Note d'irlanda

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SUPERTASCABILI


Emilie Richards

NOTE D'IRLANDA

traduzione di Grandi & Associati


Immagine di copertina: Lorenzo Gulino/Arcangel Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: The Parting Glass Mira Books © 2003 Emilie Richards Mcgee Traduzione di Grandi & Associati Srl Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. © 2004 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione I Chiaroscuri novembre 2004 Questa edizione SUPERTASCABILI marzo 2018 SUPERTASCABILI ISSN 2532 - 7089 Periodico mensile n. 7 dello 15/03/2018 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 72 dello 06/02/2007 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Mondadori, 1 - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 045.8884400 HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano


Prologo 1923 Castlebar, Contea di Mayo. Carissimo Patrick, quanti anni e quanti chilometri ci separano. Per secoli noi McSweeney abbiamo ignorato la solitudine e abbiamo saputo tutto gli uni degli altri. In fondo, cos'altro c'era da sapere? Cos'altro c'è, alla fine, se non la famiglia, la terra e la chiesa? Il resto è come burro sul pane: puro piacere e poco nutrimento. Adesso, come la zavorra dalle navi, la nostra famiglia è stata scaraventata su lidi lontani. Tu in Ohio, le nostre amate sorelle in Australia, in Nuova Scozia e al cimitero. Chi di noi è ancora in vita è vecchio e separato da una distanza che non si può misurare solo in chilometri. Ormai sappiamo così poco gli uni degli altri. Ho ricevuto la fotografia che ti hanno fatto alla chiesa di Santa Brigida e ti ringrazio per avermela mandata. Ma che cosa è successo al giovanotto che conoscevo, così alto e onesto? Che cosa è successo al prete dallo sguardo infiammato e dal passo agile? Ha forse intrapreso il mio stesso cammino? Il cammino che conduce a una sola destinazione? Caro Patrick, non riesco a immaginarti vecchio. Che 5


cosa fai adesso? Celebri la messa solo nelle feste comandate, ascolti qualche rara confessione, passi le tue giornate a leggere e a meditare? Su cosa rifletti, ora che hai tempo? Sugli anni che hai già vissuto? Sulla verde isola in cui sei nato? Sull'amata terra che i McSweeney non lavoreranno più? Forse, se mi fossi sposata, le mie giornate sarebbero più movimentate. Avrei nipoti e pronipoti, che dondolerei orgogliosa sulle ginocchia. Invece, senza una famiglia che mi succederà, penso solo a quella da cui provengo, a te, a Ciara, a Selma e alla cara Una, che è stata con noi così poco. Nessuno di noi ha eredi, ai nostri piedi c'è solo una lunga striscia di ceneri. Mi ricordo tutto, anche oggi che sono arrivata al capitolo finale della mia vita. Mi ricordo le canzoni e le risate, l'aroma del pane che cuoceva nella stufa di pietra e le pecore che belavano nel nostro recinto. Mi ricordo un ragazzetto che mi tirava la gonna, che recitava le preghiere mangiandosi le parole e che si nascondeva dietro le porte chiuse per paura che di notte, quando la paludosa terra di Mayo è avvolta dal freddo e dalla nebbia, arrivasse l'uomo nero. Sono fortunata ad avere il conforto di questi ricordi. E sono fortunati tutti coloro che hanno avuto una famiglia da amare. Questo, Patrick, non ci potrà mai essere tolto. Nonostante gli anni che ci separano, tu e tutti i nostri cari siete sempre con me. Tua sorella, Maura McSweeney

