Notti proibite con il principe

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Natalie Anderson adora i lieto fine, che è poi la ragione per la quale quando deve cominciare a leggere un nuovo romanzo comincia a farlo dall'ultima pagina, tanto per essere sicura che faccia al caso suo. Per questo motivo, avrete già capito come potrà concludersi il libro che state stringendo in questo momento tra le vostre mani... Natalie, che vive a Christchurch in Nuova Zelanda insieme al suo splendido marito e ai loro quattro figli, oltre ai lieto fine adora i cioccolatini alla menta, il succo di frutta all'ananas e le lunghe docce sotto un forte getto d'acqua. Visita il suo sito natalie-anderson.com


NATALIE ANDERSON

Notti proibite con il principe


Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: The Mistress That Tamed De Santis Harlequin Mills & Boon Modern Romance © 2016 Natalie Anderson Traduzione di Anna Vassalli Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved. © 2017 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione Collezione Harmony dicembre 2017 Questo volume è stato stampato nel novembre 2017 da CPI, Barcelona COLLEZIONE HARMONY ISSN 1122 - 5450 Periodico bisettimanale n. 3233 del 15/12/2017 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 22 del 24/01/1981 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Mondadori, 1 - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 045.8884400 HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano


1 Assaporando il momento di libertà rubato, il principe Antonio De Santis stava facendo due passi per le strade buie e deserte per smaltire la fatica degli ultimi ottanta minuti trascorsi nella palestra del palazzo. Silenzio. Solitudine. Oscurità. Pace. Si assicurò che il cappuccio della tuta celasse il viso. Ben presto sarebbe dovuto tornare. Tra meno di un'ora quella strada sarebbe stata affollata di operai intenti a completare i preparativi e controllare le barriere che erano state installate il giorno precedente. La gente sarebbe arrivata da tutte le parti. La corsa automobilistica di San Felipe era prestigiosa, e dava l'avvio ai festeggiamenti del carnevale. Il che significava che le due settimane successive sarebbero state più impegnative che mai per Antonio. Balli di rappresentanza, incontri d'affari, eventi sociali... Le celebrazioni del carnevale richiedevano la presenza reale ventiquattr'ore su ventiquattro, in quanto i ricchi e i potenti del mondo confluivano nel suo Paese per goderne appieno la bellezza. Inoltre, con il fratello minore assente, lui era l'unico membro della famiglia regnante disponibile. Ce l'avrebbe fatta, comunque. Come sempre. Giunse a un incrocio. La strada sulla sinistra conduceva al centro della città, che era il cuore degli intrattenimenti, con tutti i suoi bar e ristoranti che ben presto sarebbero 5


stati affollati per la corsa automobilistica. Alzò gli occhi sulla facciata decorata dell'ex caserma dei pompieri all'angolo, l'edificio che era stato restaurato di recente e adibito a punto di riferimento per notti bollenti. Ma dopo soltanto una settimana dalla sua apertura, i residenti già discutevano sull'opportunità dell'esistenza di quel locale. L'insegna in bronzo sul fronte della facciata era sia una sfida, sia una pretesa. Le interpretò come una palese indicazione di intenti... Era lì, e non intendeva nascondersi. Antonio aggrottò la fronte. All'improvviso la finestra proprio davanti a lui si spalancò. Le persiane sbatterono contro la parete. Se fosse stato qualche centimetro più avanti l'avrebbero buttato a terra. Si fermò. Anche con le norme più elastiche del periodo di carnevale, il locale avrebbe dovuto rispettare la chiusura a quell'ora. Dalla finestra aperta diede una sbirciata all'interno, aspettandosi di scorgere qualche avventore alticcio che festeggiava ancora, ma non udì alcun rumore. Nessuna risatina sciocca o sguaiata, o bassi mormorii. Pareva che nel vasto locale non ci fosse nessuno... finché qualcosa non emerse dai profondi recessi. Guardò più da vicino, individuando la creatura che si muoveva velocemente in un turbinio candido. La donna indossava un top bianco e... nient'altro? L'istinto primordiale lo spinse a guardare le gambe che in quel preciso momento si muovevano come saette. Un pigiama. Pantaloncini di un pigiama. La mente improvvisamente ottenebrata, giunse a una conclusione. Lei aprì un'altra finestra e si voltò. Calzava un paio di ballerine, non per adeguarsi alla moda, ma per comodità. E ballava senza sosta, raggiungendo nel frattempo l'altra finestra. E questo fu il momento in cui le vide bene il viso per la prima volta. Lei sorrideva. Non uno di quei sorrisi formali che An6


