Missione per due

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Care lettrici, dopo la saga dei Cynster, straordinario successo che ha appassionato milioni di lettori in Italia e nel mondo, siamo lieti di presentarvi la nuova e romantica quadrilogia di

Autrice di romance storici di fama mondiale, sa fondere sapientemente emozioni e passione per dar vita al sentimento piÚ profondo: l’amore. Certi che l’apprezzerete, vi auguriamo una buona lettura.

- La Redazione -


STEPHANIE LAURENS

Missione per due


Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: The Lady's Command Mira Books © 2016 Savdek Management Proprietary Limited Traduzione di Laura Guerra Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved. © 2018 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione I Grandi Romanzi Storici febbraio 2018 Questo volume è stato stampato nel gennaio 2018 da CPI, Barcelona I GRANDI ROMANZI STORICI ISSN 1122 - 5410 Periodico settimanale n. 1102 del 16/02/2018 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 75 dello 01/02/1992 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Mondadori, 1 - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 045.8884400 HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano


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Londra, aprile 1824 Sposare la donna dei suoi sogni si era dimostrato sorprendentemente facile. Forgiare il matrimonio dei suoi sogni... era tutta un'altra sfida. Declan Fergus Frobisher si trovava al fianco di Lady Edwina Frobisher, nata Delbraith – la sua novella sposa – circondato dalla cacofonia generata dalla folla blasonata raccolta nel salotto di Lady Montgomery. Il chiacchierio era incessante, simile al gracchiare di uno stormo di gabbiani, eppure quegli scambi di battute erano il fine ultimo di quella soirée. In un caleidoscopio variopinto di sete fini e di rasi, di altri tessuti di qualità eccelsa e di giacche da sera scure, la crème de la crème dell'haut ton scivolava e ruotava da un cerchio all'altro a formare un arazzo in costante metamorfosi. La sala era illuminata da numerosi lampadari; la luce si rifletteva sui boccoli arricciati ad arte, sulle ciocche impomatate e sulle superfici della miriade di gioielli che adornavano le gole, i lobi e i polsi delle tante signore presenti. Una dama di una certa mole li raggiunse avvolta dalla luce dei diamanti. «Edwina, cara!» Strinse le dita 5


e appoggiò la guancia su quella dell'amata di Declan, che salutò la nuova arrivata con il suo solito fascino radioso, ma lo sguardo della signora era già scivolato su di lui, scendendo per poi risalire lungo tutta la sua altezza. Gli lanciò un sorriso... uno di quelli chiaramente predatori. «Dovete – proprio dovete – presentarmi vostro marito.» Il tono di voce della donna era greve e mellifluo. Declan guardò Edwina e si chiese come la moglie avrebbe reagito all'intento tanto chiaro della signora. Non lo deluse; sorrise radiosa, il ritratto perfetto di un gatto che si è gustato una scodella di panna e che si aspetta di concedersene presto un'altra. La sua espressione emanava una sicurezza estrema e a vederla Declan sorrise fra sé e sé. Come se avesse percepito quel suo diletto, lei gli lanciò un'occhiata con i begli occhi azzurri e con un ampio svolazzo della mano declamò: «Lady Cerise Mitchell, mio marito, Declan Frobisher». Dopo aver sentito la sottile ma chiara enfasi che la moglie aveva posto sulle parole mio marito, con le labbra piegate in un sorriso cortese, Declan prese la mano allungata da Lady Cerise e si inchinò. La donna mormorò un enchantée seducente, ma lui aveva già perso interesse. Sebbene una parte della sua mente fosse dedicata al corteo di persone che si avvicinava per conversare, a rispondere alle varie domande e a evitare quelle che considerava troppo indiscrete, non era lì per interagire con loro. Dall'altra parte di Edwina si trovava la madre, Lucasta, Duchessa Madre di Ridgware, una donna bella e altera dai modi arrogantemente aristocratici. Di fianco alla vedova la sorella di Edwina, Lady Cassandra Elsbury, un'affabile giovane più grande di Edwina di qualche anno. Il resto della loro cerchia era formata da 6