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1 Peggy Donaghue preferiva evitare il parcheggio del Whiskey Island Saloon, cosa non facile, considerato che viveva sopra il locale. Quando non trovava posteggio lungo la strada, occupava di malavoglia il posto riservato più vicino alla porta sul retro e sfrecciava in cucina. Non era superstiziosa, ma non amava tentare la sorte. Se non in casi eccezionali. Il giovane dietro di lei si schiarì la voce. «C'è molto vento, Peggy. Non c'è bisogno che resti qui fuori. Ti prometto che non succederà nulla.» Peggy raccolse i lunghi capelli rossi che continuavano a ricaderle davanti agli occhi. Si accorse che Josh, alto, smilzo e palesemente a disagio, non la guardava. Era comprensibile: aveva appena rubato la sua prima macchina e, come Peggy, pregava che il proprietario non scoprisse che la sua Honda Civic nuova di zecca era sparita. «Mi fido, Josh, e mi fido anche di loro.» Peggy indicò con un cenno del capo un gruppetto di quattro ragazzi, che fissava l'auto come avrebbe fissato lo stufato con i crauti, il piatto del venerdì al locale. «Ma rimango qui, in caso abbiate bisogno di me.» «Nick si è chiuso nel suo studio. Quando fa così, non si accorge di niente. Non lo verrà a sapere.» Ma il tono di voce del ragazzo era meno sicuro rispetto alle sue parole. 7


«Dovrà sbrigare le ultime cose prima della partenza» osservò Peggy. In quel momento, tra le macchine scorse una sagoma familiare avanzare verso di loro. «Beccati» disse a Josh. «Non abbiamo più scampo.» Le pallide guance di Josh arrossirono. «Devo andare. Ci penserà Winston a controllare che sia tutto a posto. È meglio se torno a casa, altrimenti Nick potrebbe accorgersi...» Peggy lo salutò con la mano. «Vai pure. Resterò io a beccarmi la sfuriata.» Josh la guardò con gratitudine e si allontanò. Per evitare la sorella maggiore di Peggy, si abbassò e si nascose dietro le auto. Il vento doveva aver rovesciato un contenitore dell'immondizia e nel parcheggio svolazzavano sacchetti di plastica e fogli di giornale. Casey Donaghue Kovats raggiunse Peggy e vide i ragazzi che sistemavano i petardi sul paraurti posteriore dell'auto di Niccolò Andreani. La Civic grigia metallizzata era parcheggiata vicino alla porta sul retro, in modo da non essere visibile dalla strada. «Stai qui a guardare mentre quei ragazzi attaccano fuochi d'artificio al paraurti?» «Niente "Ciao sorellina, come stai, che vento oggi"?» «Hai lavorato in un pronto soccorso, Peggy, dovresti sapere che è pericoloso.» «Non sono fuochi d'artificio, sono petardi. Sono solo un po' più tecnologici delle lattine e delle scarpe vecchie.» «A Megan verrà un colpo.» «Lo spero bene. Con tutta la fatica che abbiamo fatto.» Peggy fece cenno a un ragazzo afroamericano che portava un rotolo di nastro isolante attorno al braccio. «Winston, per favore, potresti rassicurare Casey che l'auto di Nick non salterà in aria?» Winston lasciò la sua postazione di controllo e si 8


avvicinò alle sorelle. «Non succederà niente, solo un po' di rumore. Tranquilla, abbiamo fatto le prove ieri.» «Le prove?» chiese Peggy, incuriosita. «Già, a un matrimonio. Si è sposato qualcuno alla chiesa battista.» «Qualcuno che conosci?» Winston alzò le spalle e dribblò la domanda. «Abbiamo imparato un sacco di cose, tipo non attaccare i palloncini e i petardi allo stesso paraurti, altrimenti sì che scoppia un bel casino.» Peggy si sforzò di non sorridere. «Vedi? Te lo avevo detto, siamo nelle mani di un professionista.» Winston tornò al lavoro e Casey alzò gli occhi al cielo. «Non posso credere che Nick sia stato così poco previdente da lasciare l'auto davanti al locale» borbottò. «Infatti non lo ha fatto. È stato Josh a portarla qui, mezz'ora fa. Nick non sa nemmeno che non c'è più.» «E come arriverà in chiesa?» «Può andarci a piedi. Non è molto lontano.» La folata di vento che spinse Peggy contro Casey spazzò via anche l'ottimismo del suo piano. Il cielo diventava sempre più scuro e il vento si alzava. Le previsioni della mattinata avevano parlato di brezza, con qualche possibile rovescio. Ma a Cleveland i meteorologi avevano vita dura. «Gli darei la mia macchina, ma non ce l'ho più» disse Peggy. «Se era un modo per ricordarmi che domani parti per l'altra metà del globo, non ce n'era bisogno.» Peggy la ignorò. «Potrebbe accompagnarlo in chiesa Jon. Perché non lo chiami e glielo chiedi?» Jon e Casey si erano sposati da appena un anno, e lui era sempre disponibile quando si trattava di aiutare qualcuno. «D'accordo, almeno con Jon sarà in buone mani.» Casey sorrise. 9


