Nobile spia

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Nicole Locke UNA NOBILE SPIA

Dedica

A mio fratello. Grazie per avermi insegnato il valore della gentilezza, la virtù della perseveranza e la preziosa arte di allacciarsi le scarpe. Sei assolutamente il migliore.

7

Da quanto tempo stava correndo?, si domandò. Oh, non avrebbe mai dovuto accettare di partecipare a quel gioco... Anzi, in primo luogo non avrebbe mai dovuto accettare di recarsi a corte. Alice sospirò. Come se avesse avuto una scelta! Re Edoardo aveva bisogno d'oro, e la sua famiglia una ricca famiglia di mercanti di lana veniva pesantemente tassata. Per alleggerire la situazione, il re invitava spesso la sua famiglia a corte. Estremamente lusingato, suo padre aveva sempre intrapreso quei viaggi da solo, ma stavolta il re aveva ufficialmente

Londra, o ttobre 1296 No, non l'avrebbe fatto. Rivoli di sudore le scorrevano lungo la schiena, le mani che stringevano il sigillo al petto erano umide.

Alice smise di correre e si appoggiò con la schiena contro il muro di pietra, respirando affannosamente. Stava per farlo. Doveva farlo, si era spinta troppo in là. Era quel labirinto di corridoi a metterle ansia... Non sapeva dove stava andando. Era il buio... più freddo e opprimente della pietra alla quale si era appoggiata.

Le mancava il respiro. Non doveva pensare al terrore che il buio le incuteva, doveva concentrarsi solo sulla luce che avrebbe trovato. Se avesse pensato soltanto all'enigma forse sarebbe riuscita a dimenticare il buio. Forse.

In quel momento udì una risata, stridula e subito soffocata.Dadove proveniva? Era esplosa e si era zittita troppo in fretta perché lei potesse capirlo. Era la risa-

Avrebbe dovuto essere facile. Sebbene non sapesse e non fosse in grado di vedere dove stava mettendo i piedi, Alice aveva pensato di affidarsi all'udito per sentire lo sciabordio del Tamigi e i passi degli altri partecipanti, ma le sue orecchie l'avevano tradita, e ovunque regnava un silenzio mortale.

8 invitato anche lei. Nessuno poteva disobbedire a un ordine del re. Alice, però, avrebbe potuto evitare di partecipare al gioco, che consisteva nel cercare un sigillo. Vedendo che il re non si trovava a corte, aveva tentato di sottrarsi, ma qualcuno aveva messo il suo nome nel recipiente, ed era stato estratto. E così, lei e altri erano stati sospinti in vari corridoi bui per cercare il sigillo e risolvere l'enigma.

Si rigirò il sigillo nella mano, sperando che la sua forma insolita l'avrebbe distratta dai suoi pensieri. Non era né tondo né quadrato, ed era troppo grande per le sue mani, ma doveva essere quello giusto. Era sicura di poter risolvere l'enigma: Cerca la porta che contiene la luce.

Una porta non poteva contenere una luce, a meno che non ci fosse qualcosa, dietro, a illuminarla, ma Alice aveva aperto tante porte, e all'interno aveva trovato solo buio.

9 ta di un altro partecipante al gioco, si domandò, o di qualcuno che se ne stava nascosto nell'ombra?

Si staccò dal muro e si diresse verso sinistra. Forse stava camminando in tondo, ma doveva muoversi di lì. L'enigma faceva pensare a ulteriori sigilli, e gli altri giocatori potevano essere davanti a lei. Non volendo riprendere a correre, affrettò il passo. Se gli altri giocatori erano vicini e lei fosse scivolata e il sigillo le fosse caduto di mano, non lo avrebbe più ritrovato ma, al tempo stesso, non poteva essere troppo prudente. Se fosse stata abbastanza svelta, avrebbe vinto il premio e si sarebbe lasciata alle spalle quelUnbuio.altro passo e un altro ancora... fino a quando il suo piede non rischiò di scivolare. Sembrava che il pavimento terminasse lì, e Alice si fermò appena in tempo per non cadere. Dovevano esserci delle scale.

