Ml12 la legge del potere

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Penny Jordan

La legge del potere


Titoli originali delle edizioni in lingua inglese: The Wealthy Greek's Contract Wife The Italian Duke's Virgin Mistress Marriage: To Claim His Twins Harlequin Mills & Boon Modern Romance © 2009 Penny Jordan © 2010 Penny Jordan © 2010 Penny Jordan Traduzioni di Anna Vassalli Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. © 2011 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prime edizioni Collezione Harmony marzo, aprile, maggio 2011 Seconda edizione myLit agosto 2014 Questo volume è stato stampato nel luglio 2014 da Grafica Veneta S.p.A. - Trebaseleghe (Pd) MYLIT ISSN 2282 - 3549 Periodico mensile n. 12 del 21/08/2014 Direttore responsabile: Stefano Blaco Registrazione Tribunale di Milano n. 162 del 31/05/2013 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Trentacoste, 7 - 20134 Milano Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano


Seduzione e ricatti


Prologo

Ilios Manos fece scorrere lo sguardo sulla terra che apparteneva alla sua famiglia da quasi cinque secoli. Ed era qui, sul promontorio roccioso che si stendeva fino al mar Egeo, nel nord est della Grecia, che Alexandros Manos aveva costruito per sé una copia di una delle ville più famose di Palladio, Villa Emo. La tradizione familiare sosteneva che Alexandros Manos, un facoltoso mercante greco la cui flotta si spostava da Costantinopoli a Venezia, concludendo affari con la famiglia Emo, avesse apprezzato la loro nuova dimora. Così, in segreto, aveva copiato il progetto di Palladio e ne aveva costruito una simile, Villa Manos, affermando che sia l'edificio sia la terra sulla quale sorgeva, erano sua proprietà per diritto divino, da tramandarsi di generazione in generazione, solo tra coloro nelle cui vene scorreva il suo stesso sangue. E proprio lì Alexandros Manos aveva creato ciò che, in realtà, era un feudo personale, un piccolo regno del quale era il capo assoluto. Ilios sapeva che quel promontorio, circondato su tre lati dal mar Egeo e protetto a nord dalle montagne, era stato d'importanza vitale per il nonno; suo padre aveva persino dato la vita perché restasse in famiglia... così come il nonno aveva sacrificato le proprie ricchezze per proteggerlo. Per proteggerlo. Ma non aveva protetto i figli che aveva 7


generato, immolandoli all'impegno che si era assunto, sia per il passato sia per il futuro. Ilios aveva imparato molto dal nonno. Aveva appreso che quando si ha la responsabilità di essere un discendente di Alexandros Manos, si ha il dovere di controllare le emozioni, anche di soffocarle, se necessario, per far sì che il diritto divino alla villa fosse tramandato. Ilios era cresciuto ascoltando le raccomandazioni del nonno: l'importanza che comportava avere nelle vene il sangue di Alexandros Manos e la necessità di essere pronti a sacrificare tutto e tutti in nome di quella sacra eredità. Ora quell'impegno gravava sulle sue spalle, così come quello di fare ciò che al nonno non era riuscito: risanare le finanze della famiglia e ridare lustro al nome Manos. Da bambino, quando aveva assicurato al nonno che ci sarebbe riuscito, suo cugino Tino gli aveva riso in faccia. E aveva riso di nuovo quando Ilios gli aveva proposto di cancellare i debiti che aveva nei suoi confronti purché gli cedesse la metà della proprietà terriera del nonno. Ilios osservò la costruzione che aveva davanti. Il viso, marchiato dall'impronta della storia di tante generazioni di uomini potenti e coraggiosi, pareva scolpito nel marmo, dalle stesse mani che avevano scolpito i visi degli eroi mitologici greci. Gli occhi dai riflessi dorati, un'eredità della moglie che Alexandros aveva portato con sé dalle terre del nord, erano fissi sull'orizzonte. Adesso Tino non rideva più. Ma avrebbe tramato contro di lui, come aveva fatto fin dall'infanzia. Tino aveva sempre voluto ciò che possedeva il cugino, e non avrebbe digerito quell'umiliazione. A suo parere, essere figlio di un fratello minore era uno svantaggio in partenza, e da qui nasceva l'astio nei confronti di Ilios. Ilios aveva lavorato sodo, aveva preteso dai suoi collaboratori l'impossibile. Nessuna magia, nessun compromesso, solo una grande determinazione gli aveva consen8