Peggy aveva notato che negli ultimi giorni sua sorella sorrideva spesso. Con o senza motivo. Evidentemente il matrimonio le faceva bene. Erano passati più di due anni da quando Peggy e Casey erano tornate a Cleveland, alla ricerca di un posto dove rifugiarsi. Adesso Peggy aveva un figlio, Casey si era sposata con il suo migliore amico e Megan, che gestiva il locale di famiglia, stava per convolare a nozze. Un quadretto familiare perfetto, ma solo in apparenza. Ognuna delle tre sorelle aveva la sua bella dose di guai a cui pensare. Non oggi, però. Quello era il giorno di Megan. «Ti ricordi quando è stata l'ultima volta che ci siamo ritrovate così nel parcheggio?» chiese Casey. Peggy aveva sempre l'impressione che le sue sorelle riuscissero a leggerle nella mente, fin da quando era piccola. «Avevamo una pistola puntata contro» rispose Peggy. «Poi è arrivato Niccolò e ci ha salvate. E adesso sta per sposare nostra sorella. Strana la vita, non trovi?» «Ho sbirciato dentro. È incredibile come hanno trasformato il locale.» Il plurale stava a indicare la famiglia Donaghue, più tutti coloro che a Cleveland le erano affezionati. Quella mattina un'orda di amici e parenti era arrivata per tirare a lucido il locale dove avrebbe avuto luogo il ricevimento di nozze di Megan e Niccolò, dopo la funzione alla chiesa di Santa Brigida. «Sembra di essere tornate ai tempi in cui la mamma organizzava i banchetti di nozze della famiglia» proseguì Casey. «Chissà Megan, quando vedrà il locale. Sarà felicissima.» Peggy era di un altro parere. Un domani Megan, la loro sorella maggiore, avrebbe ripensato a quel giorno con gioia, addirittura con nostalgia, ma oggi non si sarebbe accorta di nulla. Anzi, se gli indizi non men10


tivano, si sarebbe sottoposta alla cerimonia e alla festa come un detenuto che si appresta a scontare la propria condanna a vita dietro le sbarre. Casey notò l'espressione perplessa della sorella. «D'accordo, magari sarà un po' nervosa e non noterà proprio i minimi dettagli...» «Ma dai, ci andrà già bene se si limiterà a essere in stato comatoso. Non capisco perché lei e Nick non abbiano fatto una fuga d'amore.» «Non voleva dare il cattivo esempio.» «Darlo a chi?» Nello stesso istante in cui lo chiese, capì qual era la risposta. «A me? Megan aveva paura che, se fosse fuggita, un giorno io avrei potuto imitarla?» «Credo che in parte sia per questo. E in parte anche perché Nick voleva un matrimonio in piena regola» aggiunse Casey, prima che Peggy potesse dire la sua. «Voleva che ci fossero i suoi ragazzi.» I ragazzi a cui si riferiva Casey erano un folto gruppo di bambini e adolescenti, compresi quelli che si affannavano intorno all'auto di Niccolò. Più di una decina di delinquenti mancati che facevano parte di One Brick, l'associazione fondata, diretta e gestita da Niccolò Andreani, il cui motto era «Un mattone alla volta», da cui il nome, "Un mattone". «Stai dicendo che Megan ha organizzato il suo matrimonio solo per gli altri?» chiese Peggy. «Lei non ne parla, posso solo tirare a indovinare. Ma l'hai vista anche tu, è uno straccio, da quando hanno deciso di sposarsi. Adora Nick e non si tirerebbe mai indietro, credo semplicemente che detesti essere al centro dell'attenzione. Preferisce gestire la vita degli altri dalle retrovie.» Peggy controllò l'orologio. Erano le dieci e il matrimonio iniziava all'una. «Ho ancora un miliardo di cose da fare prima che si svegli Kieran.» «Anch'io, devo aiutare Megan a vestirsi e poi ho appuntamento dal parrucchiere.» 11


