già conosciuto tua nipote Ruth, o sbaglio?» chiese Charlotte prendendo la tazza e aggrottando appena la fronte. «Sì, non te ne rammenti? Di sicuro Ruth si ricorda di te.» «Dici?» «Puoi giurarci. È stato qualche anno fa. Venne a trovarmi che era molto giù di corda perché non sapeva più che fare con Paul. Avevano litigato ed era convinta che tra loro fosse finita per sempre» spiegò Helen. «Davvero?» Charlotte sembrò spaesata. «Ma sì, dai. Si conoscevano da poco e si erano scritti per qualche mese» spiegò Helen, stupita che Charlotte se ne fosse dimenticata, visto che era stata proprio lei, quel lontano pomeriggio, ad aprire la porta a Ruth. «Paul era nei marines e lo è ancora, se per questo... ed è qui che erano cominciati tutti i problemi...» 9


Charlotte assaggiò un dolcetto. «Ora sì che mi torna in mente qualcosa... Erano molto innamorati, vero?» «Oh, sì.» «Mmh... delizioso questo biscottino. Visto che abbiamo tempo, raccontami di nuovo come si sono incontrati.» Helen si rilassò contro lo schienale della sedia e bevve un sorso di tè. Era una storia così bella, quella di Ruth e Paul. E che, in qualche modo, si era intrecciata con quella di lei e Sam, benché nata molti anni prima, durante la seconda guerra mondiale. Helen sospirò. Per forza di cose c'erano sempre meno persone al mondo che si ricordavano davvero di quel periodo terribile che aveva sconvolto l'umanità. Lei l'aveva vissuto sulla propria pelle. Era sopravvissuta. Ma per più di cinquant'anni si era rifiutata di parlarne, seppellendo i ricordi nell'angolo più nascosto del cuore. A conti fatti, in quel pauroso conflitto, Helen Shelton aveva perduto quasi tutto. Eppure alla fine aveva anche riconquistato tanto. Spinta dai pochi amici con cui si era confidata, compresa Charlotte, alla fine aveva raccontato a Ruth e a Paul tutto quello che le era successo allora. Non era stato facile né indolore. Ma ne era valsa la pena. «Le tue esperienze non fanno soltanto parte della vita della nostra famiglia» le aveva detto sua nipote, alla fine. «Sai, nonna, sono molto più di questo. Sono la Storia.» «Helen...» mormorò Charlotte, scuotendola dal 10


suo fantasticare a occhi aperti e riportandola al presente. «Stavi per raccontarmi di Ruth e Paul, ricordi?» «Oh, sì. E di come si sono innamorati...» Helen si rasserenò, ascoltando in sottofondo lo sferruzzare confortante di Charlotte. E incominciò.

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1 Ruth Shelton uscì in tutta fretta dall'aula dell'università di Washington, dove stava frequentando un master di specializzazione per insegnanti. Trafelata e con i libri sottobraccio, attraversò il campus a passo svelto, senza fermarsi nemmeno per un caffè e due chiacchiere con i compagni di corso, come faceva di solito. Non vedeva l'ora di arrivare a casa, un piccolo appartamento che aveva preso in affitto a tre isolati da lì. A quell'ora il postino era passato di sicuro. E speriamo che abbia lasciato qualcosa per me... «Ehi, Ruth» la richiamò Tina Dupont, raggiungendola di corsa lungo il vialetto. «Questo pomeriggio c'è un'altra manifestazione contro la guerra e dobbiamo...» «Scusami, ma ora non posso fermarmi, devo proprio scappare, poi ti spiego» borbottò Ruth, liquidando l'amica con un sorriso impacciato e un certo senso di colpa. Altri studenti si scansarono per farla passare. Dovunque fosse diretta, era evidente che doveva trattarsi di una faccenda urgente. E lo era. Almeno per lei. Quattro mesi prima, proprio sotto Natale, Ruth a12