diverse signore dagli occhi luccicanti e da gentiluomini incuriositi, tutti ansiosi di intrattenersi con nobildonne e, aspetto ancora più importante, fare la conoscenza del gentiluomo a loro sconosciuto che aveva catturato la mano di uno dei tesori dell'haut ton. Declan si impegnò a rispondere alle loro aspettative sfoggiando un'aria misteriosa. In realtà non era un mistero chi fosse. La sua famiglia era antica. I Frobisher avevano combattuto a fianco di Raleigh al tempo della Regina Elisabetta. Erano di buona stirpe, con l'accesso ai più alti ranghi della società grazie a quel lignaggio venerabile, eppure già dai secoli passati, avevano deciso di seguire una loro strada misteriosa, per non dire eccentrica, evitando di norma anche i margini del ton. Mentre Raleigh aveva combattuto innanzitutto per gloria personale, i Frobisher scendevano in battaglia con riluttanza e solo per ordine della Corona. Erano una dinastia di navigatori e le battaglie costavano vite umane e navi; combattevano solo quando era necessario, vale a dire quando a essere necessario era il loro intervento. Avevano combattuto a Trafalgar, ma non sotto il comando di Nelson. La loro flotta si era assicurata che i francesi non scappassero a nord per riorganizzarsi. Il padre e gli zii di Declan avevano usato le loro navi veloci al meglio, danneggiando o catturando molte fregate nemiche. Di conseguenza, nel ton il nome dei Frobisher era ben conosciuto. Il mistero, se c'era, riguardava i membri attuali della famiglia e la loro attività. In quale maniera alimentassero la loro fortuna e quanto essa fosse cospicua. I Frobisher non si erano mai interessati alla terra e gli acri in loro possesso si trovavano a nord, vicino Aberdeen... lontano da Londra. Il patrimonio della famiglia per la gran parte galleggiava, il 7


che sollevava nel ton il dubbio che quella famiglia altrimenti accettabile avesse cominciato a dedicarsi al commercio. Il ton lodava chi viveva delle risorse della terra, ma a fatica riusciva a paragonare la terra alle navi. Per giunta, molti dei presenti avevano sentito dicerie, se non veri e propri pettegolezzi, riguardanti le ultime imprese della famiglia. La maggior parte di quelle voci – legate a esplorazioni di terre selvagge e ad accordi estremamente redditizi dovuti a varie spedizioni marittime – avevano origine nella realtà. Anzi, la verità era addirittura più bizzarra di ogni insinuazione del ton. Certo, in società, delle voci infondate non facevano altro che generare ulteriore interesse. E quell'interesse – quella curiosità mascherata a stento – brillava raggiante negli occhi della gran parte degli ospiti di Lady Montgomery. «Dite, Frobisher» biascicò un certo Mr. Fitzwilliam. «Ho sentito che un membro della vostra famiglia ha da poco convinto i coloni americani ad accettare un nuovo accordo commerciale. Di che cosa si tratta, eh? Siete stato voi?» Era stato Robert, uno dei suoi fratelli maggiori, quello più diplomatico. Il trattato con cui era tornato dalla Georgia avrebbero arricchito ancora di più la famiglia e avrebbe contribuito in maniera significativa alle casse della Corona. Tuttavia Declan sorrise e rispose laconico: «Non sono stato io». Quando Fitzwilliam diede segno di voler insistere, aggiunse: «Non mi è nemmeno arrivata la voce all'orecchio». Perché mai avrebbe dovuto origliare pettegolezzi quando era a conoscenza dei fatti reali? Non aveva tuttavia alcuna intenzione di soddisfare 8


la curiosità di quella gente spiegando gli affari della sua famiglia. Il suo unico interesse quella sera – l'unico motivo per cui si trovava lì – si focalizzava sulla signora che, scintillante e briosa, aveva al fianco. Aveva sui suoi sensi lo stesso effetto di un magnete, brillava come un diamante, incantevole... splendida nell'essenza. Dalla punta di ogni ricciolo dorato a quella dei piedi affusolati, dominava e ammaliava i suoi pensieri. In parte si trattava di una reazione fisica... quale uomo poteva resistere al fascino racchiuso in quella cascata di riccioli biondi chiari che incorniciavano un volto a forma di cuore, negli occhi azzurri e brillanti, grandi e armoniosi sotto le sopracciglia castane finemente inarcate e decorati da lunghe ciglia? La carnagione color pesca e panna immacolata da qualsivoglia pecca se non da una spruzzata leggera di lentiggini sul dorso del naso delicato e le labbra morbide e rosee imploravano di essere baciate. Inoltre quelle labbra non cambiavano spesso piglio, di solito piegate in un sorriso. L'espressione del suo volto mutevole rifletteva il suo umore, i suoi pensieri, i suoi interessi, mentre i vispi occhi azzurri erano lo specchio di un intelletto profondamente perspicace. Se si aggiungeva una figura minuta che era il ritratto di una Venere, non c'era da sorprendersi che nessun altro essere umano potesse attrarre tanto facilmente la sua attenzione. Era un tesoro che valeva la pena desiderare; dalla primissima volta in cui l'aveva vista, aveva attratto l'avido avventuriero che risiedeva nella sua anima. Erano sposati da poco più di tre settimane. Un anno prima, dopo essere arrivato in porto a Londra da New York, con un mese da attendere prima del viaggio successivo, si era arreso alla noia e alla supplica di alcuni vecchi amici e li aveva quindi accompagnati a un 9


