Penny Jordan
Orgoglio russo
Titoli originali delle edizioni in lingua inglese: The Most Coveted Prize The Power of Vasilii Harlequin Mills & Boon Modern Romance © 2011 Penny Jordan © 2011 Penny Jordan Traduzioni di Anna Vassalli Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. © 2012 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prime edizioni Collezione Harmony febbraio 2012 - marzo 2012 Questa edizione myLit marzo 2017 Questo volume è stato stampato nel febbraio 2017 da CPI, Moravia MYLIT ISSN 2282 - 3549 Periodico mensile n. 44 del 16/03/2017 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 162 del 31/05/2013 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Mondadori, 1 - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 045.8884400 HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano
Una preziosa ricompensa
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Alena aveva capito di volerlo nell'attimo stesso in cui l'aveva visto. Era successo nel foyer dell'albergo a Londra, all'inizio della settimana. L'ondata improvvisa di quel desiderio fisico sconosciuto che l'aveva travolta era stata così violenta da privarla letteralmente della volontà, lasciandola tremante da capo a piedi. Lui era un compendio di tutto ciò contro cui il fratellastro Vasilii l'aveva messa in guardia a proposito del proprio sesso. Era pericoloso, questo lo sapeva, qualsiasi donna l'avrebbe capito, anche se Vasilii insisteva nel trattarla come una ragazzina e non come una donna. Alena sospirò. Voleva molto bene a Vasilii, anche se era il più opprimente, moralista e protettivo fratello vecchia maniera che potesse esistere. Comunque, c'era qualcosa in lui che la attraeva contro ogni ragione. Era stato un colpo di fulmine? Era stata contagiata dalla stessa, cupa sensualità di suo fratello? O forse una combinazione di entrambi? Era responsabile il sangue slavo che le scorreva nelle vene? O forse una predisposizione pericolosa verso gli uomini russi, ereditata dalla madre inglese, che si era innamorata di7
speratamente di suo padre, russo appunto? Non aveva importanza. Ciò che le capitava era al di là di ogni capacità di analisi, alla quale era stata allenata dalle insegnanti della scuola femminile che aveva frequentato. Niente aveva importanza, se non quell'urgenza passionale che si era impadronita di lei. La virile sensualità di quell'uomo e la sua necessità di offrirsi, di esserne consumata, le riempiva i sensi, non lasciando spazio a nient'altro. Il solo pensiero di respirare la sua stessa aria era sufficiente a mandarla in estasi e a fare sì che il corpo reagisse come se lui la stesse toccando, accarezzando, ne prendesse possesso, insegnandole tutto ciò che significa essere donna. Alena rabbrividì. Tra qualche istante lui si sarebbe voltato e l'avrebbe vista e, con l'esperienza che aveva, avrebbe riconosciuto l'effetto che aveva su di lei. Il cuore le diede un balzo, sia per l'apprensione, sia per l'anticipazione. Oh certo, era un uomo pericoloso, ma lei lo desiderava disperatamente, spasimava per lui. Poteva anche essere troppo giovane, come Vasilii non si stancava di ripeterle, ma era abbastanza grande per capire dall'unica, tremula, coraggiosa occhiata che si era permessa di rivolgere all'inizio della settimana a quegli occhi verde malachite, un colore così simile alle imponenti colonne del Palazzo d'Inverno di San Pietroburgo, che tipo esattamente fosse l'uomo che ora era impegnato in una conversazione all'altro lato della sala dell'esclusivo albergo. Era un pericolo sensuale, soprattutto per una giovane come lei. Un uomo che viveva al di là delle convenzioni e delle regole. Il polso accelerò il battito e Alena lo studiò con at8
