1048 - L'errore di Caroline - A. Everett 1049 - Cuori sotto assedio - N. Locke 1050 - Il vicario e la scrittrice - E. Leigh 1051 - Incontri proibiti con il visconte - J. Justiss 1052 - Una debuttante da sposare - V. Lorret 1053 - Per coraggio e per amore - M. Fuller 1054 - Pericolo a corte - J. Landon 1055 - Un bacio sconveniente - C. Kimberly 1056 - Una naufraga per lo sceicco - M. Kaye 1057 - Manuale per zitelle impenitenti - J. McQuiston 1058 - Il rapimento di Lady Fia - T. Brisbin 1059 - Il coraggio di Lily - J. MacLean 1060 - Storie di una lady - M. Rodale 1061 - Un cuore ferito - C. Kelly 1062 - Fra le braccia del guerriero - M. Styles 1063 - Lezioni di francese - B. Scott 1064 - Un amore inaspettato - A. Herries 1065 - Ballo con il libertino - E. Boyle 1066 - Il romanzo di Miss Mary - J. McQuiston 1067 - Il segreto di Tristan - C. Townend 1068 - La sposa veggente - G. Callen 1069 - Occasione d'estate - A. Gracie 1070 - Un principe in incognito - K. Hawkins 1071 - L'uomo venuto dal mare - M. Styles
ANNE GRACIE
Occasione d'estate
Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: The Summer Bride The Berkley Publishing Group / Penguin Random House LLC. Published by arrangement with HarperCollins Publisher © 2016 Anne Gracie Traduzione di Gabriella Parisi Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. © 2017 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione I Grandi Romanzi Storici giugno 2017 Questo volume è stato stampato nel maggio 2017 da CPI, Barcelona I GRANDI ROMANZI STORICI ISSN 1122 - 5410 Periodico settimanale n. 1069 dello 08/06/2017 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 75 dello 01/02/1992 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Mondadori, 1 - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 045.8884400 HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano
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Non è ciò che diciamo a definirci, ma ciò che facciamo. JANE AUSTEN, Ragione e sentimento (cit. apocrifa) Londra, marzo 1817 «Posso ricavare ciò che voglio da qualsiasi cosa, ma neanch'io riesco a fare una borsa di seta da un dannato orecchio di scrofa!» dichiarò Daisy Chance. «Sono nata nei bassifondi, cresciuta in un bordello e ho una gamba zoppa. Non sembro una signora né parlo come una signora. E non sarò mai una signora, quindi, per quale motivo...» Lady Beatrice la interruppe. «Sciocchezze! Puoi fare tutto ciò che desideri davvero!» Daisy roteò gli occhi. «Forse. Però non desidero essere una signora! Voglio fare la sarta, e non una sarta qualunque. Ho intenzione di diventare la modista più ricercata di Londra, vestire i nobili più importanti.» L'anziana signora fece spallucce. «Non c'è alcun motivo per cui tu non sia una modista e una signora.» Daisy fissò incredula Lady Beatrice. «Non ce lo capite, vero? Cosa ci vuole per...?» «Non lo capite, senza ce.» Daisy roteò di nuovo gli occhi. «Lavoro. È quello che ci vuole. Lavoro duro, senza tregua. Sto faticando a tutte le ore del giorno e ce la faccio appena. Non ci ho il tempo 5