ballo. Già durante il viaggio a New York aveva provato una certa irrequietudine mai provata prima di allora; in maniera del tutto inaspettata i suoi pensieri si erano rivolti al conforto offerto dalla casa e dal focolare. Aveva considerato una famiglia. Un matrimonio. Una moglie. Nel momento stesso in cui aveva posato gli occhi su Edwina a quel suo primissimo ballo, aveva saputo chi sarebbe stata sua moglie. Con la sua tipica caparbietà, si era impegnato per conquistare quella giovane, a tratti altera, di un casato ducale; a ventidue anni, dopo aver debuttato tre anni prima, si era già guadagnata la reputazione di un bersaglio difficile da centrare. Al primo contatto tra le loro dita, dal primo momento in cui i loro sguardi si erano incrociati erano scoccate scintille. Corteggiare Edwina era stato facile, naturale. Alcuni mesi dopo, le aveva chiesto la mano e lei aveva accettato. Nella sua mente, tutto stava filando liscio verso il matrimonio tranquillo e convenzionale che – nei pochi minuti trascorsi a pensarci – aveva ritenuto avrebbe caratterizzato la loro unione. E poi, tre mesi prima delle nozze, Lucasta e Edwina avevano sfidato le nevi invernali per andare a trovare la sua famiglia al maniero fuori da Banchory-Devenick. Quando aveva saputo quale fosse il motivo di quella visita, aveva immaginato che fosse stata un'idea di Lucasta. In seguito aveva invece scoperto che era stata Edwina a insistere affinché i Frobisher venissero informati prima delle nozze del segreto che la famiglia Delbraith stava nascondendo da più di dieci anni. Incuriosito, lui, i genitori e i tre fratelli si erano accomodati nel salotto di famiglia e avevano ascoltato 10


rapiti il racconto di Lucasta. Scoprire che il suo figlio maggiore, l'ottavo duca, si era tolto la vita per colpa di debiti colossali e che il secondogenito, Lord Julian Delbraith, non era scomparso e presunto morto, come immaginato dall'intera società, ma che invece si spacciava per Neville Roscoe, il re del gioco d'azzardo di Londra, era stata una vera sorpresa. Non, come aveva immaginato Edwina, una sorpresa sconvolgente, ma una assai interessante. Le possibilità che ciascun Frobisher aveva subito intravisto all'idea di essere legati a un uomo del calibro di Roscoe – al suo potere, alla sua autorità e al suo patrimonio – avevano elevato la valutazione del matrimonio di Declan da molto buona a eccellente. Più tardi, in privato, suo padre Fergus gli aveva dato una pacca sulla spalla e aveva esclamato: «Però, ragazzo... non avresti potuto trovare di meglio! Un legame personale con Neville Roscoe... be', non avrei nemmeno immaginato che si potesse ottenere! Questa parentela non potrà che rafforzare ancora di più la nostra famiglia». Fergus, Elaine, la madre di Declan, e i fratelli avevano accettato l'unione con Edwina da subito, ma quella ramificazione del tutto inaspettata era stata degno coronamento della loro gioia. Nei giorni seguenti le nozze, un grande evento celebrato nella chiesa della tenuta ducale nello Staffordshire – giorni che i Frobisher avevano trascorso con Edwina e i suoi parenti più prossimi – lui, il padre e i fratelli avevano avuto la possibilità di incontrare lo sfuggente Lord Julian Delbraith, conosciuto al mondo come Neville Roscoe. A quanto pareva, il suo recente matrimonio con Miranda, ormai Lady Delbraith, aveva costretto il giovane a invertire la sua radicata intenzione di non ricomparire mai più con il suo vero no11