tenzione. Era alto, alto come Vasilii, che era uno e ottantacinque contro i suoi centosettanta centimetri. Era anche leggermente più giovane di Vasilii, immaginò. Forse intorno ai trent'anni, mentre Vasilii ne aveva trentacinque. I capelli folti erano di un castano dorato, che le ricordava il colore di una delle giacche da caccia del fratello, anche se il taglio necessitava di una regolata per uniformarsi all'ordine che Vasilii sempre prediligeva. In ogni tratto del viso, nella struttura ossea, nel contorno, nell'espressione, c'erano lievi tracce di un'eredità caratteristica, di una stirpe abituata a combattere contro altri uomini e a torreggiare su di loro vittoriosa dopo averli sconfitti. Era il classico uomo alpha, determinato a sfidare chiunque avesse messo in dubbio il suo diritto al comando. Si chiamava Kiryl Androvonov. Assaporò il nome nella mente, srotolandolo come uno splendido tappeto di delizie per i suoi sensi. Si era sentita così cresciuta, così adulta, così coraggiosa e nel pieno controllo del proprio destino quando aveva chiesto al portiere, in modo studiatamente casuale, se sapeva chi fosse, fingendo di aver riconosciuto in lui una conoscenza di suo fratello. Il nome Kiryl sapeva di nobiltà, ma il portiere le aveva detto soltanto che era un uomo d'affari e che questa era la seconda volta che si fermava in albergo. Kiryl non aveva avuto intenzione di guardare la giovane sottile come una gazzella, con quella cascata di capelli biondi e gli occhi grigio argento che gli ricordavano la luce del sole che si riflette sui ghiacci del fiume Neva in inverno, o le leggende della rusil9
ki, la maga fatale che riemergeva dalle profondità per stregare gli uomini e convincerli a unirsi a lei. Prima di tutto non era il suo tipo, poi aveva ben altro per la testa che accettare il tacito, tuttavia decisamente esplicito messaggio che gli stava inviando. Invece aveva guardato, e lei era lì, sulla stessa sedia, allo stesso tavolo, che versava il tè dal fumante, tradizionale samovar che l'albergo si premurava di fornire ai clienti russi. Non aveva la fede matrimoniale... non che di questi tempi significasse qualcosa. Un'escort d'alto bordo in cerca? Forse, ma ne dubitava. Un'escort l'avrebbe già avvicinato... dopo tutto, il tempo è danaro in qualsiasi professione. Eppure lo voleva. Lo sapeva. Ma era lui a non volerla. Non intendeva permettersi di volerla, anche se quell'abito di seta dall'evidente costo astronomico che indossava sottolineava l'innegabile perfezione delle sue curve, con tutta la sensuale maestria di una mano d'artista. Il corpetto che la copriva dalla gola ai polsi non sarebbe dovuto essere sexy. Quei bottoncini, incredibilmente minuscoli per mani maschili, che scendevano dalla gola all'incavo del seno, non avrebbero dovuto suscitargli il desiderio di strapparli, per denudare davanti al suo sguardo e alle sue mani la pelle delicata che celavano... eppure era così. I brillanti sugli orecchini - se veri, e sospettava che lo fossero dovevano essere costati a chi glieli aveva regalati diverse migliaia di sterline. Lo sapeva bene, perché la sua ultima amante aveva cercato di convincerlo a regalargliene un paio simile, proprio poco prima che il suo interesse per lei si esaurisse. Mentre li valutava, lei alzò il capo e lo guardò, il 10
colore che andava e veniva dal suo viso, le ciglia che scendevano sugli occhi grigio argento che ora non ricordavano più la luce del sole sulla Neva ghiacciata, ma erano ardenti come il mercurio fuso... o come quelli di una donna eccitata. Inaspettatamente, il corpo reagì a quel veloce cambiamento dall'inverno ghiacciato di San Pietroburgo al calore estivo delle steppe russe, con tutta la passione che la terra dei suoi padri gli aveva sempre ispirato, con tale violenza come se lei avesse in sé l'essenza di tutto ciò che quel retaggio significava per lui. Percepiva in sé il desiderio di prendere, di appropriarsi di quel retaggio e di impedire che qualcun altro se ne impossessasse. Colto alla sprovvista da questo inaspettato, violento desiderio, Kiryl riconobbe che la donna, chiunque fosse, riusciva a distogliere la sua attenzione da qualcosa di molto più importante di una remota fantasia giovanile