«Io sono messa peggio, devo pensare a Kieran...» «E fare le valigie.» «È già tutto pronto. Zia Dee è passata questa mattina presto e ha preso le borse, così ho un pensiero in meno. Devo anche dare una sistemata all'appartamento. Megan ha già fatto pubblicare le inserzioni.» Peggy cercava di evitare un'ulteriore discussione sulla sua partenza. Da quando aveva annunciato che si sarebbe trasferita in Irlanda per un anno, le sue sorelle avevano fatto di tutto per cercare di dissuaderla. «Adesso è meglio che vada.» Una folata di vento per poco non la sollevò da terra. Peggy gridò per lo spavento, ma il suo urlo fu sovrastato da uno schianto assordante. Era così disorientata che non riconobbe subito il suono, poi, inorridita, voltò la testa verso la macchina. «Allontanatevi dall'auto! Tutti! Muovetevi!» Si buttò in avanti insieme alla sorella. «L'albero...» Winston e la sua banda erano ragazzi tosti, con lo spirito dei sopravvissuti. D'istinto si sparpagliarono qua e là, come le foglie che piovevano dal grosso acero che si trovava proprio sopra la nuova Civic di Niccolò. L'aria fu lacerata da un terribile scricchiolio. Poi, mentre Peggy guardava terrorizzata la scena, l'albero dondolò incerto e si spaccò in due. La metà del tronco più vicina al locale si abbatté sull'auto di Niccolò, con un rombo seguito dall'accartocciarsi del metallo, mentre l'altra metà restò maldestramente in piedi. La macchina ora aveva l'aspetto di un panino vecchio di una settimana scoperto nella cartella di uno studente. Peggy cercò di calcolare i danni. L'albero era caduto abbastanza lentamente da dare ai ragazzi il tempo di scappare. Avevano l'aria scossa, ma erano sani e salvi. «State tutti bene?» chiese. I ragazzi annuirono o brontolarono una risposta affermativa. Poi seguirono Winston dall'altro lato del 12


parcheggio, senza smettere di parlare eccitati e di indicare l'auto. «Ha mancato il locale per un soffio» mormorò Casey. La voce le tremava. «Ma adesso non si può più aprire la porta della cucina. È bloccata dall'albero. Dovremo chiamare una squadra di operai per farlo spostare.» Peggy alzò la voce per farsi sentire sopra il fischio del vento. «Chi se ne frega della porta. E l'auto di Nick? Come glielo diciamo? Con cosa vanno adesso in viaggio di nozze lui e Megan?» «Possono prendere la mia. Io e Jon ce la caveremo anche con una macchina sola, finché non tornano.» «Dobbiamo comunque dirlo a Nick.» «Sì, ma quando? A te piacerebbe venire a sapere una cosa simile poco prima del tuo matrimonio?» «Suppongo di no.» «I ragazzi staranno zitti?» Casey si guardò alle spalle e il vento le ributtò i capelli sul viso. «Winston di sicuro. Oltretutto è stata sua l'idea di dire a Josh di portare qui la macchina. Non credo proprio che sia ansioso che Nick lo venga a sapere.» Familiari e amici cominciarono a uscire dal locale. Tra le urla di sorpresa iniziarono i suggerimenti su cosa fare. «È meglio chiamare un giardiniere» urlò qualcuno. «No, un carro attrezzi» intervenne qualcun altro. Casey disse quello che Peggy non voleva sentire. «Qualunque persona dotata di buonsenso rimanderebbe la cerimonia.» Adesso Peggy tremava, una reazione a scoppio ritardato. «Lo hai detto tu stessa: abbiamo un'uscita bloccata. Per legge dovremmo chiudere.» Casey mise il braccio attorno alle spalle della sorella. «Ecco la cosa bella dei Donaghue: nessuno degli invitati ci denuncerà.» «Casey, pensi che dovremmo cedere questo par13


