PAS48_SEDUCIMI ANCORA

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Megan Hart

Seducimi ancora


Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Collide Spice Books © 2011 Megan Hart Traduzione di Alessandra De Angelis Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved. © 2011 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione Harmony Passion settembre 2011 HARMONY PASSION ISSN 1970 - 9951 Periodico mensile n. 48 del 15/09/2011 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi Registrazione Tribunale di Milano n. 71 del 6/02/2007 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano


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Arance... Un aroma di arance aleggiava nell'aria e si avvicinava sempre di più alle mie narici, come se volesse penetrarvi. Poggiai una mano sullo schienale della prima sedia che mi capitò a tiro e mi voltai in direzione del bancone, cercando con lo sguardo un cesto di frutta, una cameriera che stava tagliando un'arancia per fare una spremuta, una ciotola di macedonia... insomma qualcosa, qualsiasi cosa che potesse spiegare quell'aroma, abbastanza insolito in una caffetteria. Tuttavia non vidi niente che potesse spiegare il profumo che mi avvolgeva. A quel punto mi arresi e feci un respiro profondo. Ormai avevo imparato da tempo che era inutile tentare di trattenere il fiato o tapparmi il naso. Meglio respirare e cercare di superare la crisi, cavalcare l'onda. La fragranza si volatilizzò rapidamente. Due battiti di ciglia, tre battiti del cuore ed era già sparita, sopraffatta dall'odore più intenso del caffè e dei dolci. Avevo stretto le dita intorno alla spalliera della sedia, ma ormai non mi serviva neanche più quel sostegno. Mi guardai intorno per orientarmi prima di lasciare la presa e proseguire verso il bancone dove mi stavo dirigendo per aggiungere zucchero e latte al mio caffè. Erano passati quasi due anni dall'ultimo episodio di dissociazione, che era stato lieve quanto questo. Tuttavia il fatto che anche ora fosse durato una frazione di secondo non mi consolava molto. C'erano stati dei periodi nella mia 5


vita in cui ero stata vittima di frequenti fughe dissociative, rapide e intense, tanto devastanti da sconvolgermi e lasciarmi temporaneamente incapace di ragionare. Non potevo sperare che quel fenomeno fosse scomparso di punto in bianco, che fossi guarita senza fare nulla, ma non volevo neanche rassegnarmi ad avere di nuovo quei disturbi. «Ehi!» mi chiamò Jen agitando il braccio. Si era seduta a un tavolo accanto alla porta del Mocha. «Sono qui.» Io le feci un cenno, misi zucchero e latte nel caffè, poi m'insinuai nell'intricato labirinto di sedie e tavolini per raggiungerla e mi sedetti di fronte a lei. «Eccomi» mormorai. «Che hai preso?» mi chiese Jen, sporgendosi per sbirciare nella mia tazza e annusarne il contenuto. «Caffè al cioccolato?» «Chocolate Delight. Caffè, cacao e uno schizzo di sciroppo di vaniglia.» «Mmh... Ora vado a prenderlo anch'io, sembra stuzzicante. Che vuoi da mangiare? Un muffin al cioccolato?» «No, sarebbe troppo.» «Il cioccolato non è mai troppo» sentenziò Jen. «Muffin ai mirtilli, allora?» «Perfetto» approvai. «Arrivo subito» disse la mia amica alzandosi per andare al bancone. Mescolai il caffè, poi bevvi un sorso. Era dolcissimo, tra lo zucchero e la vaniglia, ma a me piaceva così. Jen aveva ragione, avrei dovuto prendere il muffin al cioccolato. Non era il momento migliore per mettersi in fila. Il locale si era riempito per la pausa di metà mattinata e la coda arrivava fino alla porta. Mentre aspettava, la mia amica si voltò e mi lanciò un'occhiata disperata, sbuffando. Io le sorrisi e allargai le braccia. La caffetteria era quasi vuota quando eravamo entrate; c'erano solo i clienti abituali anche se ora i tavoli si andava6