sul possesso di una femmina che, in un certo senso, avrebbe costituito un legame magico tra lui e le proprie origini russe. «E, come stavo dicendo, Vasilii Demidov sarà il tuo temibile avversario nell'acquisizione dell'appalto.» Kiryl s'irrigidì e focalizzò l'attenzione sull'agente che aveva ingaggiato per aiutarlo a ottenere il contratto che si era ripromesso. Il fatto che uno degli uomini più ricchi di Russia sarebbe stato un concorrente non lo spaventava certo. Ben lungi. Aveva solo acuito il suo desiderio di ottenere l'appalto. «Demidov non ha mai mostrato alcun interesse per la flotta mercantile. Vuole soprattutto il controllo dell'aspetto portuale degli affari» precisò Kiryl. 11
«Quindi non ha motivo d'interesse nel contratto.» «Non l'aveva, ma attualmente è in Cina per concludere un contratto. Come contropartita, i cinesi vogliono una partecipazione nel controllo di una linea mercantile. E lui è in grado di abbassare qualsiasi offerta tu proponga, a costo di andare inizialmente in perdita. Ho avuto informazioni certe che ormai i concorrenti per quest'appalto siete soltanto voi due e, date le circostanze, lui è il favorito. Temo di doverti avvertire che con Demidov non la spunterai.» Kiryl rivolse all'agente un'occhiata gelida. «Rifiuto di accettare una cosa del genere.» Non poteva e non voleva perdere quel contratto. Era l'ultimo mattone dell'edificio, l'ultima mossa degli scacchi nella partita della sua vita, che avrebbe sancito la supremazia, nei settori che aveva scelto, agli occhi di tutta la Russia. E nessuno gli avrebbe impedito di raggiungere quell'obiettivo. Nessuno. Aveva lavorato troppo e troppo a lungo per ottenerlo. Nella mente prese forma il viso di un uomo, gli occhi duri e sprezzanti, che respingeva il bambino che lui era stato. Suo padre. Il padre che, non solo gli aveva negato il diritto al proprio nome, ma anche la discendenza russa. Esattamente come se adesso Vasilii Demidov gli precludesse il diritto di vincere la partita. «Allora devi sperare in un miracolo, perché solo questo ti permetterebbe di battere Demidov e ottenere il contratto.» Mai la voce di Kiryl tradiva ciò che provava e anche in questa circostanza il tono era basso, la voce gelida come l'inverno. «Deve esserci qualcosa che lo costringa a ritirarsi... qualche modo per ricattarlo. 12
Una persona non accumula tanto denaro senza avere dei segreti che vuole tenere celati.» L'agente inclinò il capo canuto riconoscendo l'autorità di Kiryl prima di metterlo in guardia. «Non sei il primo a scavare alla ricerca di qualche debolezza sul conto di Demidov, ma non ne troverai. È in una botte di ferro. Nessuna vulnerabilità, nessuna colpa da tenere nascosta e nessun vizio attuale di cui servirsi contro di lui. È inattaccabile.» Kiryl ridusse la bocca a una fessura. «Può darsi, ne convengo. Eppure nessun uomo è inattaccabile. C'è sempre una debolezza e ti assicuro che la scoprirò e me ne servirò per liberarmi di lui.» L'agente rimase in silenzio. Sapeva che era inutile controbattere con l'uomo che aveva di fronte. Kiryl aveva raggiunto quella posizione potente e autorevole nelle circostanze più difficili... e si vedeva. Nondimeno, si sentì in dovere di avvertirlo prima di congedarsi: «Come già ti ho detto, se vuoi vincere la sfida ti serve solo un miracolo. Segui il mio consiglio e ritirati... lasciagli campo libero. Se non altro salverai la faccia e non subirai l'umiliazione di una sconfitta». Lasciargli campo libero? Quando era così vicino a raggiungere l'obiettivo che si era riproposto tanti anni prima? Mai. Poteva azzardarsi a prendere in mano la tazzina senza che il tremito delle mani gliela facesse rovesciare? Alena non ne era sicura. Il cuore le balzava ancora nel petto e il viso era imporporato in seguito all'effetto dell'occhiata penetrante di quei luminosi occhi verdi. 13