cheggio al Comune e toglierlo alla famiglia una volta per tutte?» Due ore dopo, Megan Donaghue fissava lo specchio a figura intera dell'armadio della stanza da letto di Casey. Le restituì l'occhiata una donna imbronciata, in un sobrio vestito di seta color avorio. «Non so proprio come ho fatto a lasciarmi convincere. Sembro un paralume.» Casey era sotto di lei, inginocchiata sul pavimento. «Stai benissimo e non ci sono né pizzi né strascico. Se fosse ancora più semplice, sarebbe una sottoveste.» «Avrei dovuto mettermi un tailleur, solo che mi fanno sembrare un pinguino. Com'è che tu hai delle belle gambe, Peggy quei meravigliosi capelli e io invece...» Fece una pausa. «Niente. Niente di niente.» «A quanto pare, Nick qualcosa in te lo ha trovato. Se non stai ferma, va a finire che ti becchi uno spillo da qualche parte.» Megan conosceva sua sorella, quindi restò immobile. Anche Casey le era sembrata nervosa, quando era arrivata a casa sua. Meglio non rischiare. «Forse si è solo lasciato trasportare da un entusiasmo passeggero. Chi lo sa? Forse siamo scivolati in questa situazione e abbiamo continuato a scivolare e alla fine lui non è riuscito a trovare il modo di venirne fuori. Forse ha cercato di dirmi che non vuole sposarmi e io non l'ho ascoltato.» «Megan, sono due anni che Niccolò cerca di sposarti. Ecco che cosa non hai ascoltato. Alla fine hai smesso di accampare scuse ed eccoti qui.» Casey riprese a cucire l'orlo. Megan si guardò allo specchio. Almeno per il giorno del suo matrimonio aveva sperato di vederci riflessa una rossa voluttuosa dall'espressione provocante e con un bel paio di tette che traboccavano dal corsetto. Invece vide un corpo tozzo e piatto, sotto un vi14


so rettangolare. Eppure non c'era niente che non andasse davvero in quel viso. I lineamenti erano ben proporzionati, gli occhi color ambra erano grandi e l'espressione schietta. Inoltre, la parrucchiera di Casey era riuscita a dare una parvenza di ordine ai ricci. «Che cosa ci trova in me, Casey? Insomma, Nick è un bell'uomo. Molto bello. Io invece sono tutta truccata e agghindata e non credo proprio che qualcuno mi fischierebbe dietro.» «Piantala, Megan, e vedi di stare ferma.» «Perché lo sto facendo?» Megan sistemò un ricciolo ribelle. Avevano dovuto trascinarla a forza nel negozio di abiti da sposa, dove aveva scelto il vestito più semplice che ci fosse. Però si era rifiutata di indossare il velo. Al suo posto c'era un ramoscello di fiori d'arancio di seta, che minacciava di cadere da un momento all'altro, se avesse continuato a scuotere la testa. «Perché lo fai?» Casey tagliò il filo e si sedette a guardare la sorella. «Forse perché, nonostante tu sia l'ultima persona al mondo che si merita di essere amata, sei innamorata di lui?» «Molto spiritosa.» «Se non è amore, sarà il sesso. Oppure lo fai perché vuoi qualcuno che ti aggiusti il lavandino quando perde?» «Quello lo so fare da sola.» «Quindi resta il sesso.» «Per quello non c'è bisogno di essere sposati.» «Allora dimmelo tu il perché.» «Faccio tutto questo perché a Nick non piace convivere. Lui crede nell'amore, nel matrimonio.» Megan lanciò uno sguardo torvo al ricciolo e lo rimise a posto per l'ultima volta. «È stato un prete.» Megan fece un respiro profondo ed espirò lentamente. «Ha bisogno di un giuramento solenne, dell'approvazione della Chiesa.» «Quindi fai tutto questo per lui.» Casey si rialzò e 15