per andarmene in giro a pavoneggiarmi fingendo di essere una signora!» «Tu sei una signora!» La giovane sbuffò, ma Lady Beatrice proseguì. «È la tua indole a rivelarlo. Dentro di te sei una signora, Daisy: sei leale, amabile, onesta, sensibile alle necessità altrui. Dobbiamo soltanto insegnarti a essere signorile anche all'esterno!» «Al diavolo!» imprecò la signora in boccio. «A parte il fatto che non ci ho il tempo per tutto quello, il problema è che non me ne importa. E non ce n'è motivo! Tutte le lezioni possibili non mi faranno diventare il tipo di signora che sono Abby, Jane o Damaris. Loro sono nate con belle maniere e con un modo di parlare gentile. Io sono nata per strada e venuta giù rozza.» «Sono venuta su, non venuta giù. Ma non importa...» «No, non importa. Adesso ho l'occasione di fare qualche cosa di me grazie a voi, ad Abby e alle ragazze.» «Sì, una signora.» «No, una modista, con un negozio tutto mio. Voglio vestire le signore eleganti, non fargli il verso.» Lady Bea si tirò su in una postura rigida. «Con me a dirigere le tue lezioni, non si può parlare di fare il verso a nessuno. E ti prego di non usare espressioni così... così plebee!» «Be', vengo da una classe plebea, io, e dico pane al pane e vino al vino, ma se è troppo volgare per voi, lo dirò in un altro modo. Non sono una signora e non mi piacciono gli imbrogli.» «Disse la ragazza che vive sotto il mio tetto con un falso nome» commentò la vecchia signora con finta aria moraleggiante. «E che si suppone voglia aprire la sua attività proprio sotto quello stesso nome.» Daisy spalancò la bocca. «Voi dite questo? Voi che avete detto più frottole su di noi di chiunque altro? Chi ha inventato la finta sorellastra, eh? Chi ha dichiarato che eravamo le sue nipoti quando non era vero? Chi si è inventata di sana pianta quella follia di Venezia? Chi...» Si interruppe di colpo. 6
L'anziana signora stava ridacchiando. Era orgogliosa delle proprie bugie. «Sapete dann... perfettamente che ho continuato la finzione delle sorelle Chance per il bene di Abby e Jane» disse Daisy con dignità. «Erano in pericolo.» «Ciononostante, ti fai ancora chiamare Daisy Chance, invece di... Qual è il tuo cognome?» «Smith. Ma è soltanto un cognome a caso. Sono una trovatella, non ho mai conosciuto mia mamma e mio papà, quindi il mio vero nome può essere qualunque.» «Stai divagando» disse Lady Beatrice. «Tutte le altre si riuniranno di sopra domani pomeriggio, e io voglio che ci sia anche tu.» «Credevo che avevano... che avessero finito con tutto questo, ora che la stagione è cominciata.» La vecchia signora fece un gesto sprezzante con la mano. «Hanno bisogno ancora di rifinirsi. L'arte delicata delle relazioni sociali – conversazione, ballo e portamento – non è innata in tutte le signore, e Jane ha la tendenza a giocare piuttosto che a danzare. Quindi tu ci verrai.» Era un ordine, ma c'era una debole nota di incertezza nella sua voce. Daisy si aggrappò a quella. «No. Ho troppo lavoro da fare adesso per sprecare tempo in queste baggianate.» Aveva trovato abbastanza interessanti le lezioni di conversazione e portamento, e immaginava che le riverenze fossero utili per il suo lavoro, ma nulla di più. Inoltre, Lady Bea continuava a insistere che imparasse a ballare, ma lei rifiutava categoricamente di farlo. «Un'ora o due non faranno la differenza.» «Posso attaccare una manica o cucire un orlo, in un'ora.» Lady Beatrice sbuffò e fece un gesto per liquidare la manica e l'orlo. «Voglio che tu sia lì e ci sarai.» «Che sfortuna. Non ci sarò.» «Non voglio litigare con te, Daisy. Imparerai che ciò che dico è un ordine! Nessuna delle mie nipoti lascerà questa casa sapendo meno del dovuto.» 7