tonio riceveva di solito... non nervoso o curioso... Quel sorriso era talmente ricolmo di gioia che gli diede l'impressione di doversi celare nell'oscurità, ma non trovò la forza di farlo. Fu assalito da una vampata di calore. Collera. Non desiderio. Mai desiderio. Negli ultimi sei mesi avrebbe dovuto essere rinchiuso in una caverna per non sapere che lei si era trasferita a San Felipe. Ma dal momento che governava quel Paese, sapeva esattamente chi fosse e per quale motivo si trovasse lì. E non gli importava un accidente che fosse ancora più splendida in carne e ossa rispetto alle foto che si sprecavano su Internet. Bella Sanchez era lì per causare guai. E Antonio non voleva guai a San Felipe. E neppure voleva Bella Sanchez. Non voleva nessuna. Eppure restava lì, i piedi incollati al marciapiede, a osservare i suoi volteggi nella stanza, effettuati con glorioso abbandono, da una finestra all'altra, finché non le aprì tutte. Eseguì un'altra serie di volteggi e all'improvviso si fermò, proprio al centro della finestra dalla quale lui stava guardando. «Ti piace lo spettacolo?» Il sorriso era evaporato e il tono era pregno di sarcasmo. Quando lui non si mosse, la giovane si avvicinò, gli occhi verdi da gatta come laser. Non era neppure senza fiato mentre lo fissava come una Furia decisa a vendicarsi di uno scellerato. Credeva forse di potersi permettere di mandarlo via? Un'altra vampata di calore lo portò a irrigidire i muscoli. A quel punto spinse indietro il cappuccio e la guardò freddamente, anticipando la soddisfazione di quando lei l'avrebbe riconosciuto. 7


Bella sbarrò gli occhi, ma l'espressione disorientata ben presto evaporò lasciando qualcosa d'indecifrabile. «Vostra Altezza» disse secca. «Vi serve qualcosa?» Sfortunatamente lui non riuscì a ribattere; la lingua era incollata al palato. Come poteva essere così radiosa a quell'ora di mattina? Doveva aver fatto tardi la notte eppure eccola, senza una traccia di trucco, bella in modo inquietante. D'abitudine Antonio evitava di trovarsi solo con una donna... in particolare con attrici, modelle o appartenenti all'alta società che, data la sua condizione di single, letteralmente si trovava tra i piedi. Nel corso degli ultimi anni aveva conosciuto centinaia di donne affascinanti e compiacenti. Le aveva sempre respinte. Ma nessuna di loro era affascinante come Bella Sanchez in quel momento. E nessuna era stata così altezzosa. Al suo prolungato silenzio, lei si avvicinò. «Mi stavate spiando?» La collera esplose. Aveva evitato di conoscerla e adesso lei lo accusava di spiarla? Non aveva importanza che, in parte, fosse proprio ciò che stava facendo. «È passata da tempo l'ora di chiusura» osservò rigido. «State eseguendo dei controlli?» Mentre lo fissava quella barriera di altezzosità era tornata al suo posto, estinguendo le ultime tracce di vitalità dal suo sguardo. «Il club è chiuso.» L'accento era eterogeneo. Antonio immaginò che dipendesse dagli anni che aveva trascorso all'estero e dal miscuglio di gente che era stato parte della sua vita. «Sto dando aria alle stanze» spiegò. «Liberandole da odori sospetti?» Aveva sentito le voci e non intendeva ignorarle. Un sorriso emerse sulle labbra della giovane, ma niente di simile al precedente. «Questo è un club rispettabile, 8