L'aveva fissata. Si portò le mani alle guance accaldate nel tentativo di attenuare il rossore. Non doveva più guardarlo. Semplicemente, non aveva la forza di sostenere la prepotente virilità di quello sguardo. L'aveva fatta sciogliere dentro, rendendola un ammasso pulsante di desiderio. Eppure doveva guardarlo... Doveva permettere che i sensi e il corpo si colmassero di quella pericolosa eccitazione, abbeverandosi a quella potente, virile sensualità. Il polso batteva impazzito e la gola era così asciutta che dovette deglutire più volte mentre osava voltare il capo nella sua direzione, il desiderio e l'eccitazione che pulsavano dolorosamente in lei, misti all'anticipazione... solo per precipitare in una profonda delusione quando si rese conto che lui non c'era. Se n'era andato e, grazie alla sua immatura stupidità, si era lasciata sfuggire l'opportunità di... di cosa? Di prolungare l'intensità di quello sguardo magnetico finché le ossa si fossero sciolte e il cuore fosse scoppiato per l'eccitazione? Lui avrebbe potuto avvicinarsi, presentarsi. Avrebbe potuto... Sul pavimento c'era qualcosa... una penna d'oro. Doveva appartenere a lui. Probabilmente gli era caduta. Velocemente Alena si alzò e la raccolse. Era fredda e dura contro le sue dita. Tremava al punto che non riusciva a rialzarsi senza che le girasse la testa. Lo vedeva accanto all'uscita dell'albergo. L'uomo con cui aveva parlato se ne stava andando. L'avrebbe accompagnato? Senza riflettere Alena attraversò il foyer. Il ticchettio dei suoi passi avvertì Kiryl della sua presenza. Camminava ondeggiando dolcemente come 14
le betulle nelle foreste settentrionali della Russia. «Le è caduta.» La voce era lieve come il sospiro della brezza primaverile che raffreddò l'aria viziata e troppo calda dell'albergo quando gli sfiorò la pelle. Gli porgeva una penna. Non era sua, ma la prese. La mano era delicata. Le dita lunghe e sottili, le unghie naturali. Aveva una certa aura che neppure il denaro può comprare: una trasparente, scintillante bellezza unita a quell'aria discreta che sussurrava privilegi e protezione. Quella donna era stata coccolata fin dal momento della nascita. Rabbioso con se stesso per essere tanto consapevole della sua presenza, decise di punirla, dicendole sarcastico: «E, naturalmente, non si è lasciata sfuggire l'opportunità di restituirmela, vero? Dato il suo interesse per me. Non le ha mai detto nessuno che è compito dell'uomo rivelare il proprio desiderio, e non della donna?». Una vampata di fuoco accese le guance di Alena. Meritava il suo scherno... e la sua cattiveria. Vasilii gliel'avrebbe detto e ripetuto. Ma lei non era preparata e le faceva male. Nella mente, stupidamente, si era costruita un'immagine di lui in cui il pericolo era temperato dallo stesso desiderio che lei provava nei suoi confronti. Adesso pagava per quella stupida fantasia. Kiryl la osservava mentre lottava con l'umiliazione, l'orgoglio che combatteva con la sofferenza, e si mordicchiava il labbro inferiore che velocemente si gonfiava. Come si sarebbe gonfiato per un bacio appassionato? Contro la propria volontà Kiryl provò una fitta all'inguine. 15
«Mi scusi. Sono stato scortese.» Le scuse erano deliberatamente non sentite. Lui non aveva né il tempo né la voglia di venire a patti con il fragile orgoglio di una donna emotiva... anche se desiderabile. Si conosceva troppo bene e sapeva che nello spirito in cui si trovava in quel momento, grazie a Vasilii Demidov, la potenza del male che albergava in lui, e che non era mai stato in grado di controllare completamente, esigeva una vittima. Nel corso degli anni Kiryl aveva voluto convincersi che questo male fosse una sorta di vampiro mentale, un'eco di sé che, quando risvegliato, poteva essere acquietato soltanto dalla sofferenza emotiva di qualcun altro. Indubbiamente c'era chi avrebbe sostenuto che questa diabolica necessità scaturisse dalla sua infanzia, ma lui non aveva nessuna intenzione di argomentare su qualcosa che apparteneva a un periodo in cui era stato vulnerabile. Preferiva vivere nel presente, e vivere nel presente