Daisy la guardò in cagnesco. «Ma io non sono vostra nipote, lo sappiamo entrambe.» L'anziana signora le stava chiedendo l'impossibile, dunque perché... Lady Beatrice le restituì lo sguardo truce, battendo il bastone sul pavimento. «Le ragazze che vivono sotto il mio tetto fanno ciò che voglio io!» «Oppure?» domandò Daisy. Vi fu un breve silenzio teso, poi la giovane aggiunse in tono incredulo: «Mi state minacciando? Mi state dicendo di fare come dite o di andarmene da casa vostra?». Il silenzio si prolungò. Daisy sentì una morsa allo stomaco. Accidenti al suo caratteraccio... La vecchia signora aveva tutti i diritti di sbatterla di nuovo sulla strada. Lady Beatrice si acquietò su una sedia con un sospiro. «Oh, non essere ridicola, bambina. Certo che no. Potrei volerti strangolare – e ne sarei del tutto giustificata, brutta testarda! – ma dovresti sapere che ti amo come una figlia, una figlia ostinata ed esasperante che non sa cosa è meglio per lei, sia ben chiaro. Ma poi, è una cosa comune per le figlie, me l'hanno detto donne che ne hanno. Ed è chiaro che le nipoti sono altrettanto problematiche. Alcune di loro» aggiunse con occhi acuti e penetranti. Daisy ricominciò a respirare. Le lacrime le pizzicarono le palpebre, ma le ricacciò indietro. Non piangeva mai, tuttavia la dichiarazione dell'anziana signora l'aveva scossa. Sapeva che la vecchia ragazza le voleva bene – anche lei le era molto affezionata – eppure pronunciare ad alta voce che l'amava come una figlia... Lady Beatrice proseguì. «Ma questo non significa che non minaccerò, costringerò, persuaderò, ricatterò e insisterò sino alla fine per farti fare cose che non vuoi fare.» Le rivolse uno sguardo severo. «Perché è quello che fanno le madri e le zie, se hanno buonsenso.» Sollevò gli occhialini a molla e puntò l'occhio così deformato su Daisy. «E così, signorinella, parteciperai a questa lezione, dovessi costringere Featherby e William a trascinarti lì, scalciante e urlante.» Non vi era motivo di prolungare la discussione, decise 8
Daisy. Avrebbero potuto continuare per ore a girarci intorno, come due pugili su un ring che non ottengono altro se non stancarsi. E irritarsi. «D'accordo, ci penserò su» disse con una voce che sperava fosse convincente. Al momento della lezione avrebbe chiuso a chiave la porta. Era difficile che William e Featherby la buttassero giù. L'anziana signora chinò il capo con grazia. «Sono lieta di vedere che stai cominciando a ragionare, finalmente. Troverai inestimabili queste lezioni.» «Continuo a dire che non si può ottenere una borsa di seta da...» «Smettila di ripeterlo, Daisy! Se tu sei un orecchio di scrofa, vorresti per favore dire cosa sarei io in qualità di tua zia?» Daisy strinse le labbra per reprimere un sorriso. «Non osare dirlo, ragazza crudele!» Lady Beatrice le lanciò il ventaglio, ma la mancò. E poi cominciò a ridacchiare. La risata di Daisy esplose nello stesso istante. Dopo pochi minuti, Lady Beatrice si appoggiò con la schiena alla poltrona e si asciugò gli occhi con un fazzolettino di pizzo. «Ragazza terribile! Mi rifiuto di essere la zia di un orecchio di scrofa!» «Non si possono scegliere i parenti» disse Daisy con un ampio sorriso. Raccolse il ventaglio, lo posò su un tavolino e si alzò per andare via. «Sciocchezze! Io lo faccio sempre. È semplicissimo e molto più soddisfacente, anche quando sono impossibili.» Lady Beatrice le rivolse uno sguardo indagatore. «Allora domani pomeriggio alle quattro, di sopra.» «Speriamo che sono a buon punto con il cucito.» Forse poteva portare con sé un po' di lavoro. «Speriamo che sia.» Lady Beatrice enfatizzò l'ultima parola. «Non sbagliare i congiuntivi.» Daisy le rivolse un'occhiata da basilisco. «Quel vostro amico, Sir Oswald Merridew, non usa mai i congiuntivi.» «Sì, ma lui lo fa in modo aristocratico, elegante.» 9