Si udivano dei rumori: mormorii e bisbigli. Ecco, era quella la porta! Alice fece scorrere la mano libera sul legno liscio fino a trovare il chiavistello. Altri rumori raggiunsero le sue orecchie. Risate e passi dietro di lei. Non c'era tempo da perdere. Alice posò il sigillo a terra, coprendolo con il piede, e usò entrambe le mani per sollevare il chiavistello. Opponeva resistenza, come se qualcuno lo tenesse abbassato, dall'altra parte. Avrebbe avuto il coraggio di chiedere a chiunque ci fosse oltre la porta di lasciarla entrare?No,i passi dietro di lei erano troppo vicini. Alice usò tutto il peso del proprio corpo per fare

Procedette piano, al buio, facendo scorrere la mano sul muro, e iniziò a scendere, finché non si imbatté in una porta. Era chiusa, ma dalla fessura sul fondo notò che era illuminata dall'interno.

Non poteva essere lui. Non doveva essere lui.

Raccogliendo il sigillo da terra, entrò nella stanza inondata di luce e fu colpita dalla quantità di persone e dal bagliore delle torce appese ai muri. Appena entrata, andò a urtare contro una cotta di maglia e fu sul punto di cadere all'indietro.

Forti braccia le cinsero la vita, sollevandola da terra. Stringendo il sigillo al petto, lei sentì i propri piedi lasciare il pavimento, mentre veniva premuta contro il corpo di un soldato. Accecata dalla luce improvvisa, sentì il suo torace muscoloso e i propri seni che premevano contro l'acciaio intrecciato, mentre il soldato la sollevava sempre più in alto.

Provò paura.

Fu assalita da un'altra sensazione, più potente dell'imbarazzo che provava nell'essere tenuta in quel modo. Una sensazione che affondava dentro di lei, insieme a quell'improvvisa, inesplicabile nostalgia.

10 forza sul chiavistello, il quale si sollevò all'improvviso, e il rumore echeggiò nel corridoio silenzioso. I passi alle sue spalle avevano cambiato direzione. Non c'era tempo da perdere.

Batté le palpebre per mettere a fuoco ciò che aveva davanti e si ritrovò a fissare gli occhi più azzurri che avesse mai visto. No, non era vero, aveva già visto quegli occhi. Anni prima. Hugh di Shoebury! Un brivido di paura la percorse da capo a piedi.

La teneva troppo stretta. Tentò di respirare a fondo, di protestare, e inalò l'odore di cuoio e di metallo, e un profumo che poteva appartenere solo a un uomo. Un profumo che aleggiava nella sua memoria... elusivo, familiare, che la colmò di nostalgia e la costrinse ad Immaginiammutolire.antiche riaffiorarono alla sua mente.

Alice era ancora incollata a lui. Non riusciva a muoversi nemmeno quel tanto che bastava per trarre un respiro profondo. Oh, non avrebbe voluto, ma conosceva bene quegli occhi, così come Hugh conosceva bene i suoi. Non c'era confusione, in quell'azzurro profondo, soltanto... attesa.

Altri tratti di Hugh erano diversi da come lei li ricordava. I capelli biondi non si arricciavano più sulle spalle, ma erano tagliati corti e i riccioli erano nascosti dietro le orecchie. La pelle non era pallida come quella di chi viveva in una nebbiosa cittadina, ma era scurita dal sole. Illuminato dalle torce, il suo viso era duro e spigoloso. Aveva delle rughe intorno agli occhi, causate non dal riso, ma dalla determinazione. Le sue labbra, che in passato si incurvavano spesso in un sorriso, adesso erano piegate verso il basso.

Eppure, quella nuova durezza non riusciva a occultare l'assoluta bellezza del suo volto. No, non era così, si corresse Alice, la sua perfezione era guastata da un naso lievemente storto.

Il sigillo rischiò di scivolarle dalle mani umide di sudore. Sapeva bene perché quel naso era storto, dal momento che era stata proprio lei a romperlo. Riluttante, contro la propria volontà, sollevò di nuovo gli occhi verso quelli di Hugh. La stava fissando.

