Natale con il milionario

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LYNNE GRAHAM

Natale con il milionario


Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: The Italian's Christmas Child Harlequin Mills & Boon Modern Romance © 2016 Lynne Graham Traduzione di Maura Arduini Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved. © 2017 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione Collezione Harmony dicembre 2017 Questo volume è stato stampato nel novembre 2017 da CPI, Barcelona COLLEZIONE HARMONY ISSN 1122 - 5450 Periodico bisettimanale n. 3236 del 26/12/2017 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 22 del 24/01/1981 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Mondadori, 1 - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 045.8884400 HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano


1 La brughiera attorno a Dartmoor era una distesa bianca e gelata. Il SUV a trazione integrale abbandonò la statale per imboccare la provinciale, e Vito scorse in lontananza la sagoma del cottage oltre i rami nudi degli alberi, ricoperti di ghiaccio. Il bel viso asciutto e forte era segnato dalla stanchezza. Scese dal fuoristrada anche prima dell'autista, ed ebbe un lieve moto d'insofferenza udendo il suono dell'ennesimo SMS in arrivo. Lo ignorò e oltrepassò la porta d'ingresso, mentre l'autista scaricava i bagagli. Il tepore della casa gli diede il benvenuto. Ricacciò indietro con la mano il folto ciuffo di capelli corvini che il vento gli aveva spinto sulla fronte. Si avvicinò al camino e provò quasi un senso di sollievo. Non era un codardo. Non era affatto fuggito, come sosteneva la sua ex fidanzata. Sarebbe di certo rimasto a Firenze per fronteggiare la situazione, se la sua presenza non avesse fomentato nuovi titoli strillati sui giornali, e assalti dei paparazzi. Così, molto malvolentieri, aveva seguito i consigli del suo amico Apollo e si era tolto di mezzo. Lo doveva soprattutto a sua madre. Lei era già abbastanza provata per il ricovero del marito in ospedale anche senza dover affrontare l'improvvisa notorietà negativa del figlio. Di certo, Apollo aveva molta più esperienza di lui nel gesti5


re uno scandalo. I milioni e la fama di playboy lo avevano portato a condurre una vita oltre i limiti, a differenza di Vito, che fin da piccolo era stato educato per diventare il nuovo amministratore delegato della Banca Zaffari. Era stato il nonno a istruirlo sulla storia e le tradizioni di una famiglia che fin dal Medioevo aveva legato il proprio nome a termini come lealtà, onore e rispetto. Ora non più, rifletté Vito, amaro. Ora lui sarebbe stato ricordato come il banchiere dei festini a luci rosse. Soffocò un'imprecazione, poi si liberò dell'autista con una mancia generosa. Uno dei suoi compagni di scuola, a una festa, aveva assunto qualcosa che per poco non lo aveva ucciso, e da allora lui si era sempre tenuto alla larga da qualsiasi sostanza illegale. Quanto alle escort, non ricordava più l'ultima volta che aveva fatto sesso. Marzia, che era stata la sua fidanzata fino alla settimana prima, in quel settore era sempre stata piuttosto fredda. «È una vera signora» aveva approvato il nonno, poco prima di passare a miglior vita. «Una Ravello, con la classe e l'educazione di una regina. Sarà una padrona di casa superba, e un'ottima madre per i tuoi figli.» Non più, pensò Vito. Lanciò un'occhiata al display del telefono, la sua ex gli aveva inviato un altro SMS. Cosa voleva ancora? Lui aveva compreso perfettamente la decisione di rompere il fidanzamento, e non aveva perso tempo nel rimettere sul mercato la casa che Marzia aveva cominciato ad arredare per loro. Ebbene, lei si era risentita, nonostante Vito le avesse detto che poteva tenere per sé tutti i mobili acquistati. E il dipinto di Abriano?, recitava il messaggio. Il regalo di fidanzamento del nonno si doveva restituire, rispose lui. Valeva milioni. Quanto ancora doveva sborsare per ripagarla del danno che diceva di aver subito? Le aveva offerto la casa, ma lei aveva rifiutato. Eppure, a dispetto della generosità dimostrata, Vito si 6