no riempiendo. Molti avevano fatto come me e Jen, occupando il tavolo a turno mentre si avvicendavano alla cassa per pagare le ordinazioni. Feci un cenno a Carlos, seduto all'angolo come al solito, ma non mi vide perché aveva già aperto il portatile e si era messo le cuffiette dell'iPod. Carlos scriveva un romanzo e veniva al Mocha tutti i giorni dalle dieci alle undici prima di andare al lavoro. Il sabato a volte si fermava tutta la mattinata, come quel giorno. Lisa, un'altra cliente abituale, aveva sul tavolo lo zaino aperto, pieno di libri di testo. Studiava legge e lavorava per pagarsi l'università. Vendeva spezie e prodotti biologici e a Jen non piaceva molto perché diceva che era troppo insistente, ma io la trovavo simpatica, perciò le sorrisi quando incrociò il mio sguardo e mi fece un cenno di saluto. Per noi assidui frequentatori, il Mocha era una specie di circolo. Ci venivamo a prendere il caffè la mattina prima di andare al lavoro, la sera per un tè prima di tornare a casa e il sabato mattina per smaltire la sbronza del venerdì sera con un bel caffè forte. Il Mocha era un centro di attrazione intorno a cui gravitava tutto il quartiere. A me piaceva molto, mi sembrava di far parte di una grande famiglia anche se frequentavo quella specie di circolo solo da qualche mese. Quando Jen tornò al nostro tavolo con il caffè per lei e un piatto con due muffin, la fila era diminuita parecchio. Il locale era pieno e il brusio era sottolineato dal ticchettio delle tastiere dei portatili perché molti clienti regolari approfittavano del WiFi del Mocha per navigare in rete gratis. Mi piaceva quel rumore di fondo perché mi faceva restare ancorata al presente, a quel momento. «Vuoi fare un morso?» mi chiese, offrendomi il suo dolce. Io guardai il muffin al cioccolato con rimpianto e scossi la testa. «No, grazie.» «Strano che Lisa non ti abbia appioppato qualche sac7


chetto di semi di lino o di sesamo mentre ero in fila» osservò Jen, ironica. «Neanche un panino al kamut?» «A me piacciono i prodotti che vende.» Jen sbuffò. «Ma dai! Li trovi al supermercato a metà del prezzo!» Rise. «No, davvero. Saranno costosi, ma la qualità è superiore. Se cucinassi tutti i giorni, li comprerei. Si sente la differenza. Magari il prossimo mese le ordino qualcosa. Prima devo pagare tutte le bollette che ho in sospeso.» «Credimi, se ti avanzano dei soldi, ci sono cose migliori per cui puoi spenderli, invece che buttarli per zenzero e cardamomo. Oh, guarda! Che visione...» Jen abbassò la voce a un bisbiglio complice. Mi voltai per seguire la direzione del suo sguardo insistente e vidi un uomo con un lungo cappotto nero e una sciarpa a righe rosse e nere. Aveva un giornale piegato sotto il braccio, una cosa insolita al giorno d'oggi, in cui tutti leggono le notizie online al computer e sugli smartphone. Salutò la cassiera come se la conoscesse bene, prese un caffè e aggiunse latte e zucchero al bancone. Di profilo era veramente bello: capelli biondi leggermente scompigliati, il naso affilato ma non troppo grande per il suo volto, delle sottili rughe ai lati degli occhi, che immaginai fossero azzurri, e una bocca ben disegnata ma non troppo carnosa da sembrare femminea. «Chi è?» chiesi a Jen, incuriosita. «Dio, non lo hai davvero riconosciuto?» sussurrò lei in tono cospiratore. «Se sapessi chi è, non te lo chiederei» replicai. L'uomo in questione ci passò davanti, tanto vicino da permettermi di sentire il suo profumo. Arance. Chiusi gli occhi per contrastare quella seconda ondata della pericolosa fragranza che mi avvertiva del pericolo di dissolvermi. Il gusto del caffè sulla lingua era così forte che 8