Vostra Altezza, non un ritrovo per drogati» tenne a precisare lei. «Ci sono altri vizi» replicò lui calmo. «Salvatore Accardi mi ha avvertito che quest'operazione avrebbe portato solo guai a San Felipe.» «E lui è un esperto in merito.» Bella non batté ciglio nel replicare. Lui avrebbe voluto vedere la sua reazione avendo citato il nome di Accardi, ma non ne rilevò alcuna. Salvatore Accardi, ex politico italiano, aveva preso residenza permanente nella casa di vacanza di San Felipe. Era ritenuto da tutti il padre di Bella Sanchez. Una ventina di anni prima la supposta figlia naturale del coniugato Salvatore e dell'amante sex symbol era stata argomento di scandalo. La loro storia era stata sbattuta su tutti i giornali. Ma Salvatore non aveva mai riconosciuto Bella come figlia. Si era anche rifiutato di effettuare il test di paternità. Era rimasto con la moglie da tempo sofferente, all'epoca incinta, e aveva allevato la figlia nata circa tre mesi prima di Bella. Quest'ultima era cresciuta sotto le luci della ribalta, prima come ballerina professionista, poi come proprietaria di quel club nel cuore del principato di Antonio. E a parere di Salvatore Accardi, la sua presenza non avrebbe fatto altro che attrarre depravati a San Felipe. «È illegale un club in cui la gente possa divertirsi?» chiese Bella, alzando una spalla. Antonio aggrottò la fronte, distratto dalla direzione che avevano imboccato i suoi pensieri. «Non è questo» ribatté gelido. «Qui si tratta di vendetta. È qualcosa che lei sta buttando in faccia ad Accardi.» «È questo che vi ha raccontato? E voi credete ciecamente a quanto dice?» A livello di pancia, Salvatore Accardi non era mai pia9


ciuto ad Antonio, ma non era mai stato provato niente a suo carico. Tutte quelle voci su presunti imbrogli e corruzione erano rimaste solo tali. E se quell'uomo aveva la morale di un gatto randagio, erano affari suoi. Da troppo tempo aveva una proprietà a San Felipe perché gli ordinasse di andarsene. Così come non c'era stato motivo di rifiutare a Bella Sanchez il permesso di lavoro e la residenza. Non si doveva forse ritenere innocente una persona fino a prova contraria? Nel suo pigiama bianco, Bella appariva sia innocente sia sensuale, perché quel cotone era trasparente e sotto non indossava nulla. E quando si muoveva? Poteva vedere le sue curve generose... «Non sono sicuro che un ritrovo del genere sia adatto a San Felipe» considerò acido. «Come se non ci fossero altri club» ribatté lei sempre più aspra. Si sporse dalla finestra mettendo in mostra il seno. «Questo non è un sexy club. Non ci sono spogliarelliste e, assolutamente, niente droga.» Il tono era deciso. Antonio sapeva che sua madre, Madelina Sanchez, una delle più chiacchierate mantenute in un'epoca in cui queste cose costituivano motivo di scandalo, era morta di overdose in un appartamento a Parigi poco più di un anno prima. Tutti sapevano ciò che c'era da sapere su Bella Sanchez. «Questo è un club legale con sala da ballo» aggiunse Bella più calma, «e io ne sono l'attenta responsabile.» «È giovane e inesperta.» Per un attimo lei sbarrò gli occhi, ma subito controllò le emozioni e irrigidì la schiena, il sorriso con una nota di calcolo mentre fissava il suo abbigliamento sportivo. Anche Antonio s'irrigidì. Lo stava valutando prima della prossima frecciata. 10


E, stranamente, lui non ne vedeva l'ora. «Perché non entrate e controllate voi stesso?» lo invitò. Era una sfida azzardata... Lei era tornata a essere Bella Sanchez, il sex symbol, senza battere ciglio. Ma non era quel tipo di sfida che lo attraeva. E neppure quel sorriso civettuolo di sofisticato divertimento. Era l'emozione che occhieggiava nello sguardo. La collera che cercava a stento di controllare... quel lieve tremito delle dita prima che chiudesse le mani a pugno. «Sì.» Accettò solo perché lei non se l'aspettava. Di certo era convinta che lui avrebbe rifiutato con un sorriso di circostanza, come si addiceva al principe conservatore che era. L'aveva sfidato. E lui aveva fatto altrettanto. Perché in quel momento aveva voglia di fare l'ultima cosa che chiunque, lei compresa, avrebbe potuto prevedere. E lei proprio non l'aveva contemplato. Per un secondo soddisfacente Antonio notò lo shock nei suoi occhi. Attese finché lei non aprì la porta e poi si scostò per farlo entrare. «Nessun odore sospetto, sentite?» borbottò. «Niente di illegale.» Il pianterreno era lindo e sapeva di pulito, neanche la minima traccia di sudore delle centinaia di clienti che avevano ballato notte dopo notte. Antonio alzò lo sguardo, via da quelle gambe che pareva non finissero mai, e scorse la scala di ferro battuto che avrebbe protetto coloro che preferivano la privacy del mezzanino. Era una vita che non frequentava un locale notturno. Era stato incoronato a poco più di vent'anni, ma anche in precedenza era stato consapevole delle restrizioni che comportava il suo ruolo. Lo era sempre stato. Doveva esserlo. 11