11 Batté di nuovo le palpebre. No, quegli occhi non erano gli stessi, sebbene fossero dello stesso azzurro cristallino di una giornata d'estate, così luminosi e troppo penetranti per essere reali. Gli occhi che aveva di fronte erano stati privati di quella luce. Erano chiari e di un colore che pareva impossibile, in natura, ma contenevano qualcos'altro una sorta di cupezza come se un temporale fosse sul punto di scoppiare da un momento all'altro.

12 Tuttavia non poteva essere l'uomo che Alice conosceva. Non aveva più avuto sue notizie, non l'aveva più visto per oltre sei anni. Lo aveva creduto morto, anzi, aveva desiderato che fosse morto. «Hugh?» Il nome le sfuggì dalle labbra prima che lei rammentasse di possedere ancora una voce, e lui abbozzò un sorriso.Alice conosceva quel sorriso, lo conosceva sin troppo bene. La vista le si offuscò, la testa le girava vorticosamente.

Sentì le mani di lui stringerla a sé come se avesse intuito la sua improvvisa mancanza di Stavaforze. per perdere i sensi.

Un dolore acuto alla schiena, un'improvvisa spinta in avanti, e lui che si spostava per non perdere l'equilibrio. Era tutto ciò di cui Alice aveva bisogno per interrompere il contatto dei loro sguardi. Il torpore l'abbandonò, e la stanza tornò a essere luminosa. Erano circondati da una gran folla. Gli abiti dei cortigiani di colori variopinti, con grande abbondanza di oro e argento brillavano e scintillavano alla luce delle torce. Tutti la stavano fissando. Le loro labbra si muovevano, ma lei non riusciva a udire le loro parole, al di sopra del rombo che aveva nelle orecchie. Diede una spinta al soldato, ma lui non la lasciò andare subito, invece la posò lentamente a terra. Il suo corpo era più duro di un muro di pietra. I seni le si inturgidirono, fasciati nell'abito pesante, mentre aveva ancora le gambe intrecciate alle sue.

Era tutto troppo intimo, troppo conturbante. Quan do i suoi piedi toccarono il pavimento, fu come se l'avesse lasciata cadere da una scogliera immaginaria.Barcollante,

Alice premette la mano contro il suo

13 torace. Rabbrividì sentendo il suo respiro e il forte battito del suo cuore. Le mani di lui scivolarono verso la sua vita, familiari, possessive. Non aveva il diritto di toccarla in quel modo, aveva rifiutato di avere quel«Lasdiritto.ciami andare» gli intimò senza guardarlo negliLuiocchi.indietreggiò di un passo. Le voci dei presenti infine raggiunsero le orecchie di Alice. Nell'ampia sala echeggiavano grida di protesta, esplosioni di rabbia, risate e conversazioni a voce alta. I cortigiani la fissarono e puntarono il dito verso il suo petto. Alice arrossì per l'imbarazzo. Forse i nastri del vestito si erano sciolti, mentre Hugh la teneva stretta? Si ritrovava mezza nuda lì, in pubblico, a corteAbbassò? gli occhi, ma non notò nulla di indecente. I nastri verde chiaro che chiudevano il corpetto e le maniche dell'abito blu erano intatti. Non aveva niente di cui vergognarsi. Teneva ancora il sigillo stretto al petto. Il sigillo! Aveva trovato il sigillo! Come aveva potuto scordarsi del gioco? Per quanto tempo era stata tra le braccia di Hugh, fissandolo come se... come se fosse stata felice di vederlo? Stavolta l'imbarazzo la rese paonazza, era qualcosa che non riusciva a Ordinandosicontrollare.diapparire il più indifferente possibile, sollevò lo sguardo. Lui non c'era più. I cortigiani l'avevano circondata e la stavano spingendo in avanti. Puntando i talloni a terra, cercò di opporre resistenza fino a quando la folla non si aprì davanti a lei, facendola avanzare con un'ultima spinta. Squadrò le spalle, passandosi una mano sull'abito

14 spiegazzato e si voltò indignata verso i cortigiani, ma si immobilizzò all'istante quando, con la coda del l'occhio, scorse un luccichio rosso e oro. Incredula, si voltò verso il trono del re. Non era vuoto. Sul trono riccamente intagliato sedeva un uomo con la barba, alto e molto magro. Reprimendo l'istinto di nascondersi, Alice sprofondò in una riverenza.Re