significava assicurarsi il contratto. La ragazza era soltanto una pedina nel gioco e gli serviva soltanto a dare sfogo alla frustrazione del momento. Per Alena, invece, la sua caustica crudeltà era insopportabile. Si allontanò da lui, troppo sconvolta e umiliata per difendersi, limitandosi a scuotere il capo mentre correva a raggiungere il proprio tavolo. Una volta arrivata, chiese il conto e si accinse a prendere la borsa e il cappotto. Aveva agito sconsideratamente e si meritava la punizione che lui le aveva inflitto, si disse. L'unica consolazione era che il fratellastro non avesse assistito. Le lacrime le annebbiarono la vista. Automaticamente Kiryl prese nota dei suoi movi16
menti affrettati e non coordinati. Solo perché voleva porre delle distanze da lei, si disse, tutto qui. Eppure lo sguardo e i sensi erano riluttanti a lasciarla. Anche in quel momento, quando era chiaramente sconvolta, aveva una grazia, una naturale sensualità, da togliere il fiato, una dolcezza... dalla chioma bionda alle caviglie così sottili che avrebbe potuto stringere con una mano... che gridava ai quattro venti che si sarebbe piegata con tutta se stessa al volere dell'uomo che l'avesse posseduta. E lui voleva essere quell'uomo? Non era questione di volere, ma piuttosto di approfittarsi di ciò che gli veniva offerto così apertamente. Accantonò la critica della morale. Dopo tutto era un uomo, con le necessità proprie di un uomo. Ed era ovvio ciò che lei voleva. L'aveva praticamente supplicato, e per lui sarebbe stato un modo per liberarsi dalla collera data dalla minaccia che Vasilii Demidov costituiva per i suoi piani. Già l'aveva fatta oggetto di scherno per placarsi... e altrettanto facilmente avrebbe potuto chiedere scusa. Conosceva la prassi. Inizialmente lei avrebbe finto di rifiutare le sue scuse. Allora lui l'avrebbe lusingata e lei avrebbe ceduto. Era un gioco vecchio come il mondo, e un'ora o due a letto con lei nella sua suite sarebbero state sufficienti per soddisfare l'urgenza sessuale. Chiamò con un cenno una cameriera. Le diede istruzioni e poi si avviò al tavolo. Alena stava per andarsene, la schiena rivolta a lui mentre aspettava la cameriera con il conto. «Non ha bevuto il tè, e poiché anch'io ho voglia di berlo, perché non dividiamo un samovar? Due russi 17
insieme che condividono una tradizione della propria terra.» Il suono inaspettato della sua voce la fece voltare di scatto, lo shock che aumentava quando lui le serrò la mano intorno al polso, il dito sul punto che pulsava troppo velocemente. Il suo sorriso era fascino puro. Ammorbidiva la precedente arroganza dei suoi tratti trasformandolo nella fantasia vivente di ogni donna: il ragazzaccio diventato uomo adulto. Gli conferiva la sensualità di un cosacco, il fascino di un gitano, la feroce ambiguità di un pirata e il carisma di un eroe. Con quel sorriso era tutto questo insieme e di più. E lei sarebbe stata una sciocca a non cedere. «No, grazie.» Cercò di apparire distante e fredda ma sapeva che lui aveva intuito la vulnerabilità nella sua voce, la nota di dubbio e di desiderio che indeboliva la volontà. Aveva la gola secca per la tensione e l'emozione. Voleva sciogliere il polso dalla sua stretta, ma qualcosa glielo impediva. Lui le stava ancora sorridendo, questa volta più intimamente, gli occhi color malachite che luccicavano. «Sono stato scortese e l'ho sconvolta e adesso lei è in collera con me. Sta pensando senza dubbio che non merito la sua compagnia. E ha ragione. Dopo tutto, una donna tanto bella può trovare facilmente un compagno più cortese. Ma sono convinto che lei abbia un cuore gentile che le sussurra di aver pietà di me.» Oh, sì, sapeva essere proprio affascinante... così come crudele. E Alena non aveva bisogno che Vasilii le dicesse quanto questo lo rendesse pericoloso. Ogni donna ha nel DNA l'istintiva consapevolezza di quan18