Solo in quel momento provò una fitta di quel desiderio che aveva sepolto tanti anni prima. Quando era stata l'ultima volta che aveva ballato? «Volete vedere la licenza degli alcolici?» Bella si avviò verso il bar. «E qui c'è la prevista uscita di sicurezza» aggiunse. «Molto bene indicata. Un tempo era la caserma dei pompieri, come ben saprete.» Lo sapeva. Ma non riusciva a liberarsi dal fuoco dei suoi occhi. «Il resto dei documenti è al piano di sopra» riprese Bella con tono di sfida, fermandosi a fissarlo. «Mi faccia strada.» Ormai era deciso. Per un attimo Bella non riuscì a mascherare lo shock. Già, il Principe Antonio di solito non sarebbe mai andato nel retro di un club in compagnia di una sirena considerata scandalosa... ma si disse che lo faceva per vedere la sua reazione. Seguendola soffocò un sorriso, ma ben presto quel sorriso evaporò. Era da tempo che non si trovava solo con una donna seminuda. E, in fondo, non sarebbe dovuto essere un problema, salvo che le sue gambe non finivano mai. Cercò, senza riuscirci, di distogliere gli occhi. Quando raggiunsero il mezzanino e lei aprì un'altra finestra tirò un sospiro di sollievo. Quindi lo condusse a una porta con la scritta: Privato. Un'altra rampa di scale. Questa volta Antonio cedette alla tentazione di guardare. Lei non se ne sarebbe accorta, ma c'era un certo rossore sulle sue guance di porcellana mentre aspettava che lui entrasse nel suo ufficio. Era chiaramente il suo spazio privato, ben diverso dall'arredo cupo e sensuale del pianterreno. La stanza era luminosa, con pareti bianche e un tappeto color crema. Una grande scrivania dominava il locale. Da una porta aperta 12


s'intravedeva una piccola cucina. E poiché lei indossava il pigiama, era facile dedurre che ci fosse anche un letto. La tensione andò alle stelle. Era stato un errore. E Antonio non poteva permettersi di commettere errori. Bella lo fissava. Il principe Antonio De Santis aveva raccolto la sfida e si trovava nel suo piccolo ufficio. Aveva creduto che rifiutasse, ma pareva che quel mattino avesse deciso di controllare la sua gestione... a un'ora incredibilmente antelucana. L'aveva riconosciuto nell'attimo in cui aveva alzato il cappuccio, ma non aveva per niente l'aspetto del principe che aveva visto sui giornali. Quello era un uomo alto e con spalle ampie, senza un capello fuori posto, e quasi sempre con un abito immacolato blu. Sempre cortese, educato. Ma distante. L'uomo che ora aveva di fronte non si era fatto la barba. I capelli erano scompigliati. Doveva essere stato a correre o qualcosa del genere, con quella vecchia tuta e le scarpe da ginnastica. E quello sguardo? Non se lo sarebbe mai aspettato. Come non si sarebbe mai aspettata di ritrovarsi senza fiato e accaldata in sua compagnia. Non così consapevole. Non le capitava mai. Con nessuno. «Troverete tutto qui.» Bella aprì varie cartellette in modo che lui potesse esaminare i documenti. Voleva che controllasse tutto e che se ne andasse il prima possibile. Non si sarebbe arresa senza combattere. Avrebbe dimostrato al di là di ogni dubbio di saper gestire correttamente quel club. Soprattutto l'avrebbe dimostrato a lui. Quindi non aveva importanza che fosse in pigiama e senza reggiseno, perché non doveva sentirsi in imbarazzo. Non contava che avesse dormito due ore soltanto perché aveva troppo da fare. Il club era aperto da una settimana 13