Edoardo era tornato alla Torre di Londra, e la stava fissando. «Alzatevi» le ordinò, «sembra che abbiate qualcosa che mi appartiene.» Alice obbedì, le ginocchia malferme e le mani tremanti. Per timore di farlo cadere, si premette il sigillo al Improvvisamentepetto. fu consapevole del proprio aspetto. Aveva i capelli spettinati a causa della corsa, l'abito spiegazzato e le guance arrossate per lo stupore. Ed era molto confusa. Non era giusto. Non aveva visto o sentito nessun annuncio ufficiale dell'arrivo del re. Era stordita, le girava la testa, stava per perdere i sensi? No! Sollevò il mento. Maledetto quel gioco e se poteva permettersi maledetto anche il re, che la stava facendo sentire inadeguata. Dopotutto, la colpa era di quello stupido gioco. Che cosa si aspettava, Edoardo?Lui, però, non sembrava affatto curarsi del suo aspetto. Pareva non aver notato la seta stropicciata o i riccioli sfuggiti al cerchietto d'argento. Il re non stava valutando il suo aspetto fisico, stava valutando lei. Sì, avrebbe perso i sensi, si disse Alice. «Chi siete?» La voce profonda di Re Edoardo riecheggiò nella sala improvvisamente silenziosa.

15 Lei avrebbe voluto che la sua bocca non fosse tanto asciutta. «Alice di Fenton, sire.» «Da Swaffham?» «Sì, Vostra Maestà.»

Il ciambellano apparve alla destra di Alice. Nelle mani teneva un corno da caccia d'avorio, riccamente intagliato, decorato con tre fasce di argento inciso che brillavano come stelle. Se era quello il suo premio per aver vinto il gioco, allora tutte le stravaganze che sua sorella le aveva riferito sulla vita di corte corrispondevano al vero. Chinò il capo. «Grazie, VostraAncheMaestà.»lui chinò il capo, ma guardò oltre le sue spalle. Alice avrebbe voluto voltarsi, ma il ciambellano le stava porgendo il corno. L'uomo non tendeva completamente le braccia, e Alice fu costretta ad avvicinarsi a lui per non dare l'impressione che intendesse rifiutare il premio.

Sorpresavestibolo».daquelle

Quando sollevò di nuovo lo sguardo, anche il re

Il sovrano fece una risatina. «Be', sembra che abbiate vinto un premio.» Alice non sapeva cosa rispondere. Nonostante la risata, il re aveva le sopracciglia aggrottate, che gli conferivano un aspetto severo. Probabilmente, gli era impossibile non essere preoccupato quando doveva farsi carico di tante questioni importanti al nord ma, se aveva tanti pensieri, perché perdeva tempo con un gioco di corte?

Fu allora che udì il messaggio dell'uomo, appena sussurrato: «Quando inizierà la terza canzone, recatevi nel

parole, Alice non reagì nel momento in cui il ciambellano prese il sigillo, le mise in mano il corno, e scomparve.

Si ritrovò da sola, mentre gli altri danzavano, spettegolavano e amoreggiavano. Tutti ridevano e parlavano a voce troppo alta. Se avessero fatto un po' di silenzio, sarebbe riuscita a concentrarsi. Due, contò. Conosceva quella canzone. Non le restava molto tempo prima di raggiungere il vestibolo. Di certo, non il tempo sufficiente per riordinare i propri pensieri, che adesso erano ancora più arruffati dei suoi capelli. Non sapeva per quale motivo il re l'avesse convocata, o perché avesse avuto l'impressione che la stesse valutando.

Forse vincendo il gioco aveva attirato la sua attenzione. La regina era morta da anni, e lui non si era ancora risposato. Era quello il motivo per cui l'aveva guardata con tanto interesse? Si stava chiedendo se sarebbe stata un'amante adatta a lui? Il cuore di Alice

I cortigiani la circondarono, ma le sue orecchie erano sorde alle loro chiacchiere eccitate.

16 non c'era più. Com'era possibile che non si fosse accorta che il sovrano aveva lasciato il trono?