tito di arrivare al successo nel campo delle costruzioni. Persino adesso, prima di accettare qualsiasi commissione, esaminava con cura tutti i dettagli. Sapeva che il traguardo raggiunto era motivo di invidia. Si diceva che nessuno può passare dall'indigenza alla ricchezza, valutata un sacco di milioni, con un lavoro onesto ed esclusivamente con i propri mezzi, e sapeva anche che molti avrebbero gioito della sua rovinosa caduta. Il sole nascente rifletteva la luce dorata sul suo viso, ricordando la maschera del più famoso dei macedoni, Alessandro Magno. Era nato in quella parte della Grecia e, secondo la leggenda di famiglia, aveva calpestato proprio quel suolo sacro. A poche centinaia di metri uno dei suoi capomastri era in attesa, così come i conducenti dei vari mezzi edili, ruspe e scavatrici. «Cosa devo fare?» chiese. Ilios lanciò un'occhiata cupa all'edificio che aveva di fronte. «Demolitelo. Lo voglio raso al suolo.» Il capomastro pareva scioccato. «Ma suo cugino...?» «Mio cugino non ha nessuna voce in capitolo per ciò che riguarda questa terra. Procedete.» Il capomastro diede l'ordine ai conducenti delle ruspe e delle scavatrici, e mentre le pale mordevano il terreno, Ilios si allontanò.

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«Allora, che cosa possiamo fare?» domandò ansiosa Charley. Lizzie guardò le sorelle minori. La consueta necessità di proteggerle a qualsiasi costo rafforzava la sua decisione. «Posso fare una sola cosa» rispose. «Devo andare.» «Cosa? Vuoi andare a Salonicco?» «È l'unica possibilità.» «Ma non abbiamo soldi.» Era stata Ruby a parlare, la piccola della famiglia con i suoi ventidue anni, seduta al tavolo di cucina, mentre i suoi due gemelli di cinque anni erano stranamente tranquilli nell'altra stanza a guardare la televisione. È vero, non avevano soldi, ed era colpa sua, riconobbe Lizzie mortificata. Sei anni prima, quando i loro genitori erano morti annegati durante una vacanza, Lizzie si era ripromessa di fare qualsiasi cosa pur di tenere unita la famiglia. Aveva lasciato l'università per lavorare in un prestigioso studio londinese d'arredo d'interni. Charley aveva appena iniziato l'università e Ruby terminato gli esami di scuola superiore. La loro era stata una famiglia unita e la perdita dei genitori era stata uno shock, in particolare per Ruby, che aveva cercato l'affetto di cui era stata privata tra le braccia dell'uomo che poi l'aveva abbandonata lasciandola incinta di due adorabili gemelli. 10