avrebbe dovuto annullare qualsiasi altra sensazione, ma non fu così. Aspirai a fondo, chinando leggermente il viso sulla tazza; avrei dovuto sentire l'aroma del caffè e del cacao, invece ero sopraffatta dall'odore di arance. Preoccupata, premetti forte il polpastrello dell'indice contro il punto della fronte tra gli occhi, poi lo massaggiai con dei piccoli cerchi in senso antiorario. Di solito, questo espediente faceva miracoli per la cefalea, ma era assolutamente inutile per gli episodi di dissociazione. Per fortuna, quando riaprii gli occhi, non vidi il caratteristico fenomeno delle onde colorate che s'insinuavano ai bordi del mio campo visivo e preannunciavano un momento di vuoto. L'odore di arance svanì man mano che l'uomo si allontanava. Lo guardai sedersi dandoci le spalle; posato il caffè, si tolse il cappotto e spiegò il giornale sul tavolino da due. «Tutto bene?» mi chiese Jen, allarmata, scrutandomi. «Insomma, so che è veramente figo, Emm, ma sembrava che fossi sul punto di svenire!» «Sono in sindrome premestruale» mentii sottovoce. «In questo periodo del mese mi gira sempre la testa e ho la pressione bassa.» Jen si accigliò e continuò a fissarmi con aria scettica. «Uhm, sì, la fase premestruale è veramente fastidiosa» annuì, ma poco convinta dalla mia spiegazione. Le sorrisi per farle vedere che stavo bene, e grazie a Dio era così. Non c'era più traccia dell'odore di arance e del vago stordimento che mi aveva colto poco prima. Avevo capito che era sicuramente l'uomo a emanare quel profumo, non era una mia suggestione che preannunciava un momento di vuoto. «Comunque, chi è?» «Johnny Dellasandro.» La fissai, interdetta. Il nome non mi diceva niente. Jen rise. «E dai! Lo spettro del convento... La notte delle 9


cento lune... Rifiuti? Dai, non ricordi neanche uno di questi film?» Scossi la testa. «No.» «Uh, ma dove hai vissuto finora? Non avevi la televisione via cavo da ragazzina?» «Sì, certo.» «E non guardavi di nascosto i film nei programmi tipo Dopo mezzanotte? Erano un classico dei pigiama party con le amiche!» Mia madre non mi permetteva di dormire a casa delle amiche. Quando andavo alle feste, veniva sempre a prendermi prima dell'ora di andare a letto. A casa mia ospitavo delle ragazzine, ma non avevo il televisore in camera e di sicuro mia madre non ci avrebbe mai lasciato guardare film dell'orrore di notte. «Sì, ho presente quel programma, ma è passato così tanto tempo! E poi non guardavo mai quei film.» «Non hai mai neanche sentito parlare dei ritratti della serie Spazi vuoti?» Il nome mi era familiare, però non riuscivo ad associarlo a niente. «No» risposi scrollando le spalle, vergognandomi di ammettere la mia ignoranza. Jen sospirò, poi si voltò a lanciargli un'occhiata. Tornò a guardarmi, si sporse verso di me e mi fece un cenno per farmi avvicinare in modo che potessi sentirla anche se parlava sottovoce. «Oltre che attore era anche artista. Dipingeva, faceva foto, disegni... All'inizio degli anni Ottanta ha fatto una serie di ritratti famosi, Spazi vuoti. Un po' come Andy Warhol.» «Quello che ha dipinto il barattolo di minestra? E Marilyn Monroe?» «Esatto, quello era Warhol. Dellasandro non era così kitsch, era un po' più semplice e tradizionalista. È diventato famoso con Spazi vuoti.» «Perché hai detto era artista? Non dipinge più?» 10


Seducimi ancora di Megan Hart Emmaline è vittima di allucinazioni che la proiettano in una dimensione parallela dove tutto ciò che le succede sembra vero. Il contatto con Johnny Dellasandro, vecchia gloria del cinema underground definito il nudo maschile più bello degli anni Settanta, turba i suoi sogni, tanto che ne viene ossessionata anche nella vita reale. Emm è trasportata indietro nel tempo di trent'anni, catapultata in un vortice di erotismo e trasgressione, a cui partecipa con passione, sempre più conquistata dalla personalità carismatica di Johnny che non si fa sfuggire l'occasione di sedurla tutte le volte che può. A ogni incontro Emm è sempre più impaurita, ma rinunciare agli abbracci travolgenti di Johnny la spaventa ancora di più... Perché lei è sua, tutta sua, corpo e anima, nel passato e nel presente, fino in fondo.

La calda voce della notte di Janet Mullany Il suo nome è Jo e lavora alla radio come speaker, ma la sua propensione più autentica non sono le onde radio, bensì le vibrazioni più frementi ed esplicite delle avventure erotiche. D'altra parte Jo, in queste situazioni sempre più azzardate e sempre più piccanti, non si fa mancare proprio nulla. Club molto privati dove si svolgono incontri di ogni tipo, giochi molto particolari, ad altissima temperatura di sensualità, giochi bollenti in cui c'è il rischio di scottarsi davvero, e di perdere Patrick, un uomo speciale, col quale avrebbe potuto nascere qualcosa. Eppure, alla fine, sarà di nuovo la calda voce di Jo a trionfare su tutto, dentro e fuori dal letto.


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