ROMANCE
KRISTEN PROBY
Oltre le nuvole
Immagine di copertina: skynesher / E+ / Getty Images Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Blush for Me William Morrow An imprint of HarperCollinsPublishers © 2017 Kristen Proby Traduzione di Alessandra De Angelis Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con HarperCollinsPublishers, LLC, New York, U.S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved. © 2021 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione Harmony Romance ottobre 2021 HARMONY ROMANCE ISSN 1970 - 9943 Periodico mensile n. 276 del 12/10/2021 Direttore responsabile: Sabrina Annoni Registrazione Tribunale di Milano n. 72 dello 06/02/2007 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distribuzione canale Edicole Italia: m-dis Distribuzione Media S.p.A. Via Carlo Cazzaniga, 19 - 20132 Milano HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano
Dedica
Questo è per Lori. Non esiste nessun altro con cui vorrei parlare ogni giorno più che con te.
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Kat «Insomma, è stato solo un bacio» dice Riley, la mia migliore amica, seduta al volante accanto a me. «E neppure particolarmente memorabile, se è per questo.» «Mollalo subito» rispondo sbuffando e torcendomi le mani giunte in grembo. «Se bacia da schifo, le cose non possono che peggiorare, fidati.» «Però era piacevole parlare con lui...» Cristo santo. «Dico sul serio. Se non scocca la scintilla, lascia perdere. Prima o poi troverai uno con cui c'è alchimia.» «Hai ragione.» Sospira e imbocca l'uscita della tangenziale, seguendo i cartelli che indicano l'aeroporto di Portland. «Come stai?» Mi guarda e aggrotta le sopracciglia. «Stai sudando.» «Non è vero» rispondo. Invece sì. Grondo di sudore. «Quando è stata l'ultima volta che hai preso l'aereo?» mi chiede Riley. «Non ho mai volato» rispondo, dimenandomi sul sedile. Perché non ci vuole più tempo per arrivare a quel dannato aeroporto? «Davvero?» Cambia corsia, ed eccolo là. L'aeroporto. Dritto davanti a noi. «So che lo detesti, ma non avevo idea che non avessi mai volato.» Cavoli. «Te l'ho detto, io non vado in aereo.» «È solo un volo di due ore, al massimo, per arrivare lì.» 7
«Sono sempre due ore di troppo» brontolo, poi faccio un respiro profondo. Accidenti, sto per svenire. Non ci vedo più. Non sento niente. «Apri gli occhi» dice Riley con una risata. «Non ti ho mai vista così.» «Me la caverò.» È solo la milionesima volta che lo dico, stamattina. «Non devo andare veramente a questa convention, no? Voglio dire, ci saranno tanti miei amici, possono raccontarmi tutto loro, quando sarà finita.» «Devi andarci, Kat» insiste Riley. «Imparerai tante cose utili, conoscerai delle persone nuove e potrai fare un giro delle aziende vinicole e bere il vino che ti piace.» «Posso farlo anche a Washington, e andare lì in macchina.» «Non sei una fifona, puoi farcela» m'incoraggia Riley fermandosi davanti al settore Partenze. «Dopo avere passato i controlli di sicurezza, avrai tutto il tempo di fermarti al bar e bere qualcosa per calmare i nervi.» «Non mi accompagni?» esclamo esterrefatta, fissando Riley. «Sai che non vengo nella Sonoma Valley con te.» «No, al gate, intendo.» Riley scoppia a ridere; ho voglia di darle una botta in testa con la borsetta. «No, Kat, non si può più, dopo l'undici settembre.» «Vedi? Un altro motivo per cui non dovrei partire.» «Fuori subito dalla mia macchina.» Riley scende per andarmi a prendere il trolley dal portabagagli. «Non credevo che fossi tanto cattiva.» «Ti divertirai un mondo.» Mi abbraccia forte. «Ci sono tanti cartelli e persone a cui chiedere indicazioni se dovessi perderti, ma l'aeroporto non è grande, perciò non dovresti avere problemi. Chiamami quando arrivi.» «Se arrivo» rettifico, poi faccio un sospirone. «Perché ho la sensazione che non ti rivedrò mai più?» «Perché sei melodrammatica» risponde, e mi fa un sorriso luminoso. «Divertiti!» E, con questo, mi saluta agitando la mano, poi risale a bordo dell'auto e si allontana. E io rimango sola a cercare di tro8