«È così che faccio anch'io, allora» ribatté Daisy con un sorriso. Lady Beatrice le lanciò il fazzoletto. «Ragazza impossibile!» Ma si sforzava di non sorridere. Daisy raccolse il quadratino di pizzo e lo restituì alla vecchia signora mentre andava via. Mentre chiudeva la porta sentì dietro di sé: «Ragazzina testarda». Daisy salì le scale scossa. Accidenti al suo carattere. In pratica aveva sfidato Lady Bea a gettarla sulla strada. Dove sarebbe andata allora? Sarebbe stata di nuovo senza un tetto e senza amici e con a malapena uno o due penny. Certo, Abby o Damaris l'avrebbero ospitata, lo sapeva, ma non aveva mai accettato l'elemosina da nessuno e non avrebbe cominciato adesso. Poi voleva bene a Lady Bea e non le piaceva turbarla. Anche se la vecchia signora aveva quella folle idea di trasformarla in una signora. Il problema era che lei era stanchissima. Si svegliava ogni mattina prima dell'alba, con gli stessi problemi che le giravano nella mente ancora e ancora, come il burro in una zangola. Il lavoro che doveva portare a termine, le promesse fatte, il denaro che non aveva... E così rinunciava a rimettersi a dormire. Aveva cominciato ad alzarsi al buio, ringraziando il cielo che casa di Lady Bea fosse dotata di quella meraviglia che era l'illuminazione a gas. Meglio lavorare che preoccuparsi. Ma adesso eccola lì, che scattava alla minima provocazione, perdendo le staffe proprio con le persone a cui teneva di più. Dovresti sapere che ti amo come una figlia... Un nodo le salì alla gola. Nessuno l'aveva mai amata come una figlia. Nessuno l'aveva mai amata davvero fino a quando non aveva incontrato Abby, Damaris e Jane. Oh, c'erano state dichiarazioni nel suo passato, ma si erano rivelate false. Gli uomini erano bugiardi e imbroglioni o, perlomeno, lo erano con una ragazza sola che non aveva altro da offrire che se stessa. 10
E aveva creduto che Mrs. B. le avesse voluto bene, ma poi, quando era arrivato il momento... No, Daisy aveva imparato presto la lezione. In questa vita si è soli. Ma anche quando la situazione era diventata tragica per Abby e Jane, le due ragazze non avevano abbandonato lei e Damaris anche se non era la scelta più pratica, dal momento che non erano affatto imparentate. Invece avevano fatto voto di restare ancora più unite di prima ed erano diventate come sorelle. Daisy ancora non si era ripresa dallo stupore. E poi si erano trasferite da Lady Beatrice, che era la figlia di un conte – vero sangue blu, non contava in che stato fosse quando l'avevano trovata – e lei aveva dichiarato al mondo intero che erano sue nipoti. Lady Beatrice era la cosa migliore che fosse accaduta a tutte loro. Però l'anziana signora aveva un tarlo nel cervello. Anche un cieco si sarebbe accorto che lei, Daisy, non avrebbe mai potuto essere una signora elegante, neanche se l'avesse voluto, e a lei non importava un accidente! Ma la vecchia ragazza non voleva ascoltarla. Daisy non si faceva illusioni. Era una ragazza di strada con una gamba zoppa e un linguaggio sboccato, anche se si stava impegnando a eliminare le imprecazioni e a migliorare la grammatica. Tuttavia amava i begli abiti e, grazie al cielo, era brava a realizzarli. Sarebbe diventata qualcuno e avrebbe fatto tutto da sola: Daisy Chance, sarta dei gran signori, con un negozio e un'attività tutta sua. Era il suo sogno e desiderava realizzarlo con una tale brama che poteva quasi assaporarlo. Arrivò nel suo laboratorio. All'inizio, quando era andata a vivere con Lady Bea, era la sua camera da letto – era la prima volta che aveva una stanza tutta per sé – ma con il tempo era subentrato il cucito e avevano dovuto spingere il suo letto nella camera di Jane, sostituendolo con un grande tavolo. Era una stanza ampia, spaziosa, e nelle giornate di tempo sereno era inondata di luce naturale. La luce era 11