soltanto e benché desse l'impressione di essere promettente, aveva davanti a sé un lungo cammino prima che fosse un successo, in modo da poterlo vendere e avviare l'attività che le stava a cuore. Ma lui non disse niente a proposito delle scartoffie. Bella alzò gli occhi e vide che la stava fissando. Di nuovo. Era abituata all'attenzione degli uomini. Volevano tutti la stessa cosa, no? Credevano di sapere tutto ciò che c'era da sapere su di lei. Ma il ghiaccio nello sguardo di quell'uomo era qualcos'altro. Bruciava. Era in piedi, silenzioso, cauto. Pronto a giudicare. Non si era aspettata quell'atteggiamento dall'amato principe di San Felipe. Dicevano tutti che celasse una ferita insanabile al cuore. Tutti conoscevano la sua storia. Il suo unico, vero amore era tragicamente morto di tumore, poco più di due mesi dopo la sua incoronazione e l'incidente che aveva causato la morte dei suoi genitori. Da allora non si era mai legato a un'altra donna. Il principe aveva sepolto il cuore con la sua amata. E secondo le ipotesi della stampa, si riteneva che solo l'amore di una donna pura e perfetta gli avrebbe riportato il sorriso sulle labbra. E quella donna non era di sicuro lei, considerato che la stava guardando in quel modo. Di disapprovazione. Di condanna. Bella ebbe l'impulso di provocarlo. Sotto quello strato di ghiaccio nel quale si nascondeva ci doveva pur essere un'emozione di qualsiasi genere. Si sarebbe dovuta sentire intimidita, avrebbe dovuto comportarsi in modo educato, provare rispetto per il suo potere. Ma era troppo stanca. Troppo ferita. «Perché mi fissate come se avessi dimenticato qualcosa?» Girò intorno alla scrivania. «Avrei dovuto farvi l'inchino quando siete entrato?» Alzò il mento alla sua e14


spressione impassibile. «Devo forse inginocchiarmi di fronte a voi?» Si pentì subito di quelle parole. Perché da parte sua non ci fu la minima reazione. Lui non mosse un muscolo, non disse una parola. Continuò a fissarla con occhi di ghiaccio. Bella arrossì per l'imbarazzo. Si era comportata esattamente come il mondo si aspettava da lei... da scandalosa, caustica tentatrice. Ma era tutta una farsa. Ma lui no. Aveva proprio il cuore di ghiaccio come sostenevano. «Dovrebbe fare di meglio» borbottò lui alla fine. «Crede forse di essere la prima donna che cerca di sedurmi ballando davanti a me seminuda?» Le parole sembravano pietre. «Non sono seminuda.» «Ma non si è preoccupata di vestirsi in modo decente.» «Non stavo ballando per voi.» Lei ignorò la sua interruzione. «Stavo solo scaldando i muscoli. Siete stato voi a fermarvi a guardarmi. Avreste potuto continuare la vostra passeggiata, Tony.» Per un attimo ci fu una reazione... Lui aprì la bocca per poi richiuderla, e subito dopo sparare le parole come proiettili. «Come mi ha chiamato?» «Tony» ripeté lei rifiutando di scusarsi. «Principe Antonio di San Felipe è troppo.» Ci fu una pausa, poi lui la percorse con lo sguardo. «Troppo» le fece eco lentamente. Questa volta fu Bella a serrare le labbra. Lo diceva mentre le osservava il seno? D'accordo, era prosperoso, troppo per una ballerina. Antonio si mise a braccia conserte continuando a fissarla, provocandole così un gran disagio. Il suo sguardo at15


tento non era come quelli che riceveva di solito. Era molto più intenso. «Ho visto tutti gli artifici, tutti i tentativi per richiamare la mia attenzione» mormorò. «Non funziona.» «Perché tutte vogliono intrappolarvi?» chiese, confusa per quell'approccio diretto. «E voi credete che mi serva dei miei attributi femminili per intrigarvi? Perché voi siete il massimo degli obiettivi?» «Non è forse così?» replicò lui inclinando il capo. «Lei vuole ottenere una reazione dal Principe di Ghiaccio» la prese in giro. Bella trasse un profondo respiro, colpita dalla sua intuizione. «Ormai sono un esperto... Non c'è più niente che non abbia visto o sentito, quindi non si dia la pena.» La collera le scorse nelle vene con il sangue. «Credete davvero che voglia qualcosa da voi?» Lui abbozzò una smorfia ma non si prese la briga di rispondere. «Siete incredibilmente arrogante.» «Crede?» Sì, ne era convinta. Ma lui era anche molto attraente, e il suo corpo spasimava per una vicinanza più intima. L'istinto primordiale poteva anche essere potente. Ma lei aveva anche una mente, quindi quell'istinto primordiale poteva benissimo essere sepolto com'era stato negli ultimi tre anni. «Non ho alcun desiderio di ricevere le vostre attenzioni» dichiarò convinta. «Qui non si tratta di una manovra con la quale spero di ottenere qualche favore da voi. Voi non mi interessate per niente.» «Ma lei interessa a me» rispose lui quasi con dolcezza, facendole mancare la terra sotto i piedi. Una consapevolezza sessuale le aleggiò sulla pelle. 16