vare la strada in questo labirinto aeroportuale. Ma Riley aveva ragione. Fare il check in, passare i controlli e recuperare il trolley dal nastro è facile. Essere perquisita dal tizio della sicurezza sarebbe stato più divertente se fosse stato un sosia di Charlie Hunnam, d'altronde tutto sarebbe più piacevole con Charlie. Seguo i cartelli, trovo il mio gate e sono piacevolmente sorpresa di vedere che c'è un bar proprio di fronte. Allora esiste un Dio! Però una volta che mi siedo al bar sono troppo nervosa per bere. È un evento senza precedenti. Chi diavolo è troppo agitato per bere? Io, a quanto pare. Perciò mi arrendo, torno al gate e mi metto a camminare in su e in giù, trascinandomi dietro il trolley rigido nero con una stampa di ciliegie rosse. Qualcuno mi lancia delle occhiate, ma io ignoro tutti. Ci sono abituata. Non ci si veste come me, con le braccia coperte da tatuaggi, senza farsi notare. Alla fine viene annunciato il mio volo e comincia l'imbarco. Prima che me ne accorga, sono già seduta sull'aereo, in terza fila, nel posto di corridoio. Se proprio devo morire, almeno che sia in prima classe, no? «Salve» dice l'uomo accanto a me. Giro la testa verso di lui e lo guardo; ha i capelli castano chiaro e gli occhi verdi, e se fossimo in qualsiasi altro posto tranne che qui, sicuramente farei un po' la civetta con lui. Però siamo su un cavolo di aereo. «Ciao» rispondo, poi deglutisco a vuoto. La hostess ci chiede se vogliamo qualcosa da bere prima del decollo, ma io faccio un cenno di diniego e fisso il pilota seduto nella cabina di pilotaggio. «Ma non chiudono quella porta?» «Subito prima del decollo» mi spiega il mio vicino di posto. Mi accorgo con sorpresa di avere parlato ad alta voce. «Ehi, tutto bene?» «Benissimo.» Il mio compagno di viaggio rimane in silenzio per qualche istante, mentre io continuo a fissare il pilota. Vorrei andare da lui a passo battagliero e intimargli di assicurarsi che arriviamo a destinazione interi. Quali sono le sue credenziali, 9
comunque? Vorrei vedere il suo brevetto di volo, e qualche lettera di referenze non guasterebbe neppure. «Sono Mac.» Mi volto verso di lui e gli faccio un cenno con la testa, poi riporto subito lo sguardo verso la cabina di pilotaggio. «Kat» mi presento in fretta. «È il tuo primo volo, Kat?» «Sì.» Deglutisco di nuovo e stringo i pugni. «Okay, fai un bel respiro profondo» mi esorta. Non mi tocca, ed è meglio così, perché altrimenti gli spaccherei il naso, e sono già abbastanza sotto stress. Però la sua voce è rilassante. «Bene. Fai un altro respiro. Signorina! Possiamo avere dell'acqua, per favore?» Continuo a respirare. La hostess torna poco dopo con una minibottiglia d'acqua. Mac svita il tappo e me la porge. «Bevi. Ma solo un sorsetto.» Obbedisco, e l'acqua fredda è piacevole quando mi scende in gola. Mi sento ridicola. Questo volo è pieno di passeggeri che non hanno un attacco di panico. «Scusa» mormoro. «È la mia paura più grande.» «Si vede» osserva lui in tono comprensivo. Alzo lo sguardo per fissarlo negli occhi. È un bell'uomo; ha i capelli corti con un buon taglio, la mandibola decisa, lo sguardo diretto. È alto, con braccia e gambe lunghe e il fisico atletico. «Come ti senti?» «Meglio» rispondo, sorpresa nell'accorgermi che è vero. «L'acqua mi ha fatto bene. Grazie.» «Di nulla. Vai nella Sonoma Valley in vacanza?» Scuoto la testa. «No, per lavoro. Partecipo a una convention.» «Quindi sei un'appassionata di vini?» «Puoi dirlo forte» confermo con un sorriso. «Sono proprietaria di un wine bar a Portland.» Lui strizza leggermente le palpebre, ma solo per un istante. «Davvero? Quale?» «Quello all'interno del ristorante Seduction.» «Ne ho sentito parlare molto bene.» Il mio sorriso si fa più smagliante, per l'orgoglio che provo per il ristorante che io e le mie quattro amiche abbiamo mes10