sentiva in colpa. Forse per la prima volta nella sua vita aveva causato dolore a qualcuno. Le sue decisioni, prese d'impulso, avevano ferito Marzia così a fondo che anche le scuse più sincere risultavano insufficienti. Purtroppo non poteva metterla al corrente della verità, perché non si fidava della sua discrezione. Se quella verità fosse venuta a galla, tutto il sacrificio compiuto sarebbe risultato inutile, e l'unica donna che lui aveva amato nella sua vita, fino a quel momento, sarebbe stata sommersa dal dolore e dall'umiliazione. Aveva dovuto compiere una scelta durissima, ed era pronto a sopportarne le conseguenze. D'altra parte venire a nascondersi lì per un paio di settimane, durante le feste natalizie, lo disturbava non poco. Lui, per carattere, era un combattente. «Ritchie è un vero bastardo!» Al telefono, la voce di Pixie risuonò furente. Pixie era la sua coinquilina, oltre che la sua migliore amica. Holly abbozzò una smorfia, poi cercò di raccogliere con una mano la folta criniera di riccioli neri. Il mascara era colato ai bordi dei suoi grandi occhi azzurri. Lei controllò l'ora, era in pausa pranzo e non voleva fare tardi. «Non vorrai metterti a discutere di questo adesso» replicò, amara. «Ancora più bastardo di quello che ti ha chiesto un prestito e poi è sparito» continuò Pixie, con evidente mancanza di tatto. «E anche di quell'altro, che voleva sposarti perché tu badassi alla mamma invalida.» Holly trasalì. Le sue storie con gli uomini non sarebbero potute essere peggiori, rifletté, neanche se avesse stilato di proposito una lista di perdenti egoisti e disonesti. «Il passato è passato» tagliò corto, ansiosa di cambiare argomento. Pixie si rifiutò di collaborare. «E adesso che cosa farai per le feste, visto che Ritchie 7


è uscito di scena e io sono inchiodata qui a Londra?» Un rapido sorriso rischiarò il viso di Holly. «Andrò a festeggiare il Natale con Sylvia!» «Ma lei sarà con la figlia nello Yorkshire, o mi sbaglio?» «Alice ha telefonato all'ultimo momento per dire che una tubatura era saltata e aveva tutta la casa allagata. Così, quando ho scoperto Ritchie con quell'altra, stamattina, mi sono detta che non tutti i mali venivano per nuocere...» «Lo odio, questo tuo modo di voler essere ottimista a tutti i costi!» sbottò Pixie. «Per favore, dimmi che almeno gli hai spaccato qualcosa in testa.» «Gli ho solo detto quello che pensavo di lui... brevemente.» Era stata troppo umiliata per trattenersi a lungo in presenza del suo ragazzo seminudo e della donna con cui lui aveva scelto di tradirla. «Quindi, non ti dispiace se prendo in prestito la tua auto, per andare da Sylvia?» «Certo che no. In quale altro modo potresti andarci? Però stai attenta. Le previsioni danno neve...» «Lo fanno sempre, sotto le feste» replicò lei, per nulla impressionata. «E comunque porterò con me l'albero di Natale con le decorazioni, e tutte le cose buone che avevo preparato per il pranzo. E indosserò anche il costume da Babbo Natale che hai usato tu l'anno scorso. A Sylvia piace divertirsi. Lo apprezzerà.» «Sarà al settimo cielo, quando ti vedrà alla porta» confermò Pixie con affetto. «Ha avuto un anno orribile: è rimasta vedova e ha dovuto lasciare la fattoria perché non era più in grado di mandarla avanti da sola.» Fu proprio la prospettiva di regalare un po' di gioia alla sua mamma adottiva a sostenere Holly per tutto il pomeriggio, mentre portava a termine il turno di lavoro nel caffè in cui faceva la cameriera. Era la vigilia di Natale e lei adorava le feste, forse proprio perché essendo cre8