Comunque, c'erano stati anche problemi pratici da affrontare. Il meraviglioso, affascinante papà e l'adorabile, dolcissima mamma avevano costruito per loro un mondo fantastico di felicità, che si era rivelato: senza alcun fondamento nella realtà. La bellissima casa georgiana nel villaggio del Cheshire in cui erano cresciute era ipotecata, i genitori non avevano stipulato nessuna assicurazione sulla vita ed erano oberati di debiti. Lizzie non aveva avuto alternative. La splendida casa era stata venduta per pagare i creditori. In un momento di boom edilizio e con la necessità di occuparsi delle sorelle, con i piccoli risparmi che aveva accantonato, Lizzie si era messa in proprio aprendo un'attività in un'area in pieno sviluppo edilizio a sud di Manchester. In questo modo Charley avrebbe potuto continuare gli studi nell'università di quella città e per Ruby sarebbe stato un nuovo inizio. In un primo momento le cose erano andate bene. Lizzie aveva ottenuto diversi contratti per arredare gli interni di nuove costruzioni e, in seguito, anche da parte degli stessi acquirenti. Sull'onda di quel successo, aveva colto l'opportunità di acquistare da uno dei costruttori per i quali aveva lavorato, una grande casa che, naturalmente, comportava un pesante mutuo. Ma poi c'era stata la crisi, e tutto era cambiato. Anche il settore edilizio ne aveva risentito e Lizzie era rimasta praticamente senza lavoro. Il denaro che aveva accantonato non aveva dato gli interessi sperati e la situazione che si profilava era disastrosa. Charley, attualmente, lavorava come project manager in una ditta locale e Ruby aveva deciso di trovarsi un lavoro. Ma le sorelle maggiori non erano d'accordo: i gemelli dovevano avere la madre a casa, come l'avevano sempre avuta loro. Sei mesi prima Lizzie aveva deciso di chiudere l'attività e di trovarsi un lavoro dipendente. Aveva diversi cre11


diti da parte di clienti e in qualche modo ce l'avrebbero fatta. Purtroppo era stata ottimista. Non era riuscita a trovare un impiego, perché l'edilizia era ferma e non circolava denaro. Molti suoi clienti avevano rescisso il contratto e alcuni le dovevano ancora sostanziose parcelle che temeva non avrebbe mai riscosso. La situazione era così preoccupante che Lizzie aveva deciso di cercare lavoro presso il locale supermercato. Ma poi era arrivata la lettera, e ora si trovavano in una situazione ancor più disperata. Due dei suoi clienti più recenti, per i quali aveva lavorato molto, le avevano commissionato l'arredo di un complesso residenziale nel nord della Grecia. Situato su uno splendido promontorio, il complesso avrebbe dovuto essere il massimo del lusso, per una vacanza esclusiva. Il progetto includeva un albergo a cinque stelle, spiaggia, ristoranti, un condominio e tutti gli annessi. Il cliente le aveva dato carta bianca per l'arredo del condominio, nello stile Notting Hill. Lizzie sapeva perfettamente cosa intendeva il cliente: pareti bianche, bagni e cucine alla moda, pavimenti in marmo, mobili in cristallo e acciaio, fiori e piante esotiche, morbidi divani... Si era recata in Grecia con i clienti, una coppia di mezza età con cui aveva scambiato ben poche parole, ed era rimasta delusa vedendo la realizzazione del progetto. Si era aspettata qualcosa di particolare e innovativo, che s'inserisse perfettamente nell'ambiente, invece si era trovata davanti qualcosa di assolutamente fuori posto. Uno scatolone di sei piani di cosiddetti appartamenti, che si raggiungevano attraverso una stradina che si divideva in due, con uno dei due rami sbarrato da filo spinato dall'aspetto minaccioso. Di certo non si trattava della lussuosa residenza che si era aspettata. 12