so in piedi partendo da zero. Seduction è la nostra creatura, e ne andiamo fiere. «Mi fa piacere saperlo» replico. «Tu non ci sei mai stato?» «Non ancora, ma mi riprometto di andarci la prossima volta che sono in zona.» Allora non vive a Portland. Uffa. Mac è un tipo interessante, e non mi dispiacerebbe incontrarlo di nuovo, anche solo per caso. Ma prima che possa approfondire quel pensiero, il portellone dell'aereo viene chiuso e sento annunciare la durata del volo, poi la hostess dà una dimostrazione di come agganciare la cintura di sicurezza – davvero c'è chi non sa come allacciarla? – e usare la maschera a ossigeno all'occorrenza. Dio, ti prego, fa' che non ce ne sia bisogno. La porta della cabina di pilotaggio viene chiusa, e l'aereo si allontana dal gate. E io ho voglia di vomitare. «Se ti viene da vomitare, lì c'è il sacchetto» dice Mac, come se mi avesse letto nel pensiero. «Non vomiterò, stai tranquillo.» Spero. «Mi piacciono i tuoi tatuaggi» commenta lui. «Grazie.» L'aereo percorre la pista per un tempo che a me sembra infinito, passando davanti ad altri gate e altri aeroplani. «Ma non vola questo coso? Non credevo che dovessimo arrivare a destinazione passando per le strade. Se l'avessi saputo mi sarei portata qualcosa da sgranocchiare per il viaggio.» Faccio un sospiro affranto e mi strofino la fronte, che è disgustosamente appiccicosa per il sudore. «Deve rullare fino alla pista di decollo» mi spiega Mac. «Se vuoi stringermi la mano, accomodati. Non mi dà affatto fastidio.» «Ehi, ci stai provando con me?» lo apostrofo, girandomi verso di lui. Vedo che mi rivolge un sorrisone, con un lampo divertito negli occhi verdi. «No, ti sto solo offrendo la mano se hai paura.» «Però non ci stai provando.» Che disdetta. 11
«No, a meno che non ti faccia piacere.» Incurva appena le labbra mentre abbassa lo sguardo verso la mia bocca, e io vorrei con tutta me stessa che fossimo nel mio bar, invece che in questo aereo; così potrei godermela un po' a flirtare con lui. «Non voglio morire» mormoro invece, umettandomi le labbra. «Non morirai, Kat.» Ora il suo sguardo si è fatto serio. Batte le palpebre una volta, serra le mascelle, poi mi prende la mano. «Non morirai» ripete poi. «Okay.» Annuisco, poi appoggio la schiena al mio sedile. Però l'aereo fa una svolta improvvisa e aumenta la velocità, filando lungo la pista. Oh. Mio. Dio. Si stacca da terra e ci libriamo in aria. E io sto per svenire. «Fai dei respiri profondi» mi sussurra la voce di Mac all'orecchio. Obbedisco, e inspiro, riempiendomi i polmoni, poi espiro, e ripeto l'operazione. «Non svenirmi adesso.» «Sei un sensitivo?» gli chiedo senza fiato. «No, stai diventando blu.» Sento dal suo tono di voce che sta sorridendo, ma non ho il coraggio di aprire gli occhi per guardarlo. «Se potessi allentare la presa sulla mia mano giusto un pochino, te ne sarei grato.» Stacco immediatamente la mano dalla sua e apro gli occhi. Vedo che apre e chiude la mano come se gli avessi bloccato la circolazione, e scuoto la testa. «Scusami, non mi ero neppure resa conto che la stavo stringendo tanto forte.» «Penso che non mi tornerà il flusso sanguigno alle dita prima della prossima settimana» risponde con un sorriso. Vede che lancio un'occhiata al finestrino, e si affretta ad abbassare la tendina, per impedirmi di vedere che la terra è sempre più lontana sotto di noi. «Se non guardi fuori, ti sembra di essere in treno.» «No, non mi dà l'impressione di essere in treno» obietto. «Parlami dei tuoi tatuaggi.» «Perché?» «Perché sto cercando di distrarti così non pensi alla paura» risponde, e si sposta sul sedile. Si sente il plin di un campa12