veva cominciato una fitta corrispondenza con il sergente Paul Gordon, del corpo dei marines, che al momento si trovava di stanza in Afghanistan. Al telegiornale del mattino, appena prima di uscire per andare all'università, aveva sentito di sfuggita che in quella zona di recente c'erano stati dei combattimenti e che tre soldati americani erano rimasti feriti in maniera più o meno grave. E una morsa d'ansia le aveva stretto il cuore. Poiché erano tre giorni che non aveva più notizie di Paul. Né per lettera né per e-mail. Tre interminabili giorni. Da quando avevano iniziato a scriversi, non c'era mai stato un silenzio così lungo tra loro. Di solito Paul si faceva sentire tutti i giorni, almeno per posta elettronica. Ruth aveva una posizione molto netta sulla guerra. Era contraria all'intervento militare degli Stati Uniti sia in Iraq sia in Afghanistan. All'inizio dell'anno accademico aveva preso parte a una grande manifestazione di protesta al campus organizzata da un gruppo di pacifisti. Tuttavia, indipendentemente dalle sue opinioni politiche sull'argomento, era anche convinta che fosse importante sostenere le truppe americane, dovunque stessero prestando il proprio servizio per il paese. Proprio per questo, a Natale, aveva deciso di spedire una cartolina di auguri, con qualche frase scritta a mano, indirizzato a un soldato senza nome, un'usanza abbastanza diffusa negli Usa. A preferire quella cartolina era stato Paul Gordon, un giovane marine di ventinove anni che, con grande sorpresa di Ruth, non solo le aveva risposto, ma aveva anche allegato una sua fotografia: bruno, capelli 13


cortissimi, occhi grigioazzurri, abbronzato. Un tipo decisamente attraente nonostante la divisa, aveva dovuto ammettere lei. Questo Paul era di Seattle e aveva scelto quella cartolina natalizia proprio per il timbro postale dello Stato di Washington. Nella sua prima lettera le aveva fatto un sacco di domande, sulla sua vita, la famiglia, sui suoi interessi. E aveva chiuso con un post scriptum: Spero proprio di avere presto tue notizie. Sul momento, quando l'aveva ricevuta, Ruth aveva esitato a rispondere. Anzi, in realtà non ci pensava proprio. Sentiva di avere già fatto il suo dovere di brava patriota, sostenendo i soldati impegnati al fronte senza tradire i propri principi pacifisti. Il suo era stato un gesto gentile verso qualcuno che passava il Natale lontano dai propri cari. Tra pericoli e insidie quotidiane. Adesso però quel militare che non aveva mai incontrato le stava chiedendo di continuare a scrivergli. E lei non era sicura di volersi impegnare fino a quel punto. Incerta, si era concessa qualche giorno prima di prendere una decisione definitiva. Durante quel lasso di tempo, Ruth aveva letto e riletto la lettera di Paul. E soprattutto aveva studiato la foto dell'affascinante sergente dei marines con indosso la mimetica verde. Aveva un viso bello e pulito. I suoi occhi grigioazzurri sembravano fissarla nel profondo e arrivarle dritto al cuore. Obiettivo centrato. Quattro giorni dopo, Ruth aveva risposto alla lettera con poche righe e aveva aggiunto il suo indirizzo 14


di posta elettronica in fondo alla pagina. Prima di impegnarsi in una corrispondenza regolare però, c'erano alcune cose che voleva chiarire. Diretta e onesta, come era sempre stata, gli spiegò le sue obiezioni sulla guerra in Iraq, che ripudiava senza appello. Invece era convinta che ci fosse una qualche ragione legittima perché le truppe restassero in Afghanistan. Tu cosa ne pensi? Qualche giorno dopo il sergente Gordon le inviò una e-mail. Anche lui parlò molto chiaro. Riteneva che gli Stati Uniti avessero fatto la cosa giusta invadendo l'Iraq e le spiegò le sue motivazioni. Senza indietreggiare di un passo. Convinto di essere nel giusto. Ora lascio a te decidere se vuoi continuare a scrivermi. Io ne sarei molto felice. Ruth gli spedì un'altra e-mail e una volta ancora gli elencò le sue critiche alla presenza americana nel Medio Oriente. La risposta di Paul arrivò un giorno dopo. Rispettava le sue vedute, ma non le condivideva. Tuttavia le suggeriva un compromesso: Potremmo concordare di essere in disaccordo, come la vedi? E chiuse il messaggio con la stessa domanda che le aveva già fatto. Allora, mi scriverai o no? All'inizio Ruth non ne aveva alcuna intenzione. Troppo diametralmente opposte le loro vedute politiche. Un armistizio le sembrava impossibile. Eppure alla fine, pur ammettendo il conflitto insanabile tra le loro opinioni, alzò bandiera bianca. E inviò quella benedetta e-mail. La loro corrispondenza cominciò lentamente. Piano piano presero affiatamento. A Ruth piaceva l'umorismo caustico di Paul e la sua determinazione in15