preziosa per una sarta. Adesso c'erano indumenti e stoffe, pezzi di spighetta e pizzo drappeggiati ovunque. Daisy amava entrare in quella stanza, la sua grotta delle meraviglie. La prova evidente che il suo sogno si stava realizzando. Era quello che contava. Era quello il suo futuro, non qualche folle idea di trasformarla nell'imitazione di una signora. Infilò l'ago e prese l'abito su cui stava lavorando. Aveva una lunga lista di cose da fare. La stagione era già iniziata, ma il suo lavoro si era solo intensificato. Aveva due altri abiti da ballo da finire, che per fortuna non erano tanto complessi come quello che aveva realizzato per il primo ballo di Jane. E poi c'erano ancora tre abiti da giorno – diamine, quegli aristocratici facevano visite in gran pompa! – e un nuovo soprabito da tagliare. L'abito da pastorella di Jane per il ballo in maschera della settimana successiva era appeso accanto alla porta. Daisy aveva modificato un vecchio abito di Lady Bea e ne era risultata una meraviglia. Un costume perfetto per essere indossato una sola volta. Le aveva risparmiato un mucchio di tempo. Ma... aveva tanti ordini, aveva fatto tante promesse. Oh, Lady Bea le aveva concesso Polly e Ginny, le sue cameriere, che cucivano per lei ogni pomeriggio. E Jane, Abby e Damaris conoscevano il suo sogno e facevano di tutto per aiutarla. Ma Abby e Damaris erano signore sposate adesso, e Jane aveva debuttato ed era fidanzata, anche se non ancora ufficialmente, ed era suo compito ora prendere parte a tutte le occasioni mondane possibili e affermarsi come membro del ton. Tutte le ragazze avevano altre responsabilità. Ed era grazie a loro, che avevano indossato i suoi abiti, che lei aveva tanti ordini, per cui non si sarebbe lamentata. Cuciva in ogni attimo che Dio le donava, e anche di più. Ma ancora non bastava. Aveva cercato di aumentare i prezzi, facendo preventivi ridicoli, giusto per scoraggiare le persone e rallentare 12
un po' gli ordini, ma quello aveva solo reso alcune signore ancora più determinate a possedere una delle sue creazioni. Le persone facoltose erano folli. Ma la follia avrebbe reso lei ricca e famosa. Alla fine. Se solo avesse potuto realizzare gli abiti più in fretta... Ma come? Già così se la stava cavando a malapena – donava qualcosa a Polly e Ginny ogni volta che poteva, oltre a quello che dava loro Lady Bea – ma non aveva denaro in più per assumere nessun altro. Ottenere la stoffa non era un problema. Max e Freddy, i suoi cognati, erano proprietari di un'importante ditta di importazione di sete. Ma il pizzo, i galloni e le altre cosette costavano care e i negozianti non le davano la merce a meno che non la pagasse. E i nobili potevano anche essere ricchi, ma pagavano con gran ritardo. Daisy continuava a rimuginare, meditando sempre sugli stessi problemi. Come sempre, l'unica soluzione a cui giungeva era di lavorare più duro. Di più. E più in fretta. L'ago volava. Più tardi, qualcuno bussò alla porta. Daisy alzò lo sguardo e vide il maggiordomo di Lady Beatrice, Featherby, sulla soglia. «Che c'è?» Lo fissò sospettosa. «Se siete venuto a trascinarmi...» L'uomo sembrò un po' sconcertato. «Non ho intenzione di trascinarvi da nessuna parte, Miss Daisy. Volevo solo parlarvi con calma. Posso entrare?» Daisy sospirò. «Certo, entrate, Mr. F., e non chiamatemi Miss Daisy. Non quando siamo soli. Non ho dimenticato – se qualcuno in questa dannata casa l'ha fatto – come ci siamo incontrati tutti: io, Abby, Jane, Damaris, voi e William.» «Io non l'ho dimenticato» affermò Featherby in tono affabile, chiudendo la porta dietro di sé. «Pensavo che forse l'aveste fatto voi.» 13
