Oltre lo sguardo del conte di Marguerite Kaye

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MARGUERITE KAYE

Oltre lo sguardo del conte


Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: The Earl Who Sees Her Beauty Harlequin Mills & Boon Historical Romance © 2021 Marguerite Kaye Traduzione di Elisabetta Elefante Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved. © 2022 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione I Grandi Romanzi Storici marzo 2022 Questo volume è stato stampato nel febbraio 2022 da CPI Black Print, Spagna, utilizzando elettricità rinnovabile al 100% I GRANDI ROMANZI STORICI ISSN 1122 - 5410 Periodico settimanale n. 1297 del 10/03/2022 Direttore responsabile: Sabrina Annoni Registrazione Tribunale di Milano n. 75 dello 01/02/1992 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distribuzione canale Edicole Italia: m-dis Distribuzione Media S.p.A. Via Carlo Cazzaniga, 19 - 20132 Milano HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano


Prologo

Lavrio, Penisola Attica, Grecia, marzo 1862 Dominic si accomodò al solito tavolino del caffè sul porto, salutando con un cortese cenno del capo il cliente seduto al tavolo accanto. Il pallido grigiore di febbraio era svanito, cedendo finalmente posto alla primavera; l'azzurro del cielo limpido scivolava nel turchese intenso del Mar Egeo, nella baia su cui si affacciava il terrazzino. Quella mattina era arrivato presto, perché era giorno di mercato. Le barche dei pescatori erano già uscite dal porto: le vedeva, adesso, disposte sottovento come una flotta, lungo la costa dell'isola di Makronisos. Chiuse gli occhi, lasciandosi baciare il viso dal sole e riempiendosi i polmoni di fresca aria salmastra. Quello era il periodo dell'anno che preferiva, prima dell'asciutta calura di giugno e dell'afa soffocante di agosto. «Kaliméra, Kyrios Caldwell!» esclamò Andreas, posandogli davanti una tazzina di caffè. «Siete venuto per il mercato, scommetto.» Dominic annuì. «Kaliméra, Andreas. Ho comprato una bella capretta.» Il proprietario del caffè roteò gli occhi. «Hanno 5


una gran testa dura, le capre. Quasi quanto le mogli.» Dominic rise. «Questo non posso dirlo, per mia fortuna. Comunque, è proprio quello che mi piace. Delle capre, intendo, non delle mogli. Ho una gran testa dura anch'io.» «L'ho conservato per voi, tenete. Lo ha dimenticato qui un turista inglese. Sarà anche più vecchio delle rovine che è venuto a visitare» scherzò Andreas, posando un giornale sul tavolo. Dominic controllò la data. «Be', è di tre mesi fa. Sempre meglio che tremila anni. Efcharistò. Ci darò un'occhiata, anche se confesso di non essere particolarmente interessato a tenermi aggiornato sulla mia terra natale.» «Ormai siete più greco che inglese» ribatté Andreas. «Ottima scelta, se posso dirlo.» «Sottoscrivo in pieno.» Dominic bevve un sorso di caffè e arricciò il naso. Era un affezionato cliente ormai da quasi cinque anni, però Andreas continuava a farglielo con lo zucchero, come piaceva ai suoi concittadini, ma non a lui. Tuttavia non se la prese più di tanto: significava che lo considerava uno di loro. Aprì distrattamente il quotidiano: il Times del 29 gennaio di quell'anno. Non riconobbe nessuno dei nomi che apparivano nella colonna delle nascite e dei decessi. Un'occhiata fuggente agli annunci, che occupavano due intere pagine, sembrò schiudere una finestra su un mondo a lui completamente alieno. Valletti, commessi e istitutori erano ricercatissimi. La pretesa di un gentiluomo che voleva lezioni di canto dopo le dieci di sera gli fece inarcare un sopracciglio. E poi la vendita di biglietti su navi dirette in capo al mondo, e di case, e di botteghe. Richieste di offerte destinate agli orfani e ai malati di tubercolosi. L'annuncio di una serata di beneficenza organizzata per raccogliere denaro da destinare ai veterani della Guerra di Crimea, che lo fece accigliare: gli uomini 6