me. Julian e Miranda avevano partecipato alle nozze, ma erano rimasti in disparte e fuori dagli sguardi indiscreti degli altri ospiti. Edwina era stata entusiasta della presenza del fratello e Declan si era sentito gioire già solo per quel motivo. Il seguente incontro privato tra i Frobisher, Roscoe e il suo braccio destro, Jordan Draper, era stato letteralmente la ciliegina sulla torta nuziale. Insieme avevano valutato ogni possibile rapporto da instaurare ed era subito apparso chiaro che Roscoe vedeva quell'unione in maniera favorevole quanto i Frobisher. Nel complesso, quell'incontro era stata una riunione tra uomini dalla mentalità simile. Quello era stato l'effetto immediato della verità rivelata dai Delbraith, ma come un sasso lanciato in uno stagno, altre increspature continuarono ad allargarsi. In seguito Declan e Edwina avevano seguito la famiglia a nord per trascorrere un paio di settimane a Banchory-Devenick e qualche giorno dopo l'arrivo, Fergus aveva chiesto al figlio di accompagnarlo in una delle sue passeggiate. Una volta allontanatisi da casa, con gli occhi rivolti a terra, l'uomo aveva affermato: «Ho pensato, ragazzo mio, che possiamo imparare tanto dalla famiglia di Edwina. Non parlo di Roscoe, ma degli altri... soprattutto le donne». Incerto su ciò che intendesse dirgli il padre, Declan era rimasto in silenzio. Dopo alcuni passi, Fergus aveva aggiunto: «È da tanto che un Frobisher non si muove nelle cerchie del ton. Non è mai stato il nostro campo di battaglia, per così dire. Ma osservo la vecchia duchessa – la vedova – le sue figlie e anche mia nuora, e penso a quello che sono riuscite a ottenere negli ultimi dieci anni. Visto quello che hanno dovuto nascondere, essere in grado 12


di... non dico gettar polvere negli occhi del ton, ma celare la verità in maniera tanto elegante... be', ciò richiede un talento che noi, come famiglia, non possediamo». Lo sguardo penetrante del colore dell'agata del padre lo aveva inchiodato. «Hai detto che hai intenzione di portare Edwina in città, che hai affittato una casa lì e che lei e la vedova pensano che dobbiate comparire in società per affermarvi, qualunque cosa voglia dire. Credo che ciò si rivelerà un'opportunità utile per osservarle e capire come gestiscono le cose.» «Gestiscono le cose.» Dopo un momento, Declan aveva aggiunto: «Volete che scopra come riescono a manipolare il ton affinché esso veda solo ciò che loro vogliono far trasparire». «Esatto!» Fergus aveva guardato in avanti. «I Delbraith saranno anche una famiglia guidata da donne, con il duca tanto giovane, ma nessuna di loro è una sciocca. Sanno come comportarsi nel ton e come piegare la sua percezione a loro vantaggio. Posseggono delle competenze che potrebbero tornarci utili, ragazzo mio. Noi lo evitiamo il ton, considerandolo irrilevante per i nostri affari, ma non ci si può sottrarre al peso di un diritto di nascita, e poi chissà cosa ci riserverà il futuro?» Quella conversazione risuonò nella mente di Declan mentre sorrideva e complimentava una giovane signora per il suo ventaglio orientale finemente intagliato. Aveva imparato tanto tempo prima a fidarsi delle intuizioni del padre; Fergus Frobisher era un vecchio scozzese astuto e molto rispettato. Perciò, come avevano deciso di fare, Declan e Edwina erano arrivati a Londra e avevano preso residenza in una casa a Stanhope Street. Lucasta li aveva raggiunti in città, ma soggiornava dalla figlia maggiore, Lady Millicent 13


