Miss disaster

Page 1



Ellie Clivens

Miss Disaster


Miss Disaster © 2015 Gabriella Faedo Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved. © 2015 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione digitale eLit Historical luglio 2015 Seconda edizione eLit Harmony marzo 2018 Questo volume è stato stampato nel febbraio 2018 da CPI, Barcelona ELIT HARMONY ISSN 2532 - 8204 Periodico mensile n. 5 del 7/03/2018 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 244 del 26/07/2017 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Mondadori, 1 - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 045.8884400 HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano


Prologo Isola di Mull, Scozia 20 febbraio 1812 Un lampo saettò all'improvviso nel cielo, squarciando per un istante l'oscurità assoluta di quella notte da lupi. Non passarono che pochi secondi e il boato di un tuono andò ad aggiungersi al mugghiare inferocito del mare e al furioso ululare del vento, ma non bastò a smuovere l'imponente figura ritta sulla scogliera. Incurante della tempesta che gli sferzava il volto granitico e il corpo poderoso, l'uomo se ne stava impassibile a fissare l'orizzonte, con i piedi ben piantati sulla roccia e uno sguardo truce. La sua immobilità era tale che un assai improbabile viandante avrebbe corso il rischio di scambiarlo per una statua, se non fosse stato per l'ampio mantello svolazzante e il quasi impercettibile movimento di una mano, stretta a pugno fino allo spasimo attorno ai resti accartocciati di un foglio. D'un tratto, l'ennesimo fulmine si abbatté su una vecchia quercia abbarbicata alla rupe, riuscendo infine in un'impresa che si sarebbe detta impossibile: attirare l'attenzione del colosso. Distolto dalla cupa contemplazione dei marosi, 5


il gigante girò la testa verso le fiamme che iniziavano a levarsi alte nel cielo e le osservò bruciare fameliche i rami su cui soleva arrampicarsi da bambino. Non gli era mai mancata la compagnia, allora. Qualcuno aveva condiviso ogni suo gioco, ogni sua risata; lo stesso qualcuno che se n'era appena andato per non tornare più. Il dolore, repentino, abbacinante, lo trafisse sino a togliergli il respiro. Per un attimo, temette di non sopravvivere a un simile tormento, ma la rabbia gli venne presto in aiuto: non poteva abbandonarsi alla disperazione, non prima di aver punito i responsabili dell'ignominia consumatasi quel giorno. A grandi falcate, si avvicinò alla quercia che continuava ad ardere nonostante la pioggia e vi gettò sopra una lettera spiegazzata, l'unica prova di quanto era realmente accaduto. Il segreto sarebbe rimasto tale, per sempre. Questo, tuttavia, non bastava. Mentre le lingue di fuoco ghermivano la sottile pergamena, pronunciò un solenne giuramento: non avrebbe avuto pace finché non fosse riuscito a ottenere giustizia, a qualsiasi costo. Un tuono assordante sigillò la promessa. Il cielo lo aveva udito. Il cielo, sì... ma anche l'inferno.

6


1 Stanbourne House, Londra 25 marzo 1812, ore 21.25 «Volevo solo essere gentile!» protestò invano Miss Charlene-Marie Duncaster, ribellandosi a quell'ennesima, immeritata, punizione. «Mi avevate detto voi di lisciare un po' le penne a Lady Coltorwood. Farle i complimenti per la bella ragazza al braccio di suo marito mi sembrava una buona idea. Chi avrebbe mai potuto immaginare che la spilungona fosse l'amante del barbagianni e non la figlia? Non è colpa mia!» Le ultime parole furono pressoché urlate nella pia illusione di raggiungere la loro inviperita destinataria, Lady Banning. Tutto inutile. Zia Mathilda si era già sbattuta la porta alle spalle nella fretta di "correre a salvare il salvabile", come aveva sibilato scaricando la nipote in quella serra disastrata. Purtroppo, questa non era poi una gran novità. Pareva che ogni incursione di Charlie nel tanto decantato ton fosse destinata a concludersi così, con lei relegata in qualche angolo dimenticato da Dio, in attesa di poter rincasare mogia mogia a Banning Palace. 7