to pericoloso possa essere un uomo del genere. E quanto irresistibile. Il sorriso che accompagnava le sue scuse rivelava denti forti e metteva in evidenza piccole rughe intorno agli occhi. L'effetto fu di toglierle il fiato e di sentire nello stomaco lievi movimenti di scioccata, ma esaltante, eccitazione. Il dolore che le aveva inflitto aveva lasciato il segno, naturalmente... come una cicatrice sulla pelle vulnerabile, e la mente la avvertiva di essere cauta. Lui continuava a massaggiarle il polso, proprio nel punto in cui batteva tempestosamente, ma invece di calmarla, quella carezza aumentava la sua agitazione e la consapevolezza della sua vicinanza. Doveva allontanarsi da lui finché ancora ne aveva la forza. Era pericoloso, e lei non era abituata ad affrontare pericoli del genere. «Devo andare...» Il suo inglese era privo di accento e raffinato. Nonostante il samovar che c'era sul tavolo, non sembrava russa, salvo che per quegli occhi grigio argento che gli richiamavano così insistentemente la Neva e la città in cui era nato. E la sofferenza che aveva conosciuto... «Ho ordinato il tè. Vede... la cameriera lo sta portando.» Si stavano avvicinando due cameriere, una col tè, l'altra con il suo conto. La cameriera con il conto le sorrise. «Mi dispiace, signorina Demidova, pensavo che volesse il conto.» Era russa. Doveva esserlo con quel cognome. E non un cognome russo qualunque. L'ironia che lei avesse lo stesso cognome - abbastanza comune in Rus19
sia - del suo rivale non sfuggì a Kiryl. Forse si trattava di un'omonimia. La donna che si era occupata di lui, la babushka che l'aveva allevato dopo la morte di sua madre, insieme ad altri orfani o bambini indesiderati, credeva fermamente nelle vecchie superstizioni. Ma lui no. Era un uomo moderno, dopotutto. «È qui in albergo?» chiese scostando una sedia per Alena e facendole prendere posto senza lasciarle scelta. Da vicino era ancora più splendido, imponente, più maschio. Nell'atmosfera rarefatta dell'albergo riusciva in qualche modo a ricordare l'aria pulita delle steppe russe, con una nota di quel loro aspetto selvaggio che le fece rizzare i peli della nuca. Oh, sì... era pericoloso. «Sì» rispose alla sua domanda. «Mio fratello Vasilii ha un appartamento qui in albergo per quando viene a Londra per affari.» Il suo fratellastro era una sorta di nomade e, benché avesse appartamenti simili in ogni parte del mondo e l'indirizzo permanente a Zurigo, non possedeva una vera casa. Alena non sapeva se aveva introdotto il nome di suo fratello nella conversazione per mettere in guardia Kiryl, per avvertirlo che non era sola e senza protezione, o per rammentarsi che Vasilii avrebbe giudicato in un certo modo il suo comportamento, se mai ne fosse venuto a conoscenza. Vasilii che riteneva che lei fosse al sicuro sotto la tutela della preside, ormai in pensione, della scuola femminile che aveva frequentato, e che aveva assunto perché le facesse compagnia durante la sua assenza. La povera signora Carlisle, tuttavia, era stata ricoverata d'urgenza in ospedale per un attacco di appen20
dicite e ora si stava riprendendo in una casa di cura nella quale Alena aveva insistito che restasse. La sua assenza le aveva regalato un breve periodo di inaspettata libertà, e Alena provava rimorso per averla ingannata, facendole credere che la nipote che la signora Carlisle aveva insistito che chiamasse per sostituirla, fosse con lei. Ma non era certo colpa sua se la nipote dell'anziana preside era partita per New York proprio il giorno prima del suo ricovero. Naturalmente avrebbe dovuto avvertire Vasilii di quanto era successo, ma non l'aveva fatto. Suo fratello viveva nell'illusione che la signorina Carlisle, che rifiutava testardamente qualsiasi contatto con la tecnologia moderna, e non avrebbe mai usato un computer o un cellulare, fosse accanto a sua sorella per prendersi cura di lei. Il cuore di Kiryl diede un balzo, rischiando di privarlo del respiro. Non poteva essere una coincidenza che ci fossero due Vasilii Demidov... entrambi tanto ricchi