Quando aveva esposto i propri dubbi ai clienti, ipotizzando una difficoltà nella vendita, era stata rassicurata. Le sue preoccupazioni erano del tutto infondate. «Guardi, abbiamo spuntato un prezzo talmente favorevole dal costruttore, che non ci rimetteremmo neppure se li vendessimo per due soldi» aveva scherzato Basil Rainhill. O, almeno, lei l'aveva considerata una battuta. Basil era ricco di nascita, come sua moglie amava ripetere. «Nato con un cucchiaio d'argento in bocca e, naturalmente, ha un occhio tale per gli affari... È un dono, capisce? Un dono ereditario.» Il guaio era che il dono era sparito, proprio poco prima che i Rainhill facessero altrettanto, lasciandosi alle spalle una montagna di debiti. In precedenza Basil aveva ammesso con Lizzie di non avere liquidi per pagarle l'incarico, convincendola ad accettare in cambio una quota del venti per cento del complesso edilizio. Lei avrebbe preferito avere i soldi, ma l'avvocato le aveva consigliato di accettare la proposta, e così era diventata comproprietaria del complesso con i Rainhill e Tino Manos, il proprietario del terreno. Lizzie si era data da fare, attenendosi alla politica di servirsi di fornitori situati il più vicino possibile all'immobile, ed era abbastanza soddisfatta del risultato finale. Aveva persino sperato che gli appartamenti, anche se difficili da vendere, potessero essere affittati a turisti e fruttare un certo reddito. Ma adesso aveva ricevuto quella lettera minacciosa da una persona che mai aveva sentito nominare, che le ingiungeva di recarsi immediatamente in Grecia per discutere di questioni urgenti. Per la precisione, di questioni legali e finanziarie concernenti la sua quota societaria con Basil Rainhill e mio cugino Tino Manos che devono essere risolte di persona, e concludeva minacciando un'azione legale in caso di mancata risposta. 13


La lettera era firmata Ilios Manos. La minaccia era troppo esplicita per essere ignorata e nonostante provasse una forte apprensione all'idea di incontrare quell'individuo, il bene dei suoi familiari veniva prima di tutto. Si sentiva responsabile per loro, un dovere d'amore al quale non avrebbe mai abdicato, qualsiasi fosse il prezzo da pagare. L'aveva promesso il giorno del funerale dei suoi genitori. «Se questo greco ha tanta necessità di vederti, avrebbe dovuto almeno pagarti il viaggio» borbottò Ruby. Lizzie si sentiva in colpa. «È colpa mia. Avrei dovuto capire che il mercato immobiliare era inflazionato e prima o poi ci sarebbe stata la crisi.» «Lizzie, non devi biasimarti» cercò di confortarla Charlie. «Come potevi prevedere la situazione se neppure il governo ha avuto tale lungimiranza?» Lizzie si sforzò di sorridere. «Se chiedi alla banca un prestito per andare in Grecia te lo concederanno di sicuro» suggerì Ruby. Charley scosse il capo. «Le banche non concedono più prestiti alle imprese. Neppure a quelle solide.» Lizzie si mordicchiò il labbro. Charlie non la stava rimproverando per il fallimento della sua impresa, lo sapeva, eppure si sentiva malissimo. Le sue sorelle si appoggiavano a lei. Era la maggiore, la più pratica, quella che era sempre stata di esempio. Si era convinta di essere in grado di badare a loro... ma era stata una speranza vana, in una situazione generale disastrosa. «Ma allora, cosa può fare la povera Lizzie?» domandò Ruby a Charley. «Se non va in Grecia la situazione degenererà, ma non ha il denaro per il viaggio...» «Ce l'abbiamo!» esclamò all'improvviso Lizzie. «C'è il salvadanaio e potrò sistemarmi in uno degli appartamenti.» Due minuti dopo tutte e tre fissavano il salvadanaio. 14


«Pensi che ce ne sarà a sufficienza?» chiese dubbiosa Ruby. C'era un solo modo per scoprirlo. «Ottantanove sterline» annunciò Lizzie mezz'ora dopo, quando ebbero contato le monetine. «Sarà sufficiente?» chiese Ruby. «Lo farò bastare» affermò Lizzie. Avrebbe acquistato un volo low cost e aveva ancora le chiavi degli appartamenti, appartamenti dei quali possedeva il venti per cento. Aveva il pieno diritto di istallarsi in uno di essi mentre cercava di risolvere i problemi che Rainhill si era lasciato alle spalle. La caduta dei potenti o meglio, nel suo caso, non tanto potenti, rifletté stancamente Lizzie. Lei aveva voluto soltanto provvedere alle sorelle e ai nipotini, proteggerli e sostenerli finanziariamente, in modo che non dovessero più affrontare, oltre che la disperazione, la miseria che era seguita alla morte dei genitori.

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