Non che reputasse il palazzo la sua vera casa, intendiamoci, ma dalla morte di papà, avvenuta un anno prima, non le erano rimasti altri posti in cui andare. Fosse stato per lei, si sarebbe accontentata di una panchina nel parco piuttosto che dividere lo stesso tetto con Zachary, il cugino millemani. Ma aveva Sasha di cui occuparsi, e la sua dolce, cagionevole sorellina non sarebbe sopravvissuta neanche un giorno all'addiaccio. Certo, non erano il massimo neppure le gelide stanzette assegnate loro dal Polipo, con il pretesto di dover tenere libere le camere migliori in vista dell'eventuale, improvvisa calata di una torma di spietati vichinghi, pardon!, ospiti. Ma la soffitta era sempre più di ciò che lei e Sashenka avrebbero potuto permettersi essendo minorenni, e quindi impossibilitate a maneggiare ingenti somme di denaro. Come se non bastasse, il cugino, in qualità di capofamiglia, si era precipitato ad assumere la tutela di entrambe, con il chiaro proposito di allungare i propri tentacoli sul patrimonio del loro caro papà. Solo un labile ostacolo si frapponeva ancora tra lui e i possedimenti del compianto Darius: l'esistenza di altri tre figli del defunto, scomparsi da anni, che Zachary stava cercando con ogni mezzo di far dichiarare morti. Se vi fosse riuscito, avrebbe ottenuto il pieno controllo dei fondi delle sorelle Duncaster fino alla loro maggiore età. Per quell'epoca – poco, ma sicuro – dei suddetti fondi non sarebbe avanzato un penny, considerata la certificata capacità del giovane Lord Banning di dilapidare intere fortune nel giro di una notte. 8


Era per evitare una simile catastrofe che nelle ultime settimane, da quando era terminato il periodo di lutto, Charlene aveva puntato i piedi con zia Mathilda obbligandola a portarla con sé agli eventi mondani della Stagione. Al pari delle due bionde cugine, anche Charlie si era data alla caccia grossa gettandosi all'inseguimento di un uomo, ma mentre Saphira e Honoria ne bramavano uno qualunque – purché titolato – da sposare, lei ne cercava uno ben preciso da... torchiare. Disgraziatamente, sino a quel momento, alle soirée non si era vista nemmeno l'ombra di Spencer Perceval, l'inavvicinabile capo del governo inglese, nonché l'unico in grado di fornire informazioni attendibili circa i sudditi di Sua Maestà britannica dispersi all'estero. Non fosse stato per la speranza mai sopita di riuscire a stanarlo, Charlene non si sarebbe neppure sognata di tornare a calcare i saloni del bel mondo; non in seguito al suo primo, sciaguratissimo ballo, né certo dopo il secondo sventurato ricevimento. A dire il vero, il terzo non era andato molto meglio, per non parlare del quarto. Dall'oggi al domani era diventata il personaggio più noto della Stagione (e forse anche di tutte quelle passate), conquistandosi l'assai poco lusinghiero soprannome di Miss Disaster. Da allora, la sua fama non aveva fatto che lievitare, trasformandola presto in una leggenda, con somma costernazione di zia Mathilda e bieco furore delle sue due pargole che, al crescere della celebrità della cugina, vedevano via via crollare le proprie possibilità di convolare a nozze. Charlie era dispiaciuta, sul serio, per i guai 9