sciuta in un orfanatrofio era dolorosamente consapevole di non avere una vera famiglia con cui condividere i momenti di gioia. Per consolarla, Pixie le ripeteva che in certe famiglie le festività potevano rivelarsi un vero incubo, e che lei era innamorata dell'idea del Natale, più che della realtà. Ma Holly era certa che un giorno, chissà come e dove, avrebbe trasformato il sogno in realtà, con un marito e dei bambini tutti suoi. Ed era proprio questo sogno a darle forza nei momenti di difficoltà. Lei e Pixie erano state affidate a Sylvia Ware quando avevano già dodici anni, e Sylvia aveva compensato con il suo affetto e la sua comprensione tutte le esperienze negative degli anni precedenti, e anche le case e i genitori inadeguati a cui le assistenti sociali le avevano di volta in volta affidate. Holly si era pentita di non averle dato retta, quando Sylvia la invitava a impegnarsi di più a scuola. Il fatto era che aveva cambiato così tante case e classi da pregiudicare qualsiasi piano di istruzione. Adesso, a quasi ventiquattro anni, lei aveva deciso di recuperare il tempo perduto iscrivendosi a una scuola online, per ottenere la qualifica di arredatrice d'interni. «Vuoi dirmi a che cosa diavolo ti serve?» le aveva chiesto Pixie, che di mestiere faceva la parrucchiera. «Non lo so, ma mi interessa. Mi piace guardare una stanza e cominciare a pensare a come potrei migliorarla.» «La gente come noi non va a interpellare un'arredatrice d'interni» aveva sbuffato Pixie. «Parlo di quelli che lavorano e devono pagare le bollette, non di quei pochi fortunati che guadagnano un sacco di soldi.» E in sostanza aveva ragione, rifletté Holly infilandosi una calzamaglia nera sotto il vestito da Babbo Natale. Per fortuna la taglia era giusta, anche se Pixie era sempre 9


stata più magra di lei. Era così da una vita: Pixie invidiava le curve di Holly, ma intanto lei poteva mangiare tutto ciò che voleva senza ingrassare di un grammo, mentre Holly era sempre in lotta con la bilancia. Da un padre sconosciuto aveva ereditato la pelle dai toni ambrati, e chissà se sua madre lo aveva incontrato all'estero o appena al di là della strada. Lei, sua madre, le aveva raccontato così tante bugie che Holly si era rassegnata a smettere di chiedersi chi fosse l'uomo che l'aveva generata. Purtroppo da sua madre aveva preso l'altezza: arrivava a stento al metro e sessanta. A quel punto Holly infilò i piedi in un paio di stivali da cowboy e calcò in testa il cappello rosso bordato di bianco. D'accordo, era buffa, considerò con aria di sfida, guardandosi allo specchio. Ma così combinata avrebbe fatto ridere Sylvia e le avrebbe fatto dimenticare la delusione di un Natale senza i suoi figli lontani. Ed era questo l'importante. A casa di Sylvia avrebbe potuto dormire sul divano, pensò. Riempì lo zaino, poi mise in uno scatolone le decorazioni dell'albero e tutte le cose buone che aveva preparato da mangiare. Barcollò, caricandolo in macchina. Almeno non andrà sprecato niente, si disse. Ricacciò fuori dalla mente l'immagine che per un attimo si era affacciata, quella di Ritchie con la sua segretaria negli uffici dell'assicurazione. In pieno giorno, non poté fare a meno di pensare lei. Rabbrividì. Non riusciva neanche a immaginare di fare sesso su una scrivania al sole. Forse le mancava lo spirito d'avventura. Forse, lei e Pixie erano state vaccinate da piccole contro certi comportamenti troppo disinibiti. A dodici anni, di fronte al caos sentimentale delle rispettive madri, avevano giurato solennemente di tenersi alla larga dagli uomini. Poi era arrivata l'adolescenza, e gli ormoni avevano avuto la meglio. A quattordici anni, 10