da potersi permettere una suite stabile in uno dei migliori alberghi di Londra. Forse c'era qualcosa di vero nelle superstizioni della sua vecchia babushka sull'intervento del destino? Ma Kiryl non aveva certo accumulato una fortuna basandosi su fatti non accertati. Dopo che la cameriera ebbe posato il tè sul tavolo, chiese casualmente: «Suo fratello è Vasilii Demidov? Il proprietario della Venturanova International?». «Sì» confermò Alena, corrugando la fronte mentre chiedeva ansiosa: «Conosce Vasilii?». Era preoccupata, nell'eventualità che lui conoscesse suo fratello? Come tutti i cacciatori, Kiryl aveva 21
buon naso per il lato debole della preda. «Non personalmente. Anche se, ovviamente, ho sentito parlare di lui e della sua reputazione di uomo d'affari di successo. È qui a Londra?» Kiryl sapeva perfettamente che non c'era, ma voleva conoscere tutto ciò che la ragazza era disposta a raccontargli. «No, è in Cina. Per affari.» «E l'ha lasciata qui, da sola, a divertirsi nelle notti londinesi?» suggerì con un altro smagliante sorriso. Alena scosse il capo. «Oh, no. Vasilii non me lo permetterebbe mai. Non approva questo genere di cose... soprattutto per quanto mi riguarda» ammise arrossendo per il senso di colpa. Parlava troppo e diceva cose che certamente Vasilii non avrebbe approvato, e per questo si sentiva così nervosa ed eccitata. «Mi sembra un fratello molto protettivo» riprese Kiryl. Un fratello che si prende cura di qualcuno che per lui è molto importante. Doveva scoprire di più su di lei e sul rapporto con Vasilii. «Sì, è vero» rispose Alena, colta alla sprovvista. «E talvolta...» «Talvolta lo trova un po' oppressivo?» tirò a indovinare. «Lei è giovane. È naturale che abbia voglia di divertirsi come tutti gli altri. Deve sentirsi sola, in un albergo anonimo, mentre suo fratello è in giro per il mondo.» «Vasilii è molto protettivo, e non mi lascia da sola. Questa volta tuttavia... è stato costretto.» Di nuovo Alena provò quella fitta di rimorso che la tormentava sempre quando pensava a come aveva ingannato il fratello. Ma, per quanto le volesse bene, la signorina Carlisle era anziana e troppo vecchia maniera. Era tutto diverso quando erano vivi i suoi genitori. 22
Suo padre era così energico, così pieno di vita e sua madre meravigliosa e tanto comprensiva. Alena sentiva disperatamente la loro mancanza, soprattutto della madre. C'era sotto qualcosa. I sensi acuiti di Kiryl l'avevano intuito. Ma non riusciva ancora a definire il collegamento che avrebbe potuto avere con i suoi piani. Alzò un sopracciglio e scherzò: «Sembra più un carceriere che un fratello». Alena provò immediatamente rimorso. Era stata terribilmente sleale nei confronti di Vasilii, ma nello stesso tempo provava un gran sollievo a parlare di ciò che provava. Qualcosa in quell'estraneo la spingeva ad aprirsi e a raccontare cose che non aveva mai confidato a nessuno. Tuttavia, l'amore per il fratello la portava a difenderlo e a correggere l'impressione che Kiryl si era fatto di lui. «Vasilii è protettivo perché mi vuole bene e perché... perché ha promesso a nostro padre, che stava per morire, che si sarebbe preso cura di me.» Chinò il capo. «Talvolta temo persino che per questo non si sia ancora sposato. Sia a causa del lavoro, sia perché si preoccupa troppo per me... così non ha avuto il tempo di innamorarsi.» Innamorarsi? Ma in che diavolo di pianeta viveva quella ragazza se pensava che il matrimonio di uno degli uomini più ricchi di Russia avrebbe comportato l'innamorarsi? Non che biasimasse Demidov per questo. Quando sarebbe stato il momento, anche lui avrebbe scelto accuratamente una moglie, seguendo un processo logico, e non un desiderio fisico temporaneo. Non che intendesse dirlo ad Alena. Più cose gli rivelava, più si convinceva che quella giovane potes23