provocati alle congiunte, benché non le fossero granché simpatiche, ma niente e nessuno le avrebbe impedito di portare a compimento la sua missione. Così non si era scomposta più di tanto quando le tre cospiratrici avevano tentato di sabotare i suoi piani scordandola a casa la sera precedente, come se per lei percorrere da sola sette isolati, in piena notte, fosse un problema! Di sicuro non dovevano pensarla allo stesso modo le vecchie mummie londinesi e i loro postiglioni, che l'avevano squadrata allibiti, rischiando – i più – un torcicollo e due addirittura uno scontro frontale. Ma quel pomeriggio la zia aveva superato se stessa: ostentando un inesistente rammarico, si era premurata di convocarla in salotto per annunciarle l'infausta sorte toccata ai suoi vestiti da sera, scivolati nel camino. Charlene non aveva battuto ciglio. Compita, si era congedata per poi marciare dritta in soffitta, dove aveva rovistato tra gli abiti smessi fino a ripescarne uno in discrete condizioni. Lo scoglio maggiore era stato entrarci con il suo seno prosperoso, ma delle fasce strette sul petto avevano compiuto il miracolo. Per buona misura, non fidandosi della tenuta degli esili bottoncini sul retro, Sasha le aveva ricucito addosso l'attillato indumento lungo l'allacciatura posteriore. Sfortunatamente, benché la nuova mise avesse ottenuto la riluttante approvazione della zia, non era avanzato abbastanza tempo per accorciare l'orlo e Charlie aveva continuato a incespicarci durante l'intera serata dagli Herrick, seminando il panico sia tra i Pari del Regno sia fra i camerieri. Incredibile come le voci sui suoi insignificanti 10


passi falsi in società avessero travalicato i confini del bel mondo, rendendola lo spauracchio numero uno di lacchè e cocchieri!, rifletté sconsolata. La mente le corse alla vignetta apparsa quel mattino sul Morning Post, che la ritraeva fendere baldanzosa l'esercito napoleonico, a dir poco atterrito, stendendone un'abbondante metà con i suoi gomiti micidiali e l'altrettanto letale ventaglio, mentre i sopravvissuti si davano, disperati, alla fuga. La didascalia si limitava a quattro, scarne parole: La nostra arma segreta. Charlene sbuffò, seccata. Che esagerati! Che colpa ne aveva lei se gli uomini (figurarsi le donne!) incontrati a Londra parevano birilli, pronti a schiantarsi al suolo appena li si sfiorava, per poi costruirci sopra una tragedia! Liquidata la fastidiosa faccenda, decise di perlustrare il suo ultimo luogo di reclusione. Partita con piglio risoluto, finì con l'addentrarsi sempre più perplessa nel giardino d'inverno illuminato dalla luce argentea della luna e da alcune fiaccole esterne. I casi erano due: o Lady Stanbourne si proponeva d'inaugurare una nuova tendenza, del genere "tempio greco in rovina, sepolto da un'inverosimile giungla", o il grande spazio racchiuso da vetrate stava subendo una radicale ristrutturazione, come sembravano suggerire i vasi di agrumi e rampicanti disseminati nella stanza, insieme a un'accozzaglia di statue inquietanti. Per la miseria! Non fosse bastato quello a dare i brividi, ci avrebbe pensato la temperatura polare. Sfregandosi le braccia intirizzite a malapena protette dai guanti, Charlie lanciò una maledizione (l'ennesima) all'indirizzo dell'idiota che, 11


dettando la moda femminile, aveva decretato fosse di rigore, pure in pieno inverno, indossare impalpabili sete o mussoline per la sera. Doveva trattarsi di un uomo, poco, ma sicuro! Era proprio da maschi pretendere di starsene belli belli al calduccio mentre le iellate esponenti del gentil sesso schiattavano – seppur elegantemente – di freddo. Dannazione! Possibile che in quel posto non ci fosse nulla con cui ripararsi dal gelo? Impaziente, doppiò un alto graticcio avvolto da liane, bloccandosi di colpo dinanzi all'oggetto delle sue brame: un divanetto straripante di cuscini, sepolto tra le statue e una collezione d'anfore che avevano conosciuto giorni migliori. Tombola! Non era il massimo, ma sempre meglio di niente. Si diresse verso la sua Terra Promessa con tutta la velocità consentitale dal vestito, e si catapultò sul sofà, determinata a sprofondare in quella marea di velluti e nappe. Purtroppo, nella foga dell'immersione, urtò una giara mezza crepata e una statua grazie a Dio già rotta (le mancavano persino le braccia!). Fu questione di un attimo. Un breve, disgraziatissimo, attimo. Nel silenzio seguito all'assordante fragore, Charlene contemplò avvilita i cocci di argilla sparsi a terra tra una testa di marmo bianco e altri parti anatomiche innominabili (be', dato che era sola, poteva anche nominarle: due seni e un sedere a malapena coperto da un drappeggio). Ooops! E adesso? Per fortuna, tanto la giara quanto la statua non dovevano valere un soldo bucato, viste le loro precarie condizioni ben prima dello sventurato incidente, considerò tra sé e sé. 12