l'embargo sugli uomini aveva già cominciato a vacillare, ma erano rimaste fedeli al concetto che fare sesso al di fuori di una relazione stabile era da evitare. Relazione stabile. Che ingenue erano state, pensò Holly alzando gli occhi al cielo. Fino a quel momento, di relazioni stabili non ce n'erano state, né per lei né per Pixie. Non era stato facile tener fede all'impegno. C'erano stati uomini che erano scappati a gambe levate di fronte alla richiesta di una relazione seria, altri che erano rimasti qualche settimana, ma solo sperando di essere, finalmente, il primo. Chissà se per Ritchie lei era stata qualcosa di più di una sfida. Chissà quante altre si era portato a letto, nell'attesa che lei si decidesse. «Per quanto tempo ancora volevi che ti aspettassi?» le aveva gridato dietro. Era chiaro che dava la colpa a lei, se l'aveva tradita. «Pensi di essere così speciale?» Holly trasalì ricordando quelle parole. No, infatti. Non aveva mai pensato di essere speciale. Anzi. Nevicava fitto, quando partì con l'utilitaria un po' scassata che Pixie aveva battezzato Clementine. Holly sospirò, perché odiava il freddo e non amava guidare nella neve. Ma meno male che l'auto c'era, altrimenti sarebbe stato un problema spostarsi dalla piccola cittadina del Devon dove viveva e lavorava. Quando arrivò a destinazione era buio, e nella casa non si vedeva una luce. Forse Sylvia era andata a messa, o a far visita a qualche vicina. Con il cappello da Babbo Natale in testa, Holly suonò il campanello e attese, battendo i piedi per il freddo. Dopo un paio di minuti suonò di nuovo, poi seguì il sentiero fino alla casa di fianco. Bussò. «Scusi se la disturbo. Sa se la signora Ware tornerà presto?» chiese in tono cordiale. «Sylvia è via. L'ho aiutata a fare la valigia oggi pomeriggio» riferì l'anziana vicina della porta accanto. «Era 11


agitata, perché non si aspettava che la venissero a prendere.» Holly corrugò la fronte, perplessa. «Allora, alla fine sua figlia è venuta?» «No, non la figlia. È venuto il figlio, un uomo alto e distinto. Ha detto che la portava con sé a Bruges... o comunque in Belgio.» Si capiva che la vicina non era del tutto sicura. «A Bruxelles» la corresse Holly. «Stephen vive a Bruxelles. Sa quanto starà via?» «Almeno un paio di settimane... Così mi ha detto.» Holly tornò alla macchina, sconsolata. «Guida con prudenza, cara» le raccomandò la vicina, dalla porta. «Ci sarà bufera, stanotte.» «Grazie, starò attenta» promise lei, sfoderando un sorriso. «Buon Natale.» Di certo non sarebbe stato granché buono per lei, lì da sola. Sentì gli occhi diventare lucidi. Certo, era felice per Sylvia, che avrebbe passato le feste con il figlio e i nipoti che vedeva così di rado, e non sarebbe rimasta sola nel suo primo Natale da vedova. Holly sospirò e cercò di ricacciare indietro le lacrime. Che egoista, pensò. Era giovane, sana e aveva un lavoro. Di che cosa voleva lamentarsi? Forse, molto semplicemente, le mancava Pixie. Era solo questo, ragionò guidando piano sulla strada ghiacciata che si inoltrava nella brughiera. Il fratello minore della sua più cara amica si era cacciato in qualche guaio e lei l'aveva raggiunto per sistemare le cose. Probabilmente si trattava di soldi, ma Holly si era ben guardata dal fare domande o dal fornire consigli non richiesti. Non intendeva ferire Pixie, che voleva un gran bene a quel suo orribile fratello. Tutti avevano i loro problemi, ricordò a se stessa. Trasalì, sentendo le gomme slittare sulla strada ghiac12