nello, che attira la mia attenzione. «Non farci caso. È solo il modo in cui il pilota comunica con gli assistenti di volo.» «Come un codice Morse.» «Più o meno» risponde annuendo. «Allora, raccontami dei tuoi tatuaggi.» «No.» Scuoto la testa e stringo forte le mani in grembo. «Perché no?» «I tatuaggi sono cose personali, e io non ti conosco.» «Mi hai tenuto la mano» precisa lui, poi ride quando lo fulmino con lo sguardo. «Okay, niente informazioni personali. Di che cosa dovremmo parlare, allora?» «Non credo che dovremmo parlare.» «Dolcezza, penso che se non parliamo impazzirai rivivendo mentalmente tutti gli episodi di Lost che hai visto.» «Accidenti a te, non ci stavo neppure pensando fino a ora!» «Dove hai fatto le superiori?» «Ho studiato a casa» rispondo. «Mi sono diplomata a sedici anni, poi sono andata al college. Ora gestisco un bar. Più o meno è tutto qui.» «Secondo me c'è molto di più, però va bene così.» «Perché la hostess gira per la cabina? Non dovrebbe rimanere seduta con la cintura allacciata?» «Sta per servirci da bere» mi spiega Mac. «È abituata. Fidati di me.» Non so perché, ma mi fido di lui. È un bel tipo. Però non so perché sono su questo cavolo di aereo. È stata una pessima idea. «Accidenti a loro che mi hanno allettato con l'idea della sexcation.» «Come, prego?» Mac sogghigna, ma io scuoto la testa. «Lascia perdere.» «Che cosa posso darle da bere?» mi chiede la hostess, e posa un tovagliolino sul bracciolo tra me e Mac. «Altra acqua, per favore» dico, fiera di me per avere avuto la presenza di spirito di rispondere alla sua domanda. La hostess mi porge il bicchiere, e un sacchetto di salatini, poi serve Mac, e io mi metto comoda, sollevata nell'accorgermi che 13
Mac ha ragione: in effetti sembra di stare su un treno rumoroso. «Te la stai cavando benissimo» mi dice qualche minuto dopo, mentre mangiucchia i salatini. «Come ti senti?» «Meglio» rispondo. «Non mi piace moltissimo, ma credo che riuscirò a sopravvivere.» «Bene.» Proprio quando comincio a pensare di essere diventata una professionista del volo, l'aereo comincia a tremare e a piombare giù di colpo. Si sente la voce del pilota agli altoparlanti, che ci avverte che dobbiamo allacciare le cinture, e dice alle hostess di tornare ai loro posti. E io guardo Mac in preda al panico. «È solo una turbolenza» m'informa lui con gentilezza. «Davvero? Dobbiamo affrontare una turbolenza durante il mio primo volo?» «Sono certo che sia una cospirazione» risponde Mac, con l'espressione serissima. «Dovremmo scrivere una lettera al nostro deputato.» «Chiudi il becco» sbotto, e faccio una smorfia quando l'aereo ha un altro scossone. Le hostess si precipitano a riportare a posto i carrelli delle bevande, si siedono e allacciano le cinture, e per il resto dell'ora che manca per arrivare in California siamo relegati ai nostri posti mentre l'aereo ci fa fare queste spaventose montagne russe. «Ho ricominciato a sudare» borbotto, e mi asciugo la fronte con il dorso della mano. «Tieni.» Mac mi porge il tovagliolino che è sotto il suo bicchiere. «È freddo.» «Grazie.» È piacevole quando lo uso per tamponarmi il viso. Rabbrividisco al pensiero di come dev'essere sbavato il trucco, però in effetti non m'importa un fico secco. Se siamo destinati a morire in quella scatoletta di latta, non farà alcuna differenza se sono ben truccata o no. «Non moriremo» ribadisce Mac. «Smettila di leggermi nel pensiero» ribatto. «Guarda che l'hai detto ad alta voce» precisa ridendo. «Mi dispiace che questo volo sia tanto turbolento. Di solito non è così brutto.» 14