Comunque avrebbe lasciato un biglietto a Lady Stanbourne per spiegarle cos'era accaduto e porgerle le proprie scuse. L'educazione innanzitutto! Abbrancò la borsetta che costituiva l'indispensabile accessorio di ogni dama e ne estrasse il carnet da ballo ancora intonso. Nessuno, infatti, pareva smanioso d'invitarla a danzare dopo il trascurabile inconveniente occorso all'unico che si era cimentato nell'impresa (a proposito, chissà se avevano già tolto la steccatura a Lord Milford!). Scovare la minuscola matita fu assai più problematico. Per riuscirci, fu costretta a rovesciare l'intero contenuto della reticella. In uno sferragliare di metallo, atterrarono così sul divano, nell'ordine, il coltellaccio a serramanico di papà, il pugnale vinto a Duncan, la pistola che le aveva regalato Steven e sei preziosissimi shaken, dei dischetti affilati a forma di stella acquistati da Christopher in Oriente, apposta per lei. Accantonato il magone suscitato da quei delicati segni d'affetto del padre e dei fratelli, Charlie impugnò il mozzicone di lapis che era infine riuscita a trovare e, pensierosa, ne mordicchiò un'estremità. Come caspita ci si rivolgeva per lettera a una contessa? Uhm, forse non sarebbe stato male esordire con un Gentilissima, tanto per mettere le mani avanti. Di sicuro, una nobildonna che sentiva decantare la propria cortesia non avrebbe dato in escandescenze per un ammasso di cianfrusaglie, no? Stava ancora riflettendo sullo spinoso problema, quando un rumore soffocato proveniente dal corridoio ruppe la sua concentrazione. L'istante 13


successivo udì la porta che si apriva, generando una molesta corrente d'aria, mentre dei passi furtivi e un lieve brusio accompagnavano lo scrocco di una serratura. Incuriosita, si avvicinò alla barriera di fronde che era stata obbligata ad aggirare qualche minuto prima e cercò uno spiraglio da cui osservare i nuovi arrivati. Le bastò poco per individuarli a ridosso del muro. Del resto, non passavano certo inosservati intenti, com'erano, a baciarsi appassionatamente. Be', per essere proprio esatti, era la donna a baciare appassionatamente l'uomo, inchiodandolo alla parete e abbarbicandosi a lui neanche si fosse appena votata all'alpinismo. Il malcapitato, da parte sua, si limitava a sfiorarle i fianchi con i polpastrelli, lasciandola fare senza dimostrare un particolare entusiasmo. A Charlene quasi scappò una risata. Povero Mister Everest! Non sembrava apprezzare granché quell'approccio infuocato: da come si comportava, forse avrebbe preferito tenere tra le braccia un merluzzo. L'impetuosa scalatrice doveva pensarla allo stesso modo, perché eruppe in un'esclamazione stizzita, per poi allontanarsi infuriata dal compagno, dandogli la schiena. Fu soltanto allora che Charlie la riconobbe: dinanzi a lei, fremeva di rabbia repressa l'impareggiabile Lady Bainshow, definita all'unanimità la più incantevole e virtuosa dama del ton. Bah! Niente da dire sulla bellezza, ma, quanto a virtù, la bionda marchesa non brillava di certo, a meno che il suo gracile consorte non fosse per miracolo cresciuto nell'ultima ora e adesso i due non stessero festeggiando il prodigioso evento. 14