ciata. Rallentò ancora di più. Doveva smettere di autocommiserarsi, la sua vita non era poi così male. Ritchie? Un po' era stata anche colpa sua, e Pixie non avrebbe mancato di sottolinearlo. Holly pensava sempre troppo bene delle persone, e si sentiva doppiamente delusa quando loro tradivano le sue aspettative. Pixie invece era cinica e non si fidava di nessuno, per autodifesa. A eccezione di chi? Del fratello. Holly cercò di vedere qualcosa oltre il parabrezza, la visibilità diminuiva e i tergicristalli faticavano a tener dietro al ritmo della neve. Lei non era una donna che si lasciava suggestionare tanto facilmente. Se lo ripeté mentre seguiva la strada, che in quel punto sembrava più ripida di quando l'aveva percorsa all'andata. La nevicata si era ormai trasformata in una bufera. E proprio a quel punto, senza il minimo preavviso, l'auto slittò, roteò su se stessa e scivolò nel fossato che costeggiava la strada, come al rallentatore. Si fermò, in uno scricchiolio di lamiere. Holly spense il motore e respirò piano, per cercare di calmarsi. Era viva, non c'erano altre auto coinvolte, nessuno si era fatto male. Aveva molti motivi per essere grata al cielo, si disse. Purtroppo i motivi per essere contenta si fermavano lì. Un rapido esame, compiuto dopo essere scesa dall'auto a fatica, chiarì che la fiancata opposta a quella di guida era molto danneggiata. Mio Dio, come farò a ripagare i danni?, fu il primo pensiero. Spettava a lei farsene carico, non certo a Pixie. Poi si guardò intorno e cercò di soffocare la paura. La strada era deserta, e lo strato di neve stava diventando sempre più alto. Era la vigilia di Natale, il tempo era pessimo e il traffico inesistente. Mentre cercava il telefono si sentì più sola che mai. A parte Pixie, non aveva nessuno da chiamare per farsi aiutare in una notte come quella... L'angoscia la prese alla gola, perché la batteria del 13


cellulare era quasi scarica, e non c'era campo. Solo allora, guardando oltre la strada, vide in lontananza una piccola luce che brillava a tratti nel buio, tra i fiocchi di neve che cadevano fitti. Una casa, pensò Holly con sollievo. C'era da sperare che ci fosse qualcuno all'interno, e che avesse un telefono fisso per poter chiamare un carro attrezzi. Vito stava sorseggiando un bicchiere di vino rosso d'annata, annoiandosi un po', quando sentì qualcuno bussare alla porta. Strano, pensò. Non aveva visto né sentito alcuna macchina avvicinarsi. Forse il custode abitava così vicino da venire a piedi? Guardò dallo spioncino, e vide un cappello da Babbo Natale, bianco e rosso. Qualcuno aveva sbagliato indirizzo, perché se c'era una cosa che lui detestava con tutte le forze era proprio il Natale. Aprì la porta di scatto, e due immensi occhi azzurri si spalancarono per guardarlo. All'inizio lui pensò che fossero quelli di un ragazzino, poi scorse le rotondità sotto il panno rosso della giacca e capì che si trattava di una giovane donna, per quanto non molto alta. Holly fissò sbalordita il maschio che era comparso sulla soglia. Era in tutto e per tutto proprio l'immagine dell'uomo perfetto che aveva sempre sognato d'incontrare. Alto, con una magnifica testa di capelli neri, la barba di un giorno e un paio di occhi misteriosi e profondi... che la misero subito a disagio, perché non sembravano né amichevoli né cordiali. L'uomo perfetto ma molto scostante indossava un abito scuro e formale, con la camicia candida e la cravatta. «Se cercava una festa, credo proprio che lei abbia sbagliato indirizzo» esordì Vito in tono altezzoso. Pensò ai mille stratagemmi di cui erano capaci i paparazzi, e si pentì di aver aperto la porta. 14


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