si diresse verso l'armadio, a prendere il suo vestito. «Congratulazioni. Questo fa di te una martire. Lo sai, la Chiesa riserva un posto speciale in paradiso alle persone così.» Megan attese in silenzio che la sorella indossasse l'abito da damigella d'onore. Quando ebbe finito, Casey voltò la schiena verso di lei. «Mi chiudi la cerniera, per favore?» Mentre la chiudeva, Megan notò che fra i capelli della sorella, raccolti in un elegante chignon, erano stati inseriti alcuni fiorellini di seta bianchi. Tutte e tre le sorelle Donaghue erano rosse di capelli, ma per il resto c'era ben poco che le accomunava dal punto di vista fisico. Peggy, con il viso ovale e gli occhi color ambra scura, era oggettivamente bella, aveva lineamenti più morbidi rispetto alle altre due e un corpo femminile e sensuale. Casey era più interessante che carina, ma riusciva a far risaltare i tratti irregolari, i capelli chiari e il corpo spigoloso da modella con un abbigliamento e un trucco vistosi ed eccentrici. Faceva sempre colpo. E poi c'era Megan. Megan, la sorella ragionevole, quella senza tante smancerie, che gestiva il locale di famiglia e si sentiva perfettamente a suo agio in maglietta e pantaloni sportivi. Oggi, invece, le sembrava di essere una bambina che giocava a mettersi in ghingheri. Una bambina particolarmente goffa. «È proprio questo il problema» borbottò. «Non lo faccio solo per Nick. Anch'io credo nel matrimonio, almeno in teoria.» «Da ragazzine, non hai potuto vedere molti matrimoni felici. Eri troppo occupata a badare a noi.» «In certi momenti, la mamma e Rooney sono stati felici.» «Sì, certo, quando lui non dava di matto. Poi la mamma è morta e Rooney ha sbattuto le ali ed è partito per chissà dove. E sei stata tu a dover mandare avanti la baracca.» 16


«Ci sono molti matrimoni felici nella nostra famiglia. Prendi zia Deirdre e zio Frank.» Casey si avvicinò allo specchio della cassettiera per controllare il trucco. «Eri troppo occupata a proteggere il tuo nido per badare a queste cose, Megan.» Megan pensò che sua sorella aveva ragione. Loro padre, Rooney, aveva abbandonato la famiglia quando lei aveva solo quattordici anni. Da quel momento in poi, Megan si era sforzata di fare tutto ciò che poteva fare una ragazzina per mandare avanti il locale di famiglia e tenere unite le sorelle. Ma l'abbandono del padre le aveva lasciato delle cicatrici. E all'inizio Niccolò ne aveva pagato il prezzo. «Lo so che quello che è successo mi ha segnata» disse Megan, «ma ho superato la fase peggiore e adesso sono una ragazza forte. Ho capito perché Rooney è sparito e ora sono felice che sia di nuovo tra noi. C'è e non c'è, me ne rendo conto, ma so che ha fatto del suo meglio.» Casey la guardò. «Se anche tutti quelli che non sono malati mentali si sforzassero tanto quanto Rooney, il mondo sarebbe un posto fantastico.» «Non è vedere un discreto numero di matrimoni felici che mi spaventa. È vederne uno in particolare: il tuo» sbottò Megan, schietta. «Ecco che cosa mi preoccupa.» «Di che cosa stai parlando?» «Di te e Jon. Non so proprio come ci riusciate. Voi due siete più felici insieme di quanto non lo siate mai stati da soli. La fate sembrare una cosa così semplice.» «Io e Jon eravamo amici al liceo.» Casey abbassò una spallina del vestito di Megan e le diede una pacca sulla mano quando lei tentò di ritirarla su. «Ma questo cosa c'entra con te? Tu ami Nick. Allora dov'è il problema? Hai quello di cui hai bisogno, non è così?» «La fai sembrare facile, ma non lo è. Io non riesco semplicemente a sposarmi, come avete fatto tu e Jon. 17