crollabile a cambiare il mondo, a fare comunque la differenza. O almeno a provarci. Suo padre aveva combattuto in Vietnam, le rivelò lui. E la guerra in Afghanistan a suo avviso aveva parecchie caratteristiche simili a quella: il territorio ostile, l'imprevedibilità del nemico, le condizioni di vita proibitive, che mettevano a durissima prova la tempra e la resistenza dei soldati. Da parte sua, Ruth gli raccontò che a venticinque anni era tornata all'università per frequentare un master in Scienza della formazione. Che sognava di fare l'insegnante già da bambina. Gli parlò delle sue notti insonni sui libri, delle serate al pub con i compagni di corso, del viaggio in Europa che le avevano regalato i suoi genitori per il diploma, di quando da piccola era nei boy scout e una volta era caduta nel ruscello completamente vestita e con tutto lo zaino. Parlavano di tutto. E a poco a poco, senza nemmeno rendersi conto di come fosse successo, il bel sergente dei marines era diventato un caro amico. E poi qualcosa di più. Scrivergli era un appuntamento fisso, il momento più bello di ogni giornata. La posta elettronica era comodissima e veloce, però a entrambi piaceva intervallare i messaggi online con lettere vere e proprie, scritte a mano. C'era qualcosa di così intimo e duraturo in un foglio di carta. Senza contare il fatto che, con gli imprevisti della missione, Paul non poteva avere sempre un computer a disposizione. Dopo un paio di mesi di questi fitti scambi epistolari, Paul, come era naturale, le chiese di mandargli 16


una sua foto. Ruth passò in rassegna tutte quelle che aveva, ma nessuna andava bene. Mmh... no, qui ho dei capelli orrendi, qui ho le occhiaie da panda, qui dimostro dieci anni di più, fossi matta... Alla fine decise di scattarsi un selfie come si deve. Ma non prima di essersi fatta truccare e pettinare in uno di quei centri estetici glamour che di solito non aveva tempo di frequentare. Okay, niente male. Anche se non era perfetta come una modella, si considerava piuttosto carina e voleva apparire al meglio per Paul. Per quanto non si spiegasse come mai di colpo tutto questo fosse diventato così importante. Non era mai stata particolarmente spigliata nei rapporti con l'altro sesso, ma se n'era fatta una ragione. Al liceo era troppo timida per andare oltre l'amicizia. Da studentessa universitaria qualche storiella l'aveva avuta, di fondo però era un tipo riservato e studioso. Il suo carattere quieto e riflessivo non sembrava avere una grande presa sui ragazzi che conosceva. Fu solo quando si era trovata in una classe tutta sua, per la prima volta, che Ruth era diventata davvero se stessa. Adorava insegnare, le piaceva ogni aspetto di quel mestiere. A contatto con i bambini aveva perso le insicurezze che la bloccavano, era diventata spontanea, loquace, disinvolta. E con sorpresa scoprì che l'entusiasmo che metteva nel lavoro aveva cominciato a contagiare anche il resto della sua vita. Di colpo gli uomini cominciavano a notarla. A corteggiarla. Le loro attenzioni la lusingavano. A chi non sarebbero piaciute? Il conto era presto fatto: era 17