«Perché San Felipe? Perché proprio adesso?» le chiese avvicinandosi. Il cuore smise di battere mentre si perdeva nei suoi occhi azzurri. Per un attimo le parve persino umano... come se realmente gli interessasse. E per un attimo lei ebbe la tentazione di confidarsi e di essere onesta. Ma... come se potesse dirglielo! Quando era così arrogante da ritenere che lei volesse assicurarsi l'interesse di un principe! Quando aveva deciso di credere a suo padre che si era sempre rifiutato di riconoscerla! Avrebbe voluto che se ne andasse, ma non riusciva a distogliere lo sguardo da lui. Aveva creduto di poter gestire qualsiasi situazione. Ma non era sicura di poter gestire lui. Antonio si avvicinò come per prenderle la mano. «Perché adesso, Bella?» Di scatto lei si scostò per evitare quel contatto. «Attenta...» L'avvertimento giunse troppo tardi. Mentre lei si voltava di scatto la caviglia debole cedette e andò a sbattere contro lo spigolo della scrivania. Alla smorfia di dolore di Bella che si aggrappava alla scrivania per non cadere, Antonio fece una smorfia. La gamba, poco sopra il ginocchio, aveva urtato contro lo spigolo e osservandola da vicino notò una brutta ferita. Lei era pallida, le labbra serrate quasi a trattenere un gemito di sofferenza. Era passato tanto tempo da quando lui aveva avuto qualcuno che lo confortasse, o che avesse confortato qualcuno. «Bella?» «Va tutto bene.» Traendo un sospiro si raddrizzò. «Non vorrei che pensaste che si tratti di un'altra manovra.» «È colpa mia se ha rischiato di cadere» borbottò lui. 17


«Vi sentite responsabile? Tranquillo, non vi denuncerò.» Bella serrò le labbra. «Niente di più grave di quanto abbia già subito.» «Ma bisogna medicare la ferita.» Il sangue sgorgava già lungo la gamba. «Ha un kit di primo soccorso?» «Certo.» Lei non si mosse. Alla sua riluttanza, Antonio sospirò. «Mi faccia vedere, altrimenti le revoco la licenza.» Digrignando i denti lei si riparò dietro la scrivania. Non aveva nessun bisogno del suo aiuto, si rese conto Antonio. Perché l'aveva offesa o perché si era avvicinato troppo alla verità? Lei aveva cercato di suscitargli una reazione, ma niente d'importante... tanto che si era allontanata di scatto da lui. Entrato in possesso del kit di primo soccorso che lei gli aveva dato di malavoglia, Antonio celò a stento un sorriso di soddisfazione. «Si sdrai sulla scrivania» ordinò. «Non è necessario.» Non era abituato a ripetere gli ordini. La guardò male e notò la sua espressione tempestosa. «Si sdrai» ripeté. Lentamente, con movimenti rigidi, lei obbedì. «Grazie.» Sapeva che era stato un incidente a porre fine alla sua carriera di ballerina. Negli ultimi dieci anni era stato ai balletti solo per dovere di rappresentanza, ma aveva potuto apprezzare la forza e l'impegno che erano stati necessari perché Bella raggiungesse quel livello. Il corpo era ancora tonico. Così da vicino poteva inspirare il suo profumo di fiori. Gli portava alla mente il sole estivo, non notti interminabili in un buio locale notturno. Con gli occhi della mente la vide sulla pista, avvinghiata a qualche cliente. Serrò i denti. Non era gelosia. Non era attrazione. 18


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