che avevano perso un braccio o una gamba per servire il loro Paese non avrebbero dovuto vivere di carità. Voltò pagina, disgustato. Alcune sentenze emesse dai tribunali londinesi. Un incidente in una miniera di carbone. Andò oltre, mentre già con la mente compilava la lista delle provviste che avrebbe dovuto comprare prima di andare a prendere la capra per tornare nella piccola casa che aveva acquistato, lungo la costa. Si accingeva a richiudere il giornale quando la sua attenzione venne attratta da un titolo. Muore il Sesto Conte di Bannatyne, forse l'ultimo in linea di successione. Le parole, pur nitidissime, gli apparvero sfuocate per alcuni istanti. Sbatté più volte le palpebre, incredulo. Resistendo all'impulso di accartocciare il giornale e di gettarlo dal terrazzino, si costrinse a leggere l'articolo che seguiva. È stato accertato che una delle più illustri vittime del tragico incidente ferroviario avvenuto sulla London and South Western Railway dieci giorni fa era il Sesto Conte di Bannatyne, Jeremy Thorburn, che aveva ereditato il titolo da suo padre Wilfred, solo quattro anni orsono. Sua Grazia, trentotto anni appena compiuti, era un appassionato di botanica e collezionava numerosi, rarissimi esemplari di piante che rinveniva nel corso dei suoi viaggi ai tropici e che curava nella serra fatta costruire di recente nella tenuta di famiglia, nell'Hampshire. Il Sesto Conte non era sposato e, al pari di suo padre, non aveva fratelli. Se non si dovesse risalire a un erede legittimato a rivendicarlo, il titolo verrà a decadere e la tenuta, assieme a tutte le proprietà, verrà restituita alla Corona. Chiunque sia in possesso di informazioni che potrebbero tornare utili in tal senso 7


all'esecutore testamentario incaricato dell'inchiesta è invitato a contattare... Dominic abbassò il giornale e fissò assorto lo splendido, ormai familiare panorama, senza in realtà vederlo. Poi rilesse l'articolo. «Trovato qualcosa di interessante?» Andreas si era fermato di fianco al tavolino, con una traballante pila di tazze e di bicchieri in mano. Dominic si riebbe e scosse il capo. Svuotò la tazza, posò alcune monete sul piattino, ripiegò il giornale e se lo infilò in tasca. «Macché. Tutta roba vecchia.»

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Hampshire, Giugno 1862 Non era ancora piena estate, ma il cielo brillava alto in un cielo limpidissimo mentre Prudence Carstairs percorreva il sentiero che l'avrebbe condotta alla sua destinazione. Indossava la consueta cuffietta a falda larga, ma il rischio di incrociare qualcuno in quel breve tragitto era talmente basso che si era concessa il lusso di staccare la veletta per lasciarsi accarezzare il viso dalla piacevole aria fresca. La delicata fantasia floreale del vestito di cotone verdeazzurro rispecchiava in pieno il suo umore, in quella giornata quantomai promettente. Il tessuto era un regalo di sua sorella Mercy, ma l'abito lo aveva disegnato lei: la scollatura, squadrata, la gonna priva di drappeggi, pieghe o balze. Prudence riteneva che simili orpelli, per quanto alla moda, fossero del tutto inutili, e preferiva linee sobrie, pulite. Per gli indumenti intimi, invece, si concedeva qualche piccola civetteria: indossava solo una sottoveste, che però era di seta, e impreziosita da un bordo di delicato pizzo smerlettato. Di recente da Londra era arrivata la crinolina che aveva ordinato, quella realizzata con l'anima di accia9