Benché il ciambellano non lo avesse detto apertamente, lei sapeva che si trattava di un evento straordinario e che non avrebbe dovuto parlarne con le persone che le si affollavano intorno per ammirare il corno.Sicostrinse ad accettare le loro congratulazioni, ma non vedeva l'ora che il loro interesse svanisse, il che accadde poco dopo.

In sottofondo udì una musica. Aveva perso una canzone?No,il ciambellano se n'era appena andato, e le persone stavano cominciando adesso a danzare. Era la prima canzone. Il re voleva vederla in privato all'inizio della terza canzone.

17 ebbe un sussulto. Era un onore nel quale non aveva maiScrutòsperato.la folla alla ricerca di un uomo dai capelli biondi, ma non aveva bisogno di guardarsi intorno per sapere che Hugh non si trovava più in quella sala. Da sempre era in grado di percepire la sua presenza anche senza vederlo. Non c'era nessuno con cui potesse confidarsi. Si era considerata fortunata nell'avere una settimana intera di libertà, durante la quale i suoi familiari non l'avrebbero spinta a danzare con uomini che consideravano adatti a lei, ma in quel momento le avrebbe fatto piacere vedere un volto familiare. Che senso aveva far parte di una famiglia numerosa, se nessuno dei suoi parenti era presente, nel momento del bisogno?

Il vestibolo era illuminato da alte e strette finestre di vetro piombato. La luce naturale era più soffusa di quella delle torce che rischiaravano sala del trono. Il sole non era ancora tramontato, il che la sorprese.

Le guardie alla porta le parvero riluttanti. Si scostarono di pochi passi e socchiusero la porta, tanto che Alice fu costretta a voltarsi di profilo per riuscire a passare. Di certo non era un ospite d'onore.

La seconda canzone stava per finire, era giunto il momento di andare. Era troppo spaventata per guardarsi intorno, temeva che le persone avrebbero capito dove stava andando e cosa le sarebbe successo.

La porta si richiuse subito alle sue spalle con un rumore metallico. Adesso la musica e le risate giungevano attutite alle sue orecchie, e solo in quel momento Alice si rese conto che il rumore e le persone le erano di conforto.

Aveva l'impressione che fosse passato più tempo da quando era iniziato il gioco.

Edoardo si voltò verso di lei. Camera da letto o no, Alice si trovava pur sempre al cospetto di un sovrano. Fece un'altra riverenza. «Venite, non ci sono formalità, qui.» Il re la invitò a sedersi al tavolo di fronte a lui. Alice obbedì, continuando a guardarlo negli occhi. L'espressione del re era indecifrabile. «Gradite qualcosa da mangiare?» le offrì lui, posando lo sguardo sul corno che lei teneva in grembo. «No, grazie, sire» rispose Alice con tutta la deferenza di cui era capace. Non sarebbe riuscita a mandar giù niente anche se ci avesse provato. Era persino sorpresa di riuscire a parlare.

Edoardo sedeva a un tavolo rettangolare, nel mezzo della stanza, apparecchiato con cibo e preziose stoviglie di peltro. Non c'erano guardie, né nobili, né cortigiani che richiedevano la sua attenzione. Erano soli, e quello non era un vestibolo, ma la camera da letto del re. Non fu quello a immobilizzarla, però, quanto la sensazione che provò. Cibi raffinati sulla tavola, il sovrano seduto a mangiare e bere vino... Era tutto così intimo, così... personale.

18

«Siete nervosa» osservò il re. «Sì, lo sono, Vostra Maestà.» Lui sospirò. «È comprensibile. Mi chiedevo come vi sareste comportata, essendo una donna.» La stava giudicando. Era deluso dal fatto che fosse

Le pareti erano decorate con gigli rossi, e tende di velluto verde scuro circondavano il grande letto di legno intagliato. Il fuoco nell'enorme camino era spento. Sulla parete opposta c'era una piccola nicchia rotonda al cui centro era appesa una grande croce d'oro.Re

Il re prese la brocca del vino, e il suo profumo floreale si diffuse nella stanza, mentre riempiva il bicchiere. Alice ne approfittò per osservarlo senza avere i suoi occhi addosso. Benché lui non se ne rammentasse, era già stata presentata a corte quando era molto giovane. Il re era molto cambiato dall'ultima volta che lo aveva visto. Le ombre sotto i suoi occhi e il

Forse le sue parole erano state troppo audaci e irriverenti.«Nonintendevo dire...» mormorò Alice.