Catervale, a Mount Street. Declan aveva apprezzato la sensibilità della suocera nel concedere a lui e a Edwina la loro intimità. Edwina e Lucasta, aiutate da Millie e da Cassie, avevano unito le forze e avevano stilato un elenco di eventi ai quali la moglie aveva affermato dovessero partecipare. Lo aveva esentato da tutti gli impegni giornalieri, ma aveva richiesto la sua presenza a quelli serali, una richiesta che lui aveva prontamente soddisfatto. Avevano partecipato a diversi balli, cene, soirée e ricevimenti nell'ultima settimana. E quella sera, come le precedenti, lui era lì per osservare e imparare come la moglie e le donne della sua famiglia gestivano il ton. Inizialmente aveva studiato Lucasta, convinto che fosse stata lei la principale promotrice delle versioni mai sconvolgenti e accettabili per il ton sulla morte del figlio maggiore e sulla scomparsa di quello più giovane; solo osservandola attentamente aveva notato la differenza tra Lucasta in privato e Lucasta in società. Vi era come uno schermo, una specie di velo, che però chi la osservava non poteva penetrare; pur sapendo che c'era, nemmeno lui riusciva a vedere cosa ci fosse dietro, non quando lei decideva di calarlo. Con quello schermo appariva più inflessibile, decisamente più fredda e altezzosa. Era una difesa emotiva che teneva gli altri a distanza, permettendo di filtrare solo alle reazioni che Lucasta voleva mostrare. Il velo di Edwina era ancora più difficile da individuare. Solo perché aveva saputo che doveva esserci, Declan era riuscito a intravederlo. Poiché per natura sua moglie era luminosa e splendente, il suo scudo era come uno specchio, qualcosa che rifletteva quello che gli altri si aspettavano di ve14


dere, ma non necessariamente ciò che si celava dietro di esso. Aveva studiato anche Millie e Cassie. I loro veli erano efficaci, ma meno definiti, più morbidi e informi... di nuovo, un riflesso dei loro caratteri. Lucasta possedeva indubbiamente una volontà ferrea – in che altro modo avrebbe potuto affrontare le traversie del destino in tutti quegli anni? – e delle tre figlie Edwina era quella che le assomigliava di più, poiché possedeva una simile forza femminile, docile ma al tempo stesso invincibile. Quella verità gli era apparsa chiaramente due settimane prima e aveva portato con sé un'ennesima increspatura. Quando all'inizio aveva puntato gli occhi su Edwina, aveva immaginato che i Delbraith, una famiglia ducale, sarebbero stati conformisti, conservatori, forse addirittura antiquati. Invece aveva scoperto che nascondevano un segreto così scandaloso e potenzialmente catastrofico che dimostrava in maniera chiarissima che in termini di anticonformismo, i Delbraith non erano di certo da meno dei Frobisher. Lucasta era ben lungi dall'essere la nobile vedova ossessionata dalla tradizione che si era immaginato che fosse. Per quanto riguardava Edwina... La sua immagine di un matrimonio prevedibile e ortodosso era evaporata. La donna che aveva sposato aveva un carattere del tutto diverso da quella che aveva immaginato di prendere in moglie. La sua mano affusolata era appoggiata sulla sua manica; ne sentiva la leggera pressione, come se ci si fosse posato un uccellino. Tuttavia la sua presenza lo ancorava saldamente, lo ammaliava così tanto che ascoltava i commenti degli ospiti solo quel tanto che 15


bastava per rispondere con un commento appropriato. Non era interessato ai presenti raccoltisi attorno a loro; lo interessava solo lei. Gli aveva spiegato che era necessario che comparissero in società per affermarsi. Non era sicuro di aver capito che cosa intendesse con quella parola, ma era chiaro che Edwina avesse un fine. Essendo del tutto inesperto in quella sfera, non aveva capito di preciso quale fosse quel suo scopo ultimo, ma accettava il fatto che ne avesse uno... E quello già la diceva lunga. Era un riflesso di quella increspatura che aveva scoperto solo di recente: la moglie delicata e simile a una fata aveva una mente risoluta tutta sua. Si prefissava un fine e pianificava le proprie campagne... che poi metteva in atto. Le sue parole equivalevano a strategia e tattica. Declan era ormai sicuro che nutrisse una visione chiara di come dovesse funzionare il loro matrimonio, ma doveva ancora capire quale fosse. Avrebbe potuto accettare e adeguarsi alle regole di ingaggio della moglie? Oppure...? Arrivato a quel punto, non aveva ancora idea di che cosa avrebbe riservato loro il futuro su quel fronte. Tuttavia l'aveva sposata e non avrebbe cambiato quella situazione neppure per tutto l'oro del mondo. Il suo fine ultimo era stato di prenderla in moglie e finalmente lei era sua. Le lanciò un'occhiata e vide i suoi occhi luccicare, il volto illuminarsi mentre con grazia accettava gli auguri porti da un'altra coppia. Tutto sommato, era felicissimo di averla come sposa. Ciò che doveva ancora capire era che cosa sarebbe stato necessario fare per essere suo marito. Edwina rimase al fianco di Declan con un sorriso 16