io; era l'ultimissimo modello, piatto sul davanti. Grazie alle piccole modifiche che vi aveva apportato, oscillava dolcemente a ogni passo mentre lei procedeva spedita, canticchiando con la bocca chiusa. I cancelli di Hawthorn Manor erano sempre aperti. Uno di essi era appeso, sbilenco, sulla colonna perché un cardine aveva ceduto. C'era ruggine un po' dappertutto sul ferro battuto e lo stemma di famiglia era quasi indecifrabile, ma quella era solo una voce nella lunga lista di lavori che andavano ultimati, nel vasto parco abbandonato da tempo. Oltrepassata la curva del viale, Prudence arrivò in vista della casa e poté sbarazzarsi della cuffia, con un gesto liberatorio che non mancava mai di metterla di buonumore. Hawthorn Manor era una costruzione in classico stile inglese, che in buona parte risaliva al 1500. Solo quattro anni prima, cadeva a pezzi. Ora, dopo un lavoro immane, era stata non solo ristrutturata, ma completamente ammodernata. Prudence aveva atteso con trepidazione anche la trasformazione dei giardini, ma l'ambizioso progetto di rinnovarli era stato sospeso. E non c'era che aspettare. Girò la pesante chiave nella serratura della porta ed entrò nell'ingresso dal freddo pavimento di pietra. Posò la cesta e si apprestava ad appendere la cuffia quando notò il cappotto sull'appendiabiti. La cuffia le cadde di mano mentre lo fissava, sconcertata: un cappotto di lana blu scuro. Che fino al giorno prima non c'era. Allungò la mano per toccarlo, come per accertarsi che non si trattasse di uno scherzo della sua immaginazione, ma no, era reale. Era logoro sui polsi e la fodera era strappata, ma pareva di buona qualità, perché i bottoni, per quanto graffiati, erano quasi certamente d'argento. Il cuore prese a tamburellarle nel petto. La porta 10


era chiusa a chiave, e al villaggio sapevano tutti che la casa era disabitata. Un ladro, in cerca di qualcosa da rubare? E perché mai dopo essersi intrufolato si sarebbe preso la briga di appendere il cappotto? Si udì un rumore di vetri infranti, seguito da un'imprecazione. Una voce maschile. Prudence sussultò e contenne l'urlo che le sgorgò dalla gola. Stava già indietreggiando verso la porta, decisa a scappare, quando si arrestò sui suoi passi. Manor Hawthorn era stata affidata alle sue cure, per quanto in maniera ufficiosa. Si costrinse perciò a ignorare ogni potenziale pericolo e raggiunse le scale; salì adagio i gradini, silenziosamente. Il rumore proveniva dal bagno, una stanza che era un inno all'opulenza; l'aveva progettata lei, realizzandola in una delle camere da letto più piccole, quella di fronte alla camera padronale. Tese le orecchie e udì lo scroscio della doccia che era stata posizionata al di sopra della vasca. Poi l'inconfondibile cigolio dei rubinetti, con cui qualcuno stava armeggiando. Qualunque cosa stesse facendo, l'intruso doveva darle le spalle, il che la metteva in una posizione di vantaggio. Prendendo il coraggio a due mani, raggiunse il bagno e spalancò la porta. Lo sconosciuto si girò di scatto, e Prudence lanciò un urlo. Era altissimo. Prestante. E nudo. I capelli lunghi fino alle spalle erano corvini, dello stesso colore della barba che gli nascondeva buona parte del viso. La stessa fitta peluria ricopriva un torace possente, muscoloso e abbronzato. L'abbronzatura, però, si arrestava bruscamente sotto la linea della vita, all'altezza dei fianchi. Gli occhi di Prudence scesero in basso, inevitabilmente, soffermandosi su... sul telo di spugna che l'uomo afferrò di istinto. «Come diavolo vi salta in mente di entrare così in un bagno? Non vedete che mi sto lavando?» 11