«Devo atterrare.» Mi giro verso di lui e gli stringo forte la mano. «Non ce la faccio più. Ho bisogno di mettere i piedi a terra.» «Okay, tesoro, fai un altro bel respiro profondo.» Eseguo, e poi mi volto dall'altra parte, ma lui mi gira verso di sé per farsi guardare negli occhi. «No, non distrarti, seguimi. Fai respiri profondi. Ascolta la mia voce.» «Hai una bella voce, in effetti.» «Grazie.» «Sei un medico?» «No.» Sorride e mi passa le nocche delle dita sulla guancia. Se non fossi tanto terrorizzata, gli salterei addosso. «Che cosa fai?» «Ho una ditta» dice. «Ti hanno mai detto che hai degli occhi stupendi?» «Non lo so.» Ed è vero. In questo momento riesco a malapena a ricordare come mi chiamo. Tra la mia paura e il fatto che sto guardando l'uomo più sexy che abbia mai visto, o almeno credo, sono in piena confusione. «Be', è così.» «Grazie.» «Signori e signore, stiamo cominciando la discesa verso Santa Rosa. Dovremmo atterrare fra circa quindici minuti, ma ci sarà qualche scossone. Sembra che ci sia molto vento che viene dall'oceano. Tenetevi forte, vi porteremo a terra fra pochi minuti.» «Oddio!» «Stai andando benissimo» m'incoraggia Mac, e io non posso fare a meno di ridere. «È vero. Ci siamo quasi.» Annuisco e gli stringo forte la mano durante la discesa. È terribile come mi fa arrivare lo stomaco in gola. Non sono mai stata brava a resistere sui giochi nei parchi divertimenti, né nei lunghi viaggi in macchina. La nausea da mal d'auto non è uno scherzo. Alla fine, finalmente!, atterriamo. Non sono mai stata tanto felice in vita mia. «Ce l'hai fatta. Sei sopravvissuta al tuo primo viaggio aereo.» Mac mi sorride orgoglioso, e io ricambio il suo sorriso. 15
«Ce l'ho fatta.» Sento che devo vomitare. Ben presto ci fermiamo al gate, e si aprono le porte. Mi alzo, prendo il trolley, e corro verso il corridoio di uscita. Ho bisogno di un bagno. Subito. Sudo. Ho il cuore che batte forte. Ovviamente, è tipico di me avere un attacco di panico postumo. Per fortuna c'è un bagno vicino al gate. Mi precipito dentro, trovo un box libero e sono scossa dai conati di vomito finché non mi ritrovo tutta dolorante e fradicia di sudore. Gesù santo, devo arrivare in albergo. Però sono sopravvissuta, ed è l'unica cosa che conta. È stupefacente l'effetto benefico di una doccia calda, un sonnellino di mezz'ora e il servizio in camera. Qualche ora dopo, mi sento molto meglio. Il che è un bene, perché devo scendere per partecipare alla festa di benvenuto e socializzare. Ho fatto amicizia con qualcuno nel settore enologico, soprattutto online o al telefono. Mi emoziona vederli tutti di persona e dare una faccia alle voci che conosco. Mi protendo verso lo specchio per mettermi il rossetto, poi sorrido al mio riflesso. «Sono andata alla grande in aereo» dico, sbuffando. «Okay, sono sopravvissuta, ma più o meno è la stessa cosa.» Scrollo le spalle, e mi esamino con occhio critico. È un netto miglioramento rispetto a quando sono arrivata. Non riesco neppure a immaginare che cosa può avere pensato di me il povero Mac quando sono corsa via senza neanche ringraziarlo. Avevo paura che se avessi aperto la bocca gli avrei vomitato addosso; sarebbe stato tremendo. Ma ora ho i capelli di nuovo in ordine, con dei morbidi riccioli e dei graziosi fermagli con i coniglietti rosa che li scostano dal volto. Indosso un vestito nero in stile militare, con le scarpe rosa con il tacco grosso, abbinate a una favolosa borsetta di vernice rosa. Sono pronta, finalmente: a chiacchierare, bere vino e fare nuove conoscenze. 16