«Non è che io non abbia paura di voi, ma ho più paura del motivo per cui mi trovo qui.» Edoardo si appoggiò allo schienale della sedia, e le rughe sulla sua fronte si distesero. «Mi fa piacere scoprire che siete saggia. Sarebbe scorretto da parte mia dirvi che non dovete aver paura.»

«Cosa vi aspettate da me, sire?»

Re Edoardo scosse il capo con un sorriso indulgente. «No, non scusatevi. Apprezzo la vostra onestà e sono sollevato dal fatto che non abbiate paura di me, ma solo di ciò che mi aspetto da voi.»

19 nervosa? Aveva tutte le ragioni per sentirsi a disagio, persino per avere paura di lui. Re Edoardo era uno dei più importanti sovrani del mondo. Alice, però, si rese conto che la sua agitazione era dovuta a qualcosa di diverso dal potere di quell'uomo. Si trovava in una situazione che non riusciva a comprendere. Per quale motivo il re era tornato dalla guerra per assistere a un gioco, e perché lei si trovava nella sua camera da «Laletto?mia paura riguarda ciò che vi aspettate da me, Vostra Maestà, non è dovuta alla vostra augusta compagnia» spiegò. Il re posò la coppa e la guardò sorpreso.

non replicò. Essendo l'ultima di tre sorelle aveva dovuto imparare a essere paziente. Il re stava soppesando le sue parole, e lei attendeva ancora una risposta alla sua domanda.

In effetti Alice non aveva ancora avuto l'occasione di apprezzare il suo premio. Scosse il capo, temendo di offendere il re. «No, Vostra Maestà, ma è un bellissimo premio.» Lo osservò, e solo in quel momento notò le immagini incise sugli inserti d'argento.

20 suo cinismo tradivano la sua età più della barba grigia.«Come siete riuscita a sfuggire alle mie guardie?» Edoardo posò la brocca.

Le ci volle qualche istante per capire che si stava riferendo al gioco. «Ho aspettato nascosta nel buio fino a quando non se ne sono andate, Vostra Maestà.»«Benché

non sia felice del fatto che le mie guardie si siano lasciate ingannare tanto facilmente, è una cosa positiva che voi abbiate dimostrato di possedere sia intelligenza sia pazienza. Avrete bisogno di entrambe.»Alice

«Siete stata contenta di aver trovato il sigillo?» Il re prese un pezzo di pane e lo spezzò, spargendo le briciole sul tavolo. «Sì, grazie.» Il re masticava lentamente. «Tenete stretto il vostro premio come se temeste che io possa riprendermelo. Vi prometto che è vostro, ma vorrei che lo posaste sul tavolo affinché io possa godere della sua vista ancora per qualche istante.»

Lei abbassò gli occhi sul corno che teneva ancora stretto in mano, poi lo posò sul tavolo. «Non lo avete guardato con attenzione.»

Alice ammirò la decorazione perfetta del corno. «Forse manca una fascia.» «O forse l'artigiano ha pensato che il destino dei re dei diversi Paesi non fosse abbastanza importante» osservò il re prima di mandar giù un sorso di vino. «Sappiate che non sono dello stesso parere» aggiunse, posando la coppa sul tavolo. «Non sono interessato a cosa accade agli amanti o al singolo individuo, esistono cose ben più importanti della vita di due

Lui prese il corno e se lo rigirò tra le mani. «Vengono raccontate molte storie, qui. Questa è la fine della storia» spiegò, sfiorando la fascia d'argento più piccola, quella vicino all'imboccatura, «ma non ha molto senso, se confrontata con le storie raccontate nelle prime due fasce.»

21

«Quali sono queste storie, sire?» Non sembrava che il re avesse fretta di mettere fine al loro colloquio; e se credeva di metterla a proprio agio parlando del corno decorato, si sbagliava di grosso. Si sentiva anche più tesa delle fasce d'argento.