Distogliendo lo sguardo dalla nobildonna, Charlene colse un movimento alla propria destra e si girò per osservare il presunto marito graziato, appena uscito dall'ombra. L'attacco di polmonite sopraggiunse repentino, del tutto imprevedibile: l'istante prima, Charlie stava benissimo; quello dopo, boccheggiava peggio dei pesci che arpionava nel torrente vicino a casa. Dovevano essere i postumi del viaggetto notturno intrapreso la sera precedente, o forse gli effetti dei pochi minuti trascorsi lì dentro, al gelo. Peccato che, in passato, di freddo ne avesse patito ben di più senza ammalarsi nemmeno per un secondo. Mentre una porzione striminzita del suo cervello s'interrogava preoccupata sull'allarmante fenomeno, l'altra si perdeva nella contemplazione dell'essere più mastodontico in cui fosse mai incappata. Per le fiamme dell'inferno! Lo sconosciuto era altissimo, con spalle larghe più di un guardaroba e il volto scolpito nella roccia. In realtà, tutto in lui appariva granitico, dall'espressione ai muscoli. Si salvavano solo i capelli, che gli incorniciavano il viso con folte ciocche scure. Charlene si sorprese a chiedersi se fossero soffici come sembravano. Un attimo... Che diavolo andava mai a pensare? Da quando in qua le importava quanto potesse essere morbida la capigliatura di un qualsivoglia individuo? Oddio, probabilmente le era già venuta la febbre. Si tastò angustiata le guance scoprendole, in effetti, bollenti. E che dire del cuore? Le batteva così forte da far concorrenza alle campane di We15


stminster: era un miracolo che le fasce sul seno tenessero ancora. D'accordo, era ufficiale: stava male. Come se non bastasse, i suoi coinquilini si erano spostati sulla sinistra, in un angolo cieco. Per tornare a spiar... ehm, a osservarli per semplice interesse accademico – una doveva pur imparare da qualche parte le tecniche sui baci, no? – Charlie fu costretta ad aprirsi un varco tra le liane. Lo scenario che le si parò davanti la lasciò, per un momento, perplessa. Che accidenti stavano combinando? L'uomo non si era schiodato dal muro di fronte a lei, ma non sembrava più tanto indifferente. Con la faccia rivolta al cielo, artigliava i capelli della marchesa, inginocchiata ai suoi piedi, guidandole la testa su e giù mentre ripeteva, rapito: «Dio... Dio!». Charlene aggrottò le sopracciglia: questa proprio non se l'aspettava. Che si mettessero a pregare per chiedere perdono al Signore dopo il bacio adulterino era, però, una gran bella cosa. Davvero. In quell'istante, le mani che Lady Bainshow teneva evidentemente giunte sul petto si mossero per andare ad aggrapparsi alle cosce del penitente. Doveva avergli ficcato le unghie nella carne, perché il poveretto lanciò un urlo belluino. Sconvolta, Charlie si sporse ancora di più tra le fronde, per vedere meglio cosa stesse succedendo, ma l'idea – tanto per cambiare! – si rivelò disastrosa. Sull'onda della sua incontenibile sete di sapere, il graticcio che sosteneva i rampicanti fu scalzato dai vasi e rovinò a terra, trascinandosi dietro un'intera parete verde, e non solo quella. Con uno squittio strozzato, anche Charlene si ri16


trovò d'un tratto sul pavimento, ad annaspare in un mare di foglie. Troppo intenta a cercare di non affogare tra i tralci d'edera, registrò appena uno strillo femminile e un frenetico tramestio, prima che il rumore di un uscio sbattuto riportasse la quiete, rotta soltanto dai suoi sbuffi. «Dannazione! Ma allora ditelo, lassù, che mi volete morta!» borbottò, mentre riemergeva a fatica dall'insidioso oceano di smeraldo in cui era precipitata. Indispettita, soffiò verso l'alto per scostarsi i capelli dagli occhi senza adoperare le mani, altrimenti impegnate a districarla dalle ultime frasche. Non approdando a niente, si decise infine a usare le dita per pettinarsi all'indietro le lunghe ciocche corvine sfuggite alla già precaria acconciatura. Per la barba di Lucifero, aveva perso tutte le forcine! In quel marasma, non se ne vedeva neanche l'ombra. Rassegnata, si stava arrovellando per inventarsi una soluzione (forse un rametto trasformato in spillone?), quando un lieve scricchiolio proveniente dalla sua sinistra la gelò sul posto. Con uno strano presentimento, si voltò di scatto per poi paralizzarsi alla vista di due gambe possenti, fasciate in un paio di pantaloni talmente stretti da apparire indecenti. Facendosi coraggio, levò lo sguardo su un ampio torace coperto da una marsina nera e un panciotto color avorio, passando per una camicia e un plastron candidi, fino ad arrivare a una mascella squadrata e a delle labbra serrate in modo assai poco amichevole. A quel punto, Charlie avrebbe volentieri ta17


gliato la corda, ma l'orgoglio le impedì di macchiarsi di una tale infamia. Richiamò alla mente le parole del padre – Un Duncaster non indietreggia mai, nemmeno di fronte alla morte! – e, temeraria, andò incontro al proprio destino fissando il titano per la prima volta negli occhi.