se essere il tallone d'Achille del suo rivale. Kiryl, comunque, non tradiva mai le proprie emozioni. Agire solo sulla base di fatti concreti e non in seguito all'istinto, questo era il suo mantra, e vi si sarebbe attenuto anche ora, non importa quanto la voce insistesse di approfittarsi subito di quell'esca che gli sarebbe servita contro il rivale. Solo fatti accertati potevano costituire una trappola. Un misto di istinti viscerali supportati da fatti certi, questo era il suo modo di agire. La difesa di Alena del fratello aveva conferito un calore nuovo ai suoi occhi grigio argento. Erano come due pozze chiare nelle quali poteva leggere i suoi pensieri, decise Kiryl, mentre lei lo guardava al di sopra del bordo della tazza, per poi arrossire subito, celando lo sguardo sotto le lunghe ciglia. Aveva sbagliato a parlare di Vasilii con Kiryl. Dopotutto, era un estraneo e lei sapeva bene che Vasilii, oltre a proteggere lei, proteggeva strenuamente la propria privacy. Posò la tazzina. «Devo proprio andare.» Kiryl annuì e si alzò. «Grazie per il tè» disse Alena mentre lui chiamava la cameriera. «È stato un piacere... il primo di una serie di piaceri che spero possiamo condividere, Alena Demidova.» Prima che lei intuisse le sue intenzioni, le prese la mano e se la portò alle labbra. La sola sensazione del suo respiro caldo sulle proprie dita tremanti fu sufficiente a produrle una scossa elettrica che le corse per le braccia, rendendola sempre più consapevole della 24
propria vulnerabilità nei suoi confronti. Stava flirtando con lei, realizzando le fantasie in cui si era cullata da quando l'aveva visto per la prima volta. Mentre si alzava diede un'occhiata all'orologio. Vasilii! Ci sarebbe stata una e-mail da parte sua e si sarebbe preoccupato non ricevendo una risposta immediata. «Sono le quattro. Devo proprio andare. Mio fratello...» «Ah, come Cenerentola che allo scoccare della mezzanotte corre via... e senza neppure lasciarmi la scarpina per rintracciarla. Tuttavia noi ci vedremo ancora, non ho dubbi in proposito. E nel momento in cui succederà sarò tentato di accertarmi che la promessa che ho letto nei suoi occhi diventi qualcosa di più di una semplice occhiata.»
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Questo mese Melanie Milburne riesce a trasformare in un sottile gioco di seduzione il diabolico piano di due uomini desiderosi di vendetta. Penny Jordan tratteggia splendidamente l'atmosfera di lusso, potere e fascino che circonda i due milionari russi Kiryl e Vasilii.
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Inghilterra, 1829. Sensualità e misteri, un artista alla ricerca della propria Musa… e una ragazza scomparsa da ritrovare. “Con ogni suo romanzo, Sabrina Jeffries è in grado di ricreare storie indimenticabili e personaggi coinvolgenti.” RT Book Reviews
Inghilterra, 1818. Tre anni di lontananza, una passione mai sopita... L’ultimo affascinante romanzo della serie Honeycote. “Un romanzo da leggere milioni di volte… adoro quest’autrice!” Goodreads Reviews
Dall’8 marzo in edicola e sul nostro store www.harpercollins.it - Seguici su
Regno di Murimon, 1815 - Quanto possono essere forti la tentazione, gli sconvolgenti piaceri dei sensi e… l’amore? Il secondo volume della miniserie Hot Arabian Nights.
Inghilterra, 1853 - Miss Lucy Westmore è una ribelle, vuole solo essere libera. Solo Lord Thomas Branston potrà farle cambiare idea. Il secondo volume della serie Seduction Diaries.
Scozia, XIV sec. - E se Iain Dubh non fosse chi credono che sia? Il terzo volume della miniserie A Highland Feuding.
Inghilterra, 1884 - L’amore è più forte delle leggi insondabili della vita e della morte… e Lady Lily Langdon lo sa bene. Il quarto volume della serie American Heiresses.
Dal 1° marzo in edicola e sul nostro store www.harpercollins.it - Seguici su
Bentornati nell’epoca più affascinante della Storia.
Cuore e ragione, sentimento e reputazione… le emozioni sono più forti di qualsiasi convenzione sociale.
In edicola e sul nostro store dal 4 marzo www.harpercollins.it - Seguici su
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