«Racconta di re in guerra e di amanti che vengono separati, le tipiche storie cantate dai menestrelli» rispose Edoardo. «E cosa non avrebbe senso, nel finale?» domandò Alice.«Alla fine vediamo gli amanti riuniti e un bambino tra«Eloro.»questo non ha senso?» Il re posò il corno e prese la coppa di vino, facendolo traboccare. Alla luce che filtrava dalle finestre di vetro piombato, il liquido rosso scuro pareva sangue. «Non si vede ciò che accade ai re» rispose. «Riconosco di essere di parte, ma dovrebbe esserci equità, tra le due storie.»

«Voglio che sappiate che quanto stiamo dicendo dovrà restare tra di noi. Se questa informazione dovesse diventare di dominio pubblico prima della fine della vostra missione, voi e la vostra famiglia sareste rinchiusi nella Torre... e non come ospiti.» Alice si rammaricò di non aver accettato una coppa di vino. Forse avrebbe arrecato un po' di sollievo alla sua gola, che all'improvviso era diventata arida. Annuì, sebbene non avesse ben capito quel che il re le stava dicendo.

«Non dovete perdere il coraggio proprio adesso» l'ammonì lui. «Non vi sto chiedendo di contravvenire a un comandamento divino.»

Forse non avrebbe dovuto macchiarsi di un omicidio, rifletté Alice, ma senza dubbio si trattava di una cosa seria, talmente seria da aver indotto il re a recarsi a Londra, qualcosa che lo aveva addirittura spinto a minacciare la sua famiglia.

«Ho visto ventidue estati, Vostra Maestà.»

Lui annuì. «Significa che siete abbastanza cresciuta per ciò di cui ho bisogno. Avete dimostrato intelligenza e tenacia, nella ricerca del sigillo, e vivete nella città che mi dà più problemi. Quindi, anche se non siete esperta in questo genere di cose, vi ordino di portare a termine una missione della massima importanza.»«Non capisco.» Alice si mosse sulla sedia, divenuta a un tratto scomoda. Il suo istinto la spingeva a lasciare la stanza, ma non poteva alzarsi senza il permesso del re. Forse non avrebbe dovuto impegnarsi tanto, in quel gioco, ma adesso si stava rendendo conto che forse non si era trattato di un gioco.

22 persone.» Fece una pausa. «Quanti anni avete?» le domandò poi.

Alice doveva concentrarsi sulle sue parole e non sull'immagine delle sue sorelle rinchiuse nella Torre. «Cosa volete che faccia?» si costrinse a chiedere. «Pensavo che fosse chiaro a una persona che è riuscita ad aggirare le mie guardie migliori e a vincere la prova. È questa la ragione per cui il premio del vincitore è un corno da caccia. Voglio che il vincitore diventi un cacciatore.»

Lei scosse il capo, e il re sollevò una mano, annuendo.«Sì,Alice di Fenton da Swaffham, voglio che troviate il vero sigillo» affermò il sovrano. «Chiunque sia in possesso di questo sigillo è il traditore, e noi crediamo che questo traditore sia nella vostra città, forse tra le persone che conoscete.»

23 «In ogni guerra le informazioni sono importanti, per la vittoria, così come l'abilità con la spada» proseguì Edoardo. «Al momento qualcuno sta passando informazioni segrete da questo palazzo agli usurpatori in Scozia. Per distinguersi, o come atto di sfida, tutte queste lettere portano un sigillo raffigurante mezzoAlicecardo.»stentava a seguire la conversazione. Era troppo privata, troppo importante. Il Re d'Inghilterra le stava rivelando che c'era un traditore, alla sua corte, e che il traditore chiudeva le sue lettere con un sigillo.«La ricerca del sigillo... l'enigma» mormorò, «non si trattava di un gioco.» «No, era una prova» confermò lui. «Ho pensato che chiunque fosse stato abbastanza in gamba da trovare il sigillo falso, riuscirà a trovare anche quello vero. Nel caso in cui ve lo stiate chiedendo, nessuno dei partecipanti è stato scelto a caso.»

24 Alice smise quasi di respirare. Non poteva accadere a lei... Il re non poteva pretendere che lei facesse quello che stava iniziando a pensare. «Voglio che diventiate una spia» concluse Re Edoardo. Oh, mio Dio! Proprio quello che Alice aveva temuto.

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