sulle labbra e gli occhi puntati sulla meta. Lei, la madre e le sorelle si erano trovate d'accordo nel pensare che fosse cruciale che lei e il marito si presentassero nella luce migliore. Il giudizio del ton, presente e futuro, sarebbe interamente dipeso dall'immagine che avrebbero dato in quelle prime settimane fondamentali. Che quella sera, piÚ o meno dal momento in cui erano arrivati, fossero rimasti fermi nel centro della sala con un fiume costante di ospiti incuriositi che si spintonavano pur di raggiungere la loro cerchia dimostrava con quanto favore il ton li considerasse fra le conoscenze gradite. Una sensazione di trionfo crebbe dentro Edwina, il suo primo obiettivo da donna sposata era praticamente raggiunto. Quando Lady Holland si fermò a chiacchierare e, una volta presentata a Declan, si degnò di sorridere con approvazione, Edwina dovette trattenersi dal mostrare troppo apertamente la sua gioia, e ancora meno il sollievo. Il ton era una sfera sempre pronta a criticare, ma la benedizione ricevuta da una dama tanto rispettata era l'apice dell'approvazione; per usare il gergo della società , erano arrivati. Certo, Lady Holland aveva sempre avuto un debole per i gentiluomini belli e fascinosi. Guardando in tralice Declan, Edwina permise allo sguardo di soffermarsi sui suoi tratti decisi: il taglio aristocratico della fronte, la foggia allungata delle guance magre sotto gli zigomi scolpiti, la compattezza delle labbra espressive e la forma virile del mento. Le rughe leggere agli angoli degli occhi azzurri come il cielo, risoluti sotto gli archi delle sopracciglia castane, e la sua carnagione perennemente abbronzata testimoniavano i lunghi mesi trascorsi in mare. I capelli castani chiari completavano l'immagine, elegantemente 17


scompigliati con le punte e le striature chiare brunite dal sole a perfezionare l'effetto. La combinazione della sua altezza e delle spalle ampie, la compostezza del suo portamento, eretto ma al contempo aggraziato, sempre in perfetto equilibrio e sicuro di sé, lo distinguevano da tutti gli altri gentiluomini presenti in sala. Mentre Lady Holland si allontanava, Lucasta toccò Edwina sul braccio, richiamando la sua attenzione. «Mia cara, vedo che Lady Marchmain sta tenendo salotto dall'altra parte della sala. Credo sarebbe saggio che la raggiungessi per accertarmi che non le sfuggano i dettagli più salienti.» Edwina seguì lo sguardo della madre verso una combriccola di signore di una certa età radunate attorno a una poltrona. Annuì. «Grazie, madre. Vi raggiungeremo non appena saremo pronti per uscire.» Lady Marchmain era una delle amiche predilette della madre e anche una delle signore più attive del ton; se si aveva un messaggio da consegnare nelle più alte sfere della società, Lady Marchmain era il messo perfetto. Riportata la propria attenzione al gratificante numero di signore e gentiluomini ansiosi di conoscere Declan, Edwina si chiese quanto ancora si sarebbero dovuti trattenere. Né lei, né la madre avevano stimato quante serate ci sarebbero volute per affermare la sua nuova posizione da donna sposata e, cosa ancora più cruciale, quella di Declan come membro della società, ma avevano ipotizzato che ci sarebbero volute molte più giornate e serate – più ricevimenti, tè del mattino e del pomeriggio, pranzi, balli e soirée – per raggiungere il loro scopo. Erano arrivati in città da una settimana e stavano conducendo la loro campagna solamente da sei giorni. 18