18


Ringraziamenti Ci sono così tante persone che meriterebbero d'essere citate qui! Inizio con l'esprimere tutta la mia gratitudine alla HarperCollins Italia per avermi dato la possibilità di pubblicare Miss Disaster. La mia riconoscenza va, in particolar modo, alla signora Alessandra Roccato, che ha seguito il primo editing della bozza, e alla signora Cristina Ferrando, che ne ha curato una seconda revisione, in vista dell'uscita in cartaceo. Una speciale menzione meritano, poi, gli amici e i miei familiari, sia "d’origine" sia acquisiti, che mi hanno accompagnata in quest'avventura: grazie di cuore per il vostro supporto! Grazie soprattutto al mio piccolo tesoro, Alessandro, e al mio primo fan – nonché marito – Marco, senza il quale Miss Disaster non avrebbe mai visto la luce. Infine, la mia imperitura gratitudine va a voi, gentili lettrici. Spero che Charlie e Juz siano riusciti a strapparvi almeno un sorriso, come mi auguro possano fare Eve e Chris, i protagonisti del mio prossimo romanzo, Lady Dreams. Nell'attesa, vi invio un forte abbraccio. E che la... risata sia sempre con voi!


Questo mese Miss Disaster di Ellie Clivens

Inghilterra - Scozia, 1812. Che succede quando un duca arrogante e tenebroso incontra l’Originale della Stagione? Ebbene, può capitargli di essere interrotto durante un tête-à-tête. E se la fanciulla è la famigerata Miss Disaster? Allora Sua Grazia non ha scampo: prima viene assalito da due sicari, poi è costretto a fuggire portandosi dietro quella calamita per i guai. Che sia bellissima è irrilevante; lui ha ben altro a cui pensare!

La voce del silenzio di Stefania Serio

Alle prese con il blocco dello scrittore, Lorena fugge nella masseria dei nonni, con il progetto di tornare a casa solo con un manoscritto pronto. Ma anche in quella casa protetta da un imponente gelso rosso, Lorena non riesce a trovare l'ispirazione, finché, in un pomeriggio assolato, una singola folata di vento scompiglia le pagine di un libro e apre davanti ai suoi occhi le memorie di Clelia, la stravagante zia istruita di sua madre.


Il prossimo appuntamento Non perdete i due romanzi che vi aspettano in edicola a partire dal 22 maggio. In Lady Dreams di Ellie Clivens conoscerete Lady Evelynn Carrington, giovane ma determinata fanciulla, decisissima a sposare il possente pirata raffigurato sulla copertina del libro Oceani infuocati. Quando lo incontra dopo lunghe ricerche, si scontra però con la deprecabile carenza di loquacità del soggetto. Ma poco importa; certi sguardi contano più di mille parole. O no? Se quel giorno a New York... di Aliénor J. O’Hara vi catapulterà nella vita perfetta di Isabelle, almeno fino al suo incontro con Rick che, bellissimo e sexy, sembra la giusta distrazione per staccare un po' dal lavoro. Finché lei non scopre che Rick in realtà è Riccardo, l'odioso individuo che l'anno prima, a New York, le ha dato buca senza una ragione. E così, di colpo, tutto si complica... Buona lettura!



Biografia Quarantaseienne, vive col marito, il figlio e una cagnolina scatenata a Verona. Laureata in Economia e Commercio, ha lavorato per qualche anno al Provveditorato della locale Azienda Ospedaliera, prima di approdare come consulente nello studio legale di quello che sarebbe diventato la sua dolce metà . I suoi maggiori hobby sono il giardinaggio e la lettura, passione – quest'ultima – ereditata dalla bisnonna materna, insieme a tutta la sua nutrita biblioteca.



Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.