Non c'è mai stato niente di facile per me, Casey. Non so che cosa significhi la facilità. E nemmeno Nick, credo.» «Un matrimonio non è facile per nessuno, credimi. Non lo è stato neanche per me e Jon, all'inizio.» «E se do tutta me stessa e viene fuori che non sono adatta?» Megan si voltò. «A volte fai anche terapia di coppia, giusto?» Casey era diventata da poco la direttrice di un'associazione no profit che forniva servizi sociali agli abitanti del West Side. Alzò le spalle. «Non è il mio campo.» «Quest'ansia sarà normale?» Megan si morse il labbro e solo dopo si ricordò di avere il rossetto. «Non voglio fallire.» «Che cosa succederebbe, se fallissi?» «Ne morirei. Non posso rovinare tutto. Se mi sposo, voglio che duri. Ma non so se sarò in grado di farlo durare.» Casey appoggiò le mani sulle spalle della sorella. «Non dovrai fare tutto da sola, Megan. Sarete in due, lo hai dimenticato? Adesso smettila di preoccuparti. Il vostro sarà un matrimonio fantastico. Un giorno ripenserai a quello che mi hai appena detto e non ci potrai credere.» Si sentirono alcuni passi in corridoio, poi la porta si spalancò. «Sei bellissima, Megan!» Peggy si precipitò nella stanza. «Oddio, mi viene da piangere a vederti così.» «Non azzardarti a farlo.» «Devo vestirmi.» Peggy si diresse verso l'armadio. «Ho dovuto dare istruzioni alla babysitter, per questo sono in ritardo. Non ho nemmeno avuto il tempo di sistemare i capelli. In ogni caso, non ne sarebbe valsa la pena, con questo vento. Tanto, avranno tutti gli occhi puntati su Megan.» «Sto per sposarmi» sospirò Megan. «Non è che qualcuna di voi vuole farlo al mio posto?» 18


Peggy tirò fuori il vestito dall'armadio. Era come quello di Casey, ma verde scuro. «Io sarei felice di sposare Nick. Dite che si accorgerebbe della differenza?» Si tolse la maglietta e infilò il vestito. «Gli diremo che hai cambiato idea. Vedrai, non se la prenderà.» Megan pensò che, se avesse fatto un altro respiro profondo, sarebbe andata in iperventilazione. Peggy si mise davanti a Casey perché le chiudesse l'abito. «Si sa niente di Rooney?» chiese, rivolta a Megan. Rooney era tornato a casa da due anni. A Megan c'era voluto molto tempo per comprendere e accettare la malattia del padre. Poi, a un certo punto, aveva rinunciato a cercare una diagnosi facile e si era limitata a prendere atto che non era come gli altri uomini. Rooney aveva lottato con tutte le sue forze per recuperare la salute mentale, ma gli anni e la dipendenza dall'alcol lo avevano segnato per sempre. Ciononostante, Rooney non era più un senzatetto, come quando Megan era ragazzina. Ogni sera tornava per cena e dormiva a casa di Niccolò a Ohio City, un quartiere del West Side di Cleveland. Non beveva più e prendeva alcune medicine che lo aiutavano a pensare con maggiore lucidità. A volte era confuso, ma di rado gli accadeva con le sue figlie. Si era perso una bella fetta della loro vita, però cercava come poteva di imparare a conoscerle di nuovo. «Stamattina gli ho ricordato un'altra volta il matrimonio» disse Megan. «Si è alzato presto.» «Che cosa ha risposto?» «Nulla che avesse molto senso, ma non mi è sembrato sorpreso. Forse se ne ricordava. Pensate che riuscirà ad arrivare in chiesa?» «Sa dov'è Santa Brigida. Troverà la strada» rispose Peggy. «Non ti sembra già abbastanza che se ne sia ricordato?» intervenne Casey, rivolta a Megan. «Si ricorda 19


di te, stamattina si è ricordato che ti sposi e, anche se non arriva proprio a capire tutto, vuole essere presente. Un anno fa, quando io e Jon ci siamo sposati, faceva fatica a ricordare il mio nome.» Megan sapeva che, se fossero andate a prenderlo e lo avessero infilato in macchina, Rooney avrebbe avuto un attacco di panico. Quindi tornò a concentrarsi sull'unica cosa che era in grado di controllare. «Sono ancora in tempo per scappare, no? In Botswana, magari, o alle Canarie.» Peggy si avvicinò e si abbassò per baciarla sulla guancia. «Non hai nemmeno il passaporto. Però sei ancora in tempo per filare dritta in chiesa.» «Sei terrorizzata.» Casey raggiunse le sorelle e sorrise. «Credevo che non sarebbe mai arrivato il giorno in cui lo avresti ammesso. Andiamo in chiesa oppure vuoi che dica a tutti che sei una codarda?» Megan si guardò per l'ultima volta allo specchio. In realtà, l'immagine che aveva di fronte non era così brutta come aveva temuto. Sembrava proprio... una sposa. «Andiamo.» Casey alzò le spalle. «Sei così prevedibile.»

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