uscita con più ragazzi negli ultimi sei mesi che in quattro anni. Per il selfie da mandare a Paul i suoi capelli castano chiaro, scalati e lunghi appena a sfiorare le spalle, erano stati acconciati in onde morbide, gli occhi blu erano luminosi e il sorriso naturale, il che era esattamente l'impressione che sperava di dare. Certo era sconcertante constatare quanto fosse importante per lei fare colpo sul suo amico di penna e di e-mail. Desiderava tanto che Paul la trovasse attraente. E non era semplice vanità femminile. Meglio non indagare. Gliela spedì per posta, anziché come allegato. Così avrebbe potuto tenerla sempre a portata di mano... Attese con impazienza la risposta di Paul. Una settimana dopo ricevette una e-mail che si chiudeva con un post scriptum di complimenti. Davvero niente male, professoressa Shelton. Le mie insegnanti non erano così carine... La terribile signorina Holloway aveva i baffi, oltre che un gran brutto carattere. A quanto pare la foto aveva avuto il suo perché. Continuarono a scriversi e scambiarsi e-mail, sempre più spesso. Ormai non passava giorno senza che Ruth ricevesse un qualche messaggio da parte di Paul. Dio solo sapeva quante volte controllava la casella di posta sul computer portatile. E aveva imparato a memoria anche gli orari del postino. Aspettava che si allontanasse e poi si precipitava alla cassetta con il cuore in gola. Ruth non aveva mai sperimentato una relazione a distanza prima di allora. Quindi era doppiamente inesperta. La crescente intensità dei sentimenti che provava per un uomo che non aveva mai nemmeno in18


contrato di persona, la colse del tutto alla sprovvista. Non era un'adolescente alle prese con una cotta da scolaretta, ma una giovane donna, matura e responsabile. Con la testa china sui libri di testo, non sui romanzi rosa. O almeno lo era stata finché non aveva infilato una semplice cartolina di auguri di Natale nella buca della posta. E soprattutto finché non aveva ricevuto la lettera inaspettata di un bel sergente dei marines di nome Paul Gordon, capelli corti e occhi grigioazzurri... Ruth si avviò a passo svelto verso il cottage un po' spartano che divideva con Lynn Blumenthal. L'affitto in compenso era conveniente, non si poteva avere tutto dalla vita, no? Salì di corsa gli scalini del portico. La sua compagna di casa aveva solo diciotto anni ed era la prima volta che si allontanava da casa e dalla famiglia. Tutto sommato, nonostante la differenza di età e di interessi, andavano abbastanza d'accordo. E quella sistemazione faceva comodo a entrambe. Con il cuore che batteva forte, Ruth si impose di fare un profondo respiro prima di controllare la posta. In quel momento la porta si aprì e Lynn comparve sulla soglia, i capelli lunghi e neri raccolti in una treccia di lato, jeans e sneakers rosa fluo. «Ehi, che ci fai a casa a quest'ora?» le chiese e poi scosse la testa. «Non importa, lo so già. Stai cercando una lettera del tuo bel soldato.» Ruth non perse tempo a negare l'ovvio. «Già. Non lo sento da tre giorni.» Lynn alzò gli occhi al cielo, masticando una cicca. «Io proprio non ti capisco.» 19


«Lo so.» Non aveva la minima intenzione di impelagarsi in un'altra discussione con la sua coinquilina. Lynn aveva chiarito molto bene sin dall'inizio cosa pensava di quella relazione: Con tanti bei ragazzi che ci sono al campus perché perdi tempo con uno che non hai nemmeno mai visto? Ruth le aveva gentilmente fatto notare che non erano affari suoi. Ma questo non l'aveva indotta a tenere per sé la propria opinione. Tutt'altro. Secondo Lynn, lei stava andando incontro a una sicura delusione. Dammi retta, quel tizio ti spezzerà il cuore, aveva sentenziato, dall'alto di non si sa quale esperienza. Una parte di Ruth in effetti era dello stesso parere. Una storia romantica con un militare di stanza in Afghanistan era una scommessa persa in partenza, per tanti motivi. A cominciare dal fatto che lei detestava tutto ciò che avesse a che fare con esercito, stellette e armi. Era stata imprudente. E quando si era resa conto di quello che stava succedendo, era già troppo tardi. Paul Gordon era al centro dei suoi pensieri. E della sua vita. «È un sacco di tempo, per esempio, che non esci con Clay» la incalzò Lynn, le mani sui fianchi. «L'altra sera ha telefonato e mi ha chiesto di te.» Ruth fissò con impazienza la cassetta della posta. «Tra noi non c'è niente. Clay e io siamo solamente amici.» «Non secondo lui, mi è sembrato di capire» obbiettò la sua coinquilina. Clay Matthews frequentava il suo stesso master di specializzazione e all'inizio loro due sembravano a20


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