Non si erano aspettate di avere successo tanto presto. In ogni modo, era felicissima che le cose fossero andate bene. Trascorrere le serate al fianco di Declan – bello, attento e affabilmente fascinoso – non era stata una tribolazione come aveva temuto. Aveva immaginato che avrebbe dovuto salvarlo dalle trappole della società e invece non era servito; Declan aveva individuato le insidie e le aveva schivate con sagacia da solo. Per uno che gravitava raramente attorno al ton, se l'era cavata bene. Mentre continuava a scambiare convenevoli e i soliti scherzi mondani con chi si era raccolto attorno a loro, a mano a mano che la realtà del loro successo veniva confermata, Edwina si accorse di provare un'impazienza crescente. Aggiudicata quella vittoria, era venuto il momento di passare alla fase successiva che avrebbe plasmato il loro matrimonio nell'unione che desiderava. Per farlo, tuttavia, lei e il marito dovevano trovarsi altrove... ovunque, ma non nel mezzo del ton. Declan era contento di lasciare Montgomery House. Come suggerito da Edwina, con Cassie raggiunsero il punto in cui Lucasta stava conversando con diverse signore di una certa età. La vedova si alzò e lo presentò alle amiche. Una volta completate le inevitabili presentazioni, la donna si coprì con lo scialle, quindi tutti insieme andarono a salutare la padrona di casa e poi scesero al piano inferiore. Con sollievo di Declan, Cassie si offrì di dare un passaggio alla madre nella propria carrozza, lasciando lui e Edwina da soli nel breve tragitto che li avrebbe portati a Stanhope Street. Non appena lo sportello della carrozza fu chiuso, il velo mondano di Edwina svanì. Durante il viaggio chiacchierò vivace, valutando i commenti fatti da al19


cuni degli ospiti che avevano incontrato e spiegandogli il significato di una certa osservazione o di un determinato legame. I suoi pareri si dimostrarono illuminanti e Declan rimase colpito da quanto quel momento gli parve familiare. Mentre venivano sbatacchiati per via dell'acciottolato, si rese conto che era simile a quelli in cui lui stesso faceva rapporto dopo una delle sue missioni segrete. Più ci pensava e più quella analogia gli sembrava adatta. Edwina concluse i suoi commenti affermando: «A quanto pare mia madre aveva ragione». Nonostante la penombra, si girò a guardarlo negli occhi. «Era sicura che per quanto riguarda il nostro matrimonio, il ton avrebbe preso esempio da me, da come io e lei, e anche Millie e Cassie con i loro mariti, avremmo reagito. Era convinta che sarebbe bastato che rimanessi al tuo fianco e mostrassi apertamente la felicità che provo nell'essere tua moglie e tutto sarebbe andato per il meglio.» Sospirò felice. Tornando a guardare in avanti, si riappoggiò allo schienale. «Sì, come il solito, aveva ragione.» Declan pensò a diverse domande, ma diede voce solo a quella che gli parve più pertinente. «E sei davvero felice?» I denti bianchi di Edwina balenarono in un sorriso esuberante. «Lo sai che lo sono.» Gli prese quindi la mano e gliela strinse. «Non potrei essere più felice.» Una sincerità decisa risuonò in quelle parole; lui se ne inebriò e non riuscì a trattenere un sorriso soddisfatto. La carrozza svoltò un angolo, spingendo Edwina contro di lui. La moglie sollevò lo sguardo mentre lui chinò il capo. I loro occhi si incrociarono; gli sguardi si incatenarono. 20


Declan sollevò un dito e gentile, lento, tracciò la morbidezza del suo labbro inferiore. Lei abbassò le palpebre, socchiudendo gli occhi e sollevando il volto mentre lui si piegava. La carrozza rallentò, poi si fermò. Edwina spalancò gli occhi. Vicinissimi, fissò i suoi, poi piegò le labbra in un mezzo sorriso. Declan sentì il valletto che scendeva dal retro della carrozza e con un sospiro si drizzò. «Mia signora, siamo arrivati a casa.» «Già.» Nonostante la penombra, Declan notò il desiderio che le brillava negli occhi. Quando il valletto aprì lo sportello, lei bisbigliò: «Suggerisco, marito caro, di entrare». Una trepida attesa si accese fra loro, tangibile e rovente. Con un ultimo sguardo bramoso, Edwina si girò verso la portiera. Lui si alzò e saltò sul marciapiede, quindi l'aiutò a scendere. Continuando a stringerle la mano, salì con lei la gradinata della residenza di città. La porta si aprì ancor prima che la raggiungessero. Humphrey, il nuovo maggiordomo, li invitò a entrare con un inchino. «Bentornata, mia signora. Mio signore.» «Grazie, Humphrey.» Edwina lasciò la mano del marito e si diresse alle scale. Declan la seguì. Humphrey chiuse la porta. «Vi serve dell'altro, signore? Signora?» «Credo di no.» Declan non distolse lo sguardo dai fianchi rotondi della moglie, avvolti dalla seta celeste. «Puoi chiudere. Ci ritiriamo per la notte.» Senza fermare la sua ascesa decisa, Edwina disse: «Per favore, di' a Wilmot che non ho bisogno di lei questa sera». 21


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