Il salone è già quasi pieno di persone. È una mega convention importante e durerà una settimana. Ci sono in programma delle visite in quasi tutte le cantine della zona, seminari e cene. Sono trepidante al pensiero del tour per le aziende vinicole. È la mia attività preferita. Mi dirigo verso il bar, dove ordino un calice di Pinot di una cantina locale che non conosco bene, poi mi volto per guardarmi intorno nella sala. «Sei Kat Myers?» Mi giro e sorrido. «Sì.» «Sally Franks» si presenta una bella rossa, e mi porge la mano. «Abbiamo parlato diverse volte.» «Sì! Ciao, Sally.» Le stringo la mano. «Come vanno le cose a Denver?» «Benissimo» mi risponde. «Però è bello andarsene ogni tanto. Com'è andato il volo?» «Turbolento.» Le sorrido, ma ho subito voglia di cambiare discorso, per evitare di rivivere il terrore di stamattina. Si avvicina qualcuno alle mie spalle e Sally sgrana gli occhi. «Mi sembra che tu ti senta già meglio.» Mac. È la voce di Mac quella che sento all'orecchio. Sono scossa da un brivido mentre mi giro e alzo lo sguardo su, su, fino a puntarlo sui suoi occhi verdi. «Molto» rispondo, e bevo un sorso di vino. Era così bello anche in aereo? «Non avevo idea che avresti partecipato anche tu a questa convention.» «Prima avevi altre cose per la testa» mi ricorda, disinvolto, poi fa un cenno al barista. «Prendo quello che beve lei, e un altro anche per la signora.» «E se non ti piacesse il Pinot?» gli chiedo, inclinando la testa di lato. «A me piace tutto» risponde facendomi l'occhiolino. Oh, Signore. «Conosci molti dei partecipanti?» mi domanda, indicando con un cenno del capo Sally, che si è spostata per andare a parlare con un altro gruppo di persone. «Qualcuno. Non ho mai visto di persona quasi nessuno, tranne quelli dello Stato di Washington o dell'Oregon. E tu?» 17
«Uguale» dice sorridendo. «È la mia prima convention nella Sonoma Valley. E mi sembra che cominci proprio bene.» «Già.» Rido e scuoto la testa. «Avere a che fare con una pazza in aereo è decisamente il modo migliore di cominciare il viaggio.» «Lo è davvero» replica lui, guardandomi dritto negli occhi. «Non era poi tanto pazza. Aveva solo paura. È diverso.» «Be', ora sta meglio.» «Mi fa piacere.» Incurva le labbra in un sorriso che mi provoca una stretta allo stomaco per l'emozione. Ha una fossetta nella guancia sinistra. Ho voglia di leccarla. Bevo un sorso del secondo bicchiere di vino e faccio una smorfietta ironica rivolta a me stessa. Forse Mac è il tipo perfetto per la mia sexcation, un termine coniato dalle mie amiche per definire una vacanza spensierata all'insegna del sesso. «Quale pensiero è appena passato per quella bella testolina?» «Non sono ancora abbastanza ubriaca per dirtelo» rispondo con sincerità. Mac sgrana gli occhi per un istante, poi si limita a sorridermi. «C'è tanto vino in questo posto.» «E menomale!» Qualche ora più tardi, dopo che ho chiacchierato con tante persone, sia nuove conoscenze, sia persone che conosco già, compreso Mac, lui mi accompagna alla mia camera. Ecco che comincia la mia sexcation, penso. Ma quando arriviamo davanti alla mia porta, si protende verso di me e mi dà un bacio sulla guancia. Solo sulla guancia. Lo guardo corrucciata. «Dovrebbe essere una sexcation, non un appuntamento galante da manuale.» È un brontolio, ma rimango attonita nel sentire che quelle parole mi sono sfuggite effettivamente dalle labbra, invece di rimanermi in testa dove avrebbero dovuto restare. «Che hai detto?» chiede Mac. «Niente.» Scuoto la testa e tiro fuori la scheda magnetica della chiave dalla borsetta. «Buonanotte.» 18
«Kat?» «Sì?» Mi giro a guardarlo e sospiro languida nel vedere quella fossetta seducente che ha sulla guancia, e il modo in cui la camicia si tende sulle spalle quando si appoggia allo stipite della porta. «Ci vediamo domattina.» «Stamattina, vorrai dire» puntualizzo. «Allora ci vediamo fra poco.» Mi dà un altro bacio sulla guancia e se ne va. Io entro in camera, poso la borsa e cado a sedere sul letto. «Quest'accidenti di sexcation ha preso una pessima piega. Non doveva andare così» mi dico facendo il broncio. Però mi addormento quasi subito come un sasso, e sogno un uomo seducente dagli occhi verdi con un'adorabile fossetta sulla guancia.
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