Daisy lo fissò. «Cosa volete dire? Certo che lo ricordo.» Diede un colpetto alla sedia accanto alla propria. «Eravamo nell'attico di quel posto fatiscente, che stava per essere buttato giù, e voi e William stavate di sotto.» Featherby si sedette con un sospiro rievocativo. «Vivevamo tutti sull'orlo del disastro.» «Sì, ma...» «William era un pugile stagionato e malconcio, che si faceva pestare per pochi scellini, e io ero un ex-maggiordomo in disgrazia, licenziato senza referenze per ubriachezza.» «Ubriachezza?» Daisy gli rivolse uno sguardo stupito. «Ma se non vi ho mai visto toccare neanche un goccio!» «Adesso non bevo più. Ma è stata pura fortuna.» Sorrise. «Una chance, se preferite, che voi ragazze abbiate avuto bisogno d'aiuto quel giorno. E che Lady Beatrice abbia accolto William e me, oltre a voi ragazze.» Le rivolse un lungo sguardo fermo. «Siamo al sicuro, adesso, per quanto possano esserlo dei servitori di una persona anziana, e non abbiamo alcuna intenzione di mettere a repentaglio la nostra posizione.» Daisy strinse gli occhi. «Vorreste dire che sto minacciando la vostra sicurezza?» «No, niente affatto» disse Featherby conciliante. «Ma – e lo dico per la nostra precedente conoscenza, non solo in qualità di maggiordomo – fate come desidera la vecchia signora, Daisy.» «Però è stupido...» «Fatelo comunque. Per lei è importante insegnarvi tutte le cose che una signora ha bisogno di sapere.» Daisy roteò gli occhi. Quante altre volte doveva dirlo? «Io non sarò mai...» «Fatelo lo stesso» ripeté Featherby. «Perché l'amate. Perché lei vi ama.» Daisy rimase un attimo in silenzio. Troppi discorsi d'amore quel giorno. Non ci era abituata. Non aveva idea di come gestirli. Corrugò la fronte e prese in considerazione le parole 14
del maggiordomo. Sì, voleva davvero bene alla vecchia signora. Ma... Fece un gesto a indicare la catasta di indumenti a vari stadi di lavorazione. «Guardate lì, Featherby. Non ho tempo da perdere a cercare di fare di me una gentildonna senza alcuno scopo.» «Trovate il tempo.» «E chi lavora al posto mio, eh?» Featherby scrollò le spalle. «Allora trovate un altro modo. Avete talento, siete intelligente e piena di risorse. E siete giovane. Avete l'intero futuro davanti a voi, Daisy.» Abbassò la voce con enfasi. «Lady Beatrice no. È anziana. E quali che siano i suoi motivi, è questo che vuole per voi.» «Vi ha mandato lei a convincermi?» Featherby sembrò vagamente oltraggiato. «No, non ne ha idea. Sono venuto a cercarvi da amico, non da maggiordomo.» Daisy gli credette. Annuì, ammorbidita. Featherby aspettò un attimo, poi proseguì. «Lady Beatrice è il motivo per cui nessuno di noi vive più in una catapecchia da abbattere, alla giornata. È la ragione per cui state lavorando duro in previsione di un futuro roseo.» Vi fu una lunga pausa. «State dicendo che ho un debito con lei.» Featherby fece un gesto evasivo. «È una vostra decisione.» Daisy sospirò. «Lo so.» Esitò, facendo scorrere il dito avanti e indietro sulla cucitura della gonna, poi borbottò: «Mi sento una tale stupida, Mr. Featherby, a trascinare i piedi e a esercitarmi a fare la riverenza con la mia gamba malandata, figuriamoci a provare a ballare». «Lo so» disse lui con gentilezza. Un debole sorriso gli attraversò i lineamenti di solito impassibili. «Avreste dovuto sentire William quando ha messo per la prima volta la divisa da valletto.» Daisy sollevò lo sguardo. «Non gli piaceva?» Il sorriso si allargò. «La odiava. Giurava che non sarebbe mai andato in giro come un'oca a Natale.» 15
Daisy rise. William, grande e grosso com'era, non era in effetti il più raffinato dei valletti. «Poi si è abituato e ha trovato una maniera per svolgere l'incarico a modo suo» terminò Featherby. «E così farete voi. Potete fare qualsiasi cosa vogliate davvero.» E quelle parole provavano che aveva ascoltato l'intera discussione tra lei e Lady Bea, pensò Daisy. Ma Featherby non era solito dire cose che non riteneva vere. «Lo credete davvero?» «Ne sono certo. Dunque, ci sarete domani?» Daisy sospirò. «Sapete che ci sarò. Mi avete fatta sentire piccola così.» Fece un gesto con il pollice e l'indice. Featherby le rivolse un sorriso d'approvazione. «Mia cara, non crediate mai che intendessi sminuirvi in alcun modo. Voi – tutte voi ragazze – avete i cuori più grandi del mondo.» Esitò, poi aggiunse con voce leggermente roca: «Lady Beatrice e le vostre sorelle non sono le uniche a volervi bene, sapete. Non ho mai avuto figli...». Daisy sbatté le palpebre e sentì un groppo in gola. Featherby era un maggiordomo perfetto ed era facile dimenticare che avesse dei pensieri e dei sentimenti. Aprì la bocca per dire qualcosa, ma lui si schiarì la voce e si alzò in piedi: all'improvviso non era più l'amico devoto che l'aveva appena lasciata senza parole, ma il solenne maggiordomo il cui volto non esprimeva mai la minima emozione. L'uomo si mosse verso la porta. «Mr. Featherby?» Questi si fermò e lanciò un'occhiata all'indietro verso di lei, un sopracciglio alzato. «Vi piace essere un maggiordomo?» Daisy non se l'era mai chiesto prima, lo aveva dato per scontato. Ma adesso era curiosa. Per un istante credette che non le avrebbe risposto, poi Featherby disse: «Ricordate la situazione in cui si trovava Lady Beatrice quando ci siamo uniti a lei? Lo sporco, il disordine, il sudiciume, la confusione e il disagio?». Daisy annuì. Certo che lo ricordava. La casa era un le16
tamaio e Lady Beatrice era costretta a letto impotente. «Ora, grazie a me, questa casa funziona come un perfetto pezzo d'orologeria, senza soluzione di continuità e in modo invisibile.» Featherby allora si aprì in un grande sorriso sincero. «Se mi piace essere un maggiordomo, Daisy?» Si produsse in un inchino in cui erano combinate grazia, dignità e una giusta quantità di trionfo. «Lo adoro! Sono un bravo maggiordomo quanto voi siete una brava sarta; semplicemente il meglio che c'è. In effetti, anche se esito a vantarmene, mi vengono regolarmente offerti grandi... chiamiamoli incentivi – non voglio chiamarle bustarelle – per entrare a servizio di altre signore o gentiluomini.» Arricciò il naso infastidito. Daisy sgranò gli occhi. «Cosa? Volete dire che ci sono persone che cercano di rubarvi a Lady Bea? Non siete tentato, vero?» Featherby si tirò su impettito. «Neanche per un istante. William e io non lasceremo mai Lady Beatrice. Mai! Non fino a quando non trarrò l'ultimo respiro.» Daisy annuì. Anche lei provava gli stessi sentimenti verso l'anziana signora. «Sono lieto che abbiamo trovato un accordo, signorina.» Daisy scrollò le spalle. Si sarebbe portata il lavoro alla lezione, poteva cucire e ascoltare. «Non andrò per ballare, però» concluse, mentre la porta si chiudeva alle spalle del maggiordomo. «Non mi costringerete a calcare una dann... ehm, una pista da ballo!»
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