Le guance in fiamme, Prudence alzò lo sguardo e incrociò quello furioso e incredulo dell'intruso. Gli occhi, sotto la fronte accigliata, erano del fulgido azzurro di un cielo estivo. «Questa è una proprietà privata» disse lei, cercando di assumere un tono autorevole, sebbene le tremasse la voce. «Non so come abbiate fatto a entrare, ma...» «Dalla porta di ingresso.» Imprecando tra i denti, l'uomo si annodò l'asciugamano intorno alla vita. «Ditemi come avete fatto a entrare voi, piuttosto.» «Ho una chiave» replicò Prudence, stupita dal tono offeso del suo sconosciuto interlocutore. Si udì un suono metallico, all'interno delle tubazioni, e il getto d'acqua che veniva giù dalla doccia si tramutò in un diluvio. «Accidenti a questo aggeggio infernale...» «Non è un aggeggio infernale. È una costosa vasca da bagno con doccia. Una recente, ingegnosa invenzione. E ora uscite da quella vasca, per l'amor del cielo.» Le ci volle un istante per regolare il getto d'acqua, ma fu sufficiente perché si bagnasse completamente i capelli. «Ecco. Non è difficile: basta sapere come si fa» disse, indietreggiando verso la porta. «Chi siete, la governante? Mi avevano detto che la casa non era abitata.» «Il che spiega la vostra sfrontatezza.» Per tutta risposta, e con suo grande stupore, l'uomo scoppiò a ridere. «Non avrei mai pensato di lavarmi se avessi saputo che sareste piombata in bagno in questo modo. Cosa volete fare, arrestarmi? Non ve lo consiglio: commettereste un grosso errore.» Quel tono e quel modo di fare lasciarono Prudence interdetta. Quell'uomo, quel barbuto estraneo dai lunghi capelli scompigliati si comportava come se l'intrusa fosse lei, invece del contrario. E quell'abbronzatura... Impossibile che avesse preso tutto quel sole 12


in Inghilterra, decise. Eppure il suo accento era innegabilmente inglese. E la cadenza quella di un giovane colto, istruito. «Un errore in che senso? Questa è proprietà privata» ripeté. «Non avete il diritto...» «Ce l'ho eccome. Ho anche un regolare mazzo di chiavi.» «E come ve le siete procurate?» domandò Prudence, sospettosa. «Me le ha date Lionel Doncaster, dello studio Doncaster & Figli.» «L'avvocato di Jeremy?» «Che ora è il mio avvocato. Almeno per il momento. Ho ereditato anche lui, a quanto pare.» Ereditato? Prudence strabuzzò gli occhi. «Ma voi chi siete?» «Il fratello di Jeremy. Se per Jeremy intendete il Sesto Conte di Bannatyne.» «Questa poi! Jeremy non aveva un fratello.» «Invece sì. Anche l'avvocato è rimasto di sasso, ma ha dovuto ricredersi quando gli ho mostrato i documenti.» «Ma non è possibile.» Prudence continuava a fissarlo. «Inoltre, non gli somigliate per niente.» «Considerato che non ricordo di averlo mai visto, con o senza vestiti addosso, temo di non potervi contraddire.» «Senza vestiti non l'ho mai visto nemmeno io!» ribatté lei, indignata. «Non so cosa stiate insinuando, ma...» «Io non insinuo niente» la interruppe l'uomo. «Sto solo cercando di capire chi siete e cosa ci fate in casa mia.» «Mi chiamo Prudence Carstairs e, riguardo a cosa faccio qui, sono io che mi occupo della casa.» «Prudence...» Lui soffocò una risata. «Un nome quanto mai inappropriato, perché tutto sembrate tran13


ne che prudente. O pudica, visto che ve ne state qui a parlare con un uomo mezzo nudo.» «Secondo voi, cosa avrei dovuto pensare quando ho trovato il vostro cappotto sull'attaccapanni?» «Avete immaginato che un ladro avesse appeso il cappotto e perso tempo a lavarsi prima di svaligiare a casa?» Era andato molto vicino alla verità, e forse per questo Prudence si mise sulla difensiva. «È risaputo che qui non abita nessuno. Per quanto ne so, potevate anche decidere di accamparvi a Hawthorn Manor e di passarci la notte.» «Allora forse sarebbe stato prudente da parte vostra andare a chiamare aiuto per farmi mettere alla porta, Mrs. Carstairs, perché è esattamente quello che intendo fare con voi, visto che questa casa appartiene a me.» «Miss Carstairs, prego» lo corresse. «E chi mi dice che siete davvero chi dite di essere?» Lui indicò l'asciugamano annodato intorno alla vita. «Non ho molta voglia di stare qui a discutere di eredità mentre...» Si interruppe bruscamente. E troppo tardi Prudence si accorse di avere il viso scoperto. Peggio ancora: era posizionata sotto i raggi del sole che filtravano dalla finestra. Si portò una mano sulla guancia ed ebbe conferma che i capelli, solitamente sistemati con cura, si erano scostati sotto il potente getto d'acqua, mostrando l'orripilante cicatrice. E facendola sentire anche più nuda di lui. Prudence non mostrava mai a nessuno il suo viso, tranne che ai familiari stretti. Agitatissima, tentò di risistemarsi i capelli. «Scusate» disse lui. «Non volevo fissarvi.» Non sembrava inorridito, però, né imbarazzato. Non distolse lo sguardo. «Una vecchia ferita, immagino.» 14


Perché si era tolta la cuffia, maledizione? Non doveva mai abbassare la guardia, o dare per scontato di essere al sicuro lì, dove nessuno faceva caso a lei. Si girò su un lato, tirando giù i capelli come meglio poteva. «Un incidente accaduto tempo fa, quando ero bambina.» «Non dovete sentirvi in imbarazzo, Miss Carstairs. Ho visto di peggio.» Aveva usato un tono garbato, ma Prudence tirò fuori gli artigli. «Qualche fenomeno da baraccone, sotto un tendone da circo? È questo che intendete?» Sgomenta, si sentì sul punto di scoppiare a piangere. «Credete che mi sia di qualche consolazione?» Lui si rabbuiò. «Veramente intendevo in guerra, sul campo di battaglia.» «Oh.» Dimenticando per un momento la propria mortificazione, Prudence si chiese se era quello il motivo dell'aspetto trasandato dello sconosciuto. «Siete appena tornato dalla guerra?» «No, a meno che non contiate la battaglia che ho dovuto combattere con l'avvocato in questi ultimi mesi, per vedere riconoscere i miei diritti.» «Non mi sorprende che Doncaster sia stato scettico. Abbiamo sempre pensato... voglio dire, tutti, persino Jeremy, eravamo convinti che lui fosse figlio unico.» «E, invece, eccomi qui. In carne e ossa.» L'uomo di cui ancora lei non conosceva il nome guardò in basso, con una smorfia. «Un po' troppa carne, in realtà. Ma per quanto possa trovare piacevole questa conversazione, comprenderete che mi sento un poco a disagio. Perciò, se permettete, vorrei mettermi addosso qualcosa prima di continuarla.» Prudence avrebbe così avuto la possibilità di rendersi di nuovo presentabile, ma le venne in mente che l'uomo poteva approfittarne per svignarsela. «Non ho intenzione di scappare» disse lui, veden15


dola esitare. «Voglio solo lavarmi e andarmene a dormire, e poiché mi pare di capire che non mi permetterete di fare né l'una né l'altra cosa finché non sarete assolutamente certa che non abbia intenzione di portarmi via l'argenteria...» «Quella è al sicuro in una banca, a Londra» lo interruppe Prudence, decidendo di andare a prendersi la cuffia, che il suo importuno visitatore decidesse o no di scappare. «Vi aspetto in salotto. Da basso. Prima porta a...» «Lo trovo da solo.» Prudence indietreggiò e fece appena in tempo a tirare fuori la gonna, un attimo prima che la porta venisse richiusa con forza. Rimase per qualche istante imbambolata, ma anche turbata. Cercò di ritrovare la sua abituale compostezza, senza riuscirci più di tanto. Non era ancora mezzogiorno, tuttavia la situazione lo richiedeva, decise. Sarebbe scesa